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Un bambino ammazzato, il rigore delle indagini e la "sommarietà" sociale

Giustizia nel Diritto o sommaria sentenza?C'è un bambino, Alessandro, ucciso in un residence a Genova Nervi. C'è un indagine in corso in cui gli agenti della Polizia di Stato guidati dal Primo Dirigente della Squadra Mobile, Gaetano Bonaccorso, operano con scrupolosa attenzione. C'è un sostituto procuratore della Repubblica di Genova che coordina le indagini ed un Gip che valuta gli elementi, tutti.
In questo quadro emergono gravi (anzi gravissimi) indizi di colpevolezza sull'omicidio del piccolo Alessandro figlio di Katerina Mathas. Sono a carico di un broker marittimo, Giovanni Antonio Rasero, compagno e convivente di Katerina Mathas. A carico di Katerina Mathas, le indagini svolte evidenziano che, se non è esclusa la sua corresponsabilità, certamente su di lei non sussistono gravi indizi di colpevolezza.
Questi sono gli elementi. Questi sono i fatti.
Vi è certamente anche il contesto. Vi è il consumo di cocaina, le frequentazioni e forse altro in merito sia al Rasero, sia alla Mathas. Anche su questo si concentrano le attenzioni - e la raccolta di elementi - da parte della polizia giudiziaria e della magistratura. E su questo ogni informazione che possa essere fornita a chi si occupa dell'indagine è importante, può essere determinante a definire, con maggiore dettaglio e riscontri, il contesto.
Eppure la nostra "civile" società non guarda a questo, non fornisce a chi di dovere elementi utili. Non aiuta, magari, a capire certi quasi sistematici movimenti della Mathas od anche il contesto del Rasero. Non aiuta a capire se vi possa essere, magari, un ricatto alla base di quell'omicidio. Non aiuta a capire se per caso vi possa essere un "giro" pesante che non ha visto rispettati certi "patti" o certi impegni, alla base del movente dell'accaduto...



Come si comporta la "civile" società? Insulta Katerina perché Lei è già colpevole per "sentimento" popolare. Insulta i suoi legali che non hanno cercato cavilli per farla scarcerare ma hanno dato collaborazione alle indagini. Insulta e minaccia i giudici che hanno valutato i fatti e gli elementi decidendo per la scarcerazione della Mathas e per la conferma dello stato di detenzione per il Rasero. La società "civile" ha già la sua sentenza, fatta senza valutare le prove ed i fatti, si affida alla congetture per il sentito dire e per l'emotività provocate da un atroce delitto.

Si perde di vista che la responsabilità di un omicidio è ben diversa dalle abitudini, anche se deplorevoli, e dai difetti che può avere la madre. Non conta più nessuna differenza, la "civile" società mette tutto sullo stesso piano e procede alla sua "sentenza" in cui il confine delle responsabilità viene meno e si sposta dove vuole non il Diritto ma lo stomaco!

Ci si dimentica che se si entra nell'ambito delle congetture, delle valutazioni senza guardare ai fatti ed agli elementi di prova, allora non vi è più Diritto e non vi è più Giustizia, ma si finisce nella ricerca di una "vendetta", sommaria... perché si crede di sapere chi sia il colpevole, anche se in realtà non si conoscono minimamente le risultanze delle indagini e gli elementi probatori raccolti.

Ma questo avviene perché la società "civile" non vuole Giustizia, vuole una sentenza sommaria che gli dia un colpevole, anzi il colpevole che per la pubblica opinione ha già un volto ed un nome. Questo è ciò che sta accadendo e questo è un pericolo di deriva che ancora una volta si affaccia nella nostra società.

Già avvenne recentemente proprio a Genova un simile fatto. Ed avvenne con un aggravante ulteriore... nel caso di un omicidio di una ragazza nel centro storico genovese. L'aggravante in questo caso è che chi spingeva l'opinione pubblica ad additare il magistrato che seguiva le indagini, quale responsabile della mancata incriminazione del presunto omicida, era il capo di allora della Squadra Mobile di Genova, Claudio Sanfilippo. Peccato che il lavoro della squadra di Sanfilippo non raccolse una sola prova ma solo elementi indiziari che non erano sufficienti in allora per un arresto e che costringono oggi quel sostituto procuratore, Enrico Zucca, ad impostare un dibattimento centrato quasi esclusivamente sulle testimonianze e quindi altamente incerto.

Allora come oggi l'opinione pubblica si è lavata la sua coscienza con l'indicare il suo colpevole ed additare sul banco degli imputati il magistrato... Allora come oggi l'opinione pubblica si fa la sua sommaria sentenza e non collabora, non aiuta a ricostruire, con elementi utili e certi, il contesto dell'omicidio.

