Dossier su grandi e piccole opere... ecco Pizzarotti
12.03.2007 - DOSSIER SU GRANDI E PICCOLE OPERE
Io pago, ha detto Pizzarotti, pensando al Carcere (1992)
poi da Parma alla Sicilia, con gli amici degli amici…
ora il Carcere, lo costruisce a Savona!
Ebbene sì, questo pover uomo che tanto bene vuole al Paese ed ai suoi alleati è Paolo Pizzarotti della Pizzarotti & C spa. Dedito al sacrifizio, tutto per gli amici e gli amici degli amici, un uomo come pochi, uno come tanti in questa nostra Italia. Da una delle regioni rosse (che più rosse non si può), dalla città medesima del Callisto (l’amico della balena bianca), pensava a tutti e quindi pagava tutti, dalla DC al PCI-PDS. Un uomo della provvidenza, umanitaria. Tutte le basi militari USA e NATO hanno visto il suo sacrificio. Da Sigonella alla Ederle di Vicenza, da Comiso, passando per il nucleare, arriva anche a Livorno con Camp Darby e passa dalla Maddalena a Napoli.
Ma la tradizione ha radici antiche, puntate dritte alla adorata ”innovazione”, al “sistema paese” alle grandi alleanze per lo sviluppo e le grandi opere.
Vediamo un po’ con ordine partendo dalla grande opera dell’aeroporto di Milano Malpensa, iniziato con il Pentapartito e finito con l’Ulivo...
“Nel raggruppamento erano presenti tre imprese, ciascuna delle quali si impegnava a ringraziare il sistema dei partiti nei modi che riteneva più opportuni, e cioè: Pizzarotti provvedeva alla DC; Bonifati al PSI; Donigaglia al PCI. Personalmente ho provveduto a versare il denaro alla DC nelle mani del Senatore Severino Citaristi per un importo complessivo di circa 1 miliardo, 1 miliardo 300 milioni. Non conosco le modalità con cui Bonifati e Donigaglia hanno adempiuto ai loro impegni (…). Sapevo, e d’altronde Donigaglia me l’aveva confermato, che egli aveva rapporti diretti con il segretario amministrativo del PCI Stefanini. Non ho mai approfondito ulteriormente l’argomento con Donigaglia, perché è notoria nel nostro ambiente l’estrema riservatezza con cui rappresentanti collegati al PCI prima e al PDS poi operano e tengono rapporti con esponenti del loro partito”. E proprio Pizzarotti Paolo ha confessare su Malpensa 2000” (tratto da “Mani Pulite la vera storia”, M.Travaglio – P.Gomez – G.Barbacetto, Editori Riuniti – 2002, pag. 123 “ La Quercia decapitata”).
“Pizzarotti, per quanto riguardava le quote di contribuzione di spettanza del PCI, aveva definito direttamente con la segreteria amministrativa nazionale di Roma e quindi con Stefanini (…) Invece di versare una somma di denaro tout court al PDS, la direzione nazionale aveva richiesto di inserire nel raggruppamento di imprese la Cooperativa Argenta con una quota del 15%. Questa circostanza sembrò a me, e ancora più a Cappellini, penalizzante rispetto a quanto noi riuscivamo di regola a incassare dagli imprenditori milanesi, dove ad esempio per la Metropolitana Milanese la quota di denaro di pertinenza del PCI-PDS era del 25%. Cappellini disse allora che avrebbe chiesto spiegazioni a Roma parlandone con Stefanini. E infatti successivamente mi confermò che vi era stato un chiarimento fra di loro, nel senso che si è raggiunto il seguente accordo: a partire dal 1991 avanzato, era intervenuta una codificazione della spartizione delle contribuzioni, nel senso che la dove i finanziamenti per le opere provenivano dal sistema nazionale, ovvero trattatasi di opere di rilevanza nazionale, sarebbe stata direttamente la Direzione amministrativa nazionale del PDS ha trattare le relative contribuzioni con il sistema delle imprese, ovvero le imprese cooperative che di volta in volta avrebbero dovuto essere inserite nei raggruppamenti di impresa. Viceversa, nel caso di opere o manufatti aventi rilevanza regionale, le relative contribuzioni sarebbero state di spettanza delle strutture politiche regionali del PDS. Infine, per quanto riguardava le opere o i manufatti da realizzare in sede cittadina, le relative contribuzioni (sarebbero andate) alle sezioni cittadine e provinciali del partito.” Qui ch parla è Luigi Mijno Carnevale, cassiere rosso della Metrolitana, che conferma quanto confessato da Pizzarotti su Donigaglia e la ripartizione. (idem).
Ma la Pizzarotti è richiamata a tutte le latitudini del Paese, chi si comporta bene è sempre premiato dalla Politica italiana e figuriamoci se non poteva essere anche protagonista del grande progetto per il “nostro bene” della TAV.
