«Riina fece fare la pace ai clan di Reggio»

scritto da Alessia Candito - Corriere della Calabria il . Pubblicato in Breakfast, Invisibili e 'ndrangheta stragista

REGGIO CALABRIA «Gli attentati ai carabinieri erano cosa di ‘ndrangheta. Se un qualsiasi ‘ndranghetista si fosse azzardato a toccare qualcuno delle forze dell’ordine sarebbe stato eliminato, sicamente eliminato. Ma dalla...

REGGIO CALABRIA «Gli attentati ai carabinieri erano cosa di ‘ndrangheta. Se un qualsiasi ‘ndranghetista si fosse azzardato a toccare qualcuno delle forze dell’ordine sarebbe stato eliminato, fisicamente eliminato. Ma dalla sua stessa famiglia o qualcuno vicino». Parla da dietro un paravento che lo nasconde il pentito Consolato Villani, ma le sue dichiarazioni sono cristalline. Chiamato a deporre al processo “‘Ndrangheta stragista” sugli attentati ai carabinieri che sono costati la vita ai brigadieri Antonio Fava e Vincenzo Garofalo, per i quali è stato già condannato in via definitiva, fa chiarezza su quegli episodi che per troppo tempo sono stati considerati «l’azione di due balordi». «Quello che emerso nel processo non è del tutto vero. La dinamica sì – dice – il movente no». Chiedendo pietà ai familiari delle due vittime, Villani – interrogato dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo – spiega come quelle azioni siano state preparate e pianificate con attenzione. E ordinate da qualcuno molto più in alto di lui e di Giuseppe Calabrò, che tra il dicembre ’93 e il febbraio ’94 hanno firmato le azioni di fuoco. Lui stesso – racconta – lo ha scoperto nel tempo. Solo dopo aver scalato la gerarchia della ‘ndrangheta è stato messo al corrente del vero obiettivo dei tre attentati. «Ho provato a parlarne più volte con Nino Lo Giudice, ma lui mi stoppava sempre. Io sono sempre stato convinto che lui sapesse tutto. Con il tempo ho saputo che era stata fatta una riunione nella Piana di Gioia Tauro prima di questi fatti. C’erano tutti i rappresentanti della ‘ndrangheta, i Piromalli, i De Stefano, ma anche gente di fuori e capi siciliani. Ma questa non era una cosa strana. La spinta per la pace dopo la seconda guerra di ndrangheta l’ha data Totò Riina che venne a Reggio Calabria per far finire la guerra, ma anche per prendere accordi. Questo perché aveva la necessità di reclutare la ‘ndrangheta per le stragi. Ci fu un accordo fra i clan reggini e Cosa nostra. Il primo favore fu l’omicidio del giudice Scopelliti. I De Stefano, I Tegano e i loro alleati, fra cui i Garonfalo, decidono di fare un favore a Riina. Di queste cose Lo Giudice mi diceva sempre di non parlarne mai perché avrebbero potuto anche uccidermi».

 

 

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