Il ritorno del e sul Landolfi (querelerà anche il Procuratore Generale?)
In tempi non sospetti sollevammo critiche dettagliate e documentate sul pm Alberto Landolfi. In allora era in servizio a Savona quando il Procuratore Capo era Vincenzo Scolastico. Prima gli replicammo pubblicamente perché sosteneva che nel savonese non ci fosse una presenza ed attività delle organizzazioni mafiose (vedi qui). Poi inviammo anche un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura (vedi qui). Per risposta non ci arrivarono smentite sui punti sollevati. Non richieste di precisazioni. Ma querele. Una pioggia di querele. Dal pm Alberto Landolfi e dal boss della 'ndrangheta Carmelo GULLACE. Sulla prima querela del pm Alberto Landolfi, il pm Enrico Arnaldi di Balme chiese il rinvio a giudizio ma il GIP di Torino, dopo la camera di consiglio, restituì gli atti alla Procura e non ci rinviò a giudizio (vedi qui),ed il pm Landolfi inviò una decisa contestazione alla decisione del Giudice.
Sulla querela per l'esposto al CSM (una di Landolfi ed una di Gullace) la Procura di Torino, nella persona del pm Enrico Arnardi di Balme, ci inviava, in data 22 giugno 2010, l'avviso di chiusura indagini in cui “parte offesa” del procedimento 27901/2008 erano Alberto Landolfi e Carmelo GULLACE. Fatto ancora più curioso delle querele presentate dal potente boss della 'ndrangheta in cui difendeva Landolfi e Scolastico (vedi qui), visto che GULLACE non risulta affatto un magistrato e quindi non si comprende come possano le sue querele essere finite a Torino (le aveva presentate, tramite l'avvocato Giovanni Ricco, alla DDA di Genova coordinata dal pm Vincenzo Scolastico). E, poi, a Torino dovrebbero già conoscere bene GULLACE, che voleva attentare, dal carcere, alla vita del Giudice Istruttore di Torino che lo aveva fatto arrestare, e, visto che fu proprio il fratello del Carmelo, Elio GULLACE, con il cugino pluriprediudicato Rocco PRONESTI', che finirono arrestati proprio davanti all'ufficio di quel Giudice Istruttore a Torino, con un'arma occultata nella loro auto. E Arnaldi di Balme, che è anche pm della DDA di Torino, non può non sapere che Carmelo GULLACE è a capo, nel Nord-Ovest del Paese, della potente cosca dei GULLACE-RASO-ALBANESE, imparentata ai PIROMALLI, che, oltre alla Liguria, ha colonizzato anche il Piemonte, dall'alessandrino su, sino a Novara e Biella...
Successivamente pubblicammo un articolo in cui raccoglievamo foto pubbliche (reperite da vari siti internet e video su youtube) delle serate a Laigueglia presso la discoteca “La Suerte” del pm Landolfi, insieme a molteplici esponenti dei vertici locali di Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Capitaneria di Porto. Scatti e video che non abbiamo realizzato noi ma che erano (ed in parte sono ancora in rete). Segnalavamo in quella circostanza che in quel locale, con cotanta presenza di Autorità, tra Forze dell'Ordine e un pm, tutti con competenza lavorativa proprio su quel territorio, certamente le serate si svolgevano in assoluta sicurezza. Affermavamo poi che certamente il pm Landolfi e gli altri uomini dello Stato, che si notavano in ottimi rapporti con il gestore, le ballerine ed altri ospiti, avrebbero potuto dimostrare in ogni circostanza che nulla avevano accettato come regalo in tali serate, nemmeno una bevuta.
Anche su questo, arrivò puntuale la querela del pm Landolfi. Sempre seguita dalla Procura di Torino, sempre dal pm Enrico Arnaldi di Balme. Questi procedeva anche a chiedere ed ottenere il sequestro preventivo dell'articolo, delle foto e del video perché erano “diffamatori”.
Ma era colpa nostra se il pm posava in foto e video? E se il contenuto di tali foto e video sono “diffamatori” il problema non sarebbe forse allora dell'oggetto dei video e delle foto? No. La colpa, ad esempio, per il fatto che nel video di presentazione de “La Suerte” ci sia il pm Alberto Landolfi che serve al tavolo con il vassoio e che poi brinda con uomini politici di primo piano (come il Silvano Montaldo, uomo storico di Claudio Scajola, nonché massone e vicesindaco proprio di Laigueglia), pare che sia nostra.