“Come nel caso della CMC di Ravenna, l’altra grande azienda-cooperativa impegnata nei lavori di ampliamento e potenziamento della base di Sigonella, l’impresa Giuseppe Maltauro Spa è tra le protagoniste del grande affare dell’Alta Velocità ferroviaria. Essa partecipa al consorzio CEPAV DUE a guida ENI, assegnatario della tratta ferroviaria Milano-Verona. Del consorzio, guarda caso, fa pure parte la Pizzarotti & C. di Parma, società a cui sono stati affidati i lavori per la realizzazione del residence Usa di Belpasso e che è contestualmente proprietaria del complesso di Mineo, anch’esso preso in leasing dal comando navale di Sigonella. La Pizzarotti ha anche concorso ai lavori di ampliamento delle Stazioni aeronavali della base siciliana e ad una parte dei lavori di realizzazione della ex base nucleare di Comiso. Più recentemente, la società di Parma ha realizzato nella base dell’US Army di Camp Ederle (Vicenza) due edifici per alloggiare 300 marines più alcuni campi da basket ed altre attrezzature sportive. Pizzarotti e Maltauro compaiono in alcune delle inchieste della breve stagione di Mani Pulite. In particolare la società di Vicenza fu indagata per presunte dazioni di tangenti a politici e funzionari per l’aggiudicazione della gara d’appalto per la realizzazione (fine anni ’80) del 1° e 3° lotto dei capannoni della zona artigianale di Villafranca (Messina), insieme alla “Cosimo D’Andrea” di Messina. La Maltauro fu pure indagata a Venezia nell’inchiesta su un presunto giro di tangenti a favore degli ex ministri Bernini e De Michelis per i lavori del raccordo autostradale con l’aeroporto Marco Polo di Venezia e dell’ampliamento della terza corsia della Venezia-Padova. Nello specifico Enrico e Giuseppe Maltauro avrebbero versato il 2% dell’ammontare dell’asta (820 milioni).” (tratto da Girodivite – clicca qui)
Quello con gli “alleati” è un rapporto proficuo e antico, proprio come quello con i partiti, nella tradizione degli “appalti rossi”, le stesse opere su cui sino al suo omicidio (1982) anche Pio La Torre scavò e si ritrovò isolato nella sua Sicilia tra funzionari di partito e compagni di cooperative legati a Cosa Nostra.
“La contestata Pizzarotti di Parma, la stessa che nell'83 aveva vinto la gara per l'installazione dei missili Cruise a Comiso e che da 25 anni costruisce anche a Sigonella”. (tratto da PeaceLink – clicca qui)
Ma l’amore per il sud fa investire tanto la Pizzarotti.
“ La Pizzarotti di Parma, a sua volta, concludeva nel 2004 la costruzione del “Residence Mineo”, 404 alloggi familiari destinati anch’essi al personale Usa di Sigonella. Lavori per 5,2 milioni di euro venivano subappaltati all’associazione d’imprese Demoter-Itaca. La Demoter è la società del geometra Carlo Borrella, presidente dei Costruttori edili di Messina e titolare della Ingegneria e Finanza Srl, società partner del Comune di Messina nel controverso progetto di “riqualificazione urbana” del quartiere Tirone. Della società mista fa parte pure la Garboli-Conicons , importante azienda di costruzioni con sede a Mondovì (Cuneo), acquisita lo scorso anno proprio dalla Pizzarotti Parma.” (tratto da Girodivite – clicca qui)
E l’occhio sugli amici degli amici della Pizzarotti cade anche da parte dell’Osservatorio sul Ponte sullo Stretto, quella grande opera amata dal Ministro Lunari “convivente”, dalle Cooperative Rosse, ma soprattutto voluta da Cosa Nostra ed ‘Ndrangheta. E intanto si tiene in esercizio costruendo un po’ di viadotti e autostrade.
“Alla Pizzarotti S.p.A. di Parma, partner Astaldi e società leader nella realizzazione di aeroporti, basi e complessi USA e Nato, l’ANAS ha attribuito invece lo status di general contractor per i lavori della nuova autostrada Catania-Siracusa, una commessa di 473,6 milioni di euro.
Ci sono poi coloro che stanno stringendo le opportune alleanze con i probabili soggetti locali che si aggiudicheranno i lavori di supporto alla realizzazione del Ponte sullo Stretto. La C.C .C. Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna, il colosso della Lega delle Cooperative, in cordata Ponte con Astaldi e Pizzarotti, dal prossimo mese condividerà al 50% i lavori per 37 milioni di euro della variante Castelnuovo-Garfagnana (Provincia di Lucca) con l’azienda tutta messinese della Demoter. Nata come società di movimentazione terra, la Demoter del geometra Carlo Borrella è divenuta un’azienda leader nel settore dei lavori pubblici e privati, ottenendo importanti appalti in Trentino, Toscana, Calabria e Sicilia. La Demoter è stata la subappaltatrice del consorzio Ferrofir (Astaldi-Di Penta-Impregilo) nella realizzazione della lunga galleria dei Peloritani tra Villafranca e Messina, predisposta appunto in vista del costruendo passante ferroviario per il Ponte sullo Stretto. Alla Di Penta, poi Astaldi, la Demoter di Carlo Borrella è subentrata nella realizzazione dello Stadio San Filippo di Messina inaugurato in fretta e furia per ospitare gli incontri casalinghi del Football Club Messina neopromosso in serie A.
