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Laganà, intervista a Gente - "corretta" punto per punto

In corsivo il testo dell'articolo ed in grassetto il contraddittorio a distanza, cioè quello che un giornalista avrebbe dovuto sapere e contestare, se vuole fare informazione sui fatti e non su opinioni surrealiste e gravi. Lo abbiamo fatto noi, perché non è tollerabile un affiancamento alle figure di uomini come Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, Calipari e quanti altri hanno combattuto, come loro, per la legalità e la giustizia, a viso aperto, senza silenzi, convivenze e connivenze, o contiguità, alcuna. In verde i link utili per approfondire e verificare!


14.03.2007 - GENTE - intervista commentata

La vedova di Fortugno replica alle accuse di truffa
”Così distruggono la memoria del mio Francesco”


Gli stessi giudici dell’inchiesta sull’assassinio del vice presidente del Consiglio della Calabria indagano sulla vedova Maria Grazia Laganà, deputato dell’Ulivo, per la gestione della Asl di Locri. Ma lei non ci sta: “Non avevo nulla a che vedere con forniture e assunzioni”...


da Locri (Reggio Calabria) Gennaro De Stefano

Non si può capire come agiscono la mafia e la ‘ndrangheta, se non si comprende il termine mascariare: imbrattare, insozzare, deformare con una maschera l’onorabilità di una persona che si vuole isolare e poi abbattere. Fu mascariato Giovanni Falcone, lo fu il generale Dalla Chiesa, fu mascariato l’ex sindaco di Palermo Giuseppe Insalaco, ucciso nel 1998, uno che “si era pirandellianamente calato nel piacere dell’onestà”, come Leonardo Sciascia. Maria Grazia Laganà, 48 anni, donna forte e determinata, il mascariamento, dopo il lutto, non se l’aspettava.
Giovanni Falcone, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giuseppe Insalaco, come anche le altre vittime citate in riferimento ai parenti che proseguono la battaglia dei caduti, tra cui Borsellino e Calidari, sono ben altra cosa rispetto a Francesco Fortugno e Maria Grazia Laganà. Hanno dedicato la vita, con comportamenti integerrimi, a perseguire, denunciare, combattere a viso aperto i mafiosi, gli affari dei mafiosi, i potenti conviventi, contigui e appartenenti alla mafia. Non hanno mai taciuto nomi o fatti. Non hanno parlato o frequentato (se non negli interrogatori e nei processi) pregiudicati e boss latitanti. Dicevano tutto, non tacevano alcuna verità, nemmeno se scomoda, non convivevano e non avevano connivenze con cosche mafiose.

Così come il 16 ottobre 2005, a Locri, né lei né suo marito Francesco, vice presidente del Consiglio Regionale della Calabria si aspettavano il killer sulla soglia del seggio alle primarie dell’Unione per le politiche del 2006.
Qui la signora è tornata a contraddire se stessa e ci riporta alle prime dichiarazioni dopo l’omicidio. Ma da quando è stata eletta in parlamento ed è uscita la Relazione Basilone , non aveva detto che suo marito è stato ucciso da chi (e non ha mai fatto i nomi!) voleva fermare le sue denunce contro la mafia (che non sono mai state trovate in alcun ufficio giudiziario! E l’unica cosa trovata era un interrogazione in Regione per fatto personale!). La signora ha anche affermato che vi era una chiara matrice mafiosa nell’omicidio, dopo aver detto che non vi era ragione per cui la ‘ndrangheta ce l’avesse con suo marito. Perché questi cambiamenti di dichiarazione? Problemi di Alzheimer?