Pubblicammo quindi un articolo con ulteriori scatti pubblici del pm Landolfi in compagnia di altri soggetti e del titolare de “La Suerte”. Tutte foto pubbliche, inserite nelle gallerie fotografiche de La Suerte su facebook o in quelle del titolare de La Suerte. Chiedemmo come fosse possibile che venisse contestato il carattere diffamatorio a noi, spiegammo che non avevamo fatto altro che copiare e incollare immagini che erano in rete, pubbliche. Non volevamo offendere alcuno, ma semplicemente riportare fatti, anzi “scatti”. Niente, anche qui scattò la querela del pm Landolfi che accusava di diffamazione e violazione della privacy. Ed anche qui il pm Enrico Arnaldi di Balme, da Torino, procedette. Ma, ancora, anche in questo caso, è colpa nostra se il pm si faceva fotografare con una signorina molto conosciuta per la sua attività nel savonese (oltre che essere anche stata chiamata a tempo determinato in Procura per fare le traduzioni)? Pare sia nostra.
Trovammo quindi in rete addirittura una pubblicità di uno champagne che viene omaggiato agli ospiti del privèe de “La Surte”. In questa pubblicità c'è la foto del pm Landolfi con il calice in mano. Pubblicammo quello scatto nell'articolo "Serve respingere gli attacchi ai magistrati in prima linea... e serve affrontare le gravi criticità" . Articolo che dalla Procura di Torino chiedono ed ottengono di far nuovamente sequestrare in via preventiva (vedi qui). Il quotidiano "la Repubblica" riprende la questione di quella pubblicità (vedi qui) e ripubblica le foto che avevamo trovato in rete (vedi qui). Landolfi dichiara che non sapeva nulla. Ma come? Naviga tanto in rete da trovare ogni nostro articolo o le foto che noi pubblichiamo e quella non l'ha vista? E quando l'ha vista cosa ha fatto? Ha denunciato il titolare del locale che ha usato a sua insaputa la sua immagine? Denuncia i titolari della casa produttrice dello champagne, che avrebbero usato impropriamente la sua immagine? No, anzi difende strenuamente (vedi anche lettera a UominiLiberi) il titolare del locale. E di chi è quindi la colpa delle colpe per quella sua pubblicità allo champagne ed a La Suerte? Ma è ovvio: sempre nostra!
Nel frattempo il pm Landolfi ha seguito la scia del Procuratore Vincenzo Scolastico. Dopo l'arrivo alla guida della Procura savonese del procuratore Francantonio Granero, Landolfi decide infatti di trasferirsi alla Procura di Genova dove è già arrivato Scolastico, divenuto anche coordinatore della DDA, che lo inserisce nell'organico dell'Antimafia. Arriva a Genova ma viene dislocato a Mostar. Di fatto a Genova è solo passato a salutare l'ufficio, dopo diversi articoli in cui, lo stesso, “si” dava il commiato per la partenza dal Palazzo di Giustizia di Savona.
Mentre è a Mostar, il Procuratore Generale di Genova, Luciano Di Noto, nota però le foto del pm in discoteca. Nota quella pubblicità del locale e dello champagne che avevamo pubblicato e che Repubblica aveva rilanciato. E così la Procura Generale apre un fascicolo sul pm Alberto Landolfi (vedi nostro articolo e articolo de "la Repubblica")
Apriamo una parentesi. Il pm Landolfi aveva querelato anche il sito “Trucioli Savonesi” perché, nell'ambito di un articolo sui FOTIA, riprendeva parti dei nostri articoli e del nostro esposto al CSM. L'accusa è sempre la stessa: diffamazione. Il Gip di Torino, in questo caso, archivia il procedimento contro Trucioli Savonesi (vedi qui), in sintesi, perché dare notizia di quanto ha affermato la Casa della Legalità sul pm Landolfi non costituisce reato.
I procedimenti per le querele alla Casa della Legalità, a Torino, seguiti dal pm Arnaldi di Balme, devono ancora andare in dibattimento.