Ad un’associazione temporanea composta dalla Demoter e dalla Itaca S.r.l. del gruppo Mancuso di Brolo (società di costruzioni che ha realizzato a Messina buona parte dei complessi abitativi della locale Lega delle Cooperative), la Pizzarotti di Parma ha assegnato lavori per 5,2 milioni di euro per la costruzione del cosiddetto “Residence Mineo” destinato ad ospitare 400 alloggi familiari per il personale americano in forza alla base nucleare di Sigonella. Un filo rosso quello dello scalo militare aeronavale alle porte di Catania, segnato a fine anni ’90 dall’appalto assegnato dal Pentagono alla C.M.C. di Ravenna a danno di Impregilo che pure aveva offerto due miliardi di vecchie lire in meno della cooperativa della Lega. Oggi per il Ponte le “alleanze” appaiono invertite: la Cooperativa Muratori & Cementisti-C.M.C. è partner del colosso di casa Fiat e chissà per quale strano gioco del destino si trova a gareggiare proprio contro la C.C .C. di Bologna, di cui la cooperativa ravennate è una delle 240 associate e certamente tra la più importanti.
Un filo rosso, pertanto, che parte dalla militarizzazione dell’isola e che arriva oggi proprio sullo Stretto. Rosso e non solo però. Anche per il Ponte, come lo è stato per il business dei rifiuti e dei termovalorizzatori in Sicilia, si è creata infatti una virtuosa alleanza trasversale che accomuna sinistra, centro ed estrema destra. La “Demoter demolizioni terra” e la “Ingegneria e Finanza” del geometra Borrella, sono infatti partner a Messina della società mista di trasformazione urbana “Il Tirone S.p.A”, che vede una quota del capitale nelle mani della Garbali-Conicons S.p.A., azienda con sede a Mondovì che ha fatto il pienone dei lavori per la realizzazione delle infrastrutture per le Olimpiadi invernali di Torino 2006 e che tra i membri del proprio C.d.a. vede il dottore Paolo Sabatini, consigliere della Gemina ed amministratore delegato della Promozione e Sviluppo S.p.A. del gruppo Impregilo.
La società mista “Il Tirone” è una creatura dell’amministrazione comunale (decaduta) di centrodestra, la quale detiene direttamente il 30% del capitale azionario e sembra non temere la “vicinanza” del geometra Borrella con le cooperative “rosse”. Le giunte degli ex sindaci Salvatore Leonardi (oggi presidente della Provincia di Messina) e Giuseppe Buzzanca (coordinatore provinciale di An) hanno assegnato un gran numero di lavori di somma urgenza alle società del gruppo Borrella. Il geometra Carlo è poi socio - attraverso la “Iniziative Immobiliari S.r.l.” - della società contenitore “Opera prima”, insieme alla Gest-Comm (amministrata da Andrea Lo Castro, legale di fiducia del dottore Buzzanca e degli uomini guida di An) e alla Zilch Finanziaria, una co-società a responsabilità limitata che appartiene per un 25% alla Fi.Pe. S.p.A. della famiglia Franza, a capo della navigazione dello Stretto e di un impero finanziario che ha nell’F.C. Messina Calcio la sua migliore vetrina.
Il nome del geometra Borrella compare pure nel C.d.a. della società “Due Torri”, che secondo il quotidiano “Repubblica” starebbe dietro il tentativo di acquisizione a Capo Peloro di terreni che potrebbero essere oggetto di espropriazione in vista della costruzione del Ponte sullo Stretto. Un ulteriore possibile affare per le famiglie della borghesia imprenditrice messinese che vedrebbe accanto al titolare della Demoter, Vincenzo Cambria, il figlio di quel Francesco che fu socio di maggioranza delle esattorie siciliane dei cugini mafiosi Nino e Ignazio Salvo, e il commercialista Salvatore Cacace, massone del Grande Oriente d’Italia e membro del collegio sindacale della Società Editrice S.E.S. e della Gazzetta del Sud-Calabria S.p.A..” (tratto da Terrelibere – clicca qui)
Da qui conosciamo anche meglio uno degli amici della Pizzarotti, uno dei soci prediletti negli “affari” dell’impresa parmigiana. Il geometra Carlo Borrella.
“E due amici, per la pelle. Si tratta di Sergio La Cava e Carlo Borrella. Due nomi, però, scomodi. Vediamo perché. Il primo è il braccio destro - e operativo - della famiglia Franza, al vertice di una sigla strategica nell’arcipelago imprenditoriale della dinasty messinese, la Navigazioni Generale Italiana, che gestisce il trasporto via traghetti per le isole Eolie. Uno che di destra se ne intende, La Cava , vicepresidente dell’amministrazione provinciale, fedelissimo del senatore Domenico Nania, plenipotenziario di Alleanza Nazionale in Sicilia, e non solo. Arrestato un paio di mesi fa e poi rimesso in libertà, La Cava è implicato nella maxi inchiesta “Ecomafia”, che vede sotto i riflettori la MessinAmbiente , per un decennio leader incontrastata nel business della raccolta dei rifiuti.
