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Quella sporca "decina"... le evoluzioni in Cosa Nostra a Genova

il boss Rosario CACI della Dopo i conflitti alle famiglie siciliane a Genova, a partire da Terra di Nessuno con la famiglia CANFAROTTA e 5 milioni di beni sequestrati per arrivare alle misure di prevenzione a carico di Antonino LO JACONO, numero due clan di Piddu MADONIA, nella sua "terra" dell'alta Valpolcevera, la struttura della "decina" che faceva capo a Daniele EMMANUELLO continua ad evolversi.

Alcuni mesi fa pubblicammo una mappatura di Certosa, zona storicamente controllata dalle famiglie siciliane, riesine e gelesi. Abbiamo monitorato, in seguito, non solo incontri tra le "signore" dei più noti consorti già arrestati e condannati, nella piazzetta antistante la Chiesa del Santissimo Nome del Gesù, dove hanno una delle principali basi i FERRO-COSTANTINO-DRAGO. Da allora le cose sono un po' cambiate, un punto di spaccio si è trasferito in una gelateria, mentre il gruppo degli albanesi (che si dividevano dal bar della piazzetta e quello dei MACRI' di Teglia) si sono spostati - dopo l'omicidio di un albanese che aveva collaborato con i magistrati in merito ad un inchiesta su cellulari che entravano in Carcere a disposizione del Nicodemo MACRI' - nel vecchio bar di Brin...


Qui a Certosa e più in generale nella vallata la capacità di coordinamento e collaborazione tra mafie è esemplare. Ci girano gli eredi della storica famiglia della Camorra dei FUCCI-MARECHIARO (che ancora controlla una buona rete di pizzerie dalla zona di Quezzi sino alla Valpocevera) che hanno il tesoro della vecchia capofamiglia da riciclare, ci sono gli 'ndranghetisti e gli uomini di Cosa Nostra. Una delle sedi di riunione, quella della "villetta" di Via Sergio Piombelli, nascosta nella collina attaccata al cavalcavia dell'autostrada, da un lato occupata dalla ditta di ponteggi dei FERRO-COSTANTINO e soprattutto dove uno dei VOLPE fa il pastore (mentre l'altro ha sempre la sua ditta di ponteggi a Cornigliano) contribuendo al lavoro di controllo degli accessi, grazie anche a innumerevoli "sentinelle" di quella via che, negli anni Settanta e Ottanta, veniva già ribattezzata "via russa" perché qui nessuno parla.


Riciclaggio con infiltrazione nel tessuto commerciale ed economico, appalti pubblici, subappalti e forniture, ma anche tradizionale traffico, smistamento e spaccio di sostanze stupefacenti, gioco d'azzardo, usura e caporalato, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina (con riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione). Questi sono i tasselli che vedono sempre attiva Cosa Nostra, la propria sporca "decina", pienamente coordinata con le altre organizzazioni mafiose, calabrese e campana.

E' quella sporca "decina" dei FIANDACA-EMMANUELLO che dal traffico di droga, alle estorsioni sino al gioco d'azzardo non hanno mai mollato la presa, nonostante i colpi inflitti dalla Magistratura. Hanno sempre una rete di attività commerciali che gli garantisce, con copertura a macchia di leopardo della vallata, condivisa soprattutto con gli 'ndranghetisti della cosca dei MACRI' e affini - in particolare nella zona di Teglia -, di poter controllare il territorio, "appaltando" poi alla manovalanza straniera (a partire dagli albanesi e slavi) il lavoro più sporco.


Se i MAURICI sembrano ormai soccombenti, nonostante gli arresti a raffica dei vari esponenti della riorganizzata "decina" guidata dai gelesi, è nei CALVO che pare essere oggi la guida dell'organizzazione. Vecchi nemici che si sparavano tra loro ora sono di nuovo attivi e lo sono insieme. Il Gico li ha fotografati in ogni dettaglio, sino ad arrivare ai LA ROSA che volevano uccidere il sindaco di Gela, passando per la rete di traffico di droga e quindi quella che porta all'usura, le estorsioni e le bische clandestine. Qui si ritrovava alleato il Marietto ROSSI, della "banda degli ergastolani", sino alle nuove generazioni dei vecchi gelesi.

