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Caci - Bruno Pastorino dichiara che il Comune non sapeva? Mente! Mentre a Borghetto...

L'assessore Bruno Pastorino sapeva chi era Caci e non fa finta di nullaPastorino Bruno, assessore al patrimonio ed alle case del Comune di Genova, ha dichiarato a "Il Secolo XIX" che non sapevano e che visto l'arresto di Caci e signora sono pronti a togliergli la casa popolare... ma non subito, attendono che la Finanza gli indichi chiaramente le fonti del reddito (illegale) del Caci. Peccato che il Comune di Genova (e l'assessore Pastorino, come anche gli Uffici ed assessorati a vario titolo competenti per sociale, centro storico e sicurezza) sapevano chi fosse Rosario Caci e lo hanno aiutato lo stesso. Vediamo.

Nel 2005 è stato adottato il provvedimento di confisca dei beni sulla base della normativa antimafia a Rosario Caci, facente parte della "decina" dei gelesi degli Emmanuello, attiva tra Genova e Milano, del clan di Piddu Madonia. Il Caci infatti è stato riconosciuto esponente dell'emanazione genovese del clan di Cosa Nostra con fulcro a Caltanissetta, ed in particolare dedito al traffico di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione e con funzioni di supporto a latitanti e per nascondere armi (in particolare nel casolare di Borgo Marengo nell'alessandrino)...

I beni confiscati al soggetto erano stati intestati fittiziamente alla signora Concetta Caci e l'indagine, con la condanna collegata del Caci a 17 anni di carcere, aveva dimostrato l'origine illecita del patrimonio.
[per vedere Ordinanza di Confisca clicca qui]

Il Comune di Genova, allora Giunta Pericu, fa finta di nulla ed i beni confiscati di Vico delle Mele (appartamento e tre bassi) non li acquisisce. Dichiarerà poi l'assessore Morettini (Giunta Vincenzi) una fantomatica ragione: vi era un contenzioso sulla confisca. I beni invece erano stati confiscati in via definitiva, senza possibilità di ricorso alcuno e quindi senza manco l'ombra di un contenzioso. La Prefettura (con Romano e Gioffrè) ometteva ogni sorta di controllo su quei beni che invece per legge gli erano assegnati. Il Demanio che aveva in carico i beni è distratto e non vede nulla. Così Rosario Caci, quando esce dal carcere per scontare la restante pena ai "domiciliari", torna ad occupare abusivamente quell'appartamento in vico delle Mele 4/1A, come se la confisca non fosse mai scattata.

Intanto persino due vigili urbani che vivono in quello stesso palazzo di vico delle Mele 4 non notano nulla, non si accorgono del loro vicino di casa, boss di Cosa Nostra, che è tornato ad occupare abusivamente l'immobile confiscato, oltre che procedere nelle attività illecite, e perennemente in contatto con gli altri storici boss della città vecchia. Uno di questi vigili, Fabio Fabbri, è anche Amministratore condominiale, con la società di famiglia con la società "Studio Fabbri e Magri sas", di quel caseggiato e visto che nessuno pagava le spese dell'immobile confiscato alla mafia, tanto meno il boss, aveva pensato bene di tacere e suddividere le spese agli altri condomini. L'altro, Ermanno Ottonello, invece sarà incaricato - visto che conosce bene quella zona (ma non segnala nulla!) - di andare ad operare al punto di ascolto realizzato dal Comune in Piazzetta dei Greci (a poche decine di metri da Vico delle Mele 4) per raccogliere le segnalazioni su ciò che non va bene in vico Mele!

Chiarita questa premessa, fate attenzione perché il peggio deve ancora venire.

Nell'ottobre 2007 come Casa della Legalità, avendo avuto prova che l'appartamento confiscato fosse tornato nell'uso del boss Rosario Caci, mettemmo in moto una serie di iniziative di denuncia pubblica (e nelle opportune sedi) chiedendo l'immediato sgombero del Caci. A seguito di questa iniziativa il Demanio ha provveduto ad ottenere il provvedimento di sgombero. Il giorno fissato (noi eravamo lì dalle prime ore dell'alba) per lo sgomberò però il Comune di Genova si presenta in ritardo e la Polizia di Stato senza la presenza del Comune non può intervenire. I funzionari del Comune arrivano, guarda caso, subito dopo l'arrivo dell'avvocato dei Caci (dello studio di uno dei più noti consulenti legali dei Comuni liguri, l'avv. Vallerga) con in mano l'avvenuta impugnazione al Tar del provvedimento di sgombero (la confisca con il piffero che potevano impugnarla...
[vai allo speciale sui beni confiscati di vico delle Mele]

