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Savona - I gironi infernali perpetuati dai preti e protetti dalla Chiesa (e non solo) – Seconda parte

Se i pedofili e la loro rete di protezione è ben protetta dalla Curia, le Diocesi si adoperano per far passare il peggio a chi osa denunciare la pedofilia e gli affari sporchi del clero. Savona ne è l'esempio più eclatante. Dove alle “coincidenze” (come nel caso di don Rebagliati) si aggiungono gli elementi documentali (come nel caso di Francesco Zanardi)...

Don Rebagliati non era un prete qualunque. Era l'Economo della Diocesi di Savona-Noli. Non riusciva più ad assistere agli affari sporchi che, soprattutto nella stagione del Vescovo CALCAGNO , detto “mitraglietta” per la sua passione per armi da fuoco e da guerra, divenuto poi elemento di punta del Vaticano e della gestione economico-patrimoniale della Santa (sic) Romana Chiesa. Rebagliati non poteva nemmeno veder perpetuata l'omertà che proteggeva, nella Chiesa, i preti pedofili.

Don Rebagliati raccontò quel sapeva a Francesco Zanardi e ad altri. Lasciò documenti che raccontavano giri di soldi da capogiro per “finte donazioni” che servivano a ripulire denaro sporco o per tornare indietro facendo fisso il Fisco. Raccontò del legame saldo con pezzi della 'ndrangheta per riciclare denaro e per operazioni immobiliari. Raccontò dei casi di pedofilia, perpetuati da uomini della Chiesa, che i Vescovi di Savona-Noli aveva coperto, con la complicità di una ampia rete “civile”. Raccontò tutto anche in Procura. Verbalizzò.

Don Rebagliati di punto in bianco venne accusato di crimini sessuali da un soggetto che, guarda caso, venne sorpreso anche ad intimidire Francesco Zanardi, sotto la sua abitazione. Racconta Zanardi nel dettaglio: "Era il 2011, quando Giancarlo CASELLATO denuncia sotto spinta del vescovo Lupi (emerge agli atti) Carlo Rebagliati. L’accusa è tentato omicidio (hiv) e istigazione alla prostituzione. Il Vescovo subito dopo la denuncia rimuove Rebagliati dalla parrocchia e nel giro di poche settimane lo riduce allo stato laicale. Chissà perché non sono così veloci quando il prete è pedofilo. Rebagliati viene poi assolto per quell’accusa ma oramai la sua vita era distrutta. Il CASELLATO sempre nel periodo un cui è accaduta quella vicenda una notte pianta degli stuzzicadenti nel mio citofono per bloccarlo ed indurmi a scendere. Per sua sfortuna gli stecchini non tengono e così è costretto a inserirne in più volte più di uno. Nel frattempo avevo chiamato la mobile che lo sorprende proprio sotto casa.".

Bertone e CalcagnoRebagliati quindi è uscito pulito da quella denuncia, che si dimostrò infondata, ma quella calunnia è servita a metterlo fuori gioco. La Diocesi, per volontà di CALCAGNO e con il Vescovo LUPI quale “esecutore”, cercò prima di “imprigionarlo”. Lo lasciarono Economo della Diocesi – nonostante la sua volontà di dimettersi – ma gli tolsero l'accesso alla gestione contabile della Diocesi stessa. Insomma: tenuto a forza a quella carica ma con una benda agli occhi ed i lacci alle mani.

Don Rebagliati era malato. Non aveva nulla. Se avesse abbandonato la Chiesa si sarebbe trovato senza possibilità di sopravvivere. E la Diocesi di Savona-Noli ecco che dopo la "bastonata" offre la mano dell'aiuto (avvelenato). Garantisce le cure a Rebagliati. Chi lo deve accudire e dove deve essere accudito è la Diocesi di Savona-Noli a deciderlo... Rebagliati è in balia dei suoi carnefici.