Una società pubblico-privata, MessinAmbiente, con la partecipazione, nell’azionariato, di Altacoen, il cui patron Francesco Gulino è ugualmente finito nella rete degli investigatori (e per un breve periodo dietro le sbarre, così come un altro vertice della sigla mista, Antonino Conti, ex amministratore delegato). Per tutti, una pesante accusa, quella di concorso esterno in associazione mafiosa. Sponsor di una squadra di pallamano che milita in A1, mister Gulino è il tipico esemplare “consociativo” che vede in campo un parte del centro sinistra e il centro destra. Gulino, infatti, è di area diessina, degli ex “miglioristi”, il cui uomo forte in zona è Vladimiro Crisafulli. Da sempre favorevole al ponte sullo stretto, Crisafulli è ora in minoranza fra i Ds locali, capeggiati dal suo rivale, Claudio Fava, europarlamentare e figlio del direttore dei Siciliani, Pippo Fava, finito sotto il fuoco della mafia.
Passiamo al secondo, ingombrante “amico” dei Franza, il geometra Carlo Borrella, ovviamente legatissimo a La Cava. Un triangolo perfetto. « Carlo Borrella - racconta Antonio Mazzeo, autore di una serie di dossier al vetriolo sugli affari del Ponte - è da anni il re del movimento terra, e non solo in Sicilia, con la sua Demoter. Ha commesse e appalti miliardari in tutta Italia, perfino in Trentino».
Il nome di Borrella fa capolino nell’azionariato di una delle sigle che hanno fatto man bassa di terreni - a prezzi molto convenienti - in vista degli espropri per la realizzazione dei piloni che dovranno sorreggere il mitico ponte sullo stretto. Nella compagine azionaria di So.ge.T.Im., infatti, compaiono Renato Irrea, alla guida della Due Torri (a sua volta in prima fila per il business); Vincenzo Cambria, figlio di Francesco, socio degli esattori mafiosi Nino e Ignazio Salvo; una misteriosa società anonima lussemburghese, Scoha; e, appunto, Borrella. Scavando ancora un po’, si scopre al vertice della Due Ponti è da anni Rosario Pizzino, attuale sottosegretario al ministero delle Infrastrutture retto da Lunardi.
Non solo “vile” movimento terra nei destini arcimiliardari dei Borrella. Ma tante società pronte a portare danari e profitti: dalla Risanamento Messina alla Iniziative Immobiliari, dall’Agenzia per l’Energia Messina-Apem al Consorzio Costruttori Messinesi, da Pett fino alle sfilza di Opere (non pie, ma immobiliari) in partnership con soci che vanno dalla Sicilia fino a Monza. Per finire con la ciliegina sulla torta, Duomo, una società a responsabilità limitata che, a un passo dal palazzo della Provincia, sta realizzando un maxi parcheggio da tre piani: «un percorso che da una srl - denunciano alcuni cronisti locali - porta con un gioco di parentele societarie anche all’ex sindaco di Messina Giusepe Buzzanca». (tratto dalla Voce della Campania – clicca qui).
E così tra un lavoro e l’altro il grande sogno del Ponte sullo Stretto, si diviene con tutti gli altri “amici” tra i più fidati consulenti della Rocksoil del Ministro “convivente con Cosa Nostra” Lunardi e family.
“Romagnoli S.p.A., con Tettamanti, Cogefar-Impregilo, Gruppo Ferruzzi, Lodigiani, Pizzarotti, Grassetto, Consorzio Intermetro e Metropolitana di Milano, hanno una cosa in comune oltre alle tangenti: l’essersi fregiate delle consulenze del ministro Pietro Lunardi, il nuovo Re Mida delle Grandi Opere e del Ponte, l’ingegnere della deregulation in tema di appalti e concessioni” (tratto dall'interessante ed ampio Dossier sul Ponte – clicca qui).
Se mai si pensasse che chi tiene buoni rapporti con la politica e “onora” sempre gli impegni, non abbia grandi amici, si sbagli di grosso. E per Pizzarotti non c’è eccezione. Soprattutto quando si parla di Grandi Opere, gli amici degli amici sono anche i tuoi, e lui lì ha tutti. Vediamo qualche altro esempio: Giancarlo Elia Valori, il “signore delle Autostrade spa”, incoronato grazie al Governo di Lambendo Dini, alias l’ennesima espressione sotto la veste “tecnica” della volontà dei poteri forti; ed l’onnipresente, in affari, Giuseppe Zamberletti, il responsabile delle ricostruzioni post terremoto in Friuli e Campania. Naturalmente entrambi legati a doppia mandata con Licio Gelli e l'ambiente della P2.
