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A Sarzana, roccaforte 'ndranghetista, regna il negazionismo (omertà) istituzionale

Il negazionismo (volto particolare d'omertà) è piaga incancrenita in terra di Liguria. Non è solo quello già conosciuto in questi anni che si consumava (e consuma) nel ponente ligure tra savonese ed imperiese, o nel territorio del capoluogo, e che ha visto (e vede) uniti, nella complice e perversa piaga, esponenti politici di entrambi gli schieramenti, da destra a sinistra. Questa volta è tutto "rosso", in quella terra da decenni roccaforte sia della sinistra, sia della 'ndrangheta. Siamo a Sarzana dove l'amministrazione comunale retta dal sindaco CAVARRA Alessio mette in scena un bel Convegno Paravento nel nome dell'Anti(?)mafia, con la Fondazione Caponnetto, del 14 febbraio 2015 [nella foto a lato, da sinistra: Renato Scalia (Fondazione Caponnetto), Iuri Michelucci (assessore alla Legalità e segretario provinciale del PD), Salvatore Calleri (Fondazione Caponnetto), Alessio Cavarra e Klaus Davi], ed a cui non si sono presentati né il Sindaco di Ventimiglia, né il Ministro della Giustizia, che il Cavarra con la Fondazione avevano invitato...

Qui, non ci son storie: dal 1946 i sindaci e le amministrazioni son tutti stati “rossi”. Prima del PCI, poi del PDS, quindi dei DS ed in ultimo del PD.

Ed è proprio in questa “roccaforte rossa” di Sarzana che la 'ndrangheta ha prodotto una colonizzazione vera e propria. Lo dicono gli elementi contenuti in Atti giudiziari, come nei Rapporti ufficiali della DNA (Procura Nazionale Antimafia), della D.I.A. (Direzione Investigativa Antimafia, di SCO, ROS e GICO. Elementi che emergono, inoltre, anche da diversi Atti della Commissione Parlamentare Antimafia.

Ed allora dobbiamo porci una prima questione, prima di andare avanti.
La 'ndrangheta sceglie a caso o con attenzione dove costituire una propria colonia? La 'ndrangheta soprattutto (ma anche Cosa Nostra), a differenza di Camorre e Sacra Corona Unita, quando seleziona un territorio per passare da infiltrazione a radicamento e quindi colonizzazione, compie questa scelta perché in quel territorio si sente sicura. Se un territorio è propenso al “rigetto” la 'ndrangheta non rischia.

Ed allora ci ritornano in mente (o dovrebbero tornarci in mente) le parole di Paolo Borsellino (citato sempre più a sproposito, a destra e a manca, come Falcone e Caponnetto):
«La mafia è un antistato. Si distingue dagli altri poteri criminali perché tende ad affermare la propria supremazia su un territorio... Essa è territorio.
La 'famiglia' mafiosa non sarebbe tale se non avesse il territorio fra i suoi elementi costitutivi
.
Sul territorio tende a esercitare le stesse potestà di imperio che ivi legittimamente esercita lo Stato (e gli altri enti pubblici che ne costituiscono l'articolazione territoriale)...
Questa sua tendenza è alternativa alle potestà pubbliche esercitate dallo Stato e quindi teoricamente le due istituzioni sono in insanabile conflitto.
Solo che il conflitto non viene normalmente risolto con lo scontro armato. La mafia non dichiara guerra ma tende al condizionamento delle persone fisiche che impersonano le istituzioni perché la loro attività pubblica venga dirottata dal fine del bene comune all'interesse proprio dei gruppi mafiosi.
Questa è la normale via attraverso cui la mafia cerca e trova la sua supremazia
. Chi non si piega come ultima ratio viene fatto fuori perché non sta al gioco.
E' evidente che l'eliminazione e il condizionamento di questo cancro non passa soltanto attraverso la via repressiva...
»

Se questa analisi e conclusione era frutto della profonda conoscenza di Cosa Nostra da parte di Paolo Borsellino, ancora di più ciò - ormai da tempo è dato acquisito - vale per la 'ndrangheta.