Invece, la Procura di Torino ha ottenuto, in primo grado, la condanna di Marco Ballestra, referente della Casa della Legalità di Imperia ed autore del blog “alzalatesta.net” per diffamazione perché aveva linkato l'articolo con le foto delle serate a “La Suerte” del pm Landolfi. L'ironia – certamente pesante - dell'articolo di Alzalatesta non è stata compresa ed è stata colta dal giudice di primo grado come offensiva e quindi si dovrà ricorrere in appello. Lo stesso giudice però ha riconosciuto che non vi è stata violazione di alcuna privacy nella pubblicazione delle foto (vedi qui).
Altre foto del pm vengono notate. Questa volta pubblicate dallo stesso Landolfi sul proprio profilo facebook. Le notano Marco Preve di Repubblica e Ferruccio Sansa de Il Fatto Quotidiano. Le pubblicano. Sono inquietanti.
Una – e ne avevamo già scritto (vedi qui) - ritrae il pm Landolfi mentre effettua il saluto cetnico. Quello degli ultranazionalisti serbi. A commento della foto con il saluto a tre dita, il pm scrive “Un po' serbi... ma scherzavamo”. Dettaglio che cozza pesantemente con la giustificazione adottata ora che vorrebbe far passare quel saluto come “religioso”.
E quella foto, mostrante quel saluto, con ben evidente “pubblico” nel suo profilo facebook, Landolfi la pubblica mentre è in missione a Mostar, nella ex Yugoslavia. In quel territorio dove l'odio etnico ha seminato devastazione ed un orrendo genocidio. Lui, in missione, in rappresentanza dell’Autorità Giudiziaria italiana, saluta così come salutavano i paramilitari delle milizie responsabili del genocidio. Come i responsabili del genocidio processati e condannati dal Tribunale dell'Aia. Come i fanatici delle Tigri di Arkan.
Poi ci sono le foto con armi da fuoco. Una con un fucile da caccia. L'altra con un’arma da guerra. Anche queste pubblicate da lui. Anche queste notate dai suoi superiori. Eccole qui:
Oggi, alla vigilia del suo rientro in servizio a Genova (se non saranno disposti provvedimenti disciplinari, come, ad esempio, un trasferimento di sede e funzioni), come pm della Direzione Distrettuale Antimafia, il Secolo XIX rende pubblico che il neo Procuratore Generale di Genova, Vito Monetti, ha un fascicolo con tutte quelle foto del pm Landolfi sulla propria scrivania. Non una raccolta qualsiasi di foto di un collega su cui fare qualche commento. E' una cosa seria su cui vige il massimo riserbo. Si tratta di materiale che la Procura Generale considera di rilievo per un procedimento disciplinare che coinvolge quindi il Ministero della Giustizia ed il CSM. [qui la prima pagina de Il Secolo XIX e la paginata dedicata al fascicolo sul pm Landolfi del 2 settembre 2012 - in formato .pdf - in coda la trascrizione dell'articolo]
Davanti a questo, il pm Landolfi dice che se la ride. E, dichiarando questo a Il Secolo XIX, torna ad invocare la privacy e lancia una sfida aperta al Procuratore Generale: non ha competenza, non può occuparsi di ciò che ha fatto quando era in missione a Mostar.
Ecco, di nuovo l'insofferenza e l'arroganza con cui Landolfi ha saputo farsi conoscere. Come quando scriveva – come ricorda anche Il Secolo XIX – che bisogna finirla con l'immagine vetusta dei magistrati o che bisogna diffidare di quelli con “la schiena dritta”. Erano cose che scriveva a Uomini Liberi dopo una prima lettera al medesimo sito che aveva costretto a querelarlo (chissà a Torino, se saranno solerti e fermi davanti a questa querela come lo sono per quelle presentate da Landolfi?).
La situazione è però preoccupante. Lo è perché la DDA di Genova è in una situazione che necessiterebbe di magistrati di esperienza in materia di antimafia e non di un magistrato, come Landolfi, che si è reso protagonista di un costante negazionismo in materia, oltreché di comportamenti ed atti quantomeno discutibili.
Il 2 ottobre 2008 il quotidiano “Il Secolo XIX” pubblicava l'intervista al pm Landolfi in occasione della “lezione” sulla mafia che Landolfi avrebbe tenuto ai ragazzi del Liceo Della Rovere.