”C’è un filo impercettibile che lega tutti i presidenti della storia della società del Ponte, dall’on. Oscar Andò, a Calarco, per finire con Zamberletti: l’essere stati parlamentari eletti come espressione dell’area ultramoderata della Democrazia Cristiana. E l’ex ministro, come il direttore della Gazzetta del Sud, vanta un’antica amicizia con l’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, di cui tra l’altro ne è stato sottosegretario negli anni di piombo della cosiddetta lotta al terrorismo. Con Cossiga, Zamberletti condivide passioni e vicinanze con certi settori delle forze armate e dei servizi segreti. Poco prima di essere chiamato alla Stretto di Messina, Giuseppe Zamberletti è stato tra i parlamentari particolarmente distintisi nella campagna orchestrata dalle grandi imprese militar-industriali per la modifica della legge 185 del 1990 che regola l’export di armi italiane, a favore della piena ‘liberalizzazione’ in materia. “Siamo contro le norme, introdotte dall’area parlamentare più utopistica e massimalista, realmente assurde, come quelle relative ai paesi in via di sviluppo”, ha dichiarato lo stesso Zamberletti, in occasione di un seminario organizzato dall’Istrid, l’Istituto ricerche e informazioni difesa insieme alle maggiori aziende belliche nazionali.
L’azione a favore della lobby dei mercanti di morte si è sviluppata parallelamente alla ricerca della “verità” su due delle peggiori stragi della recente storia d’Italia, l’esplosione in volo del Dc-9 di Ustica e l’attentato alla stazione di Bologna nel 1980. In un volume Zamberletti ha rilanciato la cosiddetta “pista libica”, sempre più improbabile e depistante dopo le conclusioni a cui sono giunte procure e commissioni parlamentari d’inchiesta. “Se pure i servizi segreti italiani hanno bene interpretato sia la minaccia di Ustica sia la vendetta di Bologna – ha dichiarato Giuseppe Zamberletti – essi non avevano alcun interesse ad indagare in quella direzione e provocare un grosso incidente internazionale. C'era dunque una ragione di Stato. Fuggire dalla pista libica significava mantenere intatte le condizioni per la ripresa dei buoni rapporti con la Libia”.
Non è noto perché mai il neopresidente della Stretto di Messina si ostini a difendere una tesi che fu sposata ed amplificata da agenti deviati e centrali massoniche. Di certo non è mai stato chiarito a che titolo e per conto di chi il nome di Giuseppe Zamberletti fosse stato inserito nella lista del governo ultramoderato che doveva essere insediato dopo il cosiddetto ‘golpe bianco’ dell’ex partigiano Edgardo Sogno, previsto per l’agosto 1974, al culmine di una lunga stagione di sangue e di bombe neofasciste. Il ‘governissimo’ per la restaurazione dell’ordine sociale, il cui programma presentava sorprendenti analogie con il Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli, prevedeva la presidenza di Randolfo Pacciardi, con ministro della difesa Edgardo Sogno e dell’industria, appunto, Giuseppe Zamberletti." (tratto da Dossier Ponte sullo Stretto - clicca qui)
“Tutti gli esemplari della specie sono scomparsi: i potentissimi membri della casta che presidiava le imprese pubbliche per conto dei boss dei vecchi partiti sono stati spazzati via da Mani Pulite, dal tramonto della Prima Repubblica, dalla nuovelle vague delle privatizzazioni... Ma lui (Giancarlo Elia Valori), il Manager, Professore, il Signor Autostrade, è sopravvissuto felicemente al crollo della Nomenklatura” (cioè soldi e lavori pubblici) alla sua regione.” (tratto da societàcivile.it – 1 clicca qui)
“Valori trova una sponda sinistra dentro il governo D’Alema: in quel Marco Minniti che è il braccio destro del presidente del Consiglio, ma prima ancora è un politico calabrese, che tanto si sta dando da fare per portare sviluppo (cioè soldi e lavori pubblici) alla sua regione.” (tratto da societàcivile.it – 2 clicca qui)
”Quando Peron nel 1973 torna in Argentina da trionfatore, sull’aereo che lo porta da Madrid a Buenos Aires, insieme ai notabili peronisti, alla moglie Isabelita e al cadavere di Evita trafugato dal cimitero di Milano, ci sono due italiani: Licio Gelli e Giancarlo Elia Valori. I rapporti con l’Argentina sono anche rapporti massonici. E il cattolicissimo, papalino Giancarlo, malgrado la scomunica vaticana per i Liberi Muratori, comincia prestissimo a frequentare le Logge. A 25 anni si iscrive alla Loggia Romagnosi del Grande Oriente. Un anno dopo, nel 1966, si presenta però alle elezioni amministrative di Roma nelle liste della Dc, senza avvisare la Loggia : viene sottoposto a processo massonico e radiato. «Non accettarono la mia linea», tenterà di spiegare poi Valori, «del dialogo tra cattolicesimo e massoneria». Nel 1973, un iscritto alla Loggia Romagnosi che aveva voglia di mettersi in proprio, un certo Licio Gelli, lo contatta perché sa dei suoi ottimi rapporti con l’Argentina, lo iscrive al Centro Culturale Europeo (in realtà è la Loggia P 2) e lo coinvolge in una società di import,export chiamata Ase. Che cosa importi e che cosa esporti - carne, armi, informazioni - non è dato sapere.” (tratto da societàcivile.it – 3 clicca qui)
