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Quei ritardi sulle indagini sul Ponente... pesano sul ricorso contro lo scioglimento del Comune di Bordighera

BOSIO con i PELLEGRINO portavoti...[AGGIORNATO IN CODA CON COMMENTO ALLA SENTENZA E PUBBLICAZIONE DELLA STESSA]
I gravi ritardi dell'azione del Prefetto Di Menna (ormai ex prefetto di Imperia) e della vecchia gestione della DDA nella chiusura delle indagini sull'estremo ponente Ligure, nonché il ritardo con cui (ed anche qui solo dopo il cambio al vertice della DDA) si è contestato il 416 bis ai PELLERGINO-BARILARO e l'aggravante mafiosa per i diversi reati imputati ai PELLEGRINO-BARILARO, sono stati pesanti... Si può dire: devastanti! Basti ricordare che nonostante gli sforzi del procuratore capo di Savona, dott. Cavallone, per ottenere la condanna per le minacce al corpo politico da parte dei PELLEGRINO-BARILARO, si è dovuto attendere la sentenza di Appello.
Oggi, così, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Giovanni BOSIO (ora, finalmente, indagato per "voto di scambio", così si fugano i dubbi sul “perché” gli si contestava di essere “piegato” ai desiderata delle famiglie 'ndranghetiste) contro lo scioglimento del COMUNE DI BORDIGHERA per condizionamento mafioso...

Se gli atti delle indagini LA SVOLTA fossero stati noti ed utilizzabili in tempo utile, anche dal Ministero dell'Interno, nell'ambito del procedimento di impugnazione del Decreto di Scioglimento, questa conclusione surreale non ci sarebbe stata...

Ci risulta alquanto preoccupante che le plurime ed univoche risultanze delle indagini espletate dalla Commissione di Accesso (dove sono evidenti gli elementi e fatti incontestabili con cui l'Amministrazione BOSIO ha agevolato i PELLEGRINO, e basta ricordare l'omessa richiesta della certificazione antimafia!) non siano state comunque ritenute sufficienti dal Consiglio di Stato.
Certamente maggiore forza sarebbe arrivata a sostegno di tali risultanze se, come detto, si fossero conosciuti, ad esempio, gli elementi dell'indagine “LA SVOLTA” [leggi qui l'O.C.C. integrale in formato .pdf], che indicavano l'indicazione chiara e inequivocabile dei MARCIANO', alla guida del “locale” della 'ndrangheta di Ventimiglia, al BOSIO perché questi si dimettesse per evitare la Commissione di Accesso, scioglimento e commissariamento dell'Amministrazione.

Siamo certi, ed auspichiamo, che il Ministero dell'Interno saprà trovare la soluzione per ristabilire i necessari provvedimenti e, da parte nostra, si fornirà, come si è già fatto nel passato, anche per altri Comuni, il nostro contributo fattivo per la “liberazione” degli Enti dimostratisi piegati, nei fatti, dall'infiltrazione e dal condizionamento mafioso!

[Leggi qui ampi stralci della Relazione della Commissione di Accesso al Comune di Bordighera]



Tre brevi estratti dagli Atti dell'indagine "LA SVOLTA":


BOSIO Giovanni, ex sindaco di Bordighera e consigliere provinciale
BOSIO Giovanni, ex sindaco di Bordighera, è attualmente consigliere provinciale di Imperia. Passerà alla storia quale capo della prima amministrazione comunale della regione Liguria e seconda nel Nord Italia (dopo quella di Bardonecchia), sciolta per condizionamenti e infiltrazioni mafiose.
Gia in passato erano emersi elementi per ritenere che avesse ricevuto un aiuto da parte di personaggi particolarmente vicini alle cosche ‘ndranghetiste di Seminara (RC), ed in particolare dai i fratelli PELLEGRINO.
Ed invero, dalla conversazione telefonica nr. 5654, intercorsa fra PELLEGRINO Giovanni e COSTA Francesco, all’epoca direttore del Catasto di Imperia, si è parlato dell’organizzazione di un incontro fra BARILARO Francesco e BOSIO Giovanni per discutere sulle imminenti elezioni amministrative (del 2006).
... 
MARCIANO’ Giuseppe, ad esempio, ha riferito che durante una cena avvenuta presso il ristorante “LE VOLTE”, il Sindaco si sarebbe sfogato per il comportamento poco accorto tenuto da terze persone “dovevano venire uno alla volta...non dovevano venire in sei per dirmi vogliamo fare questo. Il riferimento non può che essere nei confronti dei BARILARO-PELLEGRINO e dalla questione dell’apertura della sala giochi in Bordighera.

