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Gava e la camorra, ecco la verità

GavaAntonio Gava, "o viceré", sta morendo in un ospedale milanese. E già si prepara la beatificazione del leader della Dc di Napoli che trattò con Br e camorra per liberare il suo fedelissimo Ciro Cirillo. Quando divenne ministro dell'Interno, si disse che finalmente la camorra sarebbe stata combattuta con una cura omeopatica. Lui, Gava, non si curava delle malelingue e riceveva in vestaglia rossa i clientes nel suo salotto napoletano, facendo loro baciare 'u ciciniello, l'anello che solitamente sta al dito dei boss. Per camorra fu arrestato, processato e infine assolto. Chiese e ottenne anche un risarcimento di 140 mila euro. Ora, dunque, si procederà alla santificazione. Ma forse sarebbe meglio leggerla, la sentenza d'appello che lo assolve, leggerla bene, leggerla tutta. Noi ne pubblichiamo qui qualche brano. Per il resto, consigliamo la lettura del libro di Bruno De Stefano, "I boss della camorra", uscito nel novembre 2007...


1. «Ritiene la Corte che risulti provato con certezza che il Gava era consapevole dei rapporti di reciprocità funzionali esistenti tra i politici locali della sua corrente e l'organizzazione camorristica dell'Alfieri, nonché della contaminazione tra la criminalità organizzata e le istituzioni locali del territorio campano, è provato altresì che lo stesso non ha svolto alcun incisivo e concreto intervento per combattere o porre un freno a tale situazione, finendo invece con il godere dei benefici elettorali da essa derivanti alla sua corrente politica: ma tale consapevole condotta dell'imputato, pur apparendo biasimevole sotto il profilo politico e morale, tanto più se si tiene conto dei poteri e doveri specifici del predetto nel periodo in cui ricoprì l'incarico di ministro degli Interni, non può di per sé ritenersi idonea ed affermarne la responsabilità penale per il reato contestatogli».

2. «Va altresì sottolineato come l'imputato avesse piena consapevolezza dell'influenza esercitata dalle organizzazioni camorristiche operanti in Campania sulla formazione e/o l'attività e del collegamento dei politici locali con i camorristi, sicché non potrebbe neanche ritenersi che egli si sia interessato della politica locale senza rendersi conto del fenomeno della compenetrazione della camorra nella vita politica, alla cui gestione avrebbero provveduto, a sua insaputa, gli esponenti locali della corrente».

3. «Ora appare evidente che la consapevolezza da parte dell'imputato dell'infiltrazione camorristica nella politica campana, insieme allo stretto rapporto mantenuto dallo stesso con gli esponenti locali della sua corrente e con le istituzioni politiche del territorio medesimo, nonché all'omissione dei possibili interventi specifici e concreti di denuncia e lotta al sistema oramai instauratosi in zona, costituiscono elementi indiziari di rilievo da cui potersi dedurre la compenetrazione dell'imputato nel sistema medesimo, secondo quanto posto in rilievo dalla Pubblica Accusa».

4. «Inoltre il Gava, come si è già rilevato, non risulta essersi concretamente attivato, quale capocorrente della Dc o nelle sue funzioni ministeriali, per porre un argine al fenomeno della contaminazione politica-criminalità nel territorio campano; come in particolare nessuna iniziativa ha adottato per la sospensione dei consiglieri comunali, di cui pur conosceva la contiguità alla camorra, sospensione resa possibile dalla Legge entrata in vigore quando era ancora ministro degli Interni e indicata dai difensori come una manifestazione della sua volontà di lotta alla camorra. Va sottolineato il ben diverso comportamento del successivo Ministro degli Interni, Scotti, il quale sollecitò le iniziative dei prefetti per l'eventuale scioglimento di una pluralità di consigli comunali sospettati di infiltrazione camorristica, subito dopo l'entrata in vigore della modifica legislativa che prevedeva appunto la possibilità di scioglimento dell'intero consiglio comunale o provinciale».

vai al blog di Gianni Barbacetto

 

Tags: campania, gava, antonio gava

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