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CASA DELLA LEGALITA' E DELLA CULTURA - Onlus
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ANM - Relazione conclusiva del segretario generale

1. Premessa
Nel concludere i lavori del XXIX congresso della associazione nazionale magistrati desidero in primo luogo rivolgere, a nome di tutti,  un sentito ringraziamento al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha voluto onorare l'associazione con la sua presenza nel giorno di apertura dei nostri lavori...


Si tratta di un segno di attenzione nei confronti della magistratura italiana, che significa, a mio parere, anche un riconoscimento per il ruolo istituzionale che i magistrati italiani svolgono, quotidianamente e in condizioni difficili, al servizio del paese.
Rivolgo un ringraziamento anche al Ministro della Giustizia per avere partecipato ai nostri lavori nella giornata di ieri, illustrando nel suo intervento le linee programmatiche del suo dicastero e del Governo, ma soprattutto per avere scelto di fermarsi anche ad ascoltare una parte del nostro dibattito e delle nostre proposte, così segnando una felice discontinuità rispetto ad un metodo cui purtroppo eravamo stati abituati nel recente passato.
Rivolgo, infine, un ringraziamento alle altre personalità delle istituzioni, della cultura, della accademia, ai rappresentanti della avvocatura, della dirigenza amministrativa e del personale, che hanno fornito un importante contributo ai nostri lavori, portandoci quel punto di vista esterno del quale nessuno di noi può fare a meno.
Il congresso della associazione ha visto la partecipazione di molti colleghi; vi è stata una discussione vera, aperta, approfondita.
Questo congresso è la risposta migliore alle accuse, spesso ingenerose, di verticismo e di distanza dalla base che alcuni rivolgono all'associazione. L 'associazione è la casa di tutti i magistrati, il luogo della discussione, del confronto  e del dialogo tra tutti i magistrati. La partecipazione alla vita dell'associazione, il contributo di tutti alla elaborazione delle idee
e delle proposte sono la nostra forza e la nostra ricchezza che non possiamo e non dobbiamo disperdere.

