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Giallo Bnl, la pista Bbva

12.06.2007 - Sole 24 Ore

Giallo Bnl, la pista Bbva

di Giuseppe Oddo



Il 9,6% di Bnl riconducibile a persone di nazionalità argentina, considerato strategico per il controllo della banca, era stato costituito prima dell'estate 2004 senza che la Consob ne fosse informata. Quanto tempo prima non sappiamo. È però certo che, nell'agosto di quell'anno, i misteriosi intestatari del "pacco argentino" vennero allo scoperto contattando il Bbva: il Banco di Bilbao Vizcaya Argentaria. È in questa direzione che indaga il pm di Milano Luigi Orsi, titolare dell'inchiesta sulla scalata alla banca romana. L'istituto spagnolo, in quel momento, era il primo socio di Bnl, con una quota intorno al 15%, ed era in cerca di alleati con cui accrescere la sua influenza sulla banca.
I titoli che componevano il cosiddetto pacco argentino erano stati depositati su quattro conti dell'Ubs di Lugano, su ognuno dei quali figuravano 59,5 milioni di azioni ordinarie Bnl. I primi tre conti facevano capo ad altrettante società: la European Real Estate Management Llp, registrata a Cardiff, la Media Colos Sca e la Media Group Sa; il quarto, a una persona fisica: tale Alan Clore. Amministratore delegato e legale rappresentante delle tre società era Hanna Maroun Kikano, un signore con passaporto libanese. Le prime due società erano riconducibili a Francisco Macrì; la terza, ad Angelo Calcaterra; entrambi cittadini argentini. Procuratore speciale dei quattro pacchi azionari era il notaio Gian Carlo Mazza, dello studio Mazza Politi Amato di Roma. A Mazza era stato conferito mandato a partecipare a tutte le assemblee di Bnl (con facoltà di voto per qualsiasi ordine del giorno) e a vendere le azioni (con il potere di sottoscriverne l'atto di vendita, di convenirne il prezzo e di riscuotere l'incasso).
Il primo contatto con il Bbva avviene nell'agosto 2004, per telefono. A chiamare Gonzalo Torano, responsabile del dipartimento espansione corporativa del Bilbao, è l'avvocato lussemburghese Philippe Wassila in rappresentanza dei soci argentini di Bnl. Torano non sa niente di quei titoli, ne ignora la titolarità, e spiega al suo interlocutore che il Governatore di Banca d'Italia Antonio Fazio ha negato al Bbva l'autorizzazione a varcare la soglia del 15% di Bnl. Cionondimeno, trasferisce il contenuto della conversazione con Wassila allo studio legale Ughi e Nunziante, che assiste il Bbva in Italia. Tra l'ottobre e il dicembre 2004, gli avvocati degli spagnoli telefonano in Lussemburgo, apprendono che i clienti di Wassila formano un gruppo di azionisti Bnl rappresentato dal notaio Mazza di Roma, e ne informano il Bbva.
Le primi riunioni si svolgono nel gennaio 2005. A una di queste Wassila si presenta con Fabio Calì, uno sconosciuto che avrà l'onore delle cronache qualche mese più tardi. I fratelli catanesi Fabio e Carmelo Calì (quest'ultimo già avvocato del boss mafioso Nitto Santapaola) subiranno il sequestro di alcuni immobili di pregio acquistati in solo quattro mesi, a Roma, con un finanziamento di Meliorbanca da 80 milioni di euro ottenuto con documenti che si riveleranno falsi.
Tra il 13 e il 14 gennaio 2005, nello studio Ughi e Nunziante, si ritrovano i legali del Bbva e gli intermediari degli azionisti argentini: Calì, Kikano e il notaio Mazza. È in questa circostanza che gli spagnoli sentono parlare del 9,6% di Bnl in mano a non meglio identificati soci esteri e dell'esistenza di altri titoli e di diritti di acquisto che avrebbero consentito a questi soci di incrementare la loro quota al 15 per cento. Calì, Kikano e Mazza dicono di voler vendere le azioni a un prezzo che includa un premio sulle quotazioni di Borsa e propongono una due diligenge in Svizzera per dar modo agli spagnoli di accertare la regolarità dei documenti.