Intanto l'avv. Vallerga ci aveva mandato anche una diffida perché il suo assistito, il Caci era persona per bene, non era un mafioso e soprattutto parlando di lui rovinavamo le sue "relazioni sociali"... Naturalmente rispondemmo senza farci intimidire punto per punto e smontando l'aureola disegnata attorno al Caci detto "Peppe". [leggi qui]

Di rinvio in rinvio dello sgombero si va avanti per qualche mese. Poi il Comune di Genova (e Pastorino con il suo assessorato), pienamente a conoscenza non solo della mafiosità del Caci ma anche del fatto che questi aveva rioccupato abusivamente il bene confiscatogli, lo manda a spese dei contribuenti in albergo, in via Balbi. Intanto era evidente a tutti, a partire dai funzionari comunali, che il Caci Rosario fosse tutt'altro che invalido infermo al 100%, ma la denuncia la facciamo noi, anche qui sono distratti i signori del Palazzo e non notano un'incongruenza tra tale invalidità e la capacità di movimento (anche criminale) del Caci.

La storia prosegue con i nostri atti di accusa, anche con diverse mobilitazione nelle piazze del centro storico [leggi e guarda quella dell'ottobre 2008], riguardanti anche i ritardi nell'assegnazione a fini sociali dei beni di vico delle Mele (che avevamo proposto di aprire a più associazioni con una proposta di gestione di più associazioni, nei giorni immediatamente successivi alla confisca definitiva senza mai ricevere risposta dal Comune). Ad un certo punto si scopre non solo che il Caci continuava a vivere a spese del Comune in albergo, ma anche che lo stesso minacciava gli operai del Comune che dovevano sgomberare gli immobili e sistemare l'appartamento. Fatto tangibile e pubblico (anche al Pastorino) visto che il neo prefetto, Anna Maria Cancellieri, ha disposto la scorta degli operai per proteggerli dalle minacce del Caci.

Ad un certo punto, mentre collaboriamo come Casa della Legalità, insieme ai cittadini della Maddalena, con i reparti dello Stato per quella che poi diventerà l'Operazione "Terra di Nessuno" con la confisca di 5 milioni di beni ai Canfarotta, si sollecita l'uso sociale dei beni di vico delle Mele con un progetto di utilizzo partecipato, che possa contrastare il controllo del territorio che era ancora forte da parte dei Caci, Zappone e Fiumanò. Infatti era stato proprio l'assessore Pastorino che, impuntandosi per dare in assegnazione il bene in uso ad associazioni che non lo volevano e non a quanti avevano dato la disponibilità a gestirlo, ha preso in carico i beni come assessorato senza però procedere a far sì che venissero aperti e resi utilizzabili ed utili socialmente.

Quello che si riesce a mettere in modo è un lavoro partecipato con la presenza di due assessorati comunali, per promuovere, quindi, un utilizzo rispondente ai bisogni dei cittadini e della bonifica della zona. Quando la delibera, che raccoglieva la nostra proposta in cui il Comune manteneva a sé i bassi di vico delle Mele per attuare un progetto in cui venivano chiamate a collaborare gratuitamente tutte le associazioni disponibili e gli abitanti stessi della zona, arriva in Giunta viene stoppata per tre volte. Chi è intervenuto per il blocco di quella delibera è il consulente Nando Dalla Chiesa per promuove una proposta di bando che di fatto è su misura per un'associazione specifica, la stessa del Dalla Chiesa. Dalla Chiesa ci "risponde" prima dicendo che ci aveva querelato, poi affermando una serie di castronerie (su cui rispondiamo punto su punto e su cui gli rispondono anche gli abitanti della Maddalena), e soprattutto non risponde alle critiche da noi mosse sul fatto che il Comune sostenga certi boss. Infatti oltre all'ospitalità al Caci, vi è anche il sostegno economico al Vincenzo Fiumanò (che il giorno 8 maggio 2010 a cenare in pizzeria con il Caci, alle spalle di Palazzo Ducale) e le licenze commerciali rilasciate alle stesse famiglie del Caci e del Fiumanò (per non parlare delle nuove attività del Giovanni Calvo a Rivarolo). L'unica cosa che Nando disse sul punto dell'"albergo" al Caci è stata che da quando era arrivato lui ed aveva scoperto queste cose (che invece gli avevamo segnalato noi mesi e mesi prima!) le ho poste in Giunta così che erano state risolte (sic!!!) [leggi l'articolo di Nando Dalla Chiesa con la nostra risposta punto per punto]

Ora apprendiamo ufficialmente che il Caci, invece, non era stato cacciato ma aveva avuto un alloggio popolare dal Comune di Genova. Quindi mentivano ieri e mentono oggi... continuando a dare pessimi segnali, in netto contrasto all'azione di bonifica del territorio messi in campo dalla DIA, dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza del GICO. Infatti se lo Stato c'è, la Pubblica Amministrazione è, nei fatti, connivente, quantomeno con determinati uomini di mafia.
Il Pastorino quindi non dica che ha scoperto del Caci oggi, dopo che sono riscattate le manette per l'ennesima volta, perché chi fosse il Caci era plateale da lungo tempo, anche per pratiche seguite direttamente dal suo Assessorato e da lui stesso, come abbiamo visto.