2. Le sfide dell'associazione
Con questo congresso l'ANM ha voluto lanciare una sfida. Alla politica e  al paese, ma anche al proprio interno. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da conflitti originati da aggressioni sistematiche alla funzione giudiziaria e alla sua indipendenza.
Sulla scia di questo scontro la politica ha concentrato tutta la sua attenzione sull'ordinamento dei magistrati, forse nella illusoria speranza che la crisi di legalità che attraversava il paese, emersa con tutta la sua forza nella stagione di tangentopoli, potesse essere risolta non aggredendone le cause profonde, ma limitando l'indipendenza dei magistrati.
Un po' come un ammalato che cerchi di cambiare il medico nella speranza di ottenere una diagnosi più favorevole.
Dalla commissione bicamerale alla riforma dell'ordinamento giudiziario del ministro Castelli questo è stato il leit-motiv della politica in questi anni.
L'ANM ha contrastato il  disegno di riduzione della indipendenza della magistratura  con gli strumenti a propria disposizione.
Non potevamo fare diversamente, ma dobbiamo essere consapevoli che questo scontro ha finito per logorare la magistratura, la giustizia, il paese.
Nel frattempo, la crisi della giustizia, sulle cui cause risalenti sono mancati gli interventi necessari, si è fatta sempre più grave. Il che, unito ai continui attacchi, anche mediatici, nei confronti della magistratura e delle sue decisioni, ha contribuito a minare la credibilità del sistema giudiziario. Ma attenzione: la credibilità del sistema giudiziario e delle sue decisioni è un valore irrinunciabile di uno Stato democratico; la tutela della credibilità della giustizia è dunque un obbligo, prima ancora che un interesse, in primo luogo per tutti coloro che ricoprono incarichi istituzionali.
Oggi il clima sembra cambiato. Ne prendiamo atto con prudente soddisfazione.
La consapevolezza della gravità della crisi della giustizia ha indotto l'ANM a rivolgere un appello al nuovo Parlamento e al nuovo Governo chiedendo di superare la stagione del conflitto e di concentrare tutte le forze e tutte le energie per restituire efficacia e funzionalità al sistema giudiziario, quale condizione imprescindibile della sua credibilità.
E per questo abbiamo immediatamente sottoposto al nuovo Ministro della Giustizia appena insediato un insieme di misure e di interventi, frutto della elaborazione della associazione e della cultura giuridica degli ultimi anni, che reputiamo necessari e urgenti. Registriamo qui con favore il fatto che alcune delle proposte da noi avanzate, in particolare per la giustizia
civile, siano state riprese dal Ministro nel suo intervento e indicate come necessarie e inevitabili. Ci auguriamo che analoghe iniziative il Governo vorrà avviare nel settore della giustizia penale, che pure soffre di una drammatica crisi di effettività. Attendiamo ora la realizzazione di questi impegni nella speranza che si possa davvero avviare una stagione di riforme per la giustizia.
E questo è il tema che abbiamo scelto per il nostro congresso: Un progetto per la giustizia: questa è la sfida, la proposta e l'impegno della ANM. Nelle diverse sessioni del Congresso, nelle relazioni e negli interventi, sono emerse indicazioni e proposte preziose. Non ho bisogno di richiamarle in questa sede; mi basti dire che la elaborazione della associazione è ricca e articolata, ma soprattutto è ampiamente condivisa da tutti magistrati. Su queste idee e su queste proposte l'associazione porterà avanti il proprio impegno nei prossimi mesi. Ma soprattutto abbiamo voluto provare ad indicare la necessità di una inversione del metodo nell'approccio ai temi della giustizia. Luca Palamara lo ha definito, con una espressione felice, il metodo del pragmatismo e della responsabilità. Io, per essere addirittura più pragmatico di lui, direi che ciò di cui avremmo bisogno è una specie di "Maastricht" della giustizia. Avremmo bisogno cioè di individuare parametri rigidi da perseguire e da rispettare. In altre parole dovremmo introdurre un vincolo di "copertura giudiziaria" degli interventi legislativi sulla falsariga di quanto previsto dall'articolo 81 della Costituzione per la copertura finanziaria.
Il che significa, in concreto,  una valutazione del peso sul sistema giudiziario degli istituti esistenti e una valutazione dell'impatto sul sistema dei nuovi istituti che si vogliano introdurre. Insomma: come in tutti i sistemi organizzativi complessi che abbiano la pretesa di funzionare
è irrinunciabile una individuazione degli obiettivi, una analisi dei costi (laddove per costi si intende una nozione complessa che include i costi materiali, umani e di sistema) ed, infine, una selezione degli obiettivi concretamente conseguibili.
A questo metodo ci siamo attenuti nella indicazione dei rischi derivanti dalla eventuale introduzione del reato di immigrazione clandestina, indicando le difficoltà che verrebbero a gravare sugli uffici giudiziari più esposti, tali da rendere ingestibile il sistema.
Lo abbiamo detto anche per evitare che un domani si possa indicare la magistratura, come già avvenuto altre volte in passato, come responsabile dell'inevitabile fallimento della scelta di risolvere attraverso lo strumento del diritto penale il fenomeno dell'immigrazione clandestina.
Lo stesso abbiamo fatto con riferimento al decreto-legge in materia di rifiuti in Campania, rappresentando che le misure straordinarie previste rischiano di complicare ulteriormente la già difficile situazione della giustizia nella Regione.
E, allo stesso modo, abbiamo indicato i rischi per la funzionalità di molti uffici giudiziari derivanti dal divieto di destinare i magistrati in tirocinio ad uffici requirenti o a funzioni monocratiche.