Landolfi dichiarava: “Ma qui da noi non esistono problemi”, “Nel savonese, ma in tutta la Liguria non abbiamo problemi legati alla criminalità organizzata. Esistono forse solo dei rigurgiti legati ai vincoli esistenti tra qualche famiglia ancora residente qui con nuclei malavitosi, ma senza conseguenze”. E poi ancora sulla presenza mafiosa in questo territorio, Landolfi ribadiva: “qualcosa c'era stato, ma verso la fine degli anni ‘80 e gli inizi del ‘90”, facendo sintetizzare al giornalista “il pm ribadisce di non essersi imbattuto in questi ultimi anni in fenomeni del genere nel savonese”.
Il sostituto procuratore Landolfi tornò alla carica un annetto dopo. Lo fece rilasciando un'intervista al giornale online “ACTA DIURNA” (vedi qui la pagina salvata - il sito è stato chiuso dopo il crack di NUCERA) di proprietà di una delle società del gruppo GEO di Andrea NUCERA (ora latitante) e del legale e socio di questi, l'avvocato savonese già parlamentare di Forza Italia, Enrico NAN (vedi qui) con cui Landolfi condivise il lavoro nella nota "Commissione d'Inchiesta Mitrokin" come consulente (vedi qui).
Era il 17 settembre 2009. In questa nuova intervista, il pm Landolfi, sulla proposta del Governo Berlusconi di separazione delle carriere dei magistrati, afferma che “Non si ha motivo di ritenere che la riforma sia una manovra mossa da obiettivi nascosti, al fine di favorire chissà chi o chissà che cosa”, sulle intercettazioni afferma che “Sicuramente in Italia c’è un eccesso di intercettazioni”, e, quindi, tornando sulla questione delle mafie nel savonese ed in Liguria, dichiara: “Ad eccezione dei traffici di sostanze stupefacenti, che qui sono rilevanti – l’uso di cocaina è diffusissimo in tutti gli strati sociali – direi che la situazione criminale è abbastanza sotto controllo. Ci sono stati momenti più difficili, verso la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90, con picchi di criminalità... Confermo quanto già affermato in passato: il Ponente ligure è stato per anni luogo di aggregazione di gruppi famigliari legati alla criminalità organizzata calabrese e a personaggi di spicco appartenenti a questa sfera. Tuttavia, negli ultimi 10-15 anni, l’attività di repressione, soprattutto grazie alla confisca dei loro beni, ha prodotto risultati positivi. Oggi non si può sostenere che un’organizzazione mafiosa sia attiva e operativa in Provincia di Savona. Chi lo afferma, o è in malafede, o è un ignorante”.
Fu proprio leggendo questo articolo che, come Casa della Legalità, decidemmo di presentare un esposto al CSM sul pm Alberto Landolfi che rispondeva querelando.
Ecco, quindi, chi afferma che ci sia mafia attiva ed operante nel savonese è in malafede o un ignorante, affermava con fermezza il pm Landolfi alla faccia delle risultanze investigative di molteplici Procure, compresa la Direzione Nazionale Antimafia, e della DIA, della stessa Prefettura di Savona. E, dopo la problematica esperienza di una DDA genovese, guidata da Vincenzo Scolastico, e conclusasi con la sua rimozione da tale incarico (vedi qui), Landolfi si appresta ad entrare in servizio in quella DDA.
Ora, visto che la questione è preoccupante, vogliamo aggiungere un tassello a questa storia. Alla storia che abbiamo già raccontato (e che in parte sarà anche ripresa nel prossimo libro che stiamo per pubblicare) e sintetizzato nell'esposto al CSM di alcuni anni fa, si deve aggiungere un altro frammento. In questo caso sulla questione ambientale, così come già facemmo per la partita ACNA, anche qui, qualcosa che non torna, pesantemente, c'è!
Il pm Alberto Landolfi, quando era ancora alla Procura di Savona era titolare del Procedimento num. 12322 / 07 / 44. Questo procedimento venne archiviato prima della sua partenza per Genova e prima della partenza, sempre per Genova, del Procuratore Scolastico (lettera di archiviazione del 20/03/2009). Cosa vi era in questo fascicolo? Esposti e risultanze sull'inquinamento della Tirreno Power. Presenza massiccia di polveri sottili, un elevato tasso di radioattività, il silenzio dei dirigenti della centrale sulle polveri sottili e sulla radioattività, la mancanza di sufficienti elementi di controllo, la manifesta condotta omissiva della Regione Liguria.