... 
La conferma circa la frequentazione del ristorante LE VOLTE da parte di BOSIO è emersa anche dalle dichiarazioni TAGGIASCO Enzo, floricoltore in Bordighera, che ha riferito di una cena elettorale organizzata da MARCIANO’ Giuseppe a favore del predetto. Cena alla quale avevano partecipato, oltre allo stesso BOSIO, numerosi affiliati del “locale” di Ventimiglia ed in particolare BARILARO Francesco detto “Ciccio”, PEPÈ Benito, CIRICOSTA Michele, PELLEGRINO Giovanni e BARILARO Fortunato.

... 

 


 

AGGIORNAMENTO

AL CONSIGLIO DI STATO MANCAVA QUALCHE PEZZO...


E' come avevamo detto, ma pure peggio...

Dalla lettura della Sentenza del Consiglio di Stato (che pubblichiamo in coda) in merito al ricorso del BOSIO Giovanni ed altri ex amministratori del COMUNE DI BORDIGHERA, emergono conferme a quanto avevamo già indicato ma anche una certa "leggerezza" su alcuni elementi:

1) il CONSIGLIO DI STATO accoglie il rilievo dato dal ricorso del BOSIO contro il Decreto di Scioglimento che evidenzia la posizione “contraria” allo scioglimento espressa dall'allora Prefetto DI MENNA. Questi, infatti, pur davanti ad elementi univoci, plurimi evidenti, nella sua Relazione al Ministro dell'Interno, ribaltava di fatto le risultanze e conclusioni della Commissione d'Accesso, ed affermava che non vi fossero gli estremi per procedere allo scioglimento. Tale Relazione del Prefetto DI MENNA rappresenta secondo il CONSIGLIO DI STATO un elemento che testimonia le contraddizioni del provvedimento impugnato.

2) il CONSIGLIO DI STATO procede poi alla disamina dei rilievi promossi nel merito dai ricorrenti BOSIO & C. In questo caso si evidenzia chiaramente che:
- si son persi qualche pezzi e quindi parlando di casi sporadici, come se nulla fosse, dimenticando ad esempio, il “dettaglio” dell'omessa richiesta sistematica delle certificazioni antimafia alle imprese dei PELLEGRINO, così come la posizione “dominante” assunta dalla loro impresa nell'ambito dei Lavori Pubblici a Bordighera.
- si son fermati alla sentenza di primo grado sulle minacce a corpo politico, ovvero all'assoluzione del PELLEGRINO e BARILARO, senza quindi considerare l'Appello in cui, oltre alla conferma delle condanne per gli altri reati contestati dalla Procura di Sanremo, si è aggiunta anche la condanna per le minacce a corpo politico, ovvero proprio l'elemento più “eclatante” ed “evidente” della capacità intimidatoria e di condizionamento sull'Amministrazione del COMUNE DI BORDIGHERA.

3) il CONSIGLIO DI STATO ha concluso l'esame del ricorso del BOSIO & C e dell'opposizione da parte dello Stato, in data 23 novembre 2012. E questo ci rende evidente che oltre ai pezzi che si è perso nell'analisi dei documenti (bastava porre puntuale attenzione alla Relazione della Commissione d'Accesso), al CONSIGLIO DI STATO mancavano proprio alcuni pezzi che avrebbero impedito di “scivolare” (diciamo così) nell'affermare che sul “rapporto elettorale” tra il BOSIO ed i PELLEGRINO-BARILARO non ci fosse un “puntuale riscontro in atti istruttori”.
L'Operazione “LA SVOLTA” che ha concluso la prima parte dell'indagine sul “locale” della 'ndrangheta di Ventimiglia, è stata eseguita i primi giorni di dicembre. Tale ritardo, considerando che l'Informativa finale dei Carabinieri di Imperia era stata trasmessa alla DDA di Genova (retta in allora dal Procuratore agg. SCOLASTICO) nel dicembre del 2011, ha impedito che le risultanze in essa contenute fossero utilizzabili al Ministero dell'Interno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Presidente della Repubblica, per la propria azione di opposizione al ricorso del BOSIO & C.
E questo, non è un dettaglio. Infatti è proprio nell'indagine “LA SVOLTA” (e nella collegata “ROCCAFORTE”) che vi sono gli elementi che dimostrano, senza dubbio, il collegamento stabile del BOSIO e della sua amministrazione, agli esponenti della 'ndrangheta dell'estremo Ponente Ligure. Non è certamente un “elemento” secondario, ad esempio, quanto contenuto negli Atti dell'inchiesta, sia in termini di rapporti diretti con esponenti di primo piano come il MARCIANO' Giuseppe, ed altri, nonché il fatto che sia finalmente stata contestata ai PELLEGRINO il 416 BIS.