”Nel 1976, a 36 anni, è vicedirettore generale di Italstrade. «Avevo già realizzato», confessa a Priore, «che i servizi potevano avere un ruolo incisivo circa l’apertura economico,commerciale verso i mercati esteri, in particolar modo verso Libia, Iran, Algeria, Arabia Saudita e Turchia. Così nacque il mio contatto con Santovito». Giuseppe Santovito all’epoca è comandante del Comiliter di Roma e in seguito diventerà direttore del Sismi, il servizio segreto militare. è iscritto alla P2, come tanti altri amici e conoscenti di Valori in quegli anni: il magistrato Carmelo Spagnuolo, il faccendiere Francesco Pazienza, il giornalista Mino Pecorelli, l’agente Nicola Falde...” (tratto da societàcivile.it – 4 clicca qui)
”Temeva Valori anche Romano Prodi, due volte presidente dell’Iri e quindi suo «superiore». Il primo mandato lo definì «il mio Vietnam»: tra i vietcong che gli facevano la guerra c’era anche Valori, ai tempi vicepresidente della Sme, la finanziaria agroalimentare dell’Iri. Prodi, che non vuole piduisti attorno, nel 1984 non lo ricandida ai vertici dell’azienda. Valori riesce però a farsi collocare alla presidenza della Sirti, una società della Stet, che allora era presieduta da Michele Principe (anch’egli iscritto alla P2). E promette vendetta. è lui infatti il sospettato numero uno del siluro sparato in quegli anni contro Prodi: un’inchiesta giudiziaria del procuratore romano Luciano Infelisi su Nomisma, la società di consulenza di Prodi a Bologna. Intanto Valori nel 1987 torna alla Sme, come presidente della Gs (supermercati). E nel 1990, spinto dal nuovo presidente dell’Iri Franco Nobili, si siede finalmente sulla agognata poltrona di presidente della Sme. Poi, nel 1995, nominato dal presidente dell’Iri Michele Tedeschi durante il governo Dini, diventa il Signore delle Autostrade.” (tratto da societàcivile.it – 5 clicca qui)
Ecco allora che arriviamo ad altri amici, amici degli amici…un altro nome che si lega agli affari Pizzarotti al suo essere sempre parte dei “comitati d’affare” dal nord al sud del paese, è Franco Nobili.
“Riciclati e riciclabili. Scorrere i nomi dei massimi dirigenti dell’Istituto Grandi Infrastrutture può essere utile per rimettere in discussione l’assunto che ci sia stata una prima repubblica e che dopo Mani Pulite ne sia iniziata una seconda. Vice presidente vicario dell’IGI è il cavaliere del lavoro Franco Nobili, presidente della FIEC – Fédération de l’Industrie Européenne de la Construction (la federazione delle grandi società europee di costruzione), con un invidiabile curriculum professionale nelle maggiori aziende pubbliche e private d’Italia: amministratore delegato nell’impresa di costruzioni Angelo Farsura S.p.A. di Milano, dal 1959 al 1989 amministratore e poi presidente della Costruzioni Generali Cogefar S.p.A. del Gruppo Fiat, consigliere della Pizzarotti S.p.A. di Parma, vicepresidente e amministratore della Bastogi-IRBS e infine, dal novembre del 1989 al maggio 1993, presidente dell’IRI, l’impero dell’industria statale nazionale.
La stagione di Franco Nobili all’IRI coincide con il piano di rilancio della controllata Società Stretto di Messina e del progetto del Ponte, con la nomina di Nino Calarco alla presidenza, e con l’inserimento nella finanziaria, di un pinguo stanziamento annuale a favore della stessa società. Nobili dovette abbandonare l’incarico all’IRI in seguito all’arresto per una storia di tangenti. Ad accusarlo l’allora vicedirettore d’Italstat Alberto Mario Zamorani: secondo il manager, Franco Nobili, insieme al ministro dei trasporti Giorgio Santuz e a quello dei lavori pubblici Gianni Prandini, avrebbe fatto parte del cosiddetto “sistemone”, il tavolo di suddivisione di appalti e subappalti per i lavori all’ANAS e alla Società Autostrade a cui sedevano grandi costruttori privati, manager delle imprese pubbliche e politici. I giudici di Milano hanno altresì rilevato nei bilanci della Cogefar - al tempo della presidenza di Franco Nobili e quando era di proprietà di Acqua Marcia (Gruppo Romagnoli) - movimentazioni che hanno lasciato intravedere un giro di tangenti e di fondi neri. Nobili trascorse settantasette giorni in prigione; rinviato a giudizio fu assolto otto anni dopo. Successivamente è finito sotto inchiesta a Milano, Salerno e Roma per vicende relative agli appalti dell’ENEL. I processi, tuttavia, hanno dato ragione al vice di Zamberletti: a Milano, dopo la condanna in primo grado assoluzione in appello; assoluzione a Salerno e infine prescrizione nel procedimento aperto dai giudici della capitale” (tratto da Indymedia – clicca qui)
Amano il sud come il nord, amano i paesi in via di sviluppo e soprattutto amano i trasporti. Ci tengono a migliorare la qualità della vita (degli amici) e così entrano in quel progetto già morto che è la TAV , opera nata già vecchia che quando sarà conclusa sarà a pieno titolo nei libri di storia. E così già impegnata nella tratta Milano-Bologna, potrebbe anche spuntare in altre tratte, come la Toscana.