Il pm Landolfi ha scritto nel fascicolo che le rimostranze dei proponenti l'esposto hanno certamente un substrato obiettivo, e che vi è un' "influenza ambientale sfavorevole di rilevante entità" sull'ambiente, e con una "pesante incognita sulla salute" ma nonostante ciò, ha però poi chiuso il fascicolo concludendo che, a suo avviso, non vi sarebbe in tutto ciò una manifesta violazione di legge.
Le 'palesi omissioni' sarebbero secondo Landolfi 'impedite' dal Decreto Min. 60/2002 (sui valori limite degli inquinanti e della qualità dell'aria) nonché dalla modifica e nuova formulazione dell'art. 323 del Codice Penale (quello dell'abuso di ufficio)
Eppure la nuova formulazione dell'art. 323, pur ponendo dei confini più definiti e limitati a tale illecito penale, dice comunque che deve esserci l’intenzione di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrecare ad altri un danno ingiusto, ecc...
Nella questione risultano, quindi, in realtà, evidenti gli elementi di abuso d'ufficio.
Le persone che presentarono esposti e denunce, che erano confluiti nel fascicolo di Landolfi, sono molteplici. Tra queste anche l'Ammiraglio Antonino Frisone, non, quindi, certamente, un inetto.
In quella data, poi, erano già noti gli esiti di analisi – effettuate dalla stessa Tirreno Power - che indicavano livelli di inquinamento più elevati degli altri riscontrati in Italia! -. Erano dati del 2007. Dati inconfutabili perché forniti dalla stessa Tirreno Power nell'ambito di un procedimento di VIA che imponeva al titolare della Centrale di Vado Ligure di presentare un biomonitoraggio.
Dati acquisiti dal Ministero dell'Ambiente (prot. N. DSA-2007-27160 DEL 18/10/2007) e dall'ARPA Liguria.
[Il documento sul biomonitoraggio è stato pubblicato tra i documenti della procedura al link http://aia.minambiente.it/DomandeAIADocumenti.aspx?id=114 (andando poi su "documentazione del gestore" poi "integrazioni" poi "prima richiesta" apparirà una serie di pdf, cliccare sul terzo "integrazioni" da 60,23 MB questo è il pdf che contiene il biomonitoraggio, ed a partire da pag. 25 della numerazione pdf) - Il testo integrale del documento in questione è disponibile direttamente anche qui, in formato .pdf]
ESTREMAMENTI IMPORTANTI LE ANALISI SUI TALLI LICHENICI a pag. 44 della documentazione (pag. 20 del documento biomonitoraggio) risultano valori STRAORDINARIAMENTE ELEVATI IN MOLTE POSTAZIONI
SI ELENCANO SOLO ALCUNI VALORI MASSIMI confrontati con quelli della tab. A allegata tratta da un documento dell'università della TUSCIA a pag. 20
(valori PPM o microg / g)
CADMIO POSTAZIONE UCP 29: VALORE 12,46 (val massimi riscontrati in Italia tab A 9,04 ppm) (VALORI NORMALI <0,8 )
ARSENICO POSTAZIONE UCP 7: VALORE 13,80 (valore massimi riscontrati in Italia secondo tab. A 5,53 ppm) (VALORI NORMALI <1,2 )
MERCURIO POSTAZIONE UCP 41: VALORE 13,06 (valore max Italia tab. A 1,84 ppm) (VALORI NORMALI <0,02 )
CROMO POSTAZIONE UCP 40: VALORE 330,20 (valore max Italia tab. A 60,5 ppm) (VALORI NORMALI <4 )
Il riepilogo di dettaglio è fatto in seguito. Per esempio, per l'arsenico, a pag. 50 del pdf (pag. 30 del biomonitoraggio) sono appunto evidenziati i valori per l'arsenico sui licheni (anche valore medio e massimo) ma nel commento sottostante non viene menzionata l'enormità del valore massimo (13,80) e anche quella del valore medio (5,66) rispetto ai valori normali (<1,2) !!
Qui gli specchietti con gli altri inquinanti dove non sono evidenziate le enormità dei valori specie sui licheni:
Non appare alcun cenno su questi valori straordinari di inquinanti che parrebbero addirittura di gran lunga i più elevati mai riscontrati in Italia secondo appunto la tabella A . Nelle varie fasi di approvazione dell'iter per il potenziamento della centrale pur essendo citato in alcuni casi questo biomonitoraggio - fatto effettuare dalla stessa centrale !!! - non risultano citati questi dati abnormi e, pur in presenza di questi dati, sono state concesse sia l'autorizzazione VIA sia i decreti autorizzativi del Ministero dell'ambiente e dello sviluppo !
