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Con questa nuova puntata torniamo alla politica (e quindi anche agli affari). Ai rapporti della politica e con la politica della 'ndrangheta al nord, tra Emilia Romagna e Veneto. E per farlo ricominciamo da DELRIO Graziano, l'attuale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, per poi passare ad altri del panorama dell'Emilia occidentale e quindi salire nella Verona del sindaco leghista TOSI Flavio.
Partiamo da RIZZO Antonio, un imprenditore cutrese di Reggio Emilia, e GUALTIERI Antonio, uno dei cutresi arrestati per 416-bis nell'Operazione “AEMILIA”, alla luce del suo «ruolo di promotore, dirigente ed organizzatore dell'attività dell'associazione in particolare nelle zone tra Piacenza e Reggio Emilia» e soprattutto, sino ad paso falso negli affari, il curatore degli interessi ed investimenti dei GRANDE ARACRI in Emilia Romagna...
Nella terza puntata di approfondimento sull'Operazione “AEMILIA” ci spostiamo un attimo sull'aspetto “imprenditoriale” (con un occhio comunque sempre puntato ai rapporti con la politica, ovviamente) che ha visto gli 'ndranghetisti fare ottimi affari nell'ambito di appalti pubblici, con concessioni pubbliche ed ovviamente con i subappalti delle grande cooperative rosse (che però non risultano indagate). Quello che emerge dall'inchiesta sulla “famiglia di Cutro” è la conferma, ancora una volta di ciò che si sapeva e si diceva da anni. Gli stessi rapporti che si sono evidenziati in Liguria, si consumavano ovviamente anche in Emilia Romagna, come si era denunciato e documentato anche in “Tra la via Emilia e il Clan”. Ed ora facciamo il punto proprio su questo. Lo facciamo attraverso ciò che ora è nero su bianco in riferimento alla BIANCHINI COSTRUZIONI (e IOS) perché ci offre, nella lunga ricostruzione prodotta dal GIP di Bologna - e che qui si andrà a ripercorrere - la dimostrazione di che significa la 'ndrangheta che si fa mercato: sfruttamento dei lavoratori, reati fiscali, reati ambientali - cioè inquinamento nocivo -, annullamento di ogni logica del libero mercato e dell'imparzialità della Pubblica Amministrazione...
Proseguiamo il viaggio nell'Emilia occidentale, terra di 'ndrangheta. Lo si sapeva da decenni ma il negazionismo (e la compromissione) era tale che copriva questa realtà ora sbattuta in faccia, bruscamente, con la maxi Operazione “AEMILIA”. Dopo una premessa generale e la prima puntata, centrata sul Comune di Reggio Emilia, proseguiamo questo viaggio. E riprendiamo da dove ci eravamo fermati. La figura dell'avvocato e consigliere comunale PAGLIANI Giuseppe.
Vi è un capitolo intero nell'Ordinanza di Custodia Cautelare del GIP di Bologna che ripercorre quanto evidenziato nell'Informativa dei Carabinieri di Fiorenzuola d'Arda del 7 maggio 2013 su PAGLIANI (esponente prima del PDL e poi di FORZA ITALIA, accusato di concorso esterno) e gli 'ndranghetisti...
Tessere rapporti e cointeressenze utili ai propri affari, ad aggirare le azioni di contrasto dello Stato e per rafforzare il proprio “accreditamento” sociale e quindi consolidare il proprio “potere” è il modus operandi della 'ndrangheta. E' la forza della 'ndrangheta. Lo è anche nella terra del nord, dove hanno colonizzato interi territori, con le articolazioni dei propri “locali”, siano questi più o meno autonomi (sempre relativamente “autonomi”) dalla “mamma” ovvero dal vertice che resta nella terra d'origine. L'Emilia Romagna non era isola felice (come qualcuno voleva invece far credere sino a quando, con “Tra la via Emilia e il Clan”, non si è sbattuta in faccia quella realtà nuda e cruda, documentata con nomi, cognomi ed indirizzi). L'inchiesta “AEMILIA” mette in evidenza, oltre alla rete 'ndranghetista facente capo al “locale” di Cutro, ed in assoluto al GRANDE (luntrune) ARACRI Nicolino, questa ragnatela, queste cointeressenze, complicità e connivenze, contornate da indecenze di comportamenti acquiescenti (forse) non penalmente rilevanti. Iniziamo quindi questo approfondimento a puntate. La prima è quella sulla città di Reggio Emilia...
Quando, il 27 febbraio 2010, lanciammo “Tra la Via Emilia e il Clan” in Emilia Romagna si negava la presenza delle mafie. Quando si puntava l'attenzione sulla ragnatela di soggetti e interessi in quel territorio delle mafie ed in particolare della 'ndrangheta, il negazionismo istituzionale faceva muro. Se piano piano passava la consapevolezza nella comunità, anche note associazioni antimafia nazionali tacevano e minizzavano. Il pericolo era quel documento che raccoglieva Atti ed elementi che smascheravano la presunta “diversità” emilianoromagnola, una realtà politico-istituzionale che non voleva ammettere essere stata la “porta” strategica delle mafie sul nord (e nell'economia) per quindi divenire una delle principali terre strategiche per gli interessi mafiosi...