A fine gennaio, in occasione di un altro incontro, questa volta nell'ufficio di Fabio Calì, entra anche in scena l'avvocato ginevrino Christian Fischele. Il quale rivela, ai legali del Bbva, la struttura societaria cui fanno capo le azioni argentine e i beneficiari dell'intera costruzione: Francisco Macrì, Angelo Calcaterra e Alan Clore. Ad essi era riconducibile l'8% di Bnl; a Calì ed a suoi familiari un altro 1,6%; e, grazie ai diritti di acquisto già al sicuro, la partecipazione sarebbe potuta salire al 15%.
Ai primi di febbraio, durante un'altra riunione nell'ufficio di Calì, agli spagnoli viene detto che dell'eventuale trasferimento dei titoli in deposito a Lugano sarebbe stata incaricata Banca Akros, della Popolare di Milano. E che l'operazione sarebbe stata curata da un broker della sede di Bologna della Akros, Sandro Presti, anch'egli presente in riunione. Gli spagnoli, però, non verificarono mai la veridicità delle informazioni che andavano ricevendo da Calì, Mazza e Kikano. I programmati viaggi in Svizzera per constatare l'esistenza e la titolarità delle azioni non ebbero mai luogo.
Il 18 marzo 2005 il Bbva presenta a Banca d'Italia un'informativa preliminare per il lancio di un'offerta pubblica di scambio su Bnl (prassi introdotta da Antonio Fazio, quella dell'informazione preventiva, e soppressa dal suo successore, Mario Draghi). L'annuncio di un'Opa viene diramato nel medesimo giorno dalla banca olandese Abn Amro nei confronti di Antonveneta. La "guerra per banche" è cominciata. Il 29 dello stesso mese gli spagnoli rendono noti i termini dell'Ops su Bnl. A questo punto il pacco argentino può essere determinante per la conquista della banca: può far pendere l'ago della bilancia da una parte o dall'altra. Tant'è vero che in Banca d'Italia scatta l'allarme. Per agganciare i proprietari delle azioni, Antonio Fazio chiama a raccolta i suoi uomini più fidati, primo fra tutti Giampiero Fiorani, che dalla plancia di comando della Bpi sta nel frattempo contrastando con ogni mezzo - lecito e illecito - l'avanzata degli olandesi in Antonveneta.
Mentre infuria la battaglia per le Opa bancarie, gli spagnoli tornano a incontrare Calì e Mazza, in aprile. Ma le riunioni si concludono in un nulla di fatto. I manager del Bilbao appaiono poco rassicurati dalle informazioni dei due mediatori e chiedono ulteriori elementi di prova. Così, a fine aprile, il notaio Mazza estrae dal cassetto la procura conferitagli da Kikano sulla titolarità del pacco argentino. Il tempo passa freneticamente, e il 10 maggio si svolge l'ultima riunione, ancora una volta nell'ufficio di Calì. I manager spagnoli sperano di poter consultare documenti più esaustivi, ma senza risultato. Ed ecco l'inatteso colpo di scena finale: mentre fanno anticamera da Calì, si vedono superati da due signori dall'aspetto noto. Sono Fiorani e il suo braccio destro, Gianfranco Boni, che da lì a qualche mese cadranno dall'altare nella polvere, travolti dalle inchieste giudiziarie. Non è tutto: dopo la riunione, i banchieri baschi si congedano da Calì convinti di non avere più nulla da dirgli e questi presenta loro una persona - un parlamentare il cui nome resta sconosciuto, probabilmente un senatore - che è lì in attesa di essere ricevuto. Da questo momento in poi la scalata a Bnl entra nel vivo con l'ingresso in scena della Unipol di Giovanni Consorte. Che sarà estromessa, alla fine della storia, per far posto ai francesi di Bnp Paribas.

Tags: scalate, bnl, furbetti, boni, bbva, calì

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