Intanto stanno realizzando i lavori, con “il ruolo di Mandataria del raggruppamento di imprese aggiudicatrici dell’opera, di collegamento tra Potenza e la Salerno-Reggio Calabria ”. Uno di quei settori che si sa è esente da bazzecole come le infiltrazioni mafiose. Ma già esperti della cattedrale nel deserto delle “opere di infrastrutturazione delle aree industriali di Valle Vitalba, Isca Pantanelle e San Nicola di Melfi (PT) e relative bretelle di collegamento”, a Potenza, come non richiamare la Pizzarotti & C spa. Con il Ministero di Antonio Di Pietro sembra proprio che la luna di miele iniziata con Prandini (le cui tangenti, per gli smemorati erano incassate dal Cesa, il nuovo leader dell’Udc), e via proseguendo all’apice del “convivente” Lunardi, prosegua benissimo, una collaborazione che, per usare il vocabolario dell’ex (a tutti gli effetti) di Mani Pulite, “c’azzecca!”. Perché in tutta la partita dell’Alta Velocità, rientrano anche altre opere per la viabilità e l’ambiente e così anche nella propria terra madre di Parma sono al lavoro per la “Galleria Artificiale di Fontanellato”. E poi ancora i trasporti su rotaia, vanno a gonfie tasche… abbiamo la Metropolitana di Napoli e interventi sulla rete ferroviaria a Modena. Tutti lavori in corso della Pizzarotti e il tutto si aggiunge a quanto abbiamo già visto sul tema infrastrutture, partendo dalla Siracusa-Catania per l’ANAS.
I buoni rapporti di “amicizia” con tutto l’arco dei partiti che contano, con le Cooperative e con la Fiat certo ha aiutato a creare lavoro, a far muovere, come si dice, i soldi da una tasca all’altra…d’altronde l’ha detto Pizzarotto ai magistrati che erano “ringraziamenti” quelli che elargiva. E così opere a Ferrara come a Vicenza, a Genova come il restauro del Palazzo di Giustizia di Roma, a Torino con il nuovo centro del Lingotto ai lavori di restauro e consolidamento di Paestum e tra i tanti altri lavori svolti il Nuovo Polo a Rho della Fiera di Milano. E naturalmente non si fermano ed insieme a tutti gli ampliamenti di tutte le Basi Usa e Nato in Italia, la realizzazione del Nuovo Mercato Agroalimentare ("consegna chiavi in mano") di Napoli, il nuovo deposito ferroviario di Cosenza e l’Ospedale di Sassuolo a Modena. Per non stare a elencare quanto altro che è indicato direttamente dal sito della Pizzarotti. Bisogna dirlo, per loro la crisi non c’è mai stata. Non solo quella economica, ma nemmeno la crisi per continui cambi di governo. E’ crollata la cosiddetta prima Repubblica e loro sono sopravvissuti. Che grande “impresa”.
Ma guarda tu. Parti con le tangenti, nell’inchiesta di Mani Pulite, e poi finisci in opere e lavori, alleanze e società che sono coinvolte in altre inchieste. Anche in indagini su Opere che hanno visto l’alleanza anche di Cosa Nostra ed ‘Ndrangheta per spartirsi, insieme al resto, anche i lavori per il Ponte sullo Stretto. Rapporti indagati che sono partiti da Santapaola per CosaNostra e Morabito di Africo per la ‘Ndrangheta e che si sono evoluti e rafforzati, mentre i reparti investigativi e repressivi dello Stato si vedevano diminuire i mezzi, le risorse e le possibilità di azione, da una politica trasversale, iniziata nel 1992 e non ancora conclusa, che ha visto alternarsi nell’approvare i provvedimenti “anti-giustizia” il centro-sinistra ed il centro-destra, in una continuità perfetta. Intanto a Parma, sulla Pizzarotti, si sono visti troppi silenzi da parte degli enti di controllo. Che sia per la stessa ragione per cui a Parma non si erano nemmeno accorti del crack della Parmalat, troppo impegnati nei salotti tra un aperitivo e qualche piacere? Chissà?!