Il Vescovo LUPI lo riceve ed ha una sola preoccupazione - come testimonia la registrazione dell'incontro, in nostro possesso, effettuata da Rebagliati -. Questa preoccupazione del LUPI è di sapere che cosa aveva raccontato Rebagliati al Procuratore Capo di Savona, Francantonio Granero e cosa questi gli aveva domandato e messo a verbale.

Don Rebagliati aveva paura. Lo ha raccontato in un lungo dialogo che in parte abbiamo già pubblicato da tempo. Ed Don Rebagliati è morto, dopo due guasti alla macchina per la dialisi. Il primo lo mandò in setticemia. Pure se debilitato si riprese... ma al secondo guasto la setticemia lo ha annientato e di lì a breve tirò l'ultimo respiro.


 

Il girone infernale per Rebagliati inizia, guarda caso dopo che entrò in rotta di collisione con il potentissimo Mons. CACALGNO che da Savona salì nella gerarchia della Curia, nel “cerchio magico” del Vaticano. E quando le indagini sulle denunce delle vittime dei preti pedofili nel savonese, così come quelle sui conti e gli affari comuni che più di “santità” sapevano di “mafiosità”, per Rebagliati è stata la fine. Anche durante i ricoveri non mancava l'emissario della Diocesi che gli ricordava che era Chiesa a pagare le cure così che gli fosse chiaro che se fosse venuto meno al vincolo “omertoso” si sarebbe trovato in strada senza più cure.

 

E se il fascicolo “chiave” che porta a scoperchiare il caso GIRAUDO (che abbiamo visto nella prima parte) e quindi la vergognosa protezione posta in essere dalla Chiesa verso i pedofili, è del 2009, la Diocesi savonese non perde tempo nel muove subito contro il grande accusatore: Francesco Zanardi. Andiamo con ordine per capire come si è arrivati alla vendetta...


Zanardi conosce bene la Diocesi savonese (ci aveva lavorato per la gestione informatica). Ma è soprattutto una vittima di GIRAUDO che ne abusò quando era minorenne. E' uno di quelli che non sta zitto. Racconta e denuncia. Non si piega al “ricatto”. Anzi, cerca le vittime come lui e le indirizza a denunciare alla Magistratura per avere Giustizia. 

Zanardi vive in una casa della Diocesi savonese. Un appartamento in via dei Cambiaso, che è diventato patrimonio della Chiesa per uno di quei tanti lasciti per “opere di bene” e che non si sa bene come è stata classificato “bene storico culturale”. Un lascito da parte di VESCOVO Giustina (di Alessandria cl. 1892) che fece ben due testamenti, in due giorni consecutivi con un notaio di Varazze, per quell'immobile ed altri (*). Per entrare in quell'appartamento Zanardi ha un regolare contratto di affitto, stipulato dal 1 gennaio 2005 che prevede un canone annuo di 3.600 euro d'affitto. E per poterci vivere deve fare dei lavori. Una radicale ristrutturazione che gli va a costare decine e decine di migliaia di euro oltre che non poter abitare nell'immobile affittatogli per diversi mesi. 

L'Economo della Diocesi Carlo Rebagliati (che è il titolare della questione e che non a caso aveva firmato anche il contratto di locazione) concorda con Zanardi che quanto da lui speso (55.000 euro) per il restauro dell'appartamento saranno scalati dall'affitto.
L'Economo procede già nell'aprile del 2005 ad annotare che le mensilità da gennaio ad aprile viste le spese per i lavori sostenute da Zanardi.
Il 1 gennaio 2006 sempre l'Economo della Diocesi, Rebagliati, mette nero su bianco che i canoni d'affitto di Zanardi sono da considerarsi pagati sino ad esaurimento del credito di Zanardi per i 55.000 euro di lavori di ristrutturazione.
Poi si aggiunge anche la liquidazione dovuta a Zanardi per il lavoro svolto presso la Diocesi sino al marzo 2007 e Don GIOCOSA mette nero su bianco che per tale liquidazione (unitamente al pagamento effettuato con assegno) che i canoni di affitto coperti con tale liquidazione portano a considerare pagate tutte le mensilità dall'aprile a dicembre 2007.