Ecco una ricostruzione dei fatti
1 - sull'omicidio Fortugno
2 - sulla Asl di Locri
3 - lo speciale completo su questi casi


A 18 mesi di distanza, infatti, questa donna, orgogliosa e testarda (come s’addice a una calabrese doc), si dichiara certa di essere vittima dell’ennesima mascariata: gli stessi magistrati che investigano sulla morte del marito l’hanno indagata per truffa alla Asl di Locri. Naturalmente, lei sa che gli inquirenti stanno facendo solo il loro dovere, indagando, probabilmente sulla base di qualche “soffiata” loro pervenuta.
”Soffiata”? Le Direzioni Distrettuali Antimafia non agiscono sulle chiacchiere o segnalazioni anonime. E’ gravissimo quello che la signora afferma! La DDA di Reggio Calabria, che è competente sia per l’omicidio di Fortugno sia per le indagini relativa alle infiltrazioni mafiose accertate nella ASL di Locri, indaga la signora non perché mogli o perché qualcuno a sparlato di lei, ma perché i Responsabili di quella ASL (tra cui lei!) non potevano essere estranei alle infiltrazioni mafiose. Infatti la Commissione d’Accesso alla ASL ha dichiarato che tale infiltrazione dirompente era possibile solo grazie alla complicità e all’accondiscendenza dei funzionari dirigenti della ASL. Inoltre la signora sa bene come funzionava quella ASL, perché ne era uno dei dirigenti, perché suo marito è stato Primario per decenni, perché suo padre (ex avvocato e potente democristiano) è stato capo indiscusso di quella ASL per lunghissimi anni, perché suo cognato è Direttore Sanitario nel comprensorio di Siderno. Ce ne è abbastanza di fatti o contano solo le opinioni? Qui le uniche “soffiate” sono quelle della signora.

Ecco qualche passaggio che si è perso:
1 - gli attacchi alla magistratura e la famiglia Laganà Fortugno
2 - in risposta alla richiesta di trasferimento
3 - i documenti garbati ma fermi della ANM
4 - la Relazione Basilone


”Mi si accusa di aver fatto quelle cose che mio marito si era sempre rifiutato di fare: truffare la Asl nell’acquisto di alcuni presidi tra l’altro mai comprati dall’azienda ospedaliera”, dice a Gente l’on. Laganà.
Qui è un capolavoro! Intanto dalla sua dichiarazione emerge che si accusa lei di cose che suo marito non voleva fare lui. Allora, lei non trovava nulla di male in queste cose che avvenivano! E poi non aveva detto che nella ASL andava tutto bene? Non ha spergiurato pubblicamente che la ‘ndrangheta nella ASL non c’era? Non aveva detto che la ‘ndrangheta non era mai venuta a bussare alla sua porta ed a quella di suo marito?

Ecco due esempi tra i tanti:
1 - intervista a Rai Tre "in 1/2 ora"
2 - intervista a Rainews 24

E così lei membro della Commissione Antimafia (che ha poteri di indagine) si ritrova indagata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. E la vicenda assume colori opachi, che potrebbero incrinare la trasparenza dell’immagine della donna già distrutta dal dolore per la perdita violenta del marito. “L’opinione pubblica deve conoscere la mia posizione innanzitutto per un fatto istituzionale, poi perché devo rendere conto alle persone che mi sono vicine nella battaglia per la ricerca della verità sull’omicidio di mio marito. Io ho sempre collaborato con gli inquirenti e di una cosa sono certa: l’assassinio di Francesco ha una netta matrice politico-mafiosa. E l’enormità di questo delitto sta anche nel fatto che non avevamo ricevuto alcuna minaccia o avvertimento”.
Più che opachi i toni sono inquietanti. E’ giusto e sacrosanto che l’opinione pubblica conosca questa vicenda. Ma la conoscenza deriva dai fatti, non da illazioni o menzogne.

1) La signora come membro della Commissione Parlamentare Antimafia può accedere a documenti e fascicoli anche che la riguardano (come parte lesa e come indagata). La signora in quella sede può ascoltare testimoni, persone informate sui fatti, agenti dei reparti investigativi ed i magistrati dell’antimafia. Con la Commissione si può anche procedere all’arresto di testimoni reticenti o che dicono il falso. C’è un evidente conflitto di interessi, senza precedenti, nella storia della Repubblica. E’ un conflitto enorme!

Ecco sul conflitto di interessi:
1 - la Nota Stampa ripresa da Ansa e Repubblica
2 - il Comunicato Stampa

2) La signora afferma che ha sempre collaborato con gli inquirenti. Quando e dove lo sa solo lei. Risulta infatti che non abbia mai e poi mai proceduto a denunce, ad indicazioni di fatti e persone, ne tantomeno risulta che abbia raccontato quello che sa per forza (almeno che non rubasse lo stipendio senza andare a lavorare) sulla ASL di Locri. Non ha mai spiegato come mai frequentava abitualmente, per una forte amicizia, insieme a suo marito, la famiglia dei Marcianò (i presunto mandanti dell’omicidio), anzi nega di conoscerli. Non ha mai spiegato perché, con suo marito e suo padre, parlavate abitualmente con esponenti della cosca Morabito-Palama-Bruzzaniti, quando questi erano latitanti. Risulta invece che non si sia presentata, per ben due volte, come “persona informata sui fatti” alla Procura, adducendo a “improrogabili impegni istituzionali”. Risulta altresì che con i suoi legali, suo cugino Sergio ed il già avvocato della cosca Cordì, abbia chiesto il trasferimento dell’indagine avvalendosi nell’interrogatorio della “facoltà di non rispondere”.
La signora Laganà ha, evidentemente, un concetto tutto suo della trasparenza e collaborazione con la magistratura. E molto affine a quello di quanti si difendono dal processo, anziché nel processo. O per la signora oltraggiare, infangare, screditare la magistratura (come ha fatto!) è sinonimo di collaborare?

Ecco altri link per chiarire ulteriormente:
1 - sulle intercettazioni, le contraddizioni...tutto sull'omicidio Fortugno
2 - i messaggi cifrati e messaggi in chiaro
3 - gli avvocati della signora
4 - rifiuto a comparire
5 - facoltà di non rispondere

Lo sdegno rompe gli argini e la vedova Fortugno parte all’attacco: “Oggi mi si dice che nei delitti politico-mafiosi la ricerca della verità non ha esito. Ebbene, io rifiuto questa realtà e questo mi sta creando seri problemi. A dicembre ci sono stati due attentati degli ospedali di Locri e Siderno. Parliamo di un chilo e trecento grammi di tritolo, non di un petardo. Ho più volte chiesto che la Direzione Nazionale Antimafia entrasse nelle indagini sull’uccisione di Francesco, ma non ho avuto alcun risultato”.
L’esito, quando si rompe l’omertà, nelle inchieste su delitti o stragi mafiose alla verità si arriva. Il fatto è che chi sa deve parlare, altrimenti i tempi si allungano. Ma come si è dimostrato anche i cosiddetti intoccabili possono essere processati e riconosciuti colpevoli. Come nel caso di Giulio Andreotti, gli italiani sono convinti che sia stato “assolto” e che sia “innocente” ma invece è stato riconosciuto colpevole del reato di associazione mafiosa sino al 1980, come confermato anche dalla Cassazione. La differenza sui Casi Fortugno – Asl Locri – Laganà è che chi sa, come la signora, tace alla magistratura e depista, con continue contraddizioni.
Inoltre la signora continua a ribadire che lei voleva che la Procura Nazionale Antimafia assumesse a se l’indagine. Ma la Procura Nazionale Antimafia, come le distrettuali, non agisce per “soffiate”, bensì per procedure e compiti ben definiti dalla legge. La signora, non può non sapere (a meno che non si dichiari ignorante in materia Antimafia ed allora deve spiegare perché è entrata in Commissione) che la PNA ha il compito di coordinare e collaborare con le Direzioni Distrettuali e non quello di togliere a queste inchieste e processi, avocandoli a se.
Inoltre la signora dovrebbe spiegare perché continua a dire che l’indagine ed i risultati raggiunti dalla DDA di Reggio sull’omicidio del marito sono gravemente insufficienti. Non solo perché per dire questo significa che lei è a conoscenza di fatti e nomi che però non ha riferito, ma soprattutto perché i suoi legali come parte civile nel processo (sempre il cugino Sergio ed il già avvocato dei Cordì, Mazzone) hanno dichiarato in sede ufficiale la piena sottoscrizione e condivisione dell’impianti accusatorio nel processo contro i mandanti ed esecutori dell’omicidio. Delle due l’una!