BOSIO canta vittoria e fa male, perché questa non è una vittoria, ma una sconfitta. La contradditorietà tra la Relazione del Prefetto DI MENNA e quelle della Commissione di Accesso e del Ministro dell'Interno non significano affatto che non ci fossero gli elementi per procedere, ma solo che l'allora Prefetto DI MENNA, quei fatti, quegli elementi, non li voleva vedere o non riusciva a vederli! Allo stesso modo come può cantare vittoria se si dice che in allora non erano sufficienti i rilievi quando oggi – e lo sa bene - vi sono invece elementi più che sufficienti, riferiti agli anni passati (quelli quando era in carica come Sindaco di BORDIGHERA)? Il fatto che questi dati siano venuti a conoscenza pubblica solo dall'esecuzione dell'Operazione LA SVOLTA, ovvero troppo tardi rispetto alla data del 23 novembre 2012, non dimostra che lui abbia ragione, ma solo che chi doveva valutare (il CONSIGLIO DI STATO) non era a conoscenza degli elementi complessivi... Elementi, che occorre ricordarlo, hanno fatto fatto sì che il BOSIO sia ora anche indagato per “VOTO DI SCAMBIO” con gli esponenti della 'ndrangheta. Se per lui questa è una “bazzecola”, chi gli è vicino gli consigli di starsene quieto. Se vuole cantare, anziché urla di una (finta) vittoria, canti, nelle opportune sedi, confessando tutto quello che sa... la sua coscienza starà meglio!

 


 

N. 00126/2013REG.PROV.COLL.

N. 03195/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3195 del 2012, proposto da Giovanni Bosio,Giovanni Allavena, Francesco Verrando, Rocco Fonti, Stefano Raimondo, Emilio Rossi, Marco Laganà, Marco Mutascio, Franco Biamonti, Giovanna Borelli, Alesandro Perri, rappresentati e difesi
dagli avv. Giovanni Bormioli, Piergiuseppe Genna, Mariano Protto, con domicilio eletto presso gli avv.ti Mariano Protto e Giovanni Corbyons in Roma, via Maria Cristina, n. 2;

contro

- il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Interno, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, con domicilio per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Comune di Bordighera, U.T.G. - Prefettura di Imperia;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 01119/2012, resa tra le parti, concernente lo scioglimento del consiglio comunale del Comune di Bordighera e nomina di commissario ad acta;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2012 il Cons. Bruno Rosario Polito e uditi per le parti l’ avv. Bormioli e l’ avvocato dello Stato Dettori;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Con d.P.R. del 24 marzo 2011, su proposta del Ministero dell’Interno e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, era disposto, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, lo scioglimento del Consiglio comunale di Bordighera e la nomina di una Commissione straordinaria per la gestione dell’ ente locale.

Avverso detto provvedimento proponeva ricorso avanti al T.A.R. per il Lazio l’arch. Giovanni Bosio, unitamente ad altri componenti dell’organo consiliare destinatario del provvedimento dissolutorio, assumendone l’illegittimità per articolati motivi di violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili.

Con sentenza n. 1119 del 2012 il T.A.R. adito respingeva il ricorso.

Avverso la pronunzia reiettiva i componenti del consiglio comunale ricorrenti in primo grado hanno interposto atto di appello, con il quale hanno confutato le conclusioni del primo giudice e reiterato i motivi di legittimità disattesi dal T.A.R.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministro dell’interno, costituitisi in giudizio, hanno contrastato la domanda di annullamento e concluso per la conferma della sentenza impugnata.

Con ordinanza del 4629 del 2012 è stata disposta l’acquisizione di documenti rilevanti ai fini del decidere.

L’incombente è stato assolto il 26 settembre 2012.

In sede di note conclusive i ricorrenti hanno insistito nelle proprie tesi difensive.

All’udienza del 23 novembre 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. L’appello è fondato.

2.1. La fattispecie all’esame del collegio presente aspetti di peculiarità

Il Prefetto della Provincia di Imperia – nel quadro della disciplina dettata dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 a prevenzione di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento mafioso o similare nei consigli comunali e provinciali - su delega del Ministro dell’ Interno disponeva la nomina di apposita commissione di indagine per l’accesso presso il Comune di Bordighera per esperire ogni opportuna verifica ai predetti fini.

Con atto del 18 gennaio 2011 il Prefetto - acquisita la relazione della Commissione di indagine, estesa ai diversi settori coinvolti dell’azione amministrativa degli organi del Comune concernenti i lavori pubblici, l’urbanistica, gli abusi edilizi, il rilascio di licenze comunali e di concessioni demaniali, i tributi locali e al’erogazione di contributi e benefici, previa ricognizione del quadro normativo di riferimento e delle direttive impartite dal Ministro dell’ Interno nella materia ed acquisito il parere del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, integrato con la partecipazione del Procuratore della Repubblica di S. Remo – esprimeva parere in merito all’insussistenza delle “condizioni previste dall’art. 143 del d.lgs. 267 del 2000 per procedere allo scioglimento del Consiglio comunale di Bordighera”.

In contrario alle conclusioni del Prefetto di Imperia, il Ministro dell’ Interno formulava proposta di scioglimento del Consiglio comunale di Bordighera cui faceva seguito il decreto del Presidente della Repubblica del 24 marzo 2011 su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri.

La relazione del Ministro, agli effetti della misura dissolutoria, dava particolare in rilievo al “diffuso clima di intimidazione cui soggiacciono sia gli organi di governo, che settori dell’apparato burocratico dell’ente”. Ai predetti effetti era assegnata “rilevanza centrale” alle intimidazioni nei confronti di due assessori da parte di membri di famiglie (Pellegrino e Barilaro) contigue alla criminalità organizzata, onde assecondare l’apertura di una sala giochi, nonché al rilevo assunto ai fini del favorevole esito del procedimento di un asserito appoggio da parte degli esponenti mafiosi in sede delle elezioni di rinnovo del consiglio comunale.

La proposta ministeriale sottolineava, inoltre, il ritardo nella chiusura di un locale notturno, di proprietà di persone che si riconoscono collegate alla suddette famiglie; la mancata costituzione in giudizio in procedimenti promossi contro l’ Amministrazione comunale; ed una non corretta gestione degli appalti pubblici nel periodo 2003/2007 ed a cavallo delle elezioni comunali del maggio 2007.

Ciò posto con i motivi terzo, quarto e quinto di appello, che per ragioni di ordine logico vanno preliminarmente esaminati, i ricorrenti censurano la misura di scioglimento dell’organo consiliare per la violazione dell’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000, come sostituito dall’art. 2 comma 30, della legge n. 94 del 2009, nonché per eccesso di potere nei profili della contraddittorietà e del difetto di motivazione.

Quanto alla violazione dell’art. 143 gli appellanti valorizzano le modifiche introdotte dalla novella del 2009 all’ originaria formulazione della disposizione in esame.

Osserva al riguardo il Collegio che l’art. 143, nel testo originario, elevava a presupposto dello scioglimento del consiglio il riscontro di “elementi” che siano espressione di “collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata”, ovvero di “forme di condizionamento degli amministratori stessi”, tali da alterare la libertà di determinazione degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità dell’ Amministrazione comunale “nonché il regolare funzionamento dei servizi” ovvero” che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.

Il testo novellato ha previsto che detti elementi devono qualificarsi come “concreti, univoci e rilevanti”.

La modifica introdotta non fa recedere la ratio sottesa alla disposizione di offrire uno strumento di tutela avanzata in particolari situazioni ambientali nei confronti del controllo ed dell’ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli enti locali, in presenza anche di situazioni estranee all'area propria dell'intervento penalistico o preventivo. Ciò nell'evidente consapevolezza della scarsa percepibilità, in tempi brevi, delle varie concrete forme di connessione o di contiguità – e dunque di condizionamento - fra organizzazioni criminali e sfera pubblica, e della necessità di evitare con immediatezza che l'amministrazione dell'ente locale rimanga permeabile all'influenza della criminalità organizzata.

Resta, quindi, ferma, come è stato osservato, la connotazione dell’ istituto nel vigente sistema normativo quale «misura di carattere straordinario» per fronteggiare «una emergenza straordinaria» (in termini, Corte costituzionale n. 103 del 19 marzo 1993, nell'escludere profili di incostituzionalità del previgente art. 15-bis della legge 19 marzo 1990, n. 55).

Il testo novellato introduce, tuttavia, un prudente bilanciamento fra la misura amministrativa di prevenzione che, pur non caratterizzandosi come sanzionatoria verso soggetti determinati, viene ad incidere sul consenso espresso dalla comunità locale nella scelta degli organi di essa rappresentativi.

A sostegno della misura di rigore, in contrario all’ordine argomentativo del T.A.R., non è quindi sufficiente un mero quadro indiziario fondato su “semplici elementi”, in base ai quali sia solo plausibile il potenziale collegamento o l’influenza dei sodalizi criminali verso gli amministratori comunali, con condizionamento delle loro scelte e ricaduta sul buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, sul regolare funzionamento dei servizi e sulle stesse condizioni di sicurezza pubblica, dovendo detti elementi caratterizzarsi per concretezza, essere cioè assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica; univocità, che sta a significare la loro direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; rilevanza, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale.

In coerenza con il su riferito dato normativo si è mosso l’accertamento istruttorio del Prefetto territorialmente competente, con nomina di una commissione di indagine con accesso presso l’ente interessato.

Nelle premesse della relazione rassegnata al Ministro ai sensi dell’art. 143, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000 il Prefetto ha posto in rilievo l’oggetto dell’accertamento stesso finalizzato alla verifica dell’ “esistenza di collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o alla sussistenza di rilevanti forme di condizionamento degli amministratori stessi” - con effetto sulla “compromissione della libera determinazione degli organi elettivi, del buon andamento o dell’imparzialità” dell’amministrazione e “del regolare funzionamento dei servizi” - nonché del “nesso causale (con) il riscontrato collegamento o condizionamento

E’ stato altresì fatto richiamo alle direttive ministeriali impartite nella materia, nelle quali è tra l’altro posto in evidenza che l’infiltrazione da parte della criminalità di tipo mafioso o similare “deve aver determinato tanto una deviazione degli amministratori dal principio di legalità, quanto uno stato di inefficienza dell’attività amministrativa, quanto infine la disfunzione dei servizi”.

Ciò posto, si può anche escludere che le valutazioni rassegnate dal Prefetto a conclusione dell’attività istruttoria abbiano effetto vincolante rispetto alla proposta del Ministro di ogni eventuale misura dissolutoria del consiglio comunale. Invero l’atto del Ministro si pone come atto finale della fase amministrativa di ricognizione delle anzidette condizioni di disfunzione nella gestione dell’ ente, nel cui ambito l’attività di accertamento del Prefetto assume un non denegabile ruolo centrale ai sensi dei commi 2, 3 e 7 del citato art. 143. Ma si rende tuttavia necessario che il contrario avviso sia sostenuto da uno congruo corredo motivazionale che dia puntualmente atto, anche a mezzo di un supplemento di istruttoria, delle ragioni che rendono prevalente lo scioglimento del consiglio comunale con incidenza sul consenso a suo tempo espresso dall’elettorato.

Del resto lo stesso art. 143 più volte richiamato consente una graduazione delle misure di tutela del corretto svolgimento delle funzioni dell’ente locale ove gli elementi di condizionamento di cui al comma primo coinvolgano taluno degli organi di vertice dell’amministrazione ed anche singoli dipendenti.

I ricorrenti correttamente deducono che la proposta ministeriale non aggiunge ulteriori elementi motivazionali idonei a consentire il superamento delle risultanze istruttorie che, sul piano fattuale, avevano escluso l’esistenza dei presupposti per pervenire alla misura dissolutoria.

Gran parte del corredo motivazione del provvedimento impugnato si incentra sull’iniziativa intimidatoria nei confronti di due assessori da parte di appartenenti alla criminalità organizzata per il rilascio di un’autorizzazione all’apertura di una casa giochi. Tuttavia l’azione intimidatoria – i cui estremi sono stati peraltro esclusi in sede penale – non è di per sé espressione del condizionamento cui fa richiamo il primo comma dell’art. 143, tanto più ove si consideri che gli stessi assessori avevano espresso avviso contrario al rilascio di detta autorizzazione e la stessa non ha formato oggetto di provvedimento di segno positivo. Ciò fa recedere anche la circostanza di contorno di un ipotizzato favor nei confronti della locale famiglia malavitosa per un suo appoggio nelle ultime elezioni, non oggetto di puntuale riscontro in atti istruttori.