Avv. Stefano SAVIDi punto in bianco, eliminato Rebagliati (il "traditore" da schiacciare) per schiacciare Zanardi entra in azione il 2 settembre 2011 l'Avv. Stefano SAVI che su mandato del Vescovo LUPI chiede il pagamento dei canoni di affitto dal 2009, annunciando che in caso di mancato pagamento aveva già avuto mandato dal Vescovo di promuovere la causa di sfratto per "morosità".

Ma come “morosità”??? Chi è “moroso” è la Diocesi verso Zanardi non l'inverso... Facciamo due conti:
- le mensilità coperte con il credito di Zanardi dalla Diocesi per i lavori di ristrutturazione (55.000 euro) sono 183;
- le mensilità coperte con il credito di Zanardi dalla Diocesi per la liquidazione sono 9;
- nel complesso si parla di 192 mensilità, ovvero 16 anni!!!
Zanardi ha quindi un affitto pagato con quanto la Diocesi gli deve dal 1 gennaio 2005 sino al 2021!

In Diocesi forse si sono resi conto che stanno entrando su un percorso minato. LUPI, il vescovo di Savona-NoliE' allora direttamente il Vescovo LUPI che il 14 settembre 2011 scrive in una raccomandata a Zanardi in cui comunica che il 31 dicembre 2012 non sarà rinnovato il contratto d'affitto.

Il giorno seguente, il 15 settembre 2012, l'Avv. SAVI Stefano e RUSSO Marco (lo stesso legale del GIRAUDO) promuovono l'azione di legale presso il Tribunale di Savona con un Atto di Intimazione di sfratto per “morosità”...

Zanardi resiste e promuove la sua difesa. Produce tutti gli atti, le lettere, tutto nero su bianco.

Gli avvocati del Vescovo LUPI e della Diocesi savonese cercano di disconoscere le lettere di Rebagliati dicendo che non aveva titolo a firmarle. Ma come, l'Economo che ha titolo di gestire gli immobili ed i fondi della Diocesi (tanto che aveva firmato lui il contratto di locazione) di punto in bianco viene “disconosciuto”? Non solo. Gli avvocati della Diocesi affermano che la comunicazione firmata da Rebagliati non sarebbe valida perché mancava la firma... ma poi producono una serie di "ricevute" per canoni di affitto "pagati" (ma che in realtà non erano stati pagati da Zanardi ma scalati dal credito che la Diocesi aveva con Zanardi) che sono prive di numero progressivo, di timbro e pure di firma!

Il Secolo XIXIl Giudice, in udienza, afferma che se il Vescovo LUPI vuole “disconoscere” quel documento firmato da Rebagliati deve recarsi alla successiva udienza di persona ed affermarlo, assumendosi la responsabilità piena. A quel punto escono gli articoli sulla stampa... Il giorno seguente Rebagliati, ricoverato, riceve la visita di "MINACCIA" di mons. Antonio FERRI (attuale vicario generale della Diocesi) che gli dice di disconoscere quella lettera (abbiamo l'audio di Rebagliati che lo racconta, se dovesse servire a qualche Autorità!), ricordandogli che è la Diocesi che gli paga le sue cure!

Tra i testimoni indicati dagli Avvocati della Diocesi ci sono gli uomini fedeli del Vescovo LUPI e del Mons. CALCAGNO ma non c'è don Carlo Rebagliati. Ovvero per dire che Rebagliati non ha firmato un'accordo con Zanardi non si chiede al Giudice di sentire Rebagliati (allora ancora vivo), bensì altri!

All'udienza successiva il Vescovo LUPI non si presenta. Il Giudice non riconosce quindi la “morosità” imputata a Zanardi dalla Diocesi e proroga lo sfratto al 31 dicembre 2012 sino al 31 agosto 2013, rinviando per il merito a successiva udienza (che deve ancora tenersi).  