Per l'organizzazione 'ndranghetista il legame al territorio è elemento vitale, tanto è vero che proprio per l'affermazione della supremazia in un determinato territorio, più che Cosa Nostra, più di ogni altra organizzazione mafiosa, è proprio la 'ndrangheta ad aver animato le più cruenti guerre tra famiglie, dalla terra di Calabria ad ogni dove, in Italia ed all'estero. Ed ancora di più che per Cosa Nostra, il legame al territorio, il dominio su esso, è per la 'ndrangheta affermazione del nucleo familiare e della rete di nuclei familiari imparentati.

Ecco quindi di cosa stiamo parlando. SARZANA è 'NDRANGHETISTA.
Non vi è un potenziale, ipotetico rischio futuro o, al limite, qualche problemuccio isolato.
A
Sarzana vi è una roccaforte della 'ndrangheta. Vi è da decenni. E lo è perché qui gli interessi criminali e quelli dal volto “legale” della 'ndrangheta hanno trovato terreno di sviluppo sicuro e costante.

Negare questa acquisizione è non soltanto un negare l'evidenza ma è anche “favoreggiamento” dell'acquisizione di “invisibilità” che il sodalizio 'ndranghetista ricerca e per cui, ha scelto altre strade finalizzate al rafforzarsi ed all'agire in quel territorio, su quel territorio. Delle due alternative indicate da Borsellino è evidente che qui non abbiano scelto, per affermarsi, la “guerra” ma l'altra opzione.

Negare significa favorire, quindi, la mimetizzazione 'ndranghetista, dietro la comunità calabrese, e significa soprattutto indebolire la reazione e quindi la prevenzione e la repressione. In un contesto dove, di fatto, domina l'omertà (quell'omertà che fa negare l'esistenza e operatività stessa della 'ndrangheta su quel territorio e nelle dinamiche sociali, economiche e politiche di quel territorio e del suo contesto), ogni azione volta al contrasto del nucleo 'ndranghetista viene assorbito e reso, se non del tutto inefficace, assolutamente indolore per l'interesse del sodalizio criminale.

In un contesto di questo tipo chi trae vantaggio è la 'ndrangheta e chi ha un grave danno è lo Stato, perché divene più complesso, molto più complesso, il lavoro di prevenzione e contrasto da parte dei reparti preposti dell'Antimafia.

E' di questo che occorre parlare. E' questa la realtà che bisogna guardare ed affrontare. Se non lo si fa è come andare dal medico e mentire sui sintomi, con la conseguenza che la terapia che verrà prescritta, sarà sbagliata – e non per colpa del medico – e la malattia non verrà curata, peggiorerà.

Andiamo avanti.

A Sarzana il nucleo cardine della 'ndrangheta sono sempre i ROMEO ed i SIVIGLIA, con i collegati PANGALLO e STELITANO. Hanno nomi, volti, relazioni ed interessi noti da tempo. Così come noto da tempo è anche lo IEMMA Salvatore e gli altri sodali dell'organizzazione. Da tempo è stato accertato che a Sarzana opera un “locale” della 'ndrangheta, che se risulta in stretto contatto con la terra madre e gli altri “locali” in terra di Liguria, soprattutto con quello di Lavagna, è anche funzionale agli interessi che vengono proiettati nelle terre oltre il confine di levante della regione, in Lombardia a partire dal nord della Toscana, in quella terra della Lunigina (dalla potente massoneria strettamente legata a quella di La Spezia) e con documentati affari nelle province di Massa Carrara e Lucca. Una “roccaforte” 'ndranghetista che, con epicentro a Sarzana, ha le sue radici profonde nella Val di Magra, da Arcola a Ortonovo.