Nonostante gli arresti in diversi filoni (perché la DDA di Genova ha preferito non contestare in blocco l'organizzazione mafiosa individuata nel dettaglio dal GICO, forse per quella vecchia mentalità per cui al nord non si è pronti a sapere di avere la mafia in casa) i "gelesi" hanno di nuovo saputo assorbire i colpi ed andare avanti.
L'esempio è nella figura apicale dei CALVO, che originariamente avevano nella Valbisagno la propria rete, ora operano senza freno in Valpocevera, arresti e condanne non lo fermano. Giovanni CALVO è recentemente tornato libero, mentre il figlio Antonio CALVO è ancora agli arresti per sequestro di persona e tentato omicidio ai danni di Francesco Cacciaguerra, sequestrato all'interno del bar di sampierdarena Delfino gestito dal LA ROSA, commesso insieme con Francesco LA ROSA, Gaetano LA IACONA e Salvatore CACCIATORE.

Come se nulla fosse adesso a Rivarolo si afferma che due esercizi nuovi di zecca, una trattoria-pizzeria in via Vezzani sia sua, e nella stessa è stato visto spesso anche uno dei FIANDACA, l'altro è un nuovo bar, proprio accanto a quel punto di incontro chiamato Borghetto, sull'angolo tra via Jori e Via Sonnino.


Intanto, anche se qualcuno continuerà a dire che siamo dei diffamatori che poniamo le attenzioni su persone per bene, si è appreso che puntare l'attenzione su Rosario CACI non era sbagliato...


Il boss Rosario CACI è da sempre esponente di primo piano della diramazione su Genova dei "gelesi" di Cosa Nostra. Il quadro del soggetto è stato chiarito da molteplici procedimenti giudiziari e dal provvedimento di confisca dei beni, in cui si legge:"A detti elementi sono poi da aggiungere le dichiarazioni dei collaboratori Bilardi Filippo, Celona Emanuele e Celona Luigi dalle quali si trae che CACI Rosario, inteso "Peppe" era dedito, a Genova, al traffico delle sostanze stupefacenti e gestiva altresì nel detto capoluogo ed a Milano un giro di prostitute nel quale era coinvolta anche la convivente"..."Dalla sentenza di condanna emessa dalla Corte di assise di appello di Genova e da quella emessa da questa Corte [Caltanissetta, ndr] risulta che il CACI era organicamente inserito in un'associazione dedita allo spaccio dell'eroina, operante sulla piazza di Genova e costituente emanazione di Cosa Nostra, precisamente della componente gelose del clan Madonia. In detta associazione il CACI si era progressivamente inserito, passando dal ruolo di mero spacciatore a quello di addetto ai regolamenti finanziari tra le parti. In questo ambito aveva mantenuto stretti rapporti con il gruppo di mafiosi gelesi trapiantati a Genova, prestandosi a fungere da tramite tra i medesimi ed a mettere a disposizione dei latitanti appartamenti e a ricoverare latitanti e armi in appartamenti ed immobili dallo stesso acquistati (come la Cascina di Borgo Marengo) o altrimenti presi in affitto."..."In questo senso non può costituire elemento dirimente la dedotta attività lavorativa della CACI come prostituta, del cui sfruttamento si sarebbe occupato il CACI secondo numerose voci processuali".


Nonostante questo fosse chiaro e inequivocabile, così come era plateale che il CACI sia sempre rimasto fedele agli EMMANUELLO, il CACI stesso ha goduto - di fatto - di protezioni, quanto meno derivanti da indifferenze istituzionale (con le conseguenti omissioni), che gli hanno permesso di continuare a garantire gli interessi mafiosi.

Prima (dal Demanio, Prefettura - con il prefetto Giuseppe Romano - e Comune) gli fu permesso di rioccupare i beni confiscati nel 2005 in vico delle Mele 4 e dare, così, un pubblico schiaffo alle sentenze ed alla confisca, affermando - nei fatti - la sua "superiorità" rispetto alla Legge ed allo Stato.
Quando - a seguito delle denunce ed iniziative della Casa della Legalità - scattò lo sgombero, il Comune si presentò in ritardo permettendo al CACI di impugnare il provvedimento di sgombero davanti al TAR e guadagnare altri mesi.

Poi fu trovato tra Comune di Genova ed il CACI un "accordo" che, guarda caso, era tutto a vantaggio del CACI. Il Comune, infatti, mandò il CACI e signora in un albergo della centralissima Via Balbi a spese del Comune. Ma non basta: il Comune rilasciò anche una licenza per un attività commerciale, il bar "Boheme Cafè", in via Canneto il Lungo, sul crocevia di quei carruggi che rappresentano il suo "vecchio" regno (licenza intestata formalmente al figliolo ma dove era presente ed attivi la signora del boss ed il boss stesso).


Quel territorio, intanto, continuava ad essere sotto il controllo mafioso. CACI continuava a farla da padrone, mentre ogni mese gli arrivava anche la pensione per invalidità al 100% (sic!). Lui scorrazzava a tenere i suoi contatti, per i suoi affari ma era "formalmente" un inabile al lavoro e invