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Altra sconfitta per i FOTIA. L'interdizione antimafia confermata dal Consiglio di Stato

[in coda il testo integrale della Sentenza del Consiglio di Stato]

FOTIA Pietro non l'ha presa bene, nemmeno questa volta. Diciamo però che con questa (ultima e scontata) batosta, i FOTIA, dovrebbero, una volta per tutte, abbassare la cresta e arrendersi: lo Stato c'è!

Il Consiglio di Stato si è pronunciato e, unificati i due ricorsi della SCAVO-TER contro le misure interdittive antimafia, ha respinto in toto e seccamente le rivendicazioni dei FOTIA, con una Sentenza chiara (che di seguito si riporta integralmente).

Una Sentenza che, inoltre, evidenzia il perverso rapporto dei FOTIA con le Pubbliche Amministrazioni (particolare più volte, come gli altri, indicato dalla Casa della Legalità)...

La Prefettura con il Ministero dell'Interno questa volta hanno visto opporsi ai ricorsi della famigliola FOTIA anche quella Provincia di Savona che nel 2012 si era defilata, non opponendosi al ricorso contro l'interdittiva presentato dalla SCAVO-TER e poi respinto con Sentenza del TAR Liguria.

Il Consiglio di Stato innanzitutto afferma che la prima misura interdittiva del 21.06.2012 «continua ad avere pieni effetti a vari fini... non essendo stata rimossa dalla Sentenza n. 71/2013, e visto che la nuova interdittiva [del 14.3.2013] è stata solo suffragata da altri elementi indiziari, ma ha confermato quella precedente nella sua valutazione finale negativa...». Il provvedimento del Consiglio di Stato, quindi, prima di tutto respinge la richiesta dei FOTIA di considerare “superata” la prima Interdittiva e quindi procede affermando che «l’appello di SCAVO-TER SRL avverso la sentenza n.71/2013 è infondato nel merito».

Il collegio del Consiglio di Stato chiamato a pronunciarsi chiarisce che «Le censure alla Sentenza sono infondate», affermando «pur tenendo conto del fatto che la proposta DIA trasmessa al Tribunale Penale di Savona il 27.2.2012 per l’applicazione di una misura patrimoniale di prevenzione a carico di Fotia Sebastiano, Fotia Pietro e Fotia Donato (quest’ultimo rappresentante legale della Scavoter srl) è stata rigettata dal Tribunale Penale di Savona con decreto del 13.8.2012, tuttavia è innegabile che dalla lettura ragionata delle varie situazioni rappresentate nella dettagliata nota DIA 7 giugno 2012 emerge (come afferma la sentenza TAR n.71/2013) un quadro di relazioni con elementi della criminalità organizzata non chiare e sufficienti, perciò, a legittimare il sospetto che l’attività dell’impresa graviti anch’essa in ambito mafioso o possa, comunque, esserne condizionata.» Ed ancora in riferimento al rigetto – annullato dalla Suprema Corte di Cassazione – dell'istanza di misure preventive patrimoniali richieste dalla DIA nel 2012, i magistrati del Consiglio di Stato affermano: «il Tribunale di Savona ha limitato la sua pronuncia alla verifica (della sussistenza o meno) dei presupposti richiesti per l’applicazione della misura patrimoniale (quello soggettivo della pericolosità dei soggetti proposti per la misura e quello oggettivo della disponibilità di beni provenienti da attività illecite o reimpiego di proventi illeciti) e, quindi, non ha preso in considerazione, all’evidenza, il distinto profilo della contiguità dell’impresa con la criminalità organizzata calabrese, che, per contro, è ampiamente esposto nella nota DIA del giugno 2012 unitamente al connesso rischio di infiltrazione mafiosa nella gestione della impresa ricorrente».

Viene anche richiamato, inquadrandolo correttamente, il procedimento “DUMPER”, quando il Consiglio di Stato scrive nella Sentenza: «In questo quadro indiziario va inserita certamente la o.c.c.c. emessa nel maggio 2011 nei confronti di Fotia Pietro (e di molti altri indagati) nell’ambito del procedimento penale n.4403/2010 instaurato per una lunga serie di condotte illecite tenute dal suddetto socio di Scavo-Ter, indagato, oltre che per corruzione ed evasione tributaria per emissione di fatture false, anche per turbativa d’asta ( 353 c.p.) e turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente ( art.353 bis c.p.), configurati dalla giurisprudenza come reati sentinella di contiguità con criminalità organizzata».

Scrive ancora il Consiglio di Stato, evidenziando, come anticipato, il perverso rapporto dei FOTIA con la Pubblica Amministrazione: «Infatti dalle indagini era emerso che Scavo-Ter era riuscita, per vari anni, ad ottenere l’assegnazione diretta di appalti di lavori (circa 40 appalti) a trattativa privata e cottimo fiduciario (in violazione delle disposizioni che richiedevano la consultazione di più imprese), con la connivenza di pubblici funzionari che avevano rappresentato inesistenti presupposti di urgenza o avevano fittiziamente indicato per i costi dei lavori appaltati importi inferiori alla soglia comunitaria al fine di evitare l’esperimento di gare ad evidenza pubblica».

Ed ancora il Consiglio di Stato: «Peraltro, in tema di contiguità dell’impresa a sodalizi di criminalità organizzata, lo stesso provvedimento di rigetto della misura di prevenzione patrimoniale adottato dal Tribunale Penale di Savona il 13.8.2012 fornisce importanti elementi di sostegno alla interdittiva: infatti, come riferisce il Tribunale, dalla citata occc emessa dal GIP del Tribunale di Savona nell’ambito del procedimento penale n.4403/2010 (maggio 2011) emergeva nei confronti di Fotia Pietro la frequentazione di vari pregiudicati e la disponibilità di automobili di grossa cilindrata; inoltre- prosegue il Tribunale di Savona -(con l’ausilio di intercettazioni telefoniche) si delineava il ruolo di primo piano avuto nelle attività societarie di ampio raggio seguite da Fotia Pietro, che, pur se uscito formalmente dalla compagine sociale di Scavo-Ter dal 2007, tuttavia si dedicava - ad avviso del Tribunale - ad una attività criminale, non di natura occasionale, ma ripetuta e risalente nel tempo, tanto da giustificare un giudizio di pericolosità sociale del medesimo, ai sensi dell’art.1 DLGS n.159/2011, quale persona dedita abitualmente alla commissione di alcune tipologie di reati.». «Inoltre la DIA di Genova, con nota 20.6.2012 diretta alla Prefettura di Savona, nel presentare Fotia Pietro come punto di riferimento nell’ambiente della criminalità organizzata operante nel ponente ligure, richiamava anche il contenuto delle intercettazioni autorizzate nell’ambito del procedimento pen. n.7736/2008 (poi archiviato) : in particolare riferiva l’episodio della estorsione tentata da De Marte Rocco (parente dei Pellegrino ed ufficialmente privo di occupazione) nei confronti di Piro Benedetto, titolare della impresa edile Nuova Era srl (i cui uffici subirono un incendio nel gennaio 2009), il quale nell’ufficio di Fotia Donato presso la sede Scavo-Ter, dopo avergli parlato delle pressanti richieste estorsive subite dal De Marte, prima proponeva a Fotia Pietro di “affiancarlo nella costruzione di alcuni fabbricati a Sanremo” e, quindi, gli palesava l’intenzione di far entrare nei lavori anche Michele Pellegrino (imprenditore edile considerato vicino alla criminalità organizzata calabrese), chiedendogli, infine, di intervenire presso lo stesso Michele Pellegrino...
A tale quadro indiziario, poi, va aggiunto che i contatti assidui e duraturi della famiglia Fotia con ambienti imprenditoriali contigui alla criminalità organizzata calabrese, ad avviso del Collegio, emergono periodicamente nei rapporti degli organi inquirenti come nel caso della ATI costituita nel 2005 tra Scavo-Ter e la soc. Chiaro Vincenzo & c sas, per conseguire dei subappalti per l’esecuzione di scavi terra per conto della società spagnola Ferrovial Agroman SA (aggiudicataria di lavori ferroviari nel ponente ligure): infatti uno dei soci accomandanti (zio dell’accomandatario Chiaro Vincenzo) – secondo quanto segnalato dall’Osservatorio centrale sugli appalti pubblici - era affiliato al sodalizio criminale delle famiglie Raso-Gullace-Albanese operante sia nella Piana di Gioia Tauro sia nel contesto imprenditoriale del Nord Ovest, tratto in arresto nel 2010 (nell’ambito dell’operazione Il crimine, p.p. 1389/2008 condotta dalle DDA di Milano e Reggio Calabria) per associazione a delinquere di stampo mafioso...
Da ultimo, poi, non può tralasciarsi che la addebitata frequentazione della Famiglia Fotia con soggetti contigui al sodalizio criminale delle famiglie calabresi Morabito-Palamara-Bruzzaniti (da tempo dedite, secondo gli inquirenti, al traffico di armi e stupefacenti) trova conferma e ragione di tendenziale assiduità nella circostanza che i fratelli Fotia Pietro e Donato hanno contratta matrimonio con le figlie di personaggi a loro volta vicini alla criminalità reggina, per cui il rapporto di affinità certamente agevola le frequentazioni ed ospitalità di parenti ed amici, anche se pregiudicati, come si legge anche nell’interdittiva impugnata con riferimento all’esito dei controlli di polizia effettuati in più occasioni».

I FOTIA, nel loro ricorso – ricevendo, come vedremo, un sonoro rigetto dai magistrati del Consiglio di Stato, evidenziano – di fatto - l'allergia ai controlli, ovvero sottolineano che nei bandi non era indicato che la stazione appaltante avrebbe richiesto l'Informativa antimafia alla Prefettura e che gli appalti pubblici oggetto di assegnazione a loro era “sotto soglia”. Il Consiglio di Stato è secco e, «a differenza di quanto deduce l’impresa», afferma che «l’art.10, comma 1, lett.a, DPR n.252/1998 impone alla P.A. l’obbligo di acquisire le informazioni prefettizie per i contratti di valore pari o superiore a quello previsto dalla normativa nazionale in attuazione di quella comunitaria, ma non preclude che, a tutela del preminente interesse pubblico alla legalità, la stazione appaltante possa determinarsi ad acquisire tale genere di informazioni anche per contratti di valore inferiore alla soglia comunitaria.
Tra l’altro l’art.11, comma 3, del DPR n. 252/1998 prevede l’esercizio del potere di recesso anche quando gli elementi relativi al tentativo di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto.
Infine,
anche prescindere dal regime applicabile in tema di richiesta di informazione antimafia, il contenuto positivo della interdittiva, in applicazione dei principi desumibili dall’art.4 DLGS n 490/1994 precludeva, comunque, l’instaurazione di rapporti contrattuali tra la stazione appaltante e l’impresa interdetta (costante giurisprudenza)». Ed ancora: «Nel caso di specie, poi, la stazione appaltante ha anche motivato l’esercizio dei poteri di autotutela con riferimento espresso al fatto che dall’interdittiva emergevano “ possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose che sconsigliano l’instaurazione o la prosecuzione di un rapporto dell’impresa con questa pubblica amministrazione”... Infatti, come si è detto, in applicazione della normativa vigente, l’interesse pubblico alla legalità e quello privato all’esercizio di impresa non sono paritari, in quanto risulta prevalente quello pubblico di evitare che la P. A stipuli contratti con imprese a rischio di condizionamento mafioso».

Il Consiglio di Stato inoltre procede anche nel confermare che quanto evidenziato dalla D.I.A. e quindi posto alla base delle valutazioni e decisioni del Prefetto, nel confermare - con nuova Interdittiva (2013) - il contenuto della precedente misura interdittiva (2012), sono elementi acquisiti che «consentono di delineare un quadro indiziario sufficientemente completo e coerente circa l’attualità della sussistenza del rischio che codesta società [SCAVO-TER] possa, anche indirettamente, agevolare le attività della criminalità organizzata ovvero esserne condizionata» (nota interdittiva 14.3.2013 che è stata adottata «come si rileva dalla motivazione della medesima, è stata adottata il 14.3.2013, cioè in vigenza del D. LGS n.159/2011, Codice Antimafia»).

Dalla Sentenza del Consiglio di Stato, che ripercorre le informazioni alla base delle interdittive, emerge anche un particolare di assoluto rilievo in merito ad alcuni dipendenti dalla SCAVO-TER dei FOTIA:
«...come si legge nella nota della DIA, in un caso, si trattava di un dipendente, di origine siciliana, assunto da Scavo-Ter prima nel 2008 e poi, a tempo indeterminato nel 2012 con qualifica impiegatizia, è inserito dal 1990 nel consiglio di amministrazione di A.C. Appalti Costruzioni srl, con sede in Arezzo, insieme ad altro pregiudicato condannato con sentenza irrevocabile nel 2005 dalla Corte di Appello di Palermo per il delitto p. e p. dall’art.416 bis c.p.( per aver fatto parte dell’associazione denominata “Cosa Nostra”) e sottoposto alla sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno per mafia nonché a misura preventiva della confisca dei beni; socio amministratore anche di una società in nome collettivo, con sede a Savona, in cui l’altro socio, anch’esso siciliano, risulta denunciato per il reato di cui all’art.416 bis c.p. e destinatario di misura di prevenzione antimafia con sequestro dei beni eseguito nel novembre 2012 nel cui ambito è stata colpita anche la quota societaria posseduta in questa società».
Ed ancora: «Nell’altro caso, poi, si tratta di un dipendente, anch’esso di origine siciliana, a tempo indeterminato al dicembre 2012, socio amministratore e direttore tecnico di una società in nome collettivo, con sede in provincia di Palermo, la cui proprietà è condivisa con altro socio, anch’esso siciliano, implicato in una vicenda di turbativa d’asta aggravata da finalità mafiosa ed, entrambi, coinvolti nella operazione “Turn Over” condotta (dalla Squadra Mobile di Firenze tra il 1999 ed il 2002 in relazione ad un’associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta) nei confronti di circa 500 indagati sfociata in un procedimento penale poi conclusosi con l’archiviazione a causa della prescrizione del termine per le indagini preliminari».

Ora, senza ulteriormente dilungarci pubblichiamo il testo integrale della Sentenza del Consiglio di Stato con cui è confermata l'Interdittiva Antimafia a carico della SCAVO-TER dei FOTIA.

 


 

N. 03093/2013 REG.RIC.

N. 00715/2014 REG.RIC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui seguenti ricorsi riuniti:

1) ricorso numero di registro generale 3093 del 2013, proposto da:
Scavo-Ter S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Lorenzo Acquarone, Giovanni Acquarone, Giovanni Candito Di Gioia, con domicilio eletto presso Giovani Candido Di Gioia in Roma, piazza G. Mazzini, 27;
contro
Provincia di Savona, rappresentata e difesa dall'avv. Mariano Protto, con domicilio eletto presso Mariano Protto in Roma, via Cicerone N. 44;
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di Geo Tecna Srl;


2) sul ricorso numero di registro generale 715 del 2014, proposto da:
Provincia di Savona, rappresentata e difesa dall'avv. Mariano Protto, con domicilio eletto presso Mariano Protto in Roma, via Cicerone N. 44;
contro
Scavo - Ter Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Giovan Candido Di Gioia, Lorenzo Acquarone, Giovanni Acquarone, Franco Rusca, con domicilio eletto presso Giovan Candido Di Gioia in Roma, piazza G. Mazzini, 27;

nei confronti di
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Geo Tecna Srl;

per la riforma

quanto al ricorso n. 3093 del 2013:

della sentenza del TAR Liguria – Genova, Sezione II n. 00071/2013, resa tra le parti, concernente interdittiva antimafia 21.6.2012 e revoca aggiudicazione e recesso da contratto19.7.2012 -

quanto al ricorso n. 715 del 2014:

della sentenza del TAR Liguria - Genova: Sezione II n. 01458/2013, resa tra le parti, concernente - informazione interdittiva 14.3.2013 e revoca atti di aggiudicazione definitiva e recesso dal contratto 2.4.2013


Visti i due ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in entrambi i giudizi di Provincia di Savona e di Ministero dell'Interno e di Scavo - Ter Srl e di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti di entrambe le cause;

Relatore, per entrambe le cause, nell'udienza pubblica del giorno 29 maggio 2014 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti gli avvocati Acquarone Giovanni, Protto e dello Stato Varrone Protto, Acquarone Giovanni e l’Avvocato dello Stato Tito Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1. Con sentenza 11 gennaio 2013 n.71 il TAR Liguria ha respinto il ricorso proposto da Scavo-Ter srl, con sede in Vado Ligure( SV) per l’annullamento della nota interdittiva antimafia 21.6.2012 adottata dal Prefetto di Savona nei confronti dell’impresa interessata, nonché del provvedimento 19.7.2012 con cui il Dirigente del Settore Gestione Viabilità della Provincia di Savona disponeva nei confronti dell’impresa la revoca dell’aggiudicazione definitiva dei lavori affidati con delibere 17.10.2011 n.7127 e 10.11.2011 n. 7615, nonché il recesso dal contratto 3 agosto 2010, rep. N.12658; spese compensate .

La sentenza n.71/2013, però, considerato che, successivamente all’adozione dell’impugnata interditttiva del 21.6.2013, si erano concretizzati elementi ulteriori di segno opposto nei confronti della impresa in ordine alla sussistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa, non si limitava a respingere il ricorso di Scavoter srl, ma rappresentava la contestuale necessità che l’Amministrazione dell’Interno riesaminasse “la propria decisione alla luce dei nuovi elementi di conoscenza come sopra riferiti ed anche in assenza di una specifica istanza del privato”.

Avverso la sentenza TAR n.71/2013 Scavoter ha proposto l’appello RG n. 3093/2013, notificato in data 11.4.2013 .

La Prefettura di Savona, rinnovata l’istruttoria in conformità all’esigenza rappresentata nella sentenza TAR n.71/2013, con decreto 14.3.2013 n. 7353 confermava la misura interdittiva, ribadendo che gli elementi acquisiti consentissero di “delineare un quadro indiziario sufficientemente completo e coerente circa l’attualità della sussistenza del rischio” di infiltrazione da parte della criminalità organizzata.

Vista la nuova interdittiva del marzo 2013, la Provincia di Savona, con determinazione dirigenziale del Settore Gestione viabilità 2.4.2013 n.6 ha confermato il precedente provvedimento 19.7.2012 n.4370 che (in corrispondenza della precedente interdittiva) aveva disposto il recesso dal contratto stipulato con Scavo-Ter per i lavori di sistemazione della sede stradale della S.P. n.15 e la revoca dell’aggiudicazione sia dei lavori di sistemazione sulla S.P. n.29 del Colle di Cadibona sia del servizio di sgombero di neve lungo le strade provinciali, lotto 12, per la stagione invernale 2013-2014 .

1.1.Per esigenze di chiarezza va detto fin d’ora che Scavo-Ter srl ha impugnato la nuova interdittiva del 14.3.2013 (ed il connesso provvedimento confermativo 2.4.2013, adottato dalla Provincia di Savona ) con ricorso RG n.366/2013 (notificato il 9.5.2013) al TAR Liguria.

Con sentenza 28.11.2013 n 1458/2013 il TAR ha accolto il ricorso, motivando l’annullamento della interdittiva (e del conseguente provvedimento della Amministrazione Provinciale) con specifico riferimento alla circostanza che gli approfondimenti istruttori effettuati dalla Prefettura di Savona avevano escluso “l’emergenza di nuove circostanze aventi obiettiva valenza ai fini antimafia”.

1.2.Tornando al contenzioso sulla prima interdittiva del 21.6.2012, va detto che Scavo- Ter srl con appello RG n. 3093/2013, riproponendo anche le censure dedotte in primo grado, ha chiesto la riforma, previa sospensione, della sentenza TAR n.71/2013 con sei articolati motivi di appello e, quindi, l’annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado.

Si è costituita la Prefettura di Savona, che, dopo aver puntualmente contro dedotto alle censure formulate avverso la sentenza appellata, ha chiesto il rigetto dell’appello e la conferma integrale della sentenza di primo grado.

Nell’aprile 2014 si è costituita anche la Provincia di Savona, con deposito documenti; poi con memoria conclusiva del 28.4.2014, tenuto conto della sopravvenuta sentenza TAR Liguria n.1458//2013 del 28.11.2013 (resa tra le stesse parti), dopo aver riepilogato la vicenda sostanziale e processuale oggetto di entrambi i giudizi, ha concluso per il rigetto dell’appello R.G. n.3093/2013 proposto da Scavo-Ter avverso la sentenza n.71/2013 (e per l’accoglimento dell’appello principale R.G. n. 715/2014, proposto da Provincia di Savona avverso la sentenza n.1458/2013 con la riforma della medesima).

Con memoria di replica del 7.5.2014 Scavoter srl, dopo aver contestato le avverse argomentazioni ed il tardivo deposito dei documenti da parte della Provincia, ha chiesto che sia preliminarmente dichiarata l’improcedibilità del proprio appello n.3993/2013 per sopravvenuta carenza di interesse, oppure, in subordine, che la sentenza n.71/2013 ( di rigetto) sia riformata con l’annullamento della informativa 21.6.2013 e della determinazione dirigenziale 19.7.2013 n.2012.

Con ultima memoria (17.5.2014, congiunta per entrambi i giudizi) la Provincia di Savona ha replicato in ordine sia all‘eccepito tardivo deposito di documenti sia alla prospettata sopravvenuta carenza di interesse all’appello RG n.3993/2013, rappresentando che è interesse dell’Amministrazione provinciale resistere all’annullamento dei propri provvedimenti ed agli accertamenti incidenti sulla propria responsabilità.

Inoltre ha chiesto che l’appello della Scavoter srl e, ancor prima, entrambi i ricorsi di primo grado siano dichiarati in parte qua inammissibili per mancata impugnazione dei provvedimenti con cui la Provincia, successivamente, ha provveduto a riassegnare gli appalti revocati, nonché per espressa rinuncia alla tutela in forma specifica,.

Quindi,insistendo nelle proprie conclusioni, la Provincia di Savona ha chiesto che l’appello RG n.3093/2013, proposto da Scavoter srl, sia dichiarato inammissibile, improcedibile ovvero respinto (quanto all’appello RG n. 715/2014, proposto da Provincia di Savona, ha chiesto, invece, che sia accolto con la conseguente riforma in parte qua della sentenza TAR n.1458/2013 almeno con riguardo ai provvedimenti di revoca adottati dalla Provincia di Savona) .

1.3.Passando al contenzioso sulla seconda interdittiva 14.3.2013, e connesso provvedimento di revoca e recesso provinciale 2.4.2013, la sentenza TAR 26.11.2013 n.1458/2013, come si è anticipato sopra, è stata impugnata con appello RG n. 715/2014( notificato il 21.1.2014) dalla Provincia di Savona, che con cinque articolati motivi ne ha chiesto, previa sospensiva, la riforma sotto molteplici profili (tra i quali anche quello relativo alla mancata dichiarazione di inammissibilità in parte qua del ricorso Scavo-Ter srl di primo grado) .

In aggiunta. poi, la detta Provincia, avendo dedotto anche l’inosservanza del termine minimo, imposto dall’art.71 cpa per la trattazione della causa nel merito a seguito di rinuncia alla sospensiva, ha chiesto, altresì, l’annullamento della sentenza con rinvio al TAR Liguria ai sensi dell’art. 105 cpa..

1.3.1.Si è costituita in giudizio il 14.2.2014 Scavo-Ter srl, che, preliminarmente eccepita l’inammissibilità del deposito di ogni documentazione anteriore al 15.11.2013 ( data della udienza di decisione del ricorso innanzi al TAR) da parte della Provincia appellante ( come pretesa conseguenza della mancata costituzione in primo grado), poi, nel merito, dopo aver premesso che la nuova interdittiva, pur se conferma la precedente, va tenuta distinta, in quanto è il risultato di una rinnovata istruttoria, ha chiesto il rigetto dell’appello dell’Amministrazione Provinciale di Savona, riproponendo a sostegno della sentenza TAR (ove necessario, ai sensi dell’art.101, comma 2 cpa) anche le argomentazioni dedotte con il terzo motivo del ricorso innanzi al TAR .

1.4.Si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Savona con atto meramente formale, e, poi, con atto difensivo del febbraio 2014, ritualmente notificato alle controparti, da un lato, hanno prestato piena adesione all’impugnazione proposta dall’Amministrazione Provinciale ( insistendo per il rinvio al TAR ai sensi dell’art.105 cpa) e, dall’altro, hanno contestualmente proposto appello incidentale ( notificato il 19.2.2014) avverso la sentenza TAR n. 1458/2013, chiedendone la riforma nella parte in cui ha annullato l’interdittiva del 14.3.2013 e concludendo, quindi, per l’accoglimento dell’appello principale e dell’appello incidentale.

Quanto all’appello incidentale della Prefettura di Savona, Scavo-Ter ha controdedotto con memoria del 6.3.2014, eccependone anche l’inammissibilità sotto più profili, e, poi, ha riproposto,ai sensi dell’art.101, comma 2, cpa, i motivi di ricorso non esaminati dal TAR e connessi ai capi della sentenza non contestati dall’Amministrazione Provinciale di Savona (appellante principale).

In data 6.3.2014 Scavo -Ter, premesso che si sarebbe formato il giudicato sulla statuizione del TAR Liguria che ha limitato l’oggetto del contendere al contenuto della nuova istruttoria sfociata nella interdittiva 14.3.2013, ha notificato alle controparti un “appello incidentale condizionato”, con il quale, in subordine ( per il caso in cui si ritenesse diversamente), ripropone il primo motivo formulato nel ricorso di primo grado; quindi insiste nel chiedere che, da un lato, siano respinti l’appello principale e quello incidentale del Ministero dell’Interno, e che, dall’altro, occorrendo, sia accolto il proprio appello incidentale condizionato e/o i motivi del ricorso di primo grado, anche quelli riproposti in appello ai sensi dell’art. 101, comma 2, cpa.

Con memoria del 28.4.2014, congiunta per entrambi gli appelli, la Provincia di Savona, premesso che la determinazione dirigenziale della Provincia 2.4.2013 sarebbe un atto meramente confermativo di quella precedente 19.7.2013, ha meglio esposto le sue argomentazioni a sostegno della sua posizione (come si è detto sopra).

Con memoria di replica 7.5.2014 Scavo-Ter, preliminarmente chiesta la riunione di entrambe le cause per ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva, ha eccepito il tardivo deposito, da parte della Provincia di Savona, in data 19.4.2014, di documenti per i quali il termine ultimo, in vista della udienza pubblica del 29.45.2014, andava individuato al 18.4.2014; nel merito, poi, ha rilevato che sia la nuova interdittiva sia la nuova determinazione dirigenziale della Provincia del 2.4.2013 rappresenterebbero nuovi provvedimenti a seguito di rinnovate valutazioni; pertanto (ribadisc l’impresa), poiché la Provincia non ha impugnato la sentenza TAR n1458/2013 nella parte in cui qualifica la seconda interdittiva non meramente confermativa, la medesima non si può dolere dell’illegittimità derivata del proprio atto; poi l’impresa controdeduce alla improcedibilità in parte qua (eccepita dalla Provincia) della presente fase contenziosa in corrispondenza alla mancata impugnazione dei provvedimenti con cui la Provincia di Savona ha aggiudicato ad altre imprese due delle tre gare vinte da Scavo-Ter; in conclusione, quindi, Scavo-Ter insiste, in via principale, per il rigetto dell’appello principale della Provincia di Savona e di quello incidentale della Prefettura ed, in via subordinata, per l’accoglimento dell’appello incidentale condizionato con il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado con altra motivazione.

Con memoria 8.5.2014 ha replicato anche la Prefettura di Savona, che, preliminarmente, ha contestato i profili di inammissibilità(per genericità ed incompletezza in fatto) del proprio appello incidentale, precisando che il medesimo era rivolto avverso il capo della sentenza che aveva annullato la nuova interdittiva e che questa aveva motivato le sue determinazioni negative in base sia alla rivalutazione di alcune circostanze dell’iniziale istruttoria sia agli ulteriori elementi acquisiti; poi, nel merito, ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni già esposte.

Infine ha replicato la Provincia di Savona con memoria (congiunta per entrambi gli appelli) del 17.5.2014, rappresentando che la determinazione dirigenziale del 2.4.2013 avrebbe “natura meramente confermativa” rispetto a quella precedente del 2012 e che la pretesa risarcitoria avanzata da Scavo-Ter srl con riguardo alla mancata esecuzione dei lavori oggetto del provvedimento di recesso/revoca sarebbe infondata, non sussistendo i presupposti della responsabilità per danni a carico dell’Amministrazione provinciale; poi, concludendo, ha insistito per l’accoglimento del proprio appello principale RG N 715/2014 con il conseguente annullamento della sentenza TAR n.1458/2013 quanto meno relativamente ai provvedimenti adottati dalla Provincia.

Chiamate entrambi gli appelli alla pubblica udienza del 29 maggio 2014 ed uditi su entrambi i difensori presenti per le parti, le cause sono andate in decisione.

2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto, vista anche l’istanza formulata da Scavo-Ter nel corso del giudizio, va preliminarmente disposta la riunione dei due appelli in epigrafe per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva al fine di deciderli congiuntamente.

Il Collegio inizia l’esame della vicenda processuale dalla sentenza TAR Liguria n. 71/2013, appellata da Scavo-Ter srl..

2.1.In via preliminare (da ultimo vedi memoria di replica 7.5.2014 ) Scavo-Ter srl ha chiesto che sia dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse alla definizione nel merito del proprio appello RG n. 3093/2013 avvero la sentenza TAR n.71/2013, in quanto, nelle more del giudizio, la Prefettura di Savona, a seguito di una nuova istruttoria, ha adottato nei suoi confronti la nuova interdittiva del 14.3.2013, che, quindi, sostituirebbe quella precedente.

Ad avviso della Scavo-Ter la nuova interdittiva del 14.3.2013, “comportante la rivalutazione dell’intera fattispecie …..con nuova istruttoria e nuova motivazione sulla base di altre e diverse circostanze e norme rispetto a quelle oggetto e regolatrici dell’atto prefettizio 12.6.2012, ha reso di per sé privo di effetto giuridico quest’ultimo” ( memoria Scavo-Ter 7.5.2014).

La provincia di Savona replica rappresentando che la Provincia, stazione appaltante, ha un persistente interesse a resistere sia all’azione di annullamento dei propri atti sia all’eventuale azione di responsabilità per danni, dovendo la condotta della stazione appaltante ( con riguardo alla revoca/recesso adottati nei confronti di Sco-Ter) essere considerata alla luce sia delle due interdittive sia della sentenza n.71/2013 che ha respinto il primo ricorso dell’impresa interdetta avverso la interdittiva 21.6.2012 ; quest’ultima, infatti, sospesa in via cautelare con ordinanza 17.10.2012 n. 396, mentre è stata efficace dal 11.1.2013 (deposito sentenza n71/2013) fino al 14.3.2013 ( data della nuova interdittiva), comunque è rimasta sempre valida fino all’adozione della nuova interdittiva del 14.3.2013.

2.1.1.Il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per dichiarare l’appello R.G. n.3093/2013 improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione di merito

Infatti, come affermato anche di recente dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato “Nel processo amministrativo, la declaratoria d'improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto d‘interesse può essere pronunciata solo al verificarsi di una situazione di fatto o di diritto nuova, che comunque muti radicalmente la situazione esistente al momento della proposizione del ricorso e che sia tale da rendere certa e definitiva l'inutilità della sentenza, per aver fatto venir meno per il ricorrente o per l'appellante qualsiasi residua utilità della pronuncia sulla domanda azionata, fosse anche soltanto strumentale o morale; di conseguenza la carenza sopravvenuta va accertata e dichiarata dal giudice e non è nella solitaria determinazione potestativa del ricorrente, spettando al primo indagarne i presupposti con il massimo rigore, e non al secondo a pretenderne la pronuncia, per evitare che la declaratoria d'improcedibilità si risolva in una sostanziale elusione dell'obbligo di pronunciare sulla fondatezza o non della domanda” (C. d. S. sez. IV n. 5996/2013 e sez. III n.1534/2013).

Pertanto, al fine di compiere questa verifica, va ricordato, in punto di fatto, che l’impresa ha impugnato l’interdittiva 21.6.2012 ed il connesso provvedimento provinciale 19.7.2012 due volte innanzi al TAR: la prima volta la sentenza n71/2013, rigettando il ricorso, ha ritenuto i provvedimenti impugnati legittimi, la seconda volta la sentenza n.1458/2013, accogliendo il ricorso, ha annullato la nuova interdittiva 14.3.2013 ed il connesso provvedimento provinciale 2.4.2013. mentre non si è pronunciata espressamente sulla domanda di annullamento dei precedenti provvedimenti 12.6.2012 e 19.7.2012 (pur indicati tra gli atti impugnati).

Di poi è, altresì, utile rappresentare che la nuova interdittiva 14.3.2013, secondo i principi generali, non ha efficacia ex tunc, in quanto dispone per il periodo successivo alla sua adozione: pertanto l’interdittiva del 21.6.2012 ha mantenuto la sua validità (anche come fondamento dei provvedimenti della stazione appaltante) dal momento della sua adozione (il 21.6.2012) fino al perfezionarsi della successiva il 14.3.2013 con le connesse implicazioni anche sulla valutazione della legittimità del provvedimento 19.7.2012 con cui la stazione appaltante ha disposto la revoca/recesso dall’aggiudicazione di due appalti all’impresa interdetta ed il recesso da un contratto in corso.

Pertanto, una volta preso atto che la interdittiva 21.6.2012 continua ad avere pieni effetti a vari fini (compresi quelli statistici), non essendo stata rimossa dalla sentenza n.71/2013, e visto che la nuova interdittiva è stata solo suffragata da altri elementi indiziari, ma ha confermato quella precedente nella sua valutazione finale negativa, appare evidente che l’impresa appellante non ha indicato quale nuovo elemento, sopravvenuto alla proposizione dell’appello, le renderebbe conveniente non insistere nella domanda di riforma della sentenza n.71/2013, per conseguire l’eventuale annullamento dell’interdittiva 21.6.2012.

Pertanto – ai sensi dell’art.35 cpa - non sussistono i presupposti per dichiarare l’appello R.G. n.3093/2013 improcedibile di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione nel merito.

2.1.2. Inoltre Scavo-Ter ha eccepito la tardività del deposito documenti compiuto dalla Provincia di Savona il 19.4.2014 (nel giudizio di appello RG n.3093/2013), cioè oltre il termine di 40 giorni liberi prescritto dall’art.73 cpa; ne deriverebbe, altresì, l’infondatezza degli argomenti esposti dalla Provincia medesima in giudizio per mancata osservanza dell’onere probatorio posto a suo carico dall’art.64 cpa.

L’eccezione va disattesa.

Infatti il rilievo è inconferente, atteso che si tratta di documentazione depositata anche nell’appello RG n. 715/2013 dalla Provincia appellante e, per qualche documento, dalla stessa Scavo -Ter .

2.1.3.Di poi la provincia di Savona (memoria 17.5.2014) ha chiesto che l’appello Scavo –Ter avverso la sentenza n.71/2013 e (ancor prima) entrambi i ricorsi di primo grado, siano dichiarati inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse, rappresentando che Scavo-Ter, da un lato, non ha impugnato i provvedimenti con cui la Provincia (a partire dall’agosto 2013) ha iniziato i procedimenti necessari per riassegnare gli appalti revocati, mentre, dall’altro, con nota del 11.2.2014 ha trasmesso alla Provincia espressa rinuncia alla reintegrazione nelle aggiudicazioni.

Per economia di mezzi, quanto all’appello RG 3093/2013 all’esame, il Collegio ritiene di poter prescindere dal suddetto profilo di inammissibilità, considerato che l’appello di Scavo-Ter srl avverso la sentenza n.71/2013 è infondato nel merito.

2.2.Nel merito la sentenza TAR n.71/2013 va confermata con motivazione integrata in parte qua.

In primo luogo risultano infondate le censure formulate dall’impresa ricorrente avverso l’interdittiva antimafia adottata dalla Prefettura di Genova il 21 giugno 2012 nei confronti dell’impresa medesima .

La sentenza TAR n.71/2013, dopo aver ritenuto “inidonei supporti motivazionali dell’interdittiva” gli elementi illustrati nelle note ( non agli atti) della Questura di Savona ( 26.1.2012 e 5.6.2012), del Comando provinciale dei Carabinieri di Savona (6.12.2011 e 7.6.2012) e del Comando provinciale della Guardia di finanza di Savona (10.11.2011 e 23.5.2012), ha rappresentato che la questione centrale su cui verte il giudizio concerne la fondatezza o meno delle informazioni trasmesse alla Prefettura di Savona dalla DIA – Centro operativo di Genova con nota 7 giugno 2012 e costituenti la principale motivazione della interdittiva antimafia adottata il 21 giugno 2012.

Al riguardo la sentenza osserva che (come rilevava anche l’impresa ricorrente) gli elementi posti a motivazione della interdittiva “siano quasi perfettamente sovrapponibili” a quelli posti a fondamento dell’istanza avanzata dalla DIA di Genova, in data 27 febbraio 2012, per l’applicazione (ai sensi del DLGS n.159/2011 art.1, comma 1, lett.b), nei confronti dei fratelli Fotia Pietro e Donato e del loro genitore Sebastiano, della misura di prevenzione patrimoniale della confisca dei beni in quanto acquisiti con proventi di sospettata origine delittuosa, rappresentando, però, che la proposta era stata respinta dal Tribunale Penale di Savona con ordinanza collegiale del 13 agosto 2012, in ragione della ritenuta insufficienza degli elementi posti a fondamento della ricostruzione accusatoria .

2.2.1.Peraltro, fatte le suddette precisazioni, il TAR, con argomentazione condivisa da questo Collegio, comunque, ha ritenuto infondate le censure dedotte dall’impresa avverso l’interdittiva 21 giugno 2012, affermando che “ l’esito negativo del procedimento svoltosi dinanzi all’Autorità giudiziaria ordinaria….non può vincolare il vaglio di legittimità avente ad oggetto la misura interdittiva impugnata” sia perché i presupposti delle due tipologie di misure sono differenti sia perché l’ordinanza 13 agosto 2012, con la quale Tribunale Penale ha rigettato l’istanza della DIA per l’irrogazione della misura di prevenzione patrimoniale, è successiva all’adozione della interdittiva del 21 giugno 2012 e, quindi, “le pur penetranti considerazioni svolte dal giudice penale in ordine alla consistenza sei singoli elementi posti a fondamento della tesi accusatoria” non possono assumere rilievo in riferimento al contesto valutato dal Prefetto al momento dell’adozione della interdittiva .

2.3.Con il primo motivo di appello Scavo-Ter srl censura la sentenza n.71/2013, deducendo quanto segue: 1) il TAR , nell’esaminare le censure avverso l’interdittiva del 21.6.2012, avrebbe dovuto tener conto del fatto che vi sarebbe connessione tra i presupposti e la ratio della misura di prevenzione patrimoniale (di cui al D.LGS n.159/2011, art.20 e ss.), e quelli della interdittiva antimafia prevista dall’art 10 DPR n.252/1998 (norma vigente all’epoca dell’interdittiva 21.6.2012); 2) la misura di prevenzione patrimoniale, essendo finalizzata all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati da persone pericolose ricomprende in sé anche le valutazioni di competenza del Prefetto in tema di interdittiva per rischio di infiltrazione mafiosa; 3) il TAR avrebbe dovuto considerare determinante, sotto il profilo probatorio, la pronuncia di rigetto della proposta di misura patrimoniale e su tale presupposto valutare la fondatezza delle censure dedotte dak’impresa avverso i fatti posti a fondamento dell’interdittiva impugnata; 4) il TAR, comunque, avrebbe dovuto respingere con dettagliata motivazione le censure formulate nel settimo motivo di ricorso per contestare i fatti ritenuti sufficienti all’adozione dell’interdittva.

2.3.1.Le censure alla sentenza sono infondate.

Le argomentazioni del TAR vanno condivise con integrazione della motivazione, come sollecitato anche dall’ Avvocatura Generale dello Stato nella memoria difensiva.

Infatti, pur tenendo conto del fatto che la proposta DIA trasmessa al Tribunale Penale di Savona il 27.2.2012 per l’applicazione di una misura patrimoniale di prevenzione a carico di Fotia Sebastiano, Fotia Pietro e Fotia Donato (quest’ultimo rappresentante legale della Scavoter srl) è stata rigettata dal Tribunale Penale di Savona con decreto del 13.8.2012, tuttavia è innegabile che dalla lettura ragionata delle varie situazioni rappresentate nella dettagliata nota DIA 7 giugno 2012 emerge (come afferma la sentenza TAR n.71/2013) “ un quadro di relazioni con elementi della criminalità organizzata non chiare e sufficienti, perciò, a legittimare il sospetto che l’attività dell’impresa graviti anch’essa in ambito mafioso o possa, comunque, esserne condizionata” .

Come è noto, infatti, poiché l’interdittiva antimafia ha natura di strumento di prevenzione avanzata in tema di tutela della legalità nell’attività contrattuale con la P.A., è sufficiente, ai fini della sua adozione, la presenza di un quadro indiziario complessivo che comporti il rischio dell’infiltrazione mafiosa nelle scelte gestionali dell’impresa di cui la stazione appaltante chiede informazioni.

Quindi, nel caso di specie, le considerazioni esposte dal Tribunale Penale di Savona (nel rigettare la misura di prevenzione patrimoniale con riguardo ai beni della famiglia Fotia) non risultano determinanti ai fini dell’esito del sindacato di legittimità sull’interdittiva prefettizia del 21 giugno 2012 : infatti il complesso di elementi indiziari illustrati nel rapporto della DIA, pur se non ha consentito di configurare una vera e propria responsabilità penale per attività illecite riconducibili alla criminalità organizzata a carico dei vertici dell’impresa monitorata, tuttavia fa apprezzare come verosimile il rischio che la gestione dell’impresa sia esposta al fenomeno dell’infiltrazione mafiosa.

2.3.2.D’altra parte il Tribunale di Savona ha limitato la sua pronuncia alla verifica (della sussistenza o meno) dei presupposti richiesti per l’applicazione della misura patrimoniale ( quello soggettivo della pericolosità dei soggetti proposti per la misura e quello oggettivo della disponibilità di beni provenienti da attività illecite o reimpiego di proventi illeciti) e, quindi, non ha preso in considerazione, all’evidenza, il distinto profilo della contiguità dell’impresa con la criminalità organizzata calabrese, che, per contro, è ampiamente esposto nella nota DIA del giugno 2012 unitamente al connesso rischio di infiltrazione mafiosa nella gestione della impresa ricorrente.

Quindi la sentenza TAR n.71/2013, non solo ( come ha affermato) non poteva esaminare circostanze sopravvenute ( cioè il decreto di rigetto del Tribunale di Savona del 13.8.2012), ma soprattutto non avrebbe potuto trarre dalle “ pur penetranti considerazioni svolte dal giudice penale” (nel citato provvedimento collegiale) elementi utili per valutare se la Scavo-Ter srl fosse esposta o meno al rischio di infiltrazione mafiosa

2.3.3.Quanto, poi, alle specifiche vicende alle quali l’interdittiva ricollega il rischio di infiltrazione mafiosa, la sentenza TAR n.71/2013 correttamente ritiene che, complessivamente, le circostanze prese in considerazione, pur se attendibili solo in parte, tuttavia siano sufficienti a configurare un quadro indiziario adeguato a supportare il giudizio prognostico della interdittiva in questione.

In questo quadro indiziario va inserita certamente la o.c.c.c. emessa nel maggio2011 nei confronti di Fotia Pietro ( e di molti altri indagati) nell’ambito del procedimento penale n.4403/2010 instaurato per una lunga serie di condotte illecite tenute dal suddetto socio di Scavo-Ter, indagato, oltre che per corruzione ed evasione tributaria per emissione di fatture false, anche per turbativa d’asta ( 353 c.p.) e turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente ( art.353 bis c.p.), configurati dalla giurisprudenza come reati sentinella di contiguità con criminalità organizzata.

Infatti dalle indagini era emerso che Scavo-Ter era riuscita, per vari anni, ad ottenere l’assegnazione diretta di appalti di lavori ( circa 40 appalti) a trattativa privata e cottimo fiduciario (in violazione delle disposizioni che richiedevano la consultazione di più imprese), con la connivenza di pubblici funzionari che avevano rappresentato inesistenti presupposti di urgenza o avevano fittiziamente indicato per i costi dei lavori appaltati importi inferiori alla soglia comunitaria al fine di evitare l’esperimento di gare ad evidenza pubblica.

2.3.4.Né la sentenza è censurabile nella misura in cui, pur non ritenendo fondate nel loro complesso le varie vicende indicate dalla Prefettura come indizi di rischio di infiltrazione mafiosa, poi ha ritenuto che la presenza di alcune “circostanze residue” sia parimenti sufficiente a giustificare l’adozione dell’interdittiva: infatti è evidente che se, da un lato, la valutazione del quadro indiziario complessivo è richiesta, ove i singoli fatti, ciascuno isolatamente considerato, risultino non significativi e di orientata valenza, dall’altro, nel caso di specie le richiamate “circostanze residue” risultano, comunque, sufficienti a rappresentare come verosimile un intreccio di cointeressenze tra la Scavo-Ter ed ambienti della criminalità organizzata e, quindi, il pericolo di infiltrazione mafiosa.

2.3.5. Peraltro, in tema di contiguità dell’impresa a sodalizi di criminalità organizzata, lo stesso provvedimento di rigetto della misura di prevenzione patrimoniale adottato dal Tribunale Penale di Savona il 13.8.2012 fornisce importanti elementi di sostegno alla interdittiva: infatti, come riferisce il Tribunale, dalla citata occc emessa dal GIP del Tribunale di Savona nell’ambito del procedimento penale n.4403/2010 ( maggio 2011) emergeva nei confronti di Fotia Pietro la frequentazione di vari pregiudicati e la disponibilità di automobili di grossa cilindrata; inoltre- prosegue il Tribunale di Savona -(con l’ausilio di intercettazioni telefoniche) si delineava il ruolo di primo piano avuto nelle attività societarie di ampio raggio seguite da Fotia Pietro, che, pur se uscito formalmente dalla compagine sociale di Scavo- Ter dal 2007, tuttavia si dedicava- ad avviso del Tribunale- ad una attività criminale, non di natura occasionale, ma ripetuta e risalente nel tempo, tanto da giustificare un giudizio di pericolosità sociale del medesimo, ai sensi dell’art.1 DLGS n.159/2011, quale persona dedita abitualmente alla commissione di alcune tipologie di reati.

2.3.6.Inoltre la DIA di Genova, con nota 20.6.2012 diretta alla Prefettura di Savona, nel presentare Fotia Pietro come punto di riferimento nell’ambiente della criminalità organizzata operante nel ponente ligure, richiamava anche il contenuto delle intercettazioni autorizzate nell’ambito del procedimento pen. n.7736/2008 ( poi archiviato) : in particolare riferiva l’episodio della estorsione tentata da De Marte Rocco (parente dei Pellegrino ed ufficialmente privo di occupazione) nei confronti di Piro Benedetto, titolare della impresa edile Nuova Era srl (i cui uffici subirono un incendio nel gennaio 2009), il quale nell’ufficio di Fotia Donato presso la sede Scavo-Ter, dopo avergli parlato delle pressanti richieste estorsive subite dal De Marte, prima proponeva a Fotia Pietro di “affiancarlo nella costruzione di alcuni fabbricati a Sanremo” e, quindi, gli palesava l’intenzione di far entrare nei lavori anche Michele Pellegrino (imprenditore edile considerato vicino alla criminalità organizzata calabrese), chiedendogli, infine, di intervenire presso lo stesso Michele Pellegrino.

2.3.7. A tale quadro indiziario, poi, va aggiunto che i contatti assidui e duraturi della famiglia Fotia con ambienti imprenditoriali contigui alla criminalità organizzata calabrese, ad avviso del Collegio, emergono periodicamente nei rapporti degli organi inquirenti come nel caso della ATI costituita nel 2005 tra Scavo- Ter e la soc. Chiaro Vincenzo & c sas, per conseguire dei subappalti per l’esecuzione di scavi terra per conto della società spagnola Ferrovial Agroman SA (aggiudicataria di lavori ferroviari nel ponente ligure): infatti uno dei soci accomandanti (zio dell’accomandatario Chiaro Vincenzo) –secondo quanto segnalato dall’Osservatorio centrale sugli appalti pubblici- era affiliato al sodalizio criminale delle famiglie Raso- Gullace- Albanese operante sia nella Piana di Gioia Tauro sia nel contesto imprenditoriale del Nord Ovest, tratto in arresto nel 2010 ( nell’ambito dell’operazione Il crimine, p.p. 1389/2008 condotta dalle DDA di Milano e Reggio Calabria) per associazione a delinquere di stampo mafioso.

2.3.8.Da ultimo, poi, non può tralasciarsi che la addebitata frequentazione della Famiglia Fotia con soggetti contigui al sodalizio criminale delle famiglie calabresi Morabito- Palamara-Bruzzaniti (da tempo dedite, secondo gli inquirenti, al traffico di armi e stupefacenti) trova conferma e ragione di tendenziale assiduità nella circostanza che i fratelli Fotia Pietro e Donato hanno contratta matrimonio con le figlie di personaggi a loro volta vicini alla criminalità reggina, per cui il rapporto di affinità certamente agevola le frequentazioni ed ospitalità di parenti ed amici, anche se pregiudicati, come si legge anche nell’interdittiva impugnata con riferimento all’esito dei controlli di polizia effettuati in più occasioni.

2.3.9.Pertanto, considerato che dalle note del 7 e 20 giugno 2012 della DIA- Centro operativo di Genova, comunque, emerge un complessivo quadro di cointeressenza delle varie imprese gestite dai fratelli Fotia Pietro, Donato e Francesco con la criminalità organizzata di origine calabrese, risulta più che verosimile il pericolo che la gestione della Scavo-Ter srl sia condizionata dalla contiguità con la malavita organizzata.

Quindi vanno respinti il primo motivo di appello, nonché il settimo motivo del ricorso di primo grado, formalmente riproposto .

2.4. Passando al secondo motivo di appello, ad avviso del Collegio, le molteplici attività investigative prese in considerazione all’interdittiva antimafia, riguardando un periodo pluriennale della gestione dell’impresa monitorata, consentono di respingerlo per evidente insussistenza della dedotta carenza di adeguata istruttoria.

2.5. Con il terzo motivo di appello la sentenza TAR viene censurata nella misura in cui ( rigettando i motivi 4 e 5 del ricorso con riguardo alle conseguenti determinazioni prese dall’Amministrazione Provinciale di Savona) ha affermato che nel caso all’esame si tratta di una interdittiva “tipica” che non consente alla stazione appaltante nessun sindacato sui presupposti e sulla fondatezza e che la Provincia di Savona, pur non obbligata, aveva motivato, comunque, l’esercizio dell’autotutela.

2.5.1. Ad avviso dell’appellante, invece, in applicazione del DPR n.252/1998, art.10 comma 1, lett.a (quarto motivo di appello) gli enti pubblici potrebbero acquisire informazioni solo per contratti il cui valore sia “ pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture”; pertanto, nel caso di specie, premesso che si tratta di revoca di aggiudicazioni o di recesso da contratto per importi inferiori alla soglia comunitaria vigente per lavori e servizi, l’impresa asserisce che la stazione appaltante, poiché non aveva inserito nei bandi di gara la previsione della facoltà di chiedere la liberatoria antimafia, non avrebbe potuto procedere ad adottare le determinazioni di revoca e recesso impugnate a seguito della interdittiva adottata dal Prefetto nel giugno 2012, mentre, sotto altro connesso profilo ( quinto motivo di appello), avrebbe, comunque, dovuto valutare discrezionalmente se proseguire o meno i suoi rapporti contrattuali con l’impresa in considerazione della realizzazione dell’interesse pubblico alla esecuzione dei lavori ed alla erogazione dei servizi.

2.5.2. Al riguardo la Provincia di Savona ha eccepito la sopravvenuta carenza di interesse di Scavo-Ter srl al motivo di appello, in quanto l’impresa con nota 11.2.2014 ha comunicato alla Provincia di Savona di rinunciare al reintegro in forma specifica nell’esecuzione di due appalti di lavori di cui al contratto 3.8.2010 rep. 12658 ed all’aggiudicazione definitiva deliberata con determinazione 10.11.2011 n.7615, “ impregiudicato ogni diritto al risarcimento per equivalente”. In tal modo, però, l’impresa- ad avviso della Provincia- si sarebbe precluso anche il risarcimento per equivalente in applicazione sia dell’art.30, comma 3, cpa sia dell’art.122 cpa.

Replica la Scavo-Ter di non aver avuto precise comunicazioni circa l’affidamento ad altra impresa dei lavori oggetto della revoca ed, ancora, di aver, comunque, notificato il ricorso di primo grado anche alla ditta Geo-Tecna srl, non costituita, e di essere in termini per instaurare autonomo giudizio al fine di conseguire il risarcimento del danno per equivalente.

2.5.3. Al riguardo il Collegio, per esigenze di completezza di esame della vicenda, prescinde da tale profilo di improcedibilità, in quanto le censure medesime, comunque, sono infondate nel merito.

Infatti (come il TAR ha correttamente osservato) la stazione appaltante, nel caso di specie, è vincolata dall’efficacia interdittiva della informativa e, quindi, “ non conserva alcun potere di sindacarne i presupposti o la fondatezza”( sentenza TAR n.71/2013); si tratta di una informativa tipica con valenza interdittiva, adottata dal Prefetto di Savona a seguito degli accertamenti disposti ai sensi del DPR n.252/1998, art.10, comma 7, lett. c , e non dell’art.10, comma 1, lett. a .

2.5.4.Inoltre (a differenza di quanto deduce l’impresa) l’art.10, comma 1, lett.a, DPR n.252/1998 impone alla P.A. l’obbligo di acquisire le informazioni prefettizie per i contratti di valore pari o superiore a quello previsto dalla normativa nazionale in attuazione di quella comunitaria, ma non preclude che, a tutela del preminente interesse pubblico alla legalità, la stazione appaltante possa determinarsi ad acquisire tale genere di informazioni anche per contratti di valore inferiore alla soglia comunitaria.

Tra l’altro l’art.11, comma 3, del DPR n. 252/1998 prevede l’esercizio del potere di recesso anche quando gli elementi relativi al tentativo di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto.

Infine, anche prescindere dal regime applicabile in tema di richiesta di informazione antimafia, il contenuto positivo della interdittiva, in applicazione dei principi desumibili dall’art.4 DLGS n490/1994 precludeva, comunque, l’instaurazione di rapporti contrattuali tra la stazione appaltante e l’impresa interdetta (costante giurisprudenza).

2.5.5. Nel caso di specie, poi, la stazione appaltante ha anche motivato l’esercizio dei poteri di autotutela con riferimento espresso al fatto che dall’interdittiva emergevano “ possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose che sconsigliano l’instaurazione o la prosecuzione di un rapporto dell’impresa con questa pubblica amministrazione”.

2.5.6. Né la stazione appaltante ha mancato di fare a priori la valutazione comparata degli interessi contrapposti quali la continuità dell’attività di impresa ed il rispetto della legalità.

Infatti, come si è detto, in applicazione della normativa vigente, l’interesse pubblico alla legalità e quello privato all’esercizio di impresa non sono paritari, in quanto risulta prevalente quello pubblico di evitare che la P. A stipuli contratti con imprese a rischio di condizionamento mafioso .

Inoltre, quanto alla comparazione dei vari contrapposti interessi, va aggiunto che la stazione appaltante ha fatto espresso riferimento anche al Protocollo per la legalità sottoscritto in data 25 maggio 2012, che, pur se non applicabile retroattivamente, certamente è espressione dell’impegno concreto dell’Amministrazione provinciale di Savona al rispetto della trasparenza e della legalità nell’esercizio delle funzioni amministrative.

2.6. Con il quinto motivo di appello, poi, l’impresa censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto la interdittiva immune dai vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, nonostante che il Tribunale penale di Savona avesse ritenuto Donato Fotia ( incensurato, socio e d amministratore della società) “elemento non pericoloso” e Pietro Fotia (incensurato, e non più socio dal 2007) “elemento pericoloso” solo per profili di criminalità comune, e non per contiguità con ambienti della criminalità organizzata.

Le censure vanno disattese .

Infatti ( come il Collegio ha già osservato con varie argomentazioni che si richiamano), in primo luogo, la Prefettura di Savona, in corretta applicazione delle norme vigenti in materia di rischio di infiltrazione antimafia nelle imprese, ha compiuto una autonoma valutazione delle vicende prese in considerazione dal Tribunale penale di Savona nel rigettare la proposta di irrogazione della misura di prevenzione patrimoniale nei confronti di alcuni membri della famiglia Fotia (depositata dalla DIA di Genova nel febbraio 2012) ; in secondo luogo, poi, va ricordato che (come sopra riportato) nelle indagini svolte nel pp. RG 4403/2010 Fotia Pietro viene indicato “ amministratore di fatto e come tale in posizione apicale”, pur senza avere più – come in passato -lo status di socio; posizione che ( come riporta l’interdittiva) era stata dichiarata dallo stesso Fotia Pietro in occasione di un’operazione di controllo eseguita dal GIA nel novembre 2008 nella zona portuale di Savona presso il cantiere di C.E.M. spa ( affidataria di lavori di movimento terra e cemento armato).

2.7.Infine l’impresa appellante deduce (sesto ed ultimo motivo di appello) la violazione del DPR n.252/1998, art.10, comma 7, ed eccesso di potere sotto vari profili, nella misura in cui la sentenza TAR afferma che l’interdittiva sarebbe scaturita dagli accertamenti disposti dal Prefetto per il tramite della DIA di Genova, mentre, ad avviso dell’appellante, la proposta della DIA del febbraio2012 avrebbe attratto la vicenda nell’applicazione del DPR art.10, comma 7, lett. b, con inevitabile illegittimità di un successivo provvedimento adottato ai sensi del comma 7, lett. c); a tale conclusione porterebbe la constatazione che l’informativa antimafia sarebbe riconducibile direttamente alla proposta della DIA sia per l’identità dei contenuti dei due atti sia perché la nota trasmessa da DIA a Prefettura il 7.6.2012 inizia con l’espresso riferimento alla proposta di misura di prevenzione patrimoniale depositata il 27.2.2012 al Tribunale penale di Savona.

2.7.1.Anche l’ultimo motivo è infondato.

Infatti, quando la sentenza esclude che le due fattispecie siano alternative tra loro, non vuol affermare ( come asserisce l’impresa) che le due fattispecie debbano essere “cumulate” in una sola, ma, al contrario, vuol dire che le due misure non sono interdipendenti, ma distinte ed autonome e che, quindi, a differenza di quanto asserisce l’impresa, la preventiva presentazione della proposta DIA al Tribunale penale non comporterebbe, di necessità, l’attrazione del caso nell’ambito dell’applicazione dell’art. 10, comma 7, lett.b (impedendo alla Prefettura di valutare gli stessi fatti nell’ambito del distinto procedimento interdittivo di cui alla lett. c), né vincolerebbe la Prefettura medesima a tener conto, comunque, del procedimento instaurato per primo.

2.7.2.Infatti (come ha correttamente rilevato la sentenza appellata) è sufficiente far presente che la ratio ed i presupposti per l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale e per l’adozione della informativa interdittiva sono differenti ed autonomi.

Pertanto, nella pratica, potrebbe anche accadere che l’applicazione della misura preventiva patrimoniale, in ragione della sua globale portata ablativa, renda di fatto non necessario che la P.A. adotti nei confronti della stessa impresa, nell’immediato, anche l’interdittiva; ma niente vieta che

Venga adottata solo quest’ultima misura o che vengano adottate entrambe.

2.7.3. In punto di fatto, poi, va smentito l’assunto dell’impresa che l’interdittiva derivi direttamente dalla proposta della DIA .

Infatti, nel richiamare le argomentazioni già esposte sul punto, va aggiunto che l’interdittiva, da un lato, richiama, non solo la nota DIA del 7.6.2012, ma anche l’esito della riunione del Coordinamento Interforze svoltasi il 7.6.2012, mentre, dall’altro, risponde alla richiesta di informazioni antimafia trasmessa dalla Provincia di Savona alla Prefettura di Savona non note n48428 e n.48429, entrambe del 11.6.2012 a seguito dell’aggiudicazione alla Scavo-Ter degli appalti n1672 e 1691 del 2012.

Inoltre va aggiunto che altra società cooperativa del Savonese nel gennaio 2012 aveva chiesto alla Prefettura la informativa antimafia nei confronti della Scavo-Ter e che la Prefettura aveva, comunque, chiesto elementi investigativi alla DIA di Genova già con nota 22.5.2012.

2.7.4. Per le esposte considerazioni, quindi, respinta la domanda di sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione dell’interdittiva 21.6.2102 e del connesso provvedimento provinciale 19.7.2012 (formulata da Scavo -Ter) e la eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse (sollevata da Provincia di Savona), nonché le altre eccezioni preliminari sopra esaminate, nel merito l’appello RG 3093/2013 va respinto in toto (compresa la parte in cui sono stati formalmente riproposti i motivi di ricorso di primo grado) e, per l’effetto, va confermata con motivazione integrata in parte qua la sentenza TAR n.71/2013 (che ha respinto il ricorso dell’impresa avverso l’interdittiva della Prefettura di Savona 21.6.2012 e la determinazione dirigenziale della Provincia di Savona, Settore Viabilità, 19.7.2012 n. 4370 ).

2.8. Prima di passare all’esame dell’appello R G. N. 715/2013 proposto da Provincia di Savona per la riforma della sentenza TAR n.1458/2013 sono opportune alcune precisazioni.

Innanzitutto va segnalato che la sentenza TAR n.71/2013, nel respingere il ricorso dell’impresa, aveva, comunque, rappresentato “ l’esigenza che la competente amministrazione dell’Interno riesamini la propria decisione, alla luce dei nuovi elementi di conoscenza come sopra riferiti ed anche in assenza di una specifica istanza del privato”; pertanto la Prefettura di Savona, viste le istanze di Scavo- Ter del 25 gennaio e 5 marzo 2013 ed in esito alla istruttoria conclusasi il 5.3.2013 con la riunione del Gruppo Interforze, con nota 14.3.2013 ha adottato una nuova interdittiva nei confronti di Scavo-Ter, confermando il contenuto della precedente interdittiva 21.6.2012 n.16616, “ atteso che gli elementi informativi acquisiticonsentono di delineare un quadro indiziario sufficientemente completo e coerente circa l’attualità della sussistenza del rischio che codesta società possa, anche indirettamente, agevolare le attività della criminalità organizzata ovvero esserne condizionata” (nota interdittiva 14.3.2013); in conseguenza la Provincia di Savona, preso atto che la Prefettura di Savona con nota 14.3.2013 aveva confermato l’informazione interdittiva 21.6.2012, ravvisava “la necessità, oltre che l’opportunità, di revocare le aggiudicazioni e di recedere dai rapporti contrattuali in essere con la Ditta Scavo-Ter srl a causa della gravità delle informazioni contenute nel provvedimento interdittivo emesso dal Prefetto in data 21 giugno 2012 nei confronti della società stessa, confermato nella nota del 22.3.2013…”.

2.8.1.Inoltre si ritiene opportuno fare un breve riepilogo della vicenda su cui si è pronunciata la sentenza TAR n.1458/2013, impugnata con l’appello RG n.715/2013 che ci si appresta ad esaminare.

Come già detto, la nuova interdittiva 14.3.2013, unitamente alla connessa determinazione della Provincia di Savona 2.4.2013, è stata impugnata, previa sospensione, da Scavo-Ter con RG n. 566/2013 innanzi al TAR Liguria, che alla camera di consiglio del 17.10.2013, previa rinuncia della ricorrente alla misura cautelare, con l’assenso delle parti costituite ( cioè della sola Prefettura, visto che la Provincia di Savona non si è costituita in giudizio) a rinunciare ai termini per le difese ha fissato la trattazione della causa alla pubblica udienza del 13.11.2013 .

2.8.2. Trattata la causa alla udienza 13.11.2013, non costituita in giudizio la Provincia di Savona, il TAR con sentenza 1458/2013 ha accolto il ricorso di Scavo-Ter srl ( con specifico riferimento al terzo motivo di ricorso).

Ad avviso del TAR, infatti, in primo luogo, l’interdittiva non trova sostegno nella circostanza che nell’impresa lavorano due dipendenti, già amministratori di società insieme con pregiudicati anche per associazione a delinquere, in considerazione del tempestivo licenziamento disposto spontaneamente dall’impresa nei confronti dei medesimi ( poi anche reintegrati dal Giudice del Lavoro); inoltre risultano generiche le informazioni raccolte dagli organi investigativi circa pretesi rapporti intrattenuti con una nota famiglia mafiosa; analoga valutazione di inidoneità viene formulata dalla sentenza con riguardo ai dedotti indizi circa i collegamenti di Fotia Pietro con la criminalità organizzata, atteso che la misura di custodia cautelare va collegata a vicende di criminalità comune, mentre la misura della sorveglianza speciale di P.S. per tre anni, inflitta al medesimo dal Tribunale di Savona con decreto 3.7.2013, era stata poco dopo revocata dalla Corte di Appello di Genova con decreto 3.9.2013 (che escludeva la pericolosità attuale del sorvegliando); infine, nel caso di specie, il TAR, dopo aver ricordato che la istruttoria condotta dalla Prefettura ai fini antimafia complessivamente si era mantenuta nel solco dell’ipotesi accusatoria tracciata dalla DIA di Genova (che però- sempre secondo il TAR- non aveva retto al vaglio giurisdizionale compiuto in occasione di due distinti procedimenti), conclude nel senso che “gli elementi considerati dall’Amministrazione, oltre a non caratterizzarsi per l’intrinseca rilevanza, siano inidonei a configurare un quadro indiziario complessivo che renda attendibile il giudizio in ordine all’esistenza di un periodo di condizionamento criminale nei confronti dell’impresa”; pertanto annulla i provvedimenti impugnati, spese compensate.

2.8.3 .Si passa ora allo specifico esame dei vari appelli proposti per la riforma, previa sospensiva, della sentenza TAR Liguria n.1458/2013 : si tratta dell’appello principale proposto da Scavo-Ter e dell’appello incidentale proposto dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Savona, nonché dell’appello incidentale condizionato proposto in via gradata dalla stessa Scavo-Ter ( vittoriosa in primo grado).

2.8.4.Per ragioni di priorità logica va esaminato, nell’ambito dell’appello principale proposto dalla Provincia di Savona, il quarto motivo con cui si chiede l’annullamento della sentenza TAR con rinvio ai sensi dell’art. 105 cpa per violazione dei termini per l’attività difensiva, fissati dall’art.71 cpa.

Ad avviso della Provincia, infatti, il TAR, alla camera di consiglio del 17.10.2013, preso atto della rinuncia alla sospensiva da parte della ricorrente Scavo-Ter, comunque non avrebbe potuto fissare la trattazione del merito alla udienza del 13.11.2013 (cioè prima dei 45 giorni di cui all’art.71, comma 5, cpa) previa rinuncia dei termini a difesa da parte delle costituite, in quanto il contraddittorio non era completo poiché la Provincia di Savona, pur intimata, non si era costituita nella fase cautelare e, quindi, non si era potuta esprimere sulla rinuncia ai termini per svolgere le proprie difese.

La Prefettura di Savona ha aderito alla censura prospettata dalla Provincia, chiedendo (in via preliminare al proprio appello incidentale) l’annullamento della sentenza n.1458/2013 per difetto del contraddittorio con rinvio al giudice di primo grado ai sensi dell’art.105 cpa

2.8.5. La censura va disattesa.

Al riguardo va considerato che la notifica del ricorso si era perfezionata, nei confronti della Provincia di Savona, il 13.5.2013 ed il ricorso era stato depositato il 22 maggio successivo, mentre l’istanza cautelare era stata notificata il 25.9.2013; pertanto il termine per la costituzione della Provincia ( art.46 cpa) era già ampiamente scaduto il 17 ottobre 2013, data della camera di consiglio cautelare all’esito della quale, avendo la ricorrente rinunciato alla sospensiva, con il consenso delle parti costituite la trattazione della causa nel merito era stata fissata all’udienza del 13.11.2013; in questa situazione, seppure non fosse stato rispettato il termine di almeno 45 giorni, imposto dall’art 71 cpa per la fissazione della pubblica udienza, tuttavia ciò avrebbe potuto giustificare, al massimo, una domanda di rinvio da parte della Provincia, previa la sua costituzione (tardiva, ma non preclusa) in un qualsiasi momento anteriore all’udienza del 13.11.2013.

Pertanto la Provincia, che ha trascurato di difendersi in giudizio, non può lamentare alcuna violazione del suo diritto di difesa.

Pertanto non sussistono i presupposti per il rinvio della causa all’esame al giudice di primo grado ai sensi dell’art.105 cpa.

2.8.6. Passando all’esame delle varie impugnazioni, di cui al giudizio R.G. n.715/2013, per ragioni di priorità logica e procedimentale il Collegio ritiene opportuno esaminare per primo l’appello incidentale, proposto dalla Prefettura di Savona e dal Ministero dell’Interno (notificato alle controparti il 13.2.2014) per la riforma della sentenza TAR n.1458/2013 nella parte in cui ha annullato la nuova interdittiva antimafia 14.3.2013, nonché il provvedimento provinciale 2.4.2013,

Va ricordato, altresì, che la nuova interdittiva, come si rileva dalla motivazione della medesima, è stata adottata il 14.3.2013, cioè in vigenza del D. LGS n.159/2011, Codice Antimafia.

È utile precisare che, come ha affermato la sentenza n.1458/2013 (nel disattendere una specifica censura del ricorso Scavo-Ter) , la Prefettura ha riconsiderato ex novo la situazione dell’impresa attraverso autonomi elementi acquisiti nel corso di una nuova istruttoria, che ha confermato solo l’esito del precedente procedimento, ma non le specifiche circostanze poste dalla Prefettura a fondamento della precedente interdittiva.

Pertanto il Collegio ritiene che la controversia risulti circoscritta alle sole circostanze considerate nella nuova istruttoria posta a fondamento della nuova interdittiva del 14.3.2013, come sarà meglio precisato innanzi.

2.8.7. In via preliminare va esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale sotto più profili, formulata da Scavo-Ter srl nella memoria del 6 marzo 2014.

In particolare, in primo luogo, i motivi di appello non sarebbero stati preceduti dalla compiuta indicazione dei presupposti di fatto della controversia, poi non sarebbero stati esplicitati in modo adeguato a far comprendere quali sono i capi della sentenza TAR impugnati, poi ancora l’appello incidentale sarebbe affetto da contraddittorietà interna con riferimento alla diversa posizione presa sul fatto se la seconda interdittiva aveva considerato anche le vicende riportate nella prima interdittiva; in conseguenza la difficile individuazione dell’esatto ambito del gravame incidentale obbligherebbe l’impresa apellata, in via, cautelativa, sia a riproporre ai sensi dell’art.101 cpa alcuni dei motivi del ricorso di primo grado sia a proporre un appello incidentale condizionato alla effettiva valenza di quello dell’Amministrazione dell’Interno.

L’eccezione va disattesa in toto nei suoi vari profili.

Infatti dalla lettura dell’appello incidentale si rileva che, pur senza suddividere l’atto difensivo in parti distinte e specifiche, tuttavia l’amministrazione statale, nella prima parte della lunga memoria, ha fatto una attenta e completa ricostruzione della controversia e del giudizio di primo grado, che, quindi, corrisponde all’esposizione dei riferimenti fattuali invocata da controparte; mentre i motivi di appello, pur se con stile redazionale ad argomentazione continua, sono stati illustrati a partire dalla metà dell’atto difensivo dove viene formalizzata la proposizione dell’appello incidentale.

2.8.8. Né sussiste la dedotta contraddittorietà intrinseca, in quanto, premesso che rispetto alla sentenza TAR appellata il Ministero era soccombente solo per il terzo motivo del ricorso ( quello sugli esiti della nuova istruttoria della seconda interdittiva), e che la sentenza impugnata ha annullato l’interdittiva adottata sugli esiti della nuova istruttoria, l’appello incidentale correttamente impugna la sentenza limitatamente alla valutazione negativa espressa dal giudice di primo grado sulla rinnovata istruttoria, mentre i riferimenti a fatti esposti nella prima interdittiva trovano giustificazione con le caratteristiche dell’iter argomentativo della stessa sentenza, che, con riguardo alla seconda interdittiva, dopo aver affermato “ nessuna delle circostanze riferite nel provvedimento impugnato appare idonea, di per sé, a rendere ragione della situazione di pericolo di infiltrazione mafiosa supposta dall’amministrazione”, nel successivo paragrafo ha preso in considerazione anche la pronuncia di rigetto della misura di prevenzione del 13.8.2012 (già indicata nella prima interdittiva) al fine esplicito di considerare tale pronuncia come elemento probante, sotto altro profilo, della inconsistenza del rischio di infiltrazione favore dell’impresa, che, secondo la sentenza, poggiava sulla valutazione di identiche circostanze.

2.8.9. Quindi non sussiste la eccepita incertezza circa l’ampiezza dell’ambito dell’appello incidentale .

In particolare è chiaro che l’Amministrazione dell’Interno non ha impugnato la statuizione del TAR che (nel ritenere insussistente la dedotta violazione/elusione della statuizione della sentenza n.71/2013 di eseguire una nuova istruttoria) respingeva il primo motivo di ricorso dell’impresa ed affermava che “ la completa sostituzione del corredo motivazionale dell’atto esclude la rilevanza delle circostanze poste a fondamento del precedente giudizio negativo”.