A Bari andava tutto bene. Era quasi riuscito a costruire la “cittadella della Giustizia” (e non è una battuta). Ma al Ministero non c’erano i soldi. Forse ora la sensibilità a certi vecchi amici può trovare una solida spalla di sostegno in Madre Mastella di Calcutta (come Vauro ha ribattezzato l’uomo forte di Ceppalonia). Vediamo:
” Per quanto riguarda l'altro aspetto del problema, la cittadella della giustizia, nei primi mesi del 2002, l 'Impresa Pizzarotti, la Società Bari 2 e l'Impresa Mazzitelli, avanzarono, autonomamente, delle proposte progettuali. Per due anni venne promossa dal Comune di Bari e dalla Commissione di Manutenzione ogni iniziativa per ottenere dal Ministero un finanziamento sufficiente per la realizzazione di tale opera (all'uopo il Comune fece predisporre anche un project financing).
Ogni tentativo andò a vuoto (su questo tema, da ricordare l'incontro a Bari con il Ministro della Giustizia): il Ministero non era in grado né di finanziare un'opera di oltre 400 miliardi di lire, né di assumere, per i successivi anni, impegni pluriennali di spesa per gli importi previsti dal "progetto di finanza".” (tratto dalla Relazione del 2006 del Presidente della Corte di Appello, Giacinto De Marco – clicca qui)
Ma c’è una Regione insospettabile, e tale solo perché la memoria è labile. Una storia che portò a diramare anche un comunicato dal Presidente della Repubblica, il savonese Sandro Pertini, in cui si legge: “Il Presidente della Repubblica da due anni e mezzo ha troncato ogni rapporto con i dirigenti della Federazione del P.S.I. di Savona, rifiutandosi di ricevere i rappresentanti. L’assurda notizia diffusa a suo tempo dal signor Leo Capello di essere figlioccio del Presidente è stata a suo tempo categoricamente smentita dal Presidente stesso, il quale, come tutti a Savona sanno, non solo non ha figli, ma nemmeno figliocci….” (tratto da un ottimo riassunto della vicenda Teardo - clicca qui)
Ciò in riferimento allo scandalo dell’associazione a delinquere di stampo mafioso gestita da Alberto Teardo e del suo gruppo di piduisti, definita da Pertini “un patto scellerato”. Pertini si impegnò in difesa della magistratura perché potesse portare avanti il proprio indipendente lavoro, visti i tentativi di fermarla. Fu, con lo Scandalo Petroli, l’ennessima scossa al Potere ed alla corruzione, anche questa partita dalla Liguria, con i Pretori d’Assalto.
Alberto Teardo, allora Presidente della Regione, e gli altri, furono condannati, ma il segno in Liguria, terra dove la massoneria è potente, è rimasto. L’allora assessore alla sanità della Giunta Teardo, per fare un esempio, anch’esso iscritto alla P2, era Michele Fossa, oggi uno dei maggiori dirigenti dei DS in questa regione. Un altro esempio è quello dell’allora consulente del Presidente della Regione Alberto Teardo, è l’attuale sindaco di Genova, dal 1997, craxiano di vecchia data (anche in piena Tangentopoli) si chiama Giuseppe Pericu (già consulente di Ligato e Necci, come ama ricordare lui, facendosene vanto) che fu “collocato” a quella carica dalla regia di Claudio Burlando (dalemiano di ferro, allora Ministro dei Trasporti ed ora Presidente della Regione Liguria), scacciando Adriano Sansa, sindaco indipendente eletto nel 1993 e già simbolo della lotta alla corruzione ed esempio di quella questione morale tradita dalla nomenklatura.
In Giunta Regionale all’Urbanistica Burlando ha voluto un savonese, anzi il Sindaco di Savona in persona, Ruggieri. A Savona, come a Genova le cementificazioni e speculazioni sono tornate ad essere all’ordine del giorno con modifiche e stravolgimenti del Piano Regolatore (PUC) a raffica ed anche quell’opera per cui abbiamo fatto questa ricerca. (sul caso Genova e sul caso Savona ampia rassegna con articoli e documenti nello speciale Cemento)
Quindi, visto che ci tiene a edificare per la Giustizia , un Carcere è spuntato fuori anche per la Pizzarotti. In quella regione insospettabile che è la Liguria rossa, terra di speculazioni edilizie senza fine, ma sempre “rosse”, il nuovo carcere a Savona chi lo costruisce? Ma naturalmente la Pizzarotti , con un curriculum così, come si fa a dire di no…sono offerte che non si possono rifiutare, si sa! E poi…
“…le difficoltà per realizzare un sogno sono tante e talvolta sembrano insormontabili ma con gli sforzi congiunti di molti e con una buona dose di pazienza si possono poco per volta superare” sono l’ultima confessione di Paolo Pizzarotti (dall’home-page aziendale) e se questo suo pensiero non sintetizza al meglio il suo lavoro e tutti gli sforzi dei molti amici con lui, che abbiamo cercato di condensare, allora la parola non conta proprio più nulla:...questo parla e nessuno verbalizza!
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