Dall'epicentro di SARZANA e da Arcola e Ortonovo, le suddette famiglia di 'ndrangheta hanno solidi legami con le potenti cosche in Calabria.
Con la
cosca IAMONTE di Melito Porto Salvo, che poi è quella ben nota per essere stata attiva, in prima linea, nella stagione conosciuta come quella delle “navi a perdere” - o “navi dei veleni” - che vedeva come punto nevralgico dei traffici di rifiuti tossici proprio la Provincia di La Spezia, così come anche il Porto di Livorno. Un traffico e smaltimento illecito di rifiuti tossici che si sviluppava parallelamente ai conferimenti illeciti a Pitelli.
Ancora: con la
cosca PESCE di Rosarno e quella degli ARENA; in contatto con il “locale” di Brescia dove dominante è la cosca MAZZAFERRO di Gioiosa Ionica; così come anche con la famiglia 'ndranghetista dei MACRI' attiva a Genova. Così come contatto diretto vi è con le altre articolazioni della 'ndrangheta in tutta la Liguria, da lungo tempo, come già documentano storici Servizi di Osservazione del ROS in cui si sono documentati, ad esempio, i summit con gli esponenti degli altri locali liguri, o con, per fare un esempio, gli esponenti della cosca GULLACE-RASO-ALBANESE.

Vi è poi un elemento che occorre tenere ben presente: il nucleo familiare è il fondamento dell'organizzazione 'ndranghetista. Non solo, quindi, i nativi calabresi delle famiglie di 'ndrangheta sono parte integrante della struttura di base della 'ndrangheta, ma anche i nativi in qualsiasi altro territorio, come ad esempio al nord, come anche quelli nati a Sarzana. Perché nella 'ndrangheta anche le generazioni nate e cresciute, ad esempio, a Sarzana sono parte integrante del nucleo base del sodalizio: la famiglia. Ed è quindi chiaro che anche questi siano in perenne contatto con gli esponenti della medesima consorteria nella “terra madre”. Facciamo un esempio: ROMEO Nicolino, nato a Sarzana nel 1958, è il cognato del capo-locale di Roghudi, STELITANO Mario Giuseppe; proprio per questo legame il ROMEO è stato coinvolto nelle perquisizioni della maxi Operazione “IL CRIMINE”, nell'ambito della quale era ricercato lo STELITANO.

Chi nasce in una famiglia di 'ndrangheta e non vuole farne parte ha una sola possibilità: dissociarsi e tagliare i ponti con il nucleo familiare d'origine.
Non ci sono vie di mezzo nella 'ndrangheta. Le “regole” del loro
“Vangelo” sono rigorose. Ogni componente della famiglia, infatti, è essenziale alle attività ed interessi del sodalizio 'ndranghetista. Lo è perché può essere strumento per stringere o rafforzare i legami con altre 'ndrine, attraverso imparentamenti, come quelli stretti con matrimoni o – anche - con altre funzioni religiose, partendo dal battesimo; lo si è per svolgere le funzioni utili al perseguimento degli obiettivi del sodalizio... e queste “funzioni” possono essere quelle nell'ambito delle attività più prettamente criminali (come anche l'offrire supporto ai latitanti o il riciclaggio) come anche  nell'ambito del settore imprenditoriale o della Stato, dalla politica alle Pubbliche Amministrazioni.

Sulla realtà di Sarzana abbiamo documentato al dettaglioquesto contesto [scarica qui il dossier “SARZANA, tra sinistra, 'ndrangheta, speculazioni (e l'omicidio in famiglia)” - in formato .pdf]. A questo dossier quindi rimandiamo per non ripetere nuovamente il tutto.
Una realtà che è ritratta, come già detto, negli
Atti ufficiali - e non quindi per “sentito dire”- che ci si ostina (colpevolmente) purtroppo a non vedere. Una realtà che nonostante gli elementi siano noti (come nomi, cognomi, volti e quant'altro, vede imperante un vero e proprio negazionismo omertoso istituzionale.

Quello che è emerso a Sarzana sono legami tessuti nei decenni dalle famiglie ROMEO-SIVIGLIA, come anche attraverso i PANGALLO e STELITANO. Legami nell'ambito economico-imprenditoriale e legami con la politica. Nuove generazioni che non si sono dissociate, che non hanno tagliato i ponti con il nucleo familiare d'origine, entrano direttamente anche nell'attività politica come nel settore imprenditoriale. Nuove generazioni che quindi contribuiscono al rafforzamento di quelle relazioni vitali per l'organizzazione, come anche l'acquisizione di consenso e riconoscimento sociale.