D’altra parte, per completezza va aggiunto, la prospettata incertezza dell’ambito dell’appello incidentale, nei termini esposti, non sarebbe sufficiente a giustificare la riproposizione dei motivi del ricorso di primo grado non esaminati o assorbiti ( concernenti profili della seconda interdittiva riconducibili direttamente o indirettamente alla prima), ma, al più, la riproposizione del primo motivo di ricorso, l’unico rigettato dal TAR nella sentenza n.1458/2013.

Infine appare opportuno ricordare che, nel rigettare l’appello proposto dall’impresa averso la sentenza n.71/2013, questo Collegio. Comunque, ha respinto tutti i motivi del ricorso di primo grado formulati per contestare la precedente interdittiva del 21.6.2012.

2.8.10. Riepilogando, quindi, l’ambito della controversia deve essere circoscritto alle sole circostanze considerate nella nuova istruttoria posta a fondamento della nuova interdittiva del 14.3.2013 e tali circostanze vanno identificate sia in fatti nuovi sia in alcune vicende che, pur già poste a fondamento della interdittiva 21.6.2012, vengono richiamate a sostegno anche della nuova interdittiva, in quanto, rivalutate nel loro complessivo valore sintomatico, sono state ritenute, comunque, idonee dalla Prefettura a confermare il giudizio prognostico negativo già formulato all’esito del precedente procedimento nterditivo.

2.8.11. Nel merito, pertanto, la Prefettura, appellante incidentale, esamina il quadro indiziario che si delinea valutando i vari elementi forniti dalle Forze dell’Ordine e dalla DIA di Genova con riferimento sia a vicende nuove sia al riesame di qualche situazione, già nota, ma presa di nuovo in considerazione.

Infatti la Prefettura censura la sentenza n.1458/2013 nella misura in cui ha affermato che, nel caso all’esame, dagli atti non erano emersi elementi idonei a far ritenere che la presenza dei due indipendenti monitorati (indicati nella nota 14.2.2013 dal Comando provinciale dei Carabinieri e dalla DIA di Genova nella nota 28.2.2013) rappresentasse il risultato del collegamento di Scavo-Ter con ambienti di criminalità organizzata.

2.8.12. La censura va accolta.

Infatti, come si legge nella nota della DIA, in un caso, si trattava di un dipendente, di origine siciliana, assunto da Scavo-Ter prima nel 2008 e poi, a tempo indeterminato nel 2012 con qualifica impiegatizia, è inserito dal 1990 nel consiglio di amministrazione di A.C. Appalti Costruzioni srl, con sede in Arezzo, insieme ad altro pregiudicato condannato con sentenza irrevocabile nel 2005 dalla Corte di Appello di Palermo per il delitto p. e p. dall’art.416 bis c.p.( per aver fatto parte dell’associazione denominata “Cosa Nostra”) e sottoposto alla sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno per mafia nonché a misura preventiva della confisca dei beni; socio amministratore anche di una società in nome collettivo , con sede a Savona, in cui l’altro socio, anch’esso siciliano, risulta denunciato per il reato di cui all’art.416 bis c.p. e destinatario di misura di prevenzione antimafia con sequestro dei beni eseguito nel novembre 2012 nel cui ambito è stata colpita anche la quota societaria posseduta in questa società .

2.8.13. Nell’altro caso, poi, si tratta di un dipendente, anch’esso di origine siciliana, a tempo indeterminato al dicembre 2012, socio amministratore e direttore tecnico di una società in nome collettivo, con sede in provincia di Palermo, la cui proprietà è condivisa con altro socio, anch’esso siciliano, implicato in una vicenda di turbativa d’asta aggravata da finalità mafiosa ed, entrambi, coinvolti nella operazione “Turn Over” condotta (dalla Squadra Mobile di Firenze tra il 1999 ed il 2002 in relazione ad un’associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta ) nei confronti di circa 500 indagati sfociata in un procedimento penale poi conclusosi con l’archiviazione a causa della prescrizione del termine per le indagini preliminari.

Alla luce degli esposti elementi, quindi, appare poco coerente la conclusione del TAR che ha affermato la mancanza agli atti di elementi idonei a suffragare la ragionevole ipotesi che la presenza dei due suddetti dipendenti nella forza lavoro di Scavo-Ter fosse riconducibile alla parallela sussistenza di collegamenti imprenditoriali o cointeressenze tra l’impresa interdetta ed alcuni ambienti della criminalità organizzata.

2.8.14. Peraltro il punto centrale dell’interdittiva antimafia va rinvenuto nelle informazioni investigative fornite a carico di Foia Pietro, fratello del legale rappresentante della Scavo-ter srl, che, pur se non più titolare da vari anni privo di quote societarie, tuttavia, viene rappresentato, da un lato, come effettivo gestore degli affari societari e, dall’altro, come persona implicata in illeciti di vario genere e, comunque, vicina ad ambienti della criminalità organizzata.

2.8.15. La sentenza TAR appellata nega “ l’attitudine oggettiva delle circostanze riferite alla persona di Pietro Foia a costituire ragionevole indizio dell’esistenza di collegamenti con la criminalità organizzata” .

Infatti ritiene il TAR che, da un lato, le vicende di corruzione per l’illegittima assegnazione di appalti di lavori rientravano nella tipologia della c.d.”criminalità comune”(cui era collegata la occc emessa nei suoi confronti nel maggio 2011 dal GIP del Tribunale di Savona), mentre, dall’altro, andava ridimensionata anche la valenza indiziaria di pericolo di infiltrazione collegata alla misura della sorveglianza speciale di P.S. per tre anni ( con obbligo di soggiorno nel comune di residenza) disposta nei suoi confronti dal Tribunale di Savona con decreto del 1 luglio 2013.

Infatti, rappresenta la sentenza, non poteva trascurarsi la circostanza che la sorveglianza speciale era stata revocata dalla Corte di Appello di Genova con decreto 3.9.2013, che aveva escluso l’idoneità delle vicende in cui era coinvolto il proposto a suffragare il giudizio di pericolosità del medesimo derivante da pretesi collegamenti con la criminalità organizzata calabrese, che si sarebbe infiltrato nel tessuto imprenditoriale del Ponente ligure per ottenere illecitamente appalti edili.

2.8.16. Nella memoria di costituzione Scavo-Ter , recependo l’argomentazione della sentenza, sul punto replica anche che la ordinanza di custodia cautelare (in carcere) in questione era stata emessa nei confronti di Fotia Pietro per il reato di corruzione e di falso, ma non per la turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art 353 bis cp).

2.8.17. L’argomentazione del TAR non appare condivisibile.

In primo luogo (come rileva l’appellante Prefettura) la sentenza, in via di principio, non tiene conto del fatto che l’interdittiva impugnata è stata adottata nella vigenza del D.LGS n.159/2011, art.84, comma 4, e che tale disposizione è applicabile al caso all’esame, in quanto prevede che le situazioni cui ricollegare i tentativi di infiltrazione mafiosa possono essere desunte, tra l’altro, dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio per i delitti di cui agli articoli 353 cp e 353 bis cp oppure dalla proposta di taluna delle misure di prevenzione.

2.8.18 Nel caso specifico, infatti, va considerato che, complessivamente, le dettagliate indagini hanno messo in evidenza una stretta trama di rapporti consolidati di corruzione tra Fotia Pietro ed il Direttore dell’Ufficio Lavori pubblici del Comune di Vado Ligure, che aveva consentito all’impresa interdetta non solo di accumulare fondi neri attraverso l’utilizzazione di fatture false, ma anche di essere favorita nell’affidamento di lavori pubblici, aggirando la normativa di settore.

Pertanto, seppure l’interdittiva risulti imprecisa nel riferire che Fotia Pietro, quale amministratore di fatto dell’impresa, era stato colpito (nell’ambito della operazione “Dumper”) da una ordinanza di carcerazione cautelare “ per la violazione di cui agli artt.353 e 353 bis c p”, tuttavia non si può non considerare che da quell’operazione di polizia (a seguito di intercettazioni ambientali e telefoniche) era emerso che i reiterati episodi di corruzione del Capo Settore Lavori pubblici del Comune di Vado Ligure (indagato anch’esso) erano collegati alla reiterata illegittima assegnazione all’impresa di appalti di lavori in violazione/elusione delle prescritte procedure all’evidente scopo di farle conseguire illeciti utili .

Risulta evidente, quindi, che l’esito della dettagliata indagine, che ha visto coinvolto in primo piano Fotia Pietro, non può, comunque, essere considerato semplice espressione di illeciti legati alla c.d. criminalità comune, atteso che, per giurisprudenza costante, la turbativa di gara rientra tra i c.d. reati sentinella di attività imprenditoriali che implicano frequentemente rapporti con la criminalità organizzata,

2.8.19. Analogamente, ad avviso del Collegio, nella sentenza appellata risulta priva di autonoma motivazione la scarsa valutazione data alla circostanza che la Procura della Repubblica di Savona nei primi mesi del 2013 aveva avanzato una proposta di misura di prevenzione personale ai sensi dell’art.4 D.LGS n.159/2011 ( cioè di sorveglianza speciale per tre anni con obbligo di soggiorno) nei confronti del suddetto Fotia Pietro, ove solo si consideri che, ai fini della proposta di una misura di sicurezza personale, la normativa richiede risultanze investigative di una adeguata consistenza .

Infatti la sentenza recepisce la valutazione di mancata prova della pericolosità attribuita al proposto ai fini dell’applicazione della misura di prevenzione, ma non esprime alcun autonomo giudizio sulla valenza degli episodi in cui è implicato l’interessato ai diversi fini della valutazione dei medesimi sotto il profilo del segno prodromico dell’esposizione dell’impresa in questione a condizionamenti della criminalità organizzata.

2.8.20. Tra l’altro la sentenza, nel precisare che la misura disposta dal Tribunale il 1 luglio 2013, era stata revocata dalla Corte di Appello di Genova con decreto del 3.9.2013, fa riferimento a circostanze che il TAR non poteva valutate ai fini del sindacato di legittimità dell’interdittiva del 14.3.2013, in quanto realizzatesi solo in momento posteriore; inoltre, come rileva la Prefettura appellante, il TAR non avrebbe potuto trarre alcuna conclusione sulla pretesa identità dell’ipotesi accusatoria a base delle due misure di prevenzione ( e poi recepita dalle due interdittive), considerato che i relativi atti non erano stati acquisiti nel giudizio definito con la sentenza n1458/2013.

Quindi la sentenza, quando afferma che la proposta di misura di prevenzione personale viene richiamata a giustificazione della nuova interdittiva del 14.3.2013, in realtà incorre in un travisamento di fatti, reso ancora più chiaro dalla omessa valutazione del fatto che il Gruppo Interforze, nella riunione del 5.3.2013, aveva ritenuto le risultanze istruttorie idonee a configurare il pericolo di tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata.

2.8.21. Quanto, poi, all’attendibilità del quadro indiziario sulla pericolosità dei fratelli Fotia ed all’argomento tratto dal TAR dalla circostanza che il Tribunale di Savona con decreto 13.8.2012 aveva respinto la proposta DIA per la misura di prevenzione patrimoniale a carico dei medesimi, l’appellante Prefettura rappresenta che, in realtà, la valutazione della interditttiva trovava ulteriore conforto nel fatto che la Corte di Cassazione Penale con sentenza 21.11.2013 n.46478 ( accogliendo il ricorso proposto dalla Procura della Repubblica di Savona) disponeva l’annullamento del decreto di rigetto della proposta confisca nei confronti di alcuni membri della famiglia Fotia con trasmissione degli atti al Tribunale di Savona per una nuova deliberazione adeguandosi ai principi di diritto rassegnati.

In particolare la Suprema Corte illustrava, da un lato, che, ai fini della misura patrimoniale, non era pertinente la valutazione della pericolosità del proposto ( esclusa nel decreto di rigetto), mentre, dall’altro, quanto al sospetto di provenienza illecita dei mezzi finanziari utilizzati per gli investimenti, nel rigetto mancava la motivazione circa l’acquisto delle quote della soc. Acquaviva srl” da parte di Fotia Pietro, pur in presenza di dichiarazioni confessorie in ordine alla natura illecita dei proventi dallo stesso stornati per fini personali dalla Scavo-Ter srl tramite le fatture per operazioni inesistenti sempre confermate dalle dichiarazioni del prevenuto”( Cass .Pen. 46478/2013).