Ecco, il pm Landolfi che seguiva questa indagine, non può non aver acquisito quei dati. Non può infatti aver omesso di chiedere ad Asl ed Arpal documentazione in merito alla Tirreno Power. Ed allora, come ha fatto a chiedere ed ottenere l'archiviazione del procedimento?
Ora, dopo l'arrivo del procuratore Granero, la Procura di Savona, da quanto abbiamo appreso, ha ripescato quel procedimento archiviato. Quel che vi era in quel fascicolo. Lo ha fatto perché, con tre consulenti, tre medici, sta portando avanti un'indagine approfondita sulla questione (vedi qui)!
La questione è: come ha fatto il pm Landolfi a non notare quei dati allarmanti tra il 2007 ed il 2009, quando si occupò lui del fascicolo?
Ecco, quindi, che nell'attività del pm Landolfi, oltre a quanto avevamo già evidenziato nell'esposto al CSM (vedi qui), c'è anche altro che è quanto mai criticabile. Anche perché, per colpa dell'inquinamento delle emissioni della Centrale Tirreno Power di Vado Ligure, (qui una perizia aggiornata) le gravi patologie, i tumori e le morti, dal 2007 in avanti, sono continuate a crescere e a devastare vite oltreché l'ambiente.
Il fatto che il pm Landolfi non notò quei dati, non li trovò o non li considerò, quando erano depositati dalla stessa Tirreno Power, sia al Ministero dell'Ambiente sia all'Arpal, è un elemento crediamo significativo, da segnalare e considerare attentamente.
Non ci sono solo le foto, i video, che ci dicono di dubitare. Lui, Landolfi, diffida da quelli con la “schiena dritta”, noi – se ci è consentito, magari a costo di una nuova querela o un altro sequestro preventivo di questa pagina - diffidiamo di lui!
P.S.
E' curioso scoprire che la Procura Generale considera il materiale che pubblichiamo degno di considerazione, mentre il pm Arnaldi di Balme a Torino ha chiesto il sequestro proprio di quelle pubblicazioni. Curioso, davvero curioso… Ma questa è l'Italia!
Di seguito gli articoli de Il Secolo XIX di oggi (disponibili qui in formato .pdf: prima pagina e paginata interna dedicata al fascicolo sul pm Landolfi]
ed in corda tutte le foto ed il video che avevamo pubblicato...
Il Secolo XIX - 02 settembre 2012
IL PM RAMBO CHE IMBARAZZA L'ANTIMAFIA DI GENOVA
di Matteo Indice
GENOVA. Uno dei suoi paletti, e lo ha messo nero su bianco scrivendo al sito savonese di politica Uomini Liberi, è l'avversione "ai moralisti". E alla "vetusta immagine" dell'uomo di legge "che dovrebbe vi ere rinchiuso nel suo ufficio o nella sua casa e assurgere al ruolo di asociale costituzionale". Il problema è che certa disinvoltura, specie nelle pubblicazioni via internet di quelle che definisce "foto private", potrebbe costare al sostituto procuratore Alberto Landolfi qualche problema serio, perlomeno dalla metà di settembre in poi. Quando, prima novità, il magistrato riprenderà operativamente servizio alla Procura di Genova - assegnato alla Direzione Distrettuale Antimafia - dopo una missione all'estero. E quando, secondo dettaglio cruciale trapelato in questi giorni, dovrebbero essere formalizzati gli esiti di accertamento disciplinare, poiché il procuratore generale Vito Monetti conferma che Landolfeide iconografica è materiale di approfondimento da parte del suo ufficio.
“Su eventuali comunicazioni col ministero della Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura” aggiunge "non posso dire nulla, poiché si tratta d'informazioni riservate".
Fra no comment e conferme implicite, un dato è sicuro. Delle foto che ritraggono uno degli inquirenti di punta del capoluogo ligure mentre su produce nel saluto tipi dei nazionalisti serbi durante la permanenza nell'ex Yugoslavia, oppure imbraccia mitra o ancora sponsorizza a sua insaputa una discoteca e lo champagne della casa, be', di quei frame si parlerà parecchio alla ripresa dell'attività giudiziaria.