Ed allora diviene chiaro (anche se dovrebbe già essere chiaro) che quando si hanno rapporti con esponenti di famiglia di 'ndrangheta, occorra imporgli una scelta: resti con la famiglia 'ndranghetista o invece ti dissoci (e possibilmente contribuisci all'azione di contrasto dello Stato, fornendo ogni informazione utile che è nella propria conoscenza). Se scelgono di restare con la famiglia di origine gli si deve far sentire il disprezzo sociale, contribuendo al loro isolamento. Se la scelta invece è quella della dissociazione allora occorre sostenere questa scelta e fargli sentire la vicinanza della comunità. 

Quanti a Sarzana, come in altri ambiti territoriali della Liguria, hanno intrattenuto rapporti con componenti di quelle famiglie di 'ndrangheta senza chiedere la dissociazione dalla famiglia di origine? Tanti. Troppi. Praticamente tutti coloro che hanno fatto parte, negli anni, della classe dirigente di quella comunità.

L'amicizia, come il saluto, quando non anche, addirittura, un'iniziativa comune (nell'ambito politico o imprenditoriale), sono stati concessi (e vengono concessi), anche da Amministratori Pubblici, ai componenti di quei nuclei familiari 'ndranghetisti, senza che questi ultimi si siano mai dissociati dalle loro famiglie di origine. Questa si chiama contiguità ed è un comportamento che produce, di fatto, volenti o meno, il rafforzamento dell'autorevolezza di quella famiglia, ovvero del sodalizio.

Facciamo un esempio relativo ad un fatto che avevamo indicato. I politici che vanno a cene elettorali con uomini della famiglia ROMEO hanno preteso che questi si dissociassero dalla loro famiglia d'origine? Il GUCCINELLI Renzo, il FORCERI Lorenzo, il CALEO Massimo, ad esempio, hanno chiesto questo prima di sedersi a quei tavoli? Ed anche coloro che confermano tali contatti anche sui social-network, con soggetti provenienti da quelle famiglie di 'ndrangheta, prima di accettare tali contatti, se non amicizia, hanno chiesto la dissociazione ed il taglio di ogni ponte con la famiglia d'origine oppure no?

Se la forza della 'ndragheta sta nelle realzioni che è capace di tessere, con l'acquisizione di autorevolezza sociale, significa che l'isolamento delle famiglie di 'ndrangheta è un colpo che si infligge alla 'ndrangheta. Un colpo che è ancora più forte quando qualcuno di quei nuclei familiari si dissocia e taglia i ponti con la propria famiglia d'origine, famiglia di 'ndragheta. Ed allora diviene chiaro che la comunità - ed in primis i politici - dovrebbero perseguire questo isolamento sociale delle famiglie mafiose, con la spinta alla dissociazione delle nuove generazioni.

Ed ora veniamo al dunque, all'amministrazione attuale di Sarzana, al nuovo negazionismo ed al Convegno Paravento...

Il Sindaco CAVARRA Alessio non può dire di non conoscere questo territorio, il suo contesto. Se è vero che è giovane, è altrettanto vero che da sempre è stato attivo in politica. Nel partito e nelle Istituzioni. Già assessore di peso con l'ex Sindaco (ed ora Senatore) CALEO Massimo, poi Consigliere Regionale dal 2010 al 2013, grazie a Claudio BURLANDO (in quelle elezioni dove anche sul centrosinistra sono arrivati i voti della 'ndrangheta come documentato dal ROS nell'inchiesta “MAGLIO 3”), e quindi Sindaco dal 2013.

E seppur conosce benissimo quel territorio, quella comunità, il CAVARRA ha la faccia di negare la presenza della 'ndrangheta. Proprio in occasione della presentazione del Convegno (Paravento), ha ribadito un non mi risulta sulla presenza attiva della 'ndrangheta a Sarzana.