Per avere qualche dato in più vediamo cosa ci dice l'Ordinanza di arresto richiesta disposta nei giorni scorsi in merito al Caci ed ai costi sostenuti dal Comune di Genova per dare al boss il proprio supporto.

Intanto il Caci Rosario, detto Peppe o Pe, era ancora ufficialmente residente con la Caci Concetta, detta Cettina, nell'appartamento confiscato di Vico delle Mele 4/1A (anche l'Anagrafe del Comune era in vacanza!?!), ma di fatto domiciliato - sempre con Cettina - in Piazza Sauli 4/3A.
L'appartamento preso in affitto in Via XX Settembre 2 all'interno 39A, per cui pagavano un canone di 700 euro mensili, era adibito a casa di appuntamenti con sfruttamento della prostituzione di ragazze dell'est (ucraine e rumene). Lo stesso appartamento inizialmente locato ad una prostituta "a servizio" e prestanome del Caci, la Gheorghita Claudia, e poi alla Concetta Caci, è stato accertato essere gestito direttamente dal Rosario Caci. Questo avviene a partire dal giugno 2007 sino al gennaio 2009, quando è intervenuto il Gico, e rende ogni giorno 100 euro ai Caci, ovvero 700 euro alla settimana. In merito alla modalità con cui il Caci ha ottenuto la locazione dell'appartamento, stando alle informazioni raccolte durante l'indagine, risulta essere stata perseguita anche con minacce di "sterminare la loro intera famiglia". Curiosa è la dichiarazione di un legale, con lo studio adiacente alla casa di appuntamenti, Massimo Auditore, che ascoltato dagli inquirenti "ha confermato, quanto meno dal 2008, la frequentazione dello stesso (appartamento gestito dal Caci, ndr) da parte di giovani ragazze dell'est (ovviamente di bella presenza) che cambiavano in continuazione rimanendo ciascuna per pochi mesi". Curioso perché un legale si accorge di ciò che accade ma non denuncia e segnala nulla, visto che di eventuali segnalazioni o denunce nell'Ordinanza non vi è traccia.
Altro capitolo è quello dell'usura. Qui nell'Ordinanza si precisa che vi sono almeno due casi, in uno di questi, tanto per dare l'idea il Caci Rosario ha "imprestato" 9.000 euro per farsene restituire, in 7/8 mesi, 12.000.
Leggendo l'Ordinanza si apprende anche che il Caci Rosario ha violato la "misura di prevenzione della sorveglianza speciale di PS con obbligo di soggiorno recandosi in Toscana e venendo tratto in arresto l'8 maggio 2009 (...); posto agli arresti domiciliari il 14/10/2009 (ordinanza del Gip del Tribunale di Livorno, ndr) il Caci ha immediatamente ripreso la sua attività criminosa, come nulla fosse convinto (e forse questa sua convinzione ha un qualche fondamento) di poter impunemente delinquere rimanendo al più disturbato con qualche breve periodo di detenzione".
Quindi se nei diversi capi di imputazione il Gip sottolinea le responsabilità molteplici, anche per un altro episodio di violazione dei domiciliari oltre a quello già citato, nell'Ordinanza si legge anche che il Caci si presentava come "nullatenente e in condizioni tali da ricevere l'assegnazione di un'abitazione dal Comune di Genova" e soprattutto che "Si aggiunga che la condizione economica assolutamente non disagiata del Caci Rosario (a dispetto della sistemazione abitativa che gli aveva procurato in quanto indigente il Comune di Genova) risulta anche da dichiarazioni rese (...) da cui risulta come il (...) avesse ricevuto dal Caci la somma di 15.700 euro per aprire un locale da ballo".