Intanto, tanto perché questa "civile" società lo sappia, a circa 1200 km da Genova, a Locri, c'è un piccolo Alessandro, il cui padre è stato ucciso nel 2004 da un proiettile sparato da un fucile a canne mozze. La madre del bambino ed il piccolo vive con l'uomo che è anche l'unico indiziato su cui convergono tutte le attività di indagine espletate ed il movente, soggetto, inoltre, contiguo alla famiglia della 'ndrangheta dei Cordì.

Il procuratore di Locri, Carbone, ha archiviato il caso dell'omicidio di Massimiliano perché l'unico indagato con movente e indizi certi è "incensurato". Lo stesso Procuratore ha fatto condannare la nonna di quel bambino, la madre di quel Massimiliano ucciso sotto casa, perché ha preso un rametto di geranio dal giardino del nipote per portarlo sulla tomba di Massimiliano. La madre, che vive con l'unico indiziato certo come mandante dell'omicidio del padre di suo figlio, da lezioni di catechismo.

Locri taceva e tace... lì la giustizia sommaria l'hanno già fatta, a pagamento, eliminando Massimiliano. La società "civile" anche a Locri non ha aiutato le indagini, nessuno ha parlato per aiutare a ricostruire il contesto, anzi tacciava e indica ancora come "infame" la mamma e la famiglia di Massimiliano perché hanno chiamato i Carabinieri, chiesto Giustizia allo Stato e rifiutato la logica della vendetta e dell'omertà.
Questa è la realtà di questo dannato Paese, e per questo la Giustizia annaspa... Per colpa della società "civile" prima di tutto... che non ha voglia di riflettere, di capire, di conoscere i fatti ma semplifica, generalizza, pronta a cedere all'emozione dimenticando la ragione ed il Diritto.

In Italia c'è sempre, a quanto pare, la ricerca di una comoda "verità" che può anche essere fittizia, sommaria, non dettata dal Diritto... Da un lato si è pronti a lapidare socialmente per sentito dire, per sensazione o perché ci si limita a leggere un passaggio, una riga, un frammento degli atti e non il complesso di un procedimento penale. Dall'altro lato si è pronti a tacere e nascondere le certezze di accertamenti, di fatti inconfutabili, oltre che di risultanze di indagini complesse, che invece ci indicano responsabilità certe, magari sanate da prescrizioni o vizi di forma, e che socialmente dovrebbero quanto meno essere assunte come elementi fondanti di valutazione e giudizio civile.

Questo è l'esempio di quanto sia ancora fragile lo Stato di Diritto in questo Paese, non solo per i Governi che abbiamo avuto o che abbiamo ora... ma per l'assenza di responsabilità collettiva della società, che si fa omertosa quando non è "comodo" esporsi e si fa giustizialista quando invece il sentimento popolare asseconda l'inneggiare delle manette, ma che fa sempre tacere ogni forma di collaborazione con gli inquirenti, anche quando un semplice dettaglio a conoscenza di qualcuno può aiutare a dirimere il quadro in cui il detto è maturato e contribuire quindi a garantire non un colpevole, ma il colpevole, cioè la Giustizia!

Immaginate solo che se non ci fosse stata omertà ma collaborazione da parte dei cittadini per i casi poi imputati a Pacciani come "Mostro di Firenze", i reali responsabili di quei macabri delitti sacrificali, uomini di alto rango della società con magari prove ben custodite in cassette di sicurezza svizzere, sarebbero stati individuati e condannati, mentre con il silenzio di chi sapeva sono rimasti liberi, impuniti ed in grado di ripetere ancora massacri. Anche lì era certamente più comodo individuare socialmente in Pacciani il colpevole... era perfetto come capro espiatorio, costruito ad arte dagli stessi mostri protetti da cappucci impenetrabili... ma se chi sapeva avesse parlato (o parlasse), i magistrati avrebbero potuto (e potrebbero) colpire non il "paravento" bensì il carnefice, anzi i carnefici!

Questa è la realtà di questo dannato Paese, e per questo la Giustizia annaspa... Per colpa della società "civile" prima di tutto, per colpa anche di quanti nel nome della Giustizia hanno, in questi anni, fatto solo semplificazioni e spinto a valutazioni sommarie, dettate più dai sentimenti e dallo stomaco, spingendo a vedere solo parte del tutto e non invece la realtà dei fatti (nella loro interezza).

Ecco dunque che continua in Italia l'abitudine a dividersi tra colpevolisti e innocentisti, al di là dei fatti reali e delle valutazioni di merito che possono solo fondarsi sulla conoscenza degli elementi, su cui - per fortuna - gli inquirenti ed i giudici invece fondano le loro valutazioni e decisioni. Ecco che ancora una volta per l'immaginario collettivo vi è solo una "responsabilità" e non invece una probabile distinzione tra responsabilità diretta e responsabilità indiretta. Ma questo è più comodo, è più affine alla cultura di un popolo che del Diritto non ne vuole sapere e che ancora e sempre è propensa a piegare il Diritto alle proprie convinzioni e sensazioni personali.

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