Ecco altri link per chiarire ulteriormente:
1 - sulla DDA di Reggio ed i Legali
2 - l'avviso di Garanzia alla signora
3 - il comunicato nostro e di DemocraziaLegalità

L’esecuzione di Francesco Fortugno fu seguita da polemiche che coinvolgevano anche la vedova. Il Corriere della Sera pubblicò uno stralcio di una Relazione del Ministero dell’Interno che accompagnava il decreto di scioglimento della ASL di Locri per mafia. L’ex deputato Elio Veltri scisse su l’Unità parole molto critiche verso Maria Grazia Laganà: “Avrebbe dovuto fornire il parere sull’acquisto di attrezzature medicali, di materiali sulle assunzioni. Se l’onorevole Laganà aiutasse a capire, renderebbe un servizio alla verità e alla figura del marito”.
Il giornalista dove si è informato? “una Relazione del Ministero dell’Interno che accompagna il decreto di scioglimento della ASL di Locri per mafia”? L’ha letta? Ci pare proprio di no ed è grave che si tratti un argomento così delicato e importante senza documentarsi e rendere noti i fatti. La Relazione è amministrativa, redatta da una Commissione d’Accesso prefettizia, che ha scavato tutta la vita della ASL di Locri. Ha esaminato tutto! Ha evidenziato nomi e cognomi, fatti, incarichi, convenzioni, appalti, assunzioni, nei minimi particolari. Dalla lettura della Relazione (la seconda parte, in quanto la prima è coperta da segreto istruttorio della DDA di Reggio) si comprende che quella ASL non era solo infiltrata ma in pugno, in ogni angolo, della ‘ndrangheta. Si sarebbe letto che ciò era stato possibile per la disponibilità dei dirigenti della ASL. Sulla base di quella relazione il procedimento amministrativo di controllo è stato concluso con il Commissariamento della ASL di Locri (a cui non si è opposto nessuno, nemmeno la signora!) poco prima delle elezioni. Quella Relazione ( la II ° parte) pubblica, come tutti gli atti amministrativi è stata nascosta, pervicacemente, anche con atti di sequestro e censura illegali. Dava fastidio leggerla? Qualcuno ha detto che sarebbe stato opportuno “distruggerla”. Ma non ci sembra che nascondendola si possa contribuire a fare chiarezza, verità e giustizia. Questa Relazione è ancora leggibile, tranquillamente, in rete.
Elio Veltri, come noi, ha posto domande precise su cui la signora non ha mai risposto.
Inoltre, la rassegna stampa del giornalista, è molto limitata. Sono molti gli interrogativi posti sulla vicenda. Dalle intercettazioni telefoniche, alle frequentazioni ed amicizie con persone indicate come capi cosca e uomini della ‘ndrangheta. Ma di queste non vi è traccia nell’intervista. Nessuna domanda, come piace alla signora.

Ecco altri link per chiarire ulteriormente:
1 - la Relazione Basilone e lo studio sulla ASL di Locri
2 - il tentativo di nascondere e censurare la Relazione

Il Deputato dell’Ulivo adesso reagisce indignata: “Sono un medico chirurgo specialista in Igiene tecnico-ospedaliera, ero vice direttore sanitario dell’ospedale di Locri e il mio ruolo era quello di gestione e controllo delle cartelle cliniche. Non avevo nulla a che vedere con le forniture o le assunzioni. Ho presentato una memoria difensiva ai magistrati di Reggio Calabria nella quale spiego tutte le mie ragioni.”