Perciò occorre ricapitolare l'affaire da cima a fondo.
Landolfi, fino al luglio scorso e per oltre un anno, è stato in Bosnia-Erzegovina, a Mostar (teatro d'uno dei più strazianti assedi nel corso delle guerre degli anni Novanta) impegnato alla European Police Mission nella sua veste di criminal justice expert. Durante il mandato in una zona dove l'odio etnico cova ancora pesantemente, sulla sua pagina Facebook è stato postato uno scatto che lo ritrae a bagno e concentrato nel saluto delle tre dita. A stretto giro scrive: “Un po' serbi...ma scherzavamo”. Che simbologia è? Landolfi (vedi intervista sotto) lo definisce un segno in primis religioso, di matrice ortodossa. E sarebbe pur vero. Ma non v'è dubbio che sia convenzionalmente un cenno di riconoscimento e intesa reciproca tra le frange più oltranziste del nazionalismo serbo, ampiamente utilizzato fra le milizie irregolari che seminarono terrore contro gli albanesi in Kossovo fino al 1999.
Per dire. Ivan Bagdanov, l'ultrà filo-nazi che tenne in scacco lo stadio Luigi Ferraris durante Italia-Serbia dell'ottobre 2010, con quella mano si mostrava alle telecamere. E gli stessi calciatori della nazionale, poi travolti dalle polemiche, solidarizzarono con i loro tifosi mostrando le tre dita. Decisamente poco religioso e alquanto recente. Andando più a ritroso, basta ricordare che UEO simbolo ha campeggiato spesso sui manifesti elettorali d'uno dei leader serbi più radicali e conservatori, Vuk Draskovic. Ed era un must per i seguaci di Radovan Karadzic e Ratko Mladic, sanguinari leader della Repubblica serba di Bosnia processati per crimini contro l'umanità.
Era proprio il caso che un magistrato italiano lo riproducesse, in un Paese che porterà in eterno le cicatrici della guerra civile? Soprattutto: rischia di costargli qualcosa, ora che torna ad essere un pm all'ombra della Lanterna? Il procuratore generale Monetti, interpellato dal Secolo XIX, conferma di avere chiesto di visionare tutte le immagini controverse e non vuole andare oltre, spiegando che eventuali iniziative disciplinari di concerto con il Csm non sono al momento da divulgare. Landolfi sostiene invece che solo una parte delle foto sia stata oggetto di rilievi, rimarcando come tutto sia destinato a risolversi in un nulla di fatto.
Secondo aspetto-clou. Quali sono le altre fotografie che, già da gennaio, avevano animato la discussione sul blog Trenette & Mattoni di Repubblica e sul Fatto Quotidiano, ma diventano soprattutto oggi di attualità, dato l'imminente ritorno in toga nel capoluogo ligure? Un paio, inserite su Facebook, lo descrivono con potenti fucili in favore di obiettivo. Un'altra, calice in mano e risalente a oltre due anni fa, è inserita nel collage con cui una marca di champagne si sponsorizzava abbinando il proprio nome alla discoteca “La Suerte” di Laigueglia (frequentata da Landolfi, che è stato per anni in servizio a Savona ed è molto noto nel Ponente).
Tutto materiale che, si scopre oggi, è finito nelle mani del procuratore generale in chiave disciplinare. Il magistrato invece il suo credo lo esternava senza fronzoli on line in tempi non sospetti, tramite Uomini Liberi: “Vado in discoteca e me ne faccio un vanto... Diffido da coloro che ogni giorno vantano a destra e manca la loro “schiena dritta”... Sono i peggiori, i privi di esperienza di vita, i misantropi che poi la schiena la piegano ad ogni occasione...”
MONETTI: “SI' AI RILIEVI, MA RISERVATI”
Il Procuratore generale (la massima autorità inquirente in Liguria) Vito Monetti conferma che le foto “particolari” del pm Alberto Landolfi sono finite sul suo tavolo. “Ma qualunque informazione su nostre segnalazioni al Ministero della Giustizia devono restare al momento riservate”.