2.9.Per le esposte considerazioni, quindi, respinte le eccezioni preliminari, nel merito l’appello incidentale proposto dalla Prefettura di Savona e dal Ministero dell’Interno va accolto e, per l’effetto, in riforma in parte qua della sentenza TAR, n.1458/2013, il ricorso di Scavo-Ter srl avverso l’interdittiva antimafia 14.3.2013 va respinto.

3. Si passa, quindi, all’esame dell’appello incidentale condizionato, proposto da Scavo-Ter srl per l’ipotesi in cui ( laddove si ritenesse che l’Amministrazione dell’Interno abbia impugnato anche il capo della sentenza, che ha circoscritto la controversia alle sole risultanze emerse dalla nuova istruttoria) non risulti passato in giudicato il capo della sentenza TAR, che ha respinto il primo motivo del ricorso Scavo -Ter srl, affermando che la Prefettura ha motivato la nuova interdittiva 14.3.2013 avvalendosi soltanto degli elementi acquisiti ex novo a seguito del riesame suggerito dalla precedente sentenza TAR n.71/2013.

3.1.La precisazione sopra fatta in ordine all’ambito dell’appello all’esame e le argomentazioni, con le quali è stato disatteso uno dei profili di inammissibilità dedotti da Scavo-Ter con riguardo all’appello incidentale della Prefettura, sono sufficienti per respingere l’appello condizionato di Scavo-Ter senza necessità di ulteriori considerazioni.

4. Si passa, ora, all’esame dell’appello principale, notificato dalla provincia di Savona alle controparti il 21.1.2014, per la riforma, previa sospensione, della sentenza TAR n.1458/2013 .

Preliminarmente la Scavo-Ter srl nella memoria di costituzione (valutando il contegno processuale della Provincia di Savona) chiede che sia dichiarata inammissibile il deposito, da parte della Provincia appellante, di ogni documentazione anteriore al 13.11.2013, data della udienza pubblica in cui è stata trattenuto in decisione al TAR il ricorso avverso la nuova interdittiva del 4.3.2013, in quanto la scelta di non costituirsi nel giudizio di primo grado avrebbe comportato tale preclusione.

L’eccezione va disattesa in quanto nel giudizio amministrativo tale genere di preclusione non è comminato per la parte che (pur ritualmente intimata) non si costituisca innanzi al giudice di primo grado, ma solo in grado di appello; si ritiene che il divieto di produzione di nuovi documenti in appello, ai sensi dell’art.104 cpa, si riferisce alla parte, che costituita in primo grado, non abbia esercitato pienamente il diritto di difesa in tutti i suoi aspetti.

4.1. Nel merito, con il primo motivo di appello, la Provincia di Savona ha chiesto la riforma della sentenza TAR n.1458/2013 per violazione del principio “ ne bis in idem” nella parte in cui, accogliendo il ricorso Scavo-Ter, avrebbe annullato anche la determinazione del Settore Viabilità provinciale del 19.7.2012 (con cui la Provincia ha disposto la revoca di due aggiudicazioni nei confronti di Scavo-Ter), mentre sulla legittimità della medesima determinazione si era pronunciata la sentenza n.71/2013, rigettando il ricorso Scavo-Ter.

Al riguardo va ricordato che Scavo-Ter, ritenendo ambiguo il concetto che la nuova interdittiva 14.3.2013 confermava la precedente, con il primo motivo del ricorso al TAR aveva impugnato, non solo, la nuova interdittiva 14.3.2013 ed il connesso provvedimento provinciale di conferma 2.4.2013, ma anche i precedenti provvedimenti su cui si era già pronunciata la sentenza n.71/2013,

Il motivo va disatteso.

Infatti la sentenza n.1458/2013, nel ritenere infondata la censura di elusione dell’invito al riesame, ha precisato che la nuova interdittiva del 2013 “ conferma solo l’esito del precedente procedimento e non le specifiche circostanze che avevano determinato la scelta dell’amministrazione” ( sentenza n.1458/2013).

Pertanto non sussiste la violazione del principio del “ne bis in idem”, in quanto la sentenza TAR n.1458/2013, avendo respinto il primo motivo di ricorso ed avendo assorbito quelli non esaminati, non si è ripronunciata sui provvedimenti la cui legittimità era stata favorevolmente vagliata dalla sentenza n.71/2013.

4.2. Sempre nell’ambito del primo motivo di appello, poi, la Provincia prospetta l’inammissibilità in parte qua del ricorso di Scavo-Ter al TAR per carenza di interesse.

Ad avviso della Provincia il provvedimento provinciale 2.4.2013 sarebbe meramente confermativo di quello 19.7.2012, valido ed efficace, in quanto la stazione appaltante, preso atto della nuova interdittiva 14.3.2013, nulla ha aggiunto in termini istruttori e di motivazione, limitandosi a richiamare, dopo l’interdittiva 21,6,2013, la sentenza n.71/2013 e la nuova interdittiva 14.3.2013 e concludendo con la mera conferma di quanto disposto con la determinazione 19.7.2012.

In conseguenza ( prosegue la Provincia) l’impresa non trarrebbe utilità dall’annullamento della conferma della revoca delle aggiudicazioni, in quanto il reintegro nelle aggiudicazioni medesime le sarebbe, comunque, precluso dal precedente provvedimento 19.7.2012, valido ed efficace .

4.2.1.Invece, replica l’impresa appellata, considerato che la seconda interdittiva del 14.3.2013 sarebbe il risultato di una rinnovata istruttoria compiuta dalla Prefettura, di necessità il nuovo provedimento provinciale 2.4.2013, avendo come presupposto la nuova informativa, non potrebbe avere natura meramente confermativa di quella 19.7.2012, ma sarebbe un diverso provvedimento adottato a seguito di una rinnovata valutazione ; quindi non sarebbe censurabile la sentenza n.1458/2013 nella misura in cui ha annullato il provvedimento provinciale 2.4.2013 per illegittimità derivata da quella della interdittiva 14.3.2013, che ne costituiva l’atto presupposto.

4.3. Ad avviso del Collegio il provvedimento provinciale 2.4.2013 ha natura di atto meramente confermativo di quello precedente 19.7.2012.

A sostegno di tale conclusione militano due ordini di considerazioni: sotto il profilo logico, è evidente che per la stazione appaltante, vincolata a prendere le determinazioni conseguenti all’adozione di una interdittiva tipica, risulta determinante la prognosi negativa espressa nell’interdittiva, mentre non rilevano le specifiche circostanze che - come iter logico- hanno condotto la Prefettura ad emettere il provvedimento; sotto il profilo testuale, poi, è evidente che la stazione appaltante, informata della nuova interdittiva 14.3.2013, si è limitata a prendere atto in via ricognitiva della circostanza che, anche a seguito del riesame della situazione dell’impresa, la Prefettura non aveva modificato la propria precedente valutazione prognostica negativa, ritenendo sussistente il rischio di infiltrazione mafiosa nell’impresa.

4.3.1. Peraltro va aggiunto che, allo stato, la questione della natura meramente confermativa o meno del provvedimento provinciale del 2.4.2013 (rispetto a quello del 19.7.2012) non assume rilievo determinante, in quanto la sentenza TAR n.4158/2013 (che aveva annullato l’interdittiva 14.3.2013 ed il provvedimento provinciale 2.4.2013), in accoglimento dell’appello all’esame, va riformata con conseguente rigetto del ricorso proposto da Scavo-Ter innanzi al TAR.

4.4. Inoltre, ad avviso della Provincia, il ricorso proposto in primo grado da Scavo-TER sarebbe inammissibile in parte qua: il’impresa interdetta nel giugno 2012 avrebbe perso ogni interesse ad impugnare la ulteriore determinazione di revoca dell’aprile 2013, in quanto non avrebbe impugnato gli ulteriori provvedimenti con i quali, nelle more, la stazione appaltante aveva aggiudicato ad altre due imprese i lavori in questione ( secondo motivo di appello).

Ad avviso del Collegio, per economia di mezzi, si può prescindere dalla suddetta censura, in quanto la sentenza n.1458/2013 va, comunque, riformata nel merito.

4.4.1.Peraltro, per completezza, è opportuno precisare che, a prescindere da ogni considerazione sulla data iniziale di decorrenza dei termini per l’impugnazione dei provvedimenti in questione (di cui l’impresa contesta la completa conoscenza) dagli atti risulta che l’impresa ha notificato il ricorso di primo grado il 9.5.2013 e, quindi, in momento anteriore all’avvio dei nuovi procedimenti di aggiudicazione; al riguardo, poi, basti considerare che la verifica dello stato dei lavori per la sistemazione della S.P. 15, primo atto preparatorio alla dismissione del cantiere Scavo-Ter e preliminare alle nuove determinazioni per l’aggiudicazione dei lavori ad altre imprese, è stata comunicata all’impresa in data 16.8.2013 e non recava specifiche indicazioni utili alla impresa interdetta per conoscere le successive determinazioni della stazione appaltante..

4.5. Poi, quanto alla dedotta violazione degli artt 71 e 73 cpa e del diritto di difesa ( terzo motivo), la censura è infondata per le ragioni sopra esposte (nel trattare l’appello incidentale della Prefettura) che si richiamano.

4.6.Va, invece, accolto il quinto motivo con il quale l’appellante chiede la riforma della sentenza per violazione degli artt.91 e ss.gg. del D. LGS n.159/2011, nonché per difetto di motivazione, censurando la sentenza nella parte in cui ha ritenuto insussistenti i presupposti per l’adozione dell’interdittiva antimafia del 14.3.2013 nei confronti della Scavo-Ter srl .

Al riguardo si segnala che Scavo-Ter , secondo le modalità prescritte dall’art.101, comma 2, cpa ripropone le ragioni esposte nel ricorso di primo grado e che hanno condotto il TAR ad annullare l’interdittiva 14..3.2013, oltre il connesso provvedimento provinciale, con la sentenza n.1458/2013 impugnata con l’appello all’esame.

In argomento, per economia di mezzi, il Collegio ritiene sufficiente richiamare le argomentazioni sopra esposte nell’ambito della trattazione dell’appello incidentale della Prefettura, che per ragioni di priorità sotto il profilo logico e sotto il profilo procedimentale è stato esaminato per primo.

4.7.Per economia di mezzi il Collegio ritiene opportuno, altresì, assorbire gli altri motivi dell’appello principale dal cui esame la Provincia di Savona non trarrebbe ulteriore utilità .

5.In conclusione, preliminarmente riuniti i due appelli in epigrafe e respinte le eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità, nel merito l’appello R.G. n.3093/2013 va respinto con la conferma, con motivazione integrata in parte qua, della sentenza TAR n71/2013 (che ha respinto il ricorso proposto da Scavo-Ter srl), mentre, quanto all’appello RG. n. 715/2013, vanno accolti quello principale e quello incidentale e, per l’effetto, in riforma della sentenza TAR n.1458/2013, va respinto il ricorso proposto in primo grado da Scavo-Ter srl (avverso l’interdittiva 14.3.2013 ed il provvedimento della Provincia di Savona 2.4.2013); va, infine, respinto l’appello incidentale proposto in via subordinata da Scavo -Ter srl .

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite, quanto all’appello R.G. n.3093/2013, per questo grado di giudizio, e, quanto all’appello R.G.n. 715/2013, in toto per entrambi i gradi di giudizio, in ragione della complessità della vicenda considerata nei provvedimenti amministrativi impugnati e nella non adeguata chiarezza dei medesimi

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), preliminarmente riuniti i due appelli in epigrafe e respinte le eccezioni preliminari, nel merito, quanto all’appello R.G. n.3093/2013, lo respinge e, per l’effetto, conferma con motivazione integrata la sentenza TAR n.71/2013, mentre, quanto all’appello RG. n. 715/2013, accoglie quello principale della Provincia di Savona e quello incidentale della Prefettura di Savona e del Ministero dell’Interno e, per l’effetto, in riforma della sentenza TAR n.1458/2013, respinge il ricorso proposto in primo grado da Scavo-Ter srl; respinge l’appello incidentale subordinato proposto da Scavo.Ter srl .

Spese di entrambe le cause compensate integralmente tra le parti, quanto all’appello R.G.n. 3093/2013, per questo grado di giudizio e, quanto all’appello R.G.n. 715/2013, in toto per entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani,   Presidente

Angelica Dell'Utri,     Consigliere

Dante D'Alessio,        Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia,       Consigliere, Estensore

Massimiliano Noccelli,  Consigliere

L'ESTENSORE             IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/04/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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