Scusi, il suo contributo a verità e chiarezza sta in una memoria difensiva? Curioso. E le persone che chiedevano a lei e suo marito (seconda quando da lei dichiarato in questa intervista a Genove) di compiere atti contrari alla volontà di Francesco, sono sparite? Non esistono più? La signora era Responsabile del Persona di quella ASL, lo confermò lei stessa in più occasione. La più completa fu l’intervista televisiva fatta da Lucia Annunciata il 30 ottobre 2005, dopo 14 giorni l’omicidio. Quella, per sintetizzare, dove la signora catalogava gli omicidi di medici, personale, pazienti dentro la Asl di Locri come “episodi sgradevoli” che capitano ovunque nelle ASL, dove affermava che la ‘ndrangheta non aveva nessuna infiltrazione o mira sulla ASL di Locri. In quella intervista, la sua viva voce, affermava che lei come Responsabile del Personale non aveva mai avuto sentore di una presenza o pressione mafiosa (nooooo!) e confermava che ciò valeva anche per suo marito Francesco.
Ora, dopo le capriole carpiate delle dichiarazioni susseguitesi, cambia nuovamente versione e si cambia (ad effetto retroattivo) persino la mansione di lavoro. Non vorremmo che ciò fosse anche sintomo di cambiamenti documentali, sarebbe grave, in veste di indagata sarebbe un alterare, inquinare, cioè modificare a proprio vantaggio, le prove.


E' significativa questa:
1 - intervista a Rai Tre "in 1/2 ora"


Non è facile muoversi in una terra come la Calabria. Figuriamoci , poi, quando tuo marito è ammazzato per mano mafiosa e le indagini non riescono a salire più in alto di due infermieri.
Non solo infermieri, ma due persone, i Marcianò, con diversi e pesanti precedenti, indicati come legati alla cosca dei Cordì (quella già difesa in vari processi e procedimenti dall’Avvocato Mazzone ora legale di Maria Grazia Laganà). Inoltre Alessandro Marcianò, caposala alla ASL di Locri era compagno di lavoro da decenni di Fortugno e della signora, di cui era il collega della porta accanto! Come evidenziato anche dalla puntata di AnnoZero. La signora non lo vedeva? Strano anche perché risulta che i coniugi Fortugno (quindi lei e Francesco) era amici intimi dei Marcianò, tanto da essere compari d’anello nella cerimonia nuziale di Giuseppe Marcianò. (come da noi segnalato da tempo, insieme all’On. Angela Napoli e come dichiarato, in un chiaro messaggio rivolto alla Signora, la moglie e madre dei Marcianò, appartenente alla famiglia Bruzzaniti-Morabito - padre e madre -. La signora quando spiega?

Ecco una ricostruzione dei fatti
1 - sull'omicidio Fortugno
2 - qualche dipendente ASL tra cui il Marcianò
3 - dichiarazioni famiglia Marcianò


La Procura distrettuale antimafia di Reggio, infatti, ha chiesto e ottenuto (con la condivisione dei legali di parte civile della Signora Laganà) il rinvio a giudizio per Salvatore Ritorto, presunto assassino di Fortugno, e per Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, il primo Caposala all’Ospedale di Locri, indicati come mandanti. Con loro, accusati in concorso in omicidio, Domenico Audino e Carmelo Crisalli. Una soluzione che non soddisfa la vedova.
Ma allora perché non ha cambiato legali, visto che questi hanno condiviso e avvallato l’accusa della Procura? E poi se non si fida di loro perché li ha incaricati anche di tutelarla nell’inchiesta che la vede come indagata?