Chiarito questo quadro che emerge dall'inchiesta ed è riportato nell'Ordinanza di arresto, resta ancora un punto da affrontare: i costi sostenuti dal Comune che ha fatto finta di non sapere chi era Rosario Caci. L'esborso dalle casse pubbliche per il sostegno al boss è stato di oltre 20.000 euro. Questo avveniva, come abbiamo ricordato, dopo che il Comune sapeva ufficialmente, formalmente, platealmente che il Caci Rosario e la Concetta erano stati sgomberati dall'occupazione abusiva dell'appartamento che su istanza della DIA di Genova, con provvedimento dell'Autorità Giudiziaria, era stato confiscato al Caci sulla base della normativa antimafia.
Ma al danno si aggiunge la beffa. Infatti l'assessore Papi, forse per entrare in un "duetto" con l'assessore Pastorino, dopo che il Comune di Genova ha lasciato correre per 2 anni che il Caci avesse rioccupato i beni confiscatigli dall'Antimafia, e dopo che sempre il Comune gli ha pagato l'albergo anche quando gli operai che lavoravano nei beni confiscati sono stati posti sotto scorta per le minacce del Caci, ed ancora dopo che lo stesso Comune gli ha garantito il sostegno con tanto di assegnazione di un alloggio popolare, cosa dichiara? Al Corriere Mercantile la Papi ha dichiarato "Faremo un'inchiesta interna per capire chi non ha controllato" ed ha aggiunto "Pronti a costituirci parte civile". Come commentare questa sortita, anche considerando che l'assessore Papi era anche lei già ben a conoscenza dello spessore criminale del Caci visto che era uno dei due assessori (l'altro era Scidone) che si sono occupati di quel percorso partecipato per il riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati proprio al Caci in vico delle Mele? L'unico commento che abbiamo per queste dichiarazioni della Papi, ma proprio le uniche, sono che: sono proprio, irrimediabilmente, senza ritegno!

Ecco che diventa evidente, dopo aver conoscenza di tutti fatti, il grado di responsabilità della Pubblica Amministrazione nelle carenze di contrasto alle mafie di cui abbiamo parlato di recente...

E non si creda che questo sia un caso isolato. Per restare in Liguria, spostiamoci in Provincia di Savona, a Borghetto Santo Spirito. Qui vi è una villa sequestrata con ordine di demolizione nella vecchia Cava (nota come la cava dei veleni, dove erano stati rinvenuti oltre 12 mila fusti tossici) dei Fazzari, legati al boss della 'ndrangheta Carmelo Gullace [vai allo speciale]. La casa nonostante i provvedimenti è stata lasciata nella disponibilità e nell'uso dei Fazzari-Gullace, ignorando il provvedimento di sequestro e demolizione. Adesso, dopo il "dettaglio" - forse derivante dal loro curriculum - della concessione da parte della P.A. (Regione Liguria in primis) di un'altra attività di estrattiva in una cava vicina, a Balestrino, con possibilità di utilizzarla anche come discarica, il Comune di Borghetto Santo Spirito sembra stia penando di procedere al sequestro effettivo della villa di Borghetto - dopo che gli abbiamo puntato i riflettori sopra - ma, naturalmente, dando ai signori Fazzari-Gullace una bella casa popolare! Per ora sono solo indiscrezioni, se fosse confermato sarebbe un aggravante pesantissima alle già inquietanti omissioni compiute dalla Pubblica Amministrazione (e dalla passata gestione della Procura di Savona) a vantaggio dei Fazzari-Gullace.

Ma tranquilli... siamo davanti a Istituzioni che in ogni necessità sono pronte a comunicati, manifestazioni e parate contro le mafie, mica bazzecole! Ma a parte le battute, c'è un aspetto centrale che speriamo venga colto: la responsabilità politica degli amministratori pubblici!
Che vi siano o meno rilievi penali nel comportamento adottato dagli amministratori e funzionari pubblici, ad esempio sulla questione di Caci, è un aspetto secondario. Quello che ci interessa è la responsabilità politica che hanno il Sindaco, gli assessori, i funzionari ed i consulenti che si sono occupati di questa vicenda, a partire dalla confisca del 2005 sino a due giorni fa. Questa è lampante, chiara quanto inquietante. E' inequivocabile non solo per la gestione fatta della cosa pubblica ignorando fatti conclamati, provati e pubblici (la mafiosità del Caci e la sua capacità di continuità nell'azione criminale), ma anche per l'aver dato come Pubblica Amministrazione segnali devastanti, esattamente contrari a quelli che i cittadini richiedevano e lo Stato con i reparti investigati e la magistratura hanno saputo dare in questi anni. Di questo devono rispondere i Pastorino, le Papi, i Dalla Chiesa & C... di questo e delle mistificazioni e menzogne che hanno raccontato in questi mesi ed anni per coprire le scelte compiute dal Comune di sostegno economico, abitativo e di rilascio di licenze a uomini di mafia!



Vai all'articolo sull'arresto di Caci & C con il comunicato della Guardia di Finanza e la rassegna stampa

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