Zanardi ha vinto, sbugiardando la Diocesi savonese che, con i propri legali affermava che lui fosse "moroso". Ma è senza soldi. Ha investito tutto per quella ristrutturazione. Si è visto bruciare la terra intorno dal punto di vista lavorativo... La Diocesi lo sa... e non dimentica che Zanardi è una vittima ed anche uno dei grandi accusatori proprio dei pedofili savonesi e delle coperture a questi garantite dalla Diocesi. Zanardi ha costruito, in questi anni, una rete di monitoraggio e denuncia dei preti pedofili, in Italia ed all'estero. Raccoglie testimonianze e le porta a conoscenza delle Autorità e della pubblica opinione. Ed allora Zanardi deve finire per strada...

Ecco le “opere di bene” ed il senso di Giustizia della Chiesa, in terra di Savona!

Se non la volete chiamare vendetta, spietata vendetta per distruggere – mentendo sapendo di mentire – una persona, in che altro modo si può chiamare tutto questo?

 


 

ECCO I DOCUMENTI DI QUESTA STORIA:

- CONTRATTO DI LOCAZIONE (gennaio 2005)

- PRIMO ABBUONO CANONI per ristrutturazione (aprile 2005)

- ABBUONO COMPLESSIVO CANONI per ristrutturazione (gennaio 2006)

- RICEVUTA ABBUONO CANONI 2006 - (dicembre 2006)
[a conferma dell'accordo con REBAGLIATI] 

- LIQUIDAZIONE PRESTAZIONE D'OPERA (marzo 2007)

- ABBUONO (ULTERIORE) PER LIQUIDAZIONE (marzo 2007)

- RACCOMANDATA AVV. SAVI (settembre 2011)

- SFRATTO VESCOVO LUPI (settembre 2011) 

- ATTO INTIMAZIONE SFRATTO (settembre 2012)

- COMPARSA DIFESA ZANARDI (novembre 2012) 

- MEMORIA AVV. RUSSO PER DIOCESI (gennaio 2013) 

- RICEVUTE PRESENTATE DA AVV.TI DIOCESI

- ORDINANZA GIUDICE SU SFRATTO (senza contestazione di "morosità")

- VERBALE INTEGRALE UDIENZA

 


 
(*) SUL LASCITO ALL'ISTITUTO DIOCESANO PER IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO
 

La signora VESCOVO Giustina Placida Giuseppina Faustina, nata il 1 giugno 1982 e residente in vita a Savona sino al decesso il 29 luglio 1983 fece ben due testamenti presso il Notaio MANUTI Domenico di Savona. Il primo testamento il 26 luglio 1983 ed il secondo il giorno seguente, il 27 luglio 1983.

La DIOCESI prima di accettare tale eredità di cui cui ai due testamenti in prossimità della morte, attese anni, ovvero sino al 13 gennaio 1988.

Per l'Atto di Successione dovrà trascorre ancora oltre un anno. Questi infatti venne iscritto alla Conservatoria dei registri immobiliari solo il 1 marzo 1989.

- ATTO 1

- ATTO 2 

Guardando ai due testamenti, quello del 26 luglio 1983, si apprende che la VESCOVO Giustina annullava con quello, a pochi giorni dalla morte, il precedente testamento, indicando che lasciava tutto il suo patrimonio alla DIOCESI savonese per "OPERE DI BENE" (chissà se l'affittarlo, farsi pagare la ristrutturazione, e poi sfratatre gli inquilini senza rimborsagli le spese sostenute rientra nelle "OPERE DI BENE"... ma ci pare di no).

estratto TESTAMENTO del 26 luglio 1983 

In quello del 27 luglio invece aggiunge un ulteriore bene all'eredità (una cascina ad Alessandria) che viene lasciata al suo "Amministratore e Procuratore generale", Bianchi Felice.

Le firme della signora VESCOVO appaiono radicalmente diverse, seppur poste a distanza di un giorno...

Quella del 26 luglio 1983:

La firma al testamento del 26 luglio 1983

Quella del 27 luglio 1983:

firma del 27 luglio 1983

QUI I TESTAMENTI INTEGRALI:
- 26 LUGLIO 1983
- 27 LUGLIO 1983 

 

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