Il sostituto procuratore si difende
“MI VIENE DA RIDERE, CHIARIRO' TUTTO”
“E comunque, non credo che Genova abbia competenza sulla mia missione nell'ex Yugoslavia”
GENOVA. “Mi viene da ridere. E non credo che la Procura generale abbia voce in capitolo sulle foto scattate durante la mia missione nell'ex Yugoslavia, poiché ero tecnicamente fuori ruolo e quindi non c'è competenza su quel materiale. Sempre ribadendo che, a mio modo di vedere, non c'è proprio nulla di male in alcuna delle immagini di cui si parla da tempo. Alla metà del mese mi ripresento in ufficio e avremo modo di approfondire la cosa”.
Ufficialmente in ferie, il sostituto procuratore Landolfi accetta di parlare con Il Secolo XIX degli scatti che potrebbero costargli, o essergli costati, un accertamento disciplinare.
Era proprio il caso di farsi immortalare mentre fa quello che sembra un saluto cetnico, proprio del vecchio Esercito yugoslavo in patria e poi degli ultranazionalisti serbi, entrambi d'ispirazione vicinissima ai valori della destra più conservatrice?
«Attenzione. Quello non è un saluto cetnico, ma un simbolo religioso, in particolare della trinità ortodossa”.»
Lo usavano frange paramilitari durante la guerra civile, ed è tipico degli ultrà calcistici più oltranzisti e pericolosi.
«È un simbolo religioso, perdipiù non ero in Bosnia quando mi hanno ritratto».
E dov’era?
«Altrove. La Bosnia non ha praticamente sbocco al mare e io sto facendo il bagno...».
Tutto il mondo sa che, convenzionalmente, le tre dita sono un simbolo dei nazionalisti serbi violenti. Lei era in missione in un posto dove l’odio etnico ha prodotto morte e distruzione.
«E tutti fraintendono. Lo fa anche il tennista Djokovic, mica è un ultra-nazionalista serbo» (le tre dita in realtà gli sono costate qualche polemica, ndr).
Il console italiano a Osaka (Giappone), Mario Vattani, è stato richiamato in patria perché si esibì nel saluto romano, chiaro contenuto politico, durante un concerto...
«Non c’entra nulla, il mio non era un gesto politico».
Un magistrato è personaggio pubblico, che decide ogni giorno sulla vita altrui. Era opportuno postare quella roba su Facebook?
«Le pagine del social network sono private. E comunque, nessuna scelta inopportuna».
Neppure quella di pubblicizzare gli scatti nei quali imbraccia maxi-fucili, sotto le teste imbalsamate di due cervi?
«Alt. Io sono un cacciatore passivo, non ho mai sparato a un animale in vita mia. Tra l’altro, le fotografie risalgono a un safari che feci anni addietro,un’esperienza bellissima che non può essere decontestualizzata».
Torniamo all’attualità. La Procura generale (l’ufficio che sovrintende all’attività delle singole
procure provinciali liguri) conferma di aver avviato accertamenti su tutte le foto.
«Ve lo dico io come è andata. Si sono approfondite le istantanee realizzate in discoteca (quelle in cui Landolfi mostra un calice e sono entrate nel collage pubblicitario d’una marca di champagne, sebbene lui abbia sempre ribadito di non aver conosciuto l’uso che ne sarebbe stato fatto, ndr). E si è concluso che hanno rappresentato una violazione della mia privacy. Per quanto accaduto in missione, ripeto, non c’è competenza degli organi giudiziari di cui mi parla».
Lei però torna a fare il pm a Genova, forse per questo la Procura generale s’interessa delle immagini. Rimarrà nel capoluogo ligure?
«E mica posso decidere di andarmene quando voglio. Genova è la mia sede di lavoro e io qui resto. Suppergiù, dalla metà del mese. Ho già rioccupato il mio ufficio».
Qualche immagine da LA SUERTE...
(ed in coda il video)
- Laigueglia, prov. di Savona -
* ATTENZIONE *
IL VIDEO DI PRESENTAZIONE DE LA SUERTE
E SVANITO, RIMOSSO DA YOUTUBE...
PER FORTUNA LA PIATTAFORMA STESSA
CONSENTE DI SCARICARE E RIPUBBLICARE
I VIDEO CHE SU QUESTA PIATTAFORMA
VENGONO CARICATI... E COSI'
LO PUBBLICHIAMO QUI, PERCHE' UN BEL VIDEO
NON DEVE ESSERE PERSO... GIUSTO?