3. Il ruolo della magistratura.
Tuttavia, la sfida principale l'associazione l'ha voluta rivolgere al proprio interno, alla capacità della magistratura di interrogarsi sul proprio ruolo e di rinnovarsi. Le due sessioni di questo congresso dedicate ai temi della organizzazione e della professionalità sono la
testimonianza più forte della volontà e della capacità della magistratura di accettare la sfida del rinnovamento e della modernità.
Non possiamo nasconderci che la crisi di funzionalità e di efficacia del sistema porta con sé dei rischi di ripiegamento, di involuzione burocratica, di de-funzionalizzazione. E' emerso con chiarezza nel dibattito di questi giorni: esiste un disagio forte e diffuso dei magistrati italiani. In particolare dei magistrati più giovani, chiamati a reggere in prima persona, negli uffici di frontiera il peso più gravoso della crisi. Un disagio che rischia di trasformarsi in una
crisi di senso della funzione e che richiede interventi efficaci e tempestivi.
La risposta della magistratura associata, di tutti i magistrati, è quella di rifuggire da ogni tentazione di ripiegamento impiegatizio, ma anche da ogni illusione di efficientismo burocratico e di accettare la sfida del rinnovamento organizzativo con l'obiettivo di coniugare qualità ed efficacia. La relazione di Luca Minniti, che ha introdotto i lavori della
sessione organizzazione, e gli interventi che sono stati svolti in quella sessione, pur nella diversità dei toni e degli approcci, hanno, a mio avviso, fatto giustizia di alcune semplificazioni, non so quanto consapevoli, che pure sembravano affiorare qua e là nel dibattito precongressuale. Io credo si possa ragionevolmente affermare che siamo tutti d'accordo sulla necessità di individuare, in maniera rigorosa e che tenga conto della specificità delle diverse realtà giudiziarie, i carichi di lavoro ragionevoli, sì da consentire l'assunzione informata di decisioni inerenti l'organizzazione dell'ufficio e la dotazione del personale. Una analisi della realtà dei singoli uffici giudiziari che serva anche come strumento di tutela dei magistrati dell'ufficio sia in sede di valutazione di professionalità che in sede disciplinare. In modo cioè da poter dimostrare oggettivamente che, come è stato detto, "non è colpa nostra". In tutti i casi, però, in cui effettivamente sia così; perché lo strumento degli standards di rendimento dovrà servire anche ad individuare quelle situazioni di disorganizzazione ed inefficienza, che pure esistono.
A chi ritiene che la rivendicazione di un ruolo impiegatizio possa fornire una efficace tutela sindacale ai magistrati diciamo che commette un duplice errore. Il primo è quello di svilire la funzione costituzionale della magistratura; il secondo è quello di condannarla ad un rapido ed inesorabile decadimento di status. Se chiedi di essere trattato da impiegato rischi di essere accontentato, sul piano dei compiti, delle responsabilità, ma anche del trattamento retributivo.
Si è discusso anche, in questo Congresso, del ruolo del Consiglio Superiore Magistratura e del suo rapporto con l'associazione e le correnti. Esistono certamente difficoltà e carenze nel funzionamento dell'organo di autogoverno. Noi possiamo e dobbiamo chiedere al nostro organo di governo autonomo un maggiore impegno di trasparenza e credibilità delle proprie decisioni, ma guai a cedere a tentazioni demolitorie o qualunquiste, dietro le quali c'è solo il rischio di un controllo dall'esterno della magistratura. La magistratura italiana non ha e non vuole padroni;  il disegno costituzionale che impone la soggezione dei giudici soltanto alla legge all'interno di un sistema di governo autonomo rappresenta la garanzia
indefettibile per l'autonomia e l'indipendenza di tutti i magistrati.
Una forte spinta al rinnovamento del sistema giudiziario potrà venire dal salto generazionale nella attribuzione di incarichi direttivi e semidirettivi che il CSM sta realizzando in questi mesi con un impegno senza precedenti e che rappresenta il segno più forte e tangibile della volontà e della capacità della magistratura di rinnovarsi.
Una diversa figura di dirigente e una diversa organizzazione del lavoro negli uffici sono condizioni imprescindibili per restituire dignità ai tanti magistrati, in particolare i più giovani, che si sentono abbandonati in uffici lontani, male organizzati, con dirigenti assenti o incapaci. Ai magistrati più giovani l'associazione intende prestare la massima attenzione; le condizioni di lavoro negli uffici cd minori; la mobilità; il trattamento retributivo: queste sono le priorità nell'azione della associazione. I documenti presentati in occasione dell'incontro con il Ministro della Giustizia   sul trattamento retributivo e sulla destinazione dei magistrati di prima nomina sono la prova tangibile di questo impegno.