Sul punto occorre rilevare che - a differenza di altre misure di prevenzione, quali ad esempio quelle prefigurate dall’art. 4, comma 4, del d.lgs. n. 490 del 1994, a tutela del condizionamento delle imprese da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso, per la cui adozione è sufficiente il mero tentativo di infiltrazione, se non il periculum della stessa - l’art. 143, comma 1, nel testo novellato dall’art. 2, comma 30, come innanzi posto in rilievo, richiede che detta situazione sia resa significativa da elementi “concreti, univoci e rilevanti” che assumano valenza tale da “determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi amministrativi e da compromettere l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali”, aspetto ultimo che riveste carattere essenziale ai fini dell’adozione della misura di scioglimento dell’organo rappresentativo della comunità locale.

La scelta del Legislatore che eleva la soglia di rilevanza della situazione ambientale cui possa ricondursi l’ ingerenza di cosche malavitose nell’esercizio delle funzioni dell’ente locale si correla all’incidenza della misura su organi scelti dall’elettorato, con effetto trasversale su tutti gli eletti ed azzeramento degli organi di rappresentanza politica.

L’esistenza sul piano di effettività e di attualità di una disfunzione ed alterazione indotta nella gestione dell’ente, con compromissione del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa, è esclusa nella relazione del Prefetto, con segnato riferimento alla famiglia Pellegrino (contigua alla criminalità organizzata calabrese ed alla quale viene riconosciuta posizione, egemone sul territorio) sulla base di una verifica estesa ai diversi settori del rilascio di licenze, dell’abusivismo edilizio e degli appalti pubblici. Per quanto riguarda tale ultimo aspetto la proposta ministeriale dà rilevo, in costanza dell’organo consiliare da ultimo eletto, ad un singolo caso di omesso riscontro del requisito di affidabilità morale che, se giustifica eventuali iniziative sanzionatorie dei confronti dell’autore dell’omissione, non può essere elevato da solo ad elemento sintomatico di una non corretta gestione delle risorse pubbliche con vantaggio per la criminalità organizzata. In ordine agli abusi edilizi perpetrati dalle famiglie Barilaro e Pellegrino la relazione prefettizia dà atto delle conseguenti segnalazioni all’autorità giudiziaria, di un’intervenuta condanna e della reiezione di domanda di condono edilizio. Ciò rende recessivo il rilievo dato in sede di proposta ministeriale alla mancata costituzione del Comune in giudizio per abusi edilizi che vedeva parte la locale famiglia

Ugualmente l’affermato ritardo nella chiusura di un locale notturno, la cui gestione si sostiene contigua alla famiglia Pellegrino (che l’ istante difesa riconduce al riparto di competenze - in relazione alle violazioni ascritte - fra il Questore ed il Sindaco, quale organo locale di polizia amministrativa, che è intervenuto, ai sensi del d.m. 5 agosto 2008, nel momento in cui si è accertato l’esercizio del meretricio nei locali) non supera la singolarità dell’episodio e non esprime un stato di precarietà, inefficienza e disfunzione dell’ente, frutto del condizionamento criminale, cui possa ricondursi la massima misura di rigore prevista dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000.

In conclusione, a fronte dell’esito dell’attività istruttoria del Prefetto (che quale organo di vertice è preposto in ambito locale alla salvaguardia dei primari interessi inerenti alla sicurezza ed dell’ordine pubblico) e tenuto conto del ruolo centrale che nell’economia del procedimento regolamentato dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 riveste la verifica istruttoria ad esso demandata, si imponeva in sede di proposta ministeriale un più diffuso corredo motivazionale – al quale pervenirsi anche a mezzo di un eventuale supplemento di istruttoria – a dimostrazione della concreta, univoca e rilevante incidenza degli episodi ed elementi assunti sulla libera formazione della volontà degli organi elettivi, con l’effetto causale di una diffusa e trasversale compromissione del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa, che costituisce concorrente ed essenziale presupposto per l’adozione della massima misura di rigore nei confronti dell’ ente locale.

Per le considerazioni che precedono l’appello va accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e vanno annullati i provvedimenti con esso impugnato.

I particolari profili della controversia consentono la compensazione fra le parti di spese ed onorari per i due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti con esso impugnati.

Spese compensate per i due gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/01/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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