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Caso Scajola, le distrazioni prefettizie sulla Cogem

REGGIO CALABRIA Per la prevenzione dell’infiltrazione delle ndrine in appalti e affari pubblici, le Prefetture sono – o almeno dovrebbero essere stando alla normativa – l’elemento fondamentale, il filtro numero…

REGGIO CALABRIA Per la prevenzione dell’infiltrazione delle ndrine in appalti e affari pubblici, le Prefetture sono – o almeno dovrebbero essere stando alla normativa – l’elemento fondamentale, il filtro numero uno, l’ostacolo principale. Eppure a Reggio Calabria, almeno in un’occasione sembra non sia stato così. A documentarlo sono gli investigatori della Dia, che nel passare a pettine fitto gli appalti pubblici ramazzati dai coniugi Matacena si sono accorti che per la realizzazione di 120 alloggi popolari nel quartiere di San Brunello, le allarmanti informazioni inviate dalle forze di polizia alla prefettura sono state olimpicamente ignorate e alla Cogem – società controllata dai due – è stata concessa una certificazione antimafia che non doveva avere. All’epoca, ad aggiudicarsi la gara per 13.924.120.000 lire era stata l’associazione temporanea di imprese formata dalla Cogem, insieme alla Sem e alla ditta Cozzupoli. Tutte società su cui – come da normativa – la prefettura avrebbe disposto gli accertamenti necessari al rilascio dell’indispensabile certificazione antimafia. Accertamenti per nulla tranquillizzanti. A carico di Pietro e Domenico Cozzupoli, dell’omonima ditta – si legge nell’informativa della Dia – risultava pendente un procedimento penale per tentata estorsione e associazione a delinquere di stampo mafioso, mentre sui fratelli Giuseppe e Rosario Rechichi, titolari della Sem, si rinviava alle informazioni già acquisite e comunicate in relazione alla Comedil, società che le indagini dimostreranno di proprietà del boss Giovanni Tegano, del suo luogotenente Carmelo Barbaro e di altri esponenti del clan degli arcoti. Informazioni riassunte dal prefetto Goffredo Sottile nella sua nota del 21 gennaio 2003, in cui si dava conto della presenza di un soggetto gravato da diversi precedenti penali per reati associativi di tipo mafioso tra i soci della Sem e di quella di due soci gravati da procedimento penale per reati di estorsione e associazione mafiosa nella compagine societaria della Impresa Cozzupoli, rilevando dunque «la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nella suddetta ATI pur non sussistendo le cause di decadenza o divieto di cui all’art. 10 della L 575/65 ». Ma gli uomini della Dia sottolineano anche che «la nota del Prefetto si concludeva specificando che nei confronti della Cogem Srl e dei soci non sussistevano le cause di decadenza o divieto e che dalle informazioni assunte non emergevano eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della Cogem Srl».Eppure all’epoca Matacena era già coinvolto nel procedimento penale che ha messo in luce i suoi rapporti organici con la cosca Rosmini, culminato nel 2012 con la condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa da cui ha tentato di sottrarsi grazie alla complicità della rete istituzionale e non, oggi al centro del nuovo procedimento che lo vede imputato insieme alla moglie Chiara Rizzo, all’ex ministro dell’Interno, Claudio Scajola, allo storico collaboratore del politico armatore, Martino Politi, e alle segretarie dei due politici, Roberta Sacco e Maria Grazia Fiordelisi. Circostanze che per gli investigatori dimostrano che «i coniugi Matacena – Rizzo, grazie alle schermature societarie descritte dettagliatamente in premessa, abbiano abilmente eluso le disposizioni che regolano il rilascio della certificazione antimafia».
Sui motivi di tale istituzionale strabismo, la Dia – allo stato – non entra. Di certo però, non ci fa una gran figura l’allora rappresentate del governo sul territorio Goffredo Sottile, che per le sue “distrazioni istituzionali” è già finito nei guai anche a Reggio Calabria. In qualità di Commissario Delegato per il superamento dell’emergenza ambientale in Calabria, è indagato nell’inchiesta Tabula Rasa della Dda reggina che ha scoperchiato il sistema che secondo la procura ha permesso a una rete di imprenditori del settore smaltimento di sversare impunemente e illecitamente rifiuti su tutto il territorio calabrese. Per distrazioni molto Simili, nell’aprile scorso Sottile, nelle vesti di ex commissario delegato dal Governo per l’emergenza rifiuti a Roma, è stato iscritto nel registro degli indagati per abuso d’ufficio e falso nell’ambito della maxi inchiesta sul «sistema rifiuti di Manlio Cerroni», il proprietario della discarica di Malagrotta arrestato nei mesi scorsi.

 

 

Tags: 'ndrangheta, claudio scajola, prefetture, dubai, amedeo matacena, chiara rizzo, martino politi, distrazione

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