Il CAVARRA è certamente, comunque, in buona compagnia, visto che solo poche settimane or sono, era stato il suo assessore ai Lavori Pubblici, il BAUDONE Massimo, che affermava che lui la mafia a Sarzana non la vede e non l'ha mai notata (ne abbiamo già parlato qui). 

Per fargli compagnia e dargli manforte in questo tentativo di negazionismo colpevole (lo stesso che aveva visto all'estremo opposto del territorio ligure, tra Imperia e sino Ventimiglia e Bordighera, gli uomini del PDL - poi equamente divisi tra NCD e FI -, con alla testa SCAJOLA Claudio, negare una realtà il cui puzzo arrivava da un lato sino in Calabria e dall'altro nella Costa Azzurra) ha chiamato la FONDAZIONE CAPONNETTO che, con il suo presidente CALLERI Salvatore, è subito accorsa a dar manforte al negazionismo istituzionale (promuovendo un c.d. "Report Analitico" che appare, come abbiamo già evidenziato e documentato, un aborto).

Rammaricati profondamente per l'abuso che viene compiuto del nome di quell'integerrimo magistrato che fu Antonino Caponnetto, non possiamo che sottolineare che appare come una “bestemmia” andare, nel nome di Caponnetto, a sostenere un Amministrazione Comunale, come quella di Sarzana, che nega una presenza documentata e palpabile della 'ndrangheta nel proprio territorio e con influenze, attraverso la propria ampia rete di connivenze e contiguità, anche sull'economia come sulla politica.

Caponnetto per primo aveva insegnato che i mafiosi temono molto di più l'attenzione dell'ergastolo. Ed è un insegnamento giusto: puntando i fari dell'attenzione sui mafiosi li si porta allo scoperto, gli si nega quella “invisibilità” e quell'alone di “autorevolezza” sociale che hanno costruito come maschera di protezione. Si fa crescere il disprezzo sociale nei loro confronti che è l'esatto opposto di quello che, come abbiamo già ricordato, per loro è vitale: il consenso sociale. Si esorcizza la loro capacità di intimidazione e si da coraggio a chi deve rompere l'omertà dall'interno o dall'esterno, come le vittime.

Ed allora se questo insegnamento – proprio di Antonino Caponnetto – è valido (e lo è) la FONDAZIONE CAPONNETTO avrebbe dovuto dire: Caro sindaco CAVARRA, noi veniamo a fare il Convegno, ma perché non sia un “paravento”, inizia ad indicare al disprezzo sociale quelle famiglie di 'ndrangheta, radicate da decenni a Sarzana, con imprese, con influenze sulla politica, e che hanno nomi e volti ben noti. Tu, caro sindaco CAVARRA, fai questo passo, magari anche pubblicando sul sito del Comune le diverse Relazioni ufficiali dello Stato, così come gli Atti Giudiziari pubblici, con nomi e cognomi di quegli 'ndranghetisti, e la FONDAZIONE sarà presente al convegno.

Invece non lo ha detto.
E' accorsa.
Ha legittimato quel negazionismo (che è omertà) istituzionale. Lo ha legittimato con la propria presenza (usata proprio dal CAVARRA per dire, nei comunicati stampa, che il fatto che la Fondazione Caponnetto andasse a Sarzana significava che loro lavorano bene (ed in parallelo ribadendo che “non risulta” che la 'ndrangheta sia a Sarzana). Lo ha fatto con un cosiddetto “report analitico sulle mafie in Liguria” che definire ridicolo è un complimento.

Qualcuno dirà: ma il Comune ha attivato una campagna sulla Trasparenza; ha adottato, anche, misure anticorruzione, quindi lavora bene. Per favore, non scherziamo!