Lo abbiamo già visto:
1 - sulla DDA di Reggio ed i Legali


”Mi sono sposata molto giovane con Francesco, avevo 22 anni e quindi più di metà della mia vita lo condivisa con lui. Vivevamo all’unisono, lui mi ascoltava e spesso condivideva il mio parere con serenità. Sono entrata in politica attiva provenendo da una famiglia dove si respirava quell’aria. Mio padre era stato deputato per due legislature. Oggi sono rimasta sola con i miei figli: Giuseppe di 24 anni, e Anna, di 19. Studiano medicina a Roma e io, quando sono impegnata alla Camera, sono ospite loro. Vivo nel ricordo di mio marito anche nei comportamenti quotidiani. Se ho un problema mi chiedo: ‘Come si sarebbe comportato Franco?’. Ho accettato la candidatura al parlamento, perché voglio continuare quello che stava facendo lui”.
”Una politica vera e diversa è oggi possibile in Calabria? Credo di sì. Ognuno decide il suo stile di vita, ma di una cosa sono certa: la mia regione è fatta per la maggior parte di gente perbene. Chiedo solo che si accerti la verità, lo devo ai miei figli e a lui, ma soprattutto penso che, se si arriverà fino in fondo, sarà possibile aprire una speranza per gli altri, perché anche in questo contesto credo che in Calabria non tutto sia perduto”.

La signora vive nel ricordo? Ci pare un ricordo molto, troppo, gravemente confuso e contraddittorio. Questo, ripetiamo, non per opinione o convinzione ma per semplice lettura dei fatti, che abbiamo ricostruito. Quindi, ad esempio, la signora vive nel ricordo del marito, ricorda quello che si dicevano anche sui temi caldi, ma allora non ha copia anche delle famose denunce che urla al mondo suo marito presentò e che non esistono da nessuna parte? E poi, ad esempio, ricorda anche quando il Pronto Soccorso è stato allertato per l’arrivo del nipote di “u tiradrittu”, Giuseppe Morabito, proveniente da Africo dove, per un regolamento di conti, fu gambizzato? Ricorda di aver sistemato anche quella cartella clinica – visto che abbiamo scoperto che si dedicata anche a quello -dell’intervento in sala gessi del Pronto Soccorso di cui suo marito era Primario? Ricorda l’oggetto delle telefonate, intercettate dalla Procura di Milano, tra lei, suo marito e suo padre con latitanti della cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti? E tutto il resto, lo ricorda? O sono solo ricordi a singhiozzo?
Poi diceva che vuole portare avanti quello che faceva Francesco. Ha già quindi provveduto a far assumere incarichi di autista e collaboratore a figli e parenti? Tanto per capire!

Li abbiamo già indicati:
1 - sull'omicidio Fortugno
2 - sulla Asl di Locri
3 - lo speciale completo su questi casi


Parole pesate una ad una, anche per fare emergere un interrogativo che può apparire retorico: è credibile che un delitto così grave, eseguito nel seggio elettorale dell’Unione che svolgeva le primarie per la scelta del suo leader, sia stato ideato e voluto da un infermiere?
Ma questa domanda non la poteva porre alla signora? Oppure era d'obbligo mostrarsi acquiescenti?

Non è per essere pignoli, ma mentre viene distribuita questa intervista (senza naturalmente le note che abbiamo messo) dal "settimanale di attualità", Gente, la Signora Laganà ha visto - nonostante i suoi legali neghino di aver mai ricevuto comunicazione - rigettata la ricusazione dei giudici. Il ricorso per spostare il procedimento a carico della Signora alla procura ordinaria di Locri è stato respinto, in quanto, come avevamo detto. Le indagini sono sull'infiltrazione mafiosa nella ASL della Signora e non per 1 fattura. Ma anche questo, forse, non fa parte dell'attualità e delle cose che è giusto che l'opinione pubblica sappia. I fatti sono stati abrogati, l'avevamo dimenticato, e la signora è davvero in gamba, in un batter d'occhio ha battuto pure Previti, Dell'Utri e Berlusconi (clicca qui).

 

 

 

Tags: 'ndrangheta, locri, asl, fortugno, laganà, intervista, gente, mentire

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