Sul trattamento retributivo vorrei ricordare a tutti, ed in particolare ai colleghi di MI, l'impegno della ANM in difesa del potere di acquisto degli stipendi dei magistrati, ed in particolare dei più giovani, messo gravemente in pericolo dagli interventi proposti dal Governo Prodi sui meccanismi di progressione in carriera e di adeguamento automatico.
E' stato, infine, evocato più volte, anche in questa sede, il tema del rapporto tra giustizia e informazione. L'attenzione dell'opinione pubblica alle vicende giudiziarie è sempre stata particolarmente elevata, il che determina, spesso, una oggettiva sovraesposizione per i magistrati titolari di quelle indagini. A loro si richiede particolare rigore nella redazione dei provvedimenti e nell'approccio alla comunicazione esterna ed attenta vigilanza con riferimento  alla diffusione di materiale raccolto nel corso delle indagini; soprattutto di quei materiali che possono destare interesse o curiosità nel pubblico, ma che non hanno rilevanza specifica rispetto ai fatti oggetto del processo.
Sul punto le indicazioni del codice deontologico approvato dalla ANM sono chiare e precise e devono rappresentare un punto di riferimento per tutti.
Non possiamo nasconderci che queste disposizioni, così come le altre contenute nel nostro codice deontologico, non sempre sono rispettate dai magistrati.
Sobrietà e misura dovrebbero poi caratterizzare, sempre, il comportamento dei magistrati nella comunicazione con l'esterno, in quanto ogni magistrato rappresenta, agli occhi del pubblico, l'intera magistratura.
Il tema del rapporto tra giustizia e informazione è strettamente connesso con quello delle intercettazioni. Le intercettazioni di comunicazioni sono uno strumento investigativo indispensabile e irrinunciabile per il contrasto delle forme più insidiose di criminalità. La criminalità organizzata e il terrorismo certamente. Ma anche gli omicidi, i sequestri di persona, il riciclaggio, la corruzione dei pubblici ufficiali, la criminalità economica, l'usura, l'estorsione. Rinunciare per questi reati ad uno strumento di indagine che spesso è l'unico praticabile significherebbe ridurre fortemente l'azione di contrasto del crimine da parte delle forze dell'ordine  e della magistratura.
Si tratta, però, di uno strumento investigativo invasivo che, per la sua natura non selettiva, può introdurre nel processo anche notizie e informazioni non rilevanti per le indagini e che possono destare l'interesse degli strumenti di informazione. Noi riteniamo che i fatti relativi alla vita privata degli indagati e, a maggior ragione, delle persone estranee alle indagini, le cui conversazioni siano casualmente captate, non possano e non debbano essere divulgati e pubblicati. Occorre prevedere una selezione del materiale necessario per il processo e la eliminazione del materiale che non serve. Su questo riteniamo sia necessario un intervento normativo. Lo abbiamo già detto in un recente convegno organizzato a Roma dall'ANM proprio su questo tema e lo ripetiamo anche oggi.


Io credo che questo congresso abbia dimostrato che i magistrati italiani sono uniti.
Sono uniti nella fedeltà alla Costituzione e nella difesa intransigente dell 'assetto costituzionale della magistratura; dell'unità di carriera di magistrati giudicanti e requirenti; del ruolo e delle competenze del Consiglio Superiore della Magistratura, cui spetta inderogabilmente anche la funzione disciplinare.
Sono uniti nel richiedere alla politica le riforme necessarie a restituire efficacia e funzionalità al sistema giudiziario. E anche nell'indicare le soluzioni tecniche più idonee.
A partire da questo dovremo continuare nei prossimi mesi a discutere e a confrontarci sulle cose che ci dividono, senza pregiudiziali esclusioni di nessuno e nel pieno rispetto delle posizioni di tutti, ma anche all'interno di un rapporto di lealtà e di collaborazione. Nella comune consapevolezza che l'appartenenza di  tutti i magistrati italiani all'unica associazione nazionale magistrati rappresenta la più grande risorsa della magistratura italiana. Sta alla nostra responsabilità non disperderla.

GIUSEPPE CASCINI

Tags: relazione, anm, segretario generale, giuseppe cascini

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