Le “misure anticorruzione” sono quelle previste (e imposte) dalle norme dello Stato che sono state approvate in questi ultimi anni. Il prevedere incompatibilità di esame di provvedimenti in caso di conflitti di interesse è un Dovere, non una ideona della Giunta comunale Sarzana. La trasparenza degli Atti è, ancora, un Dovere imposto ai Comuni dalle Leggi dello Stato. Le procedure di verifica antimafia nelle gare è un Dovere imposto dalla Legge (Decreto Legislativo n. 33/2013, Art. 25), non una straordinaria iniziativa dell'Amministrazione CAVARRA.

Quindi poche storie, il Comune applica le norme previste dalla Legge e non potrebbe fare altrimenti!

Ma poi, qualcuno è andato a vedere in cosa consiste questa grande “trasparenza”?

Noi si. Ebbene ad esempio sulle gare d'appalto, così come sugli interventi di somma urgenza, vi è una bella lista e stop. Non c'è un verbale di gara pubblicato. Non si conoscono quindi, per ogni gara ed affidamento, quante offerte siano pervenute (o quante ditte sono state invitate a presentare offerte) ed in quali termini consostevano queste offerte. Non c'è un indicazione di quante e quali “informative antimafia” siano state richieste alla Prefettura ed in merito a quali imprese. Spesso, negli Atti del Comune, ci si accontenta dell'Autocertificazione Antimafia. Nei bandi di gara, ad esempio, non è indicato che chi vince la gara è tenuto a comunicare non solo i soggetti a cui intende affidare subappalti, ma anche i fornitori e se per i lavori oggetto di gara procede a “noli a freddo” e/o “noli a caldo” con relativi nominativi dei fornitori di detti noli. Non è quindi nemmeno previsto che la verifica – pena decadenza dell'aggiudicazione dell'appalto – sarà effettuata, con richiesta di “informativa antimafia” alla Prefettura, anche sulle imprese per cui sono previsti subappalti e con quelle con cui esistano rapporti per forniture e noli (sia a freddo che a caldo). Questo, non è un dettaglio... Infatti le imprese mafiose che non possono risultare direttamente operare nei lavori pubblici, agiscono nell'ombra sia dei subappalti, sia dei fornitori, sia – sempre di più – con i “noli” (a freddo o a cado che siano).
Andiamo avanti.
Tra pagine in costruzione e pagine vuote non si comprende ad esempio se il Comune di Sarzana abbia o meno assegnato negli ultimi anni incarichi esterni, come ad esempio le consulenze. Nessuna traccia di Bilanci, contratti, gare e personale delle società partecipate (tra cui “Città di Sarzana – Itinerari Culturali scrl”, “Sarzana patrimonio e servizi srl”, “Centro Agroalimentare Levante Ligure e Lunigiana srl”, “Consorzio Sviluppo Sistema scrl”, “Autoparco La Spezia srl”). Nulla. Un'enorme buco nero.
Ed ancora. Dove è la lista delle concessioni edilizie rilasciate (comprese quelle in sanatoria) degli ultimi anni? E dove è la documentazione in merito alle alienazioni dei beni comunali (come ad esempio i terreni edificabili) in cui vengono indicati anche gli acquirenti e l'iter seguito (quante gare andate deserte, quali offerte pervenute)?

Questa sarebbe la grande trasparenza promossa dal Comune di Sarzana?

Qualcuno dice: il Comune ha fatto la “Consulta della Legalità”. E' vero, ma cosa vuol dire?
Se un
Sindaco nega addirittura la presenza conclamata della 'ndrangheta, così come il suo assessore ai lavori pubblici, a che diamine serve una “Consulta della Legalità”?
Sono belle le iniziative “culturali”, ma senza un azione quotidiana (che passa prima di tutto dall'ammettere l'esistenza del problema, con i nomi e cognomi che ben si conoscono), non servono ad una beata mazza. Sono palliativi. Qualcuno può credere che così “combatte la mafia” ma in realtà, così, alle mafie non gli fa nemmeno il solletico.
Una Consulta di quel tipo, serve solo all'Amministrazione Comunale per la stessa funzione del Convegno con la Fondazione Caponnetto: quella di
essere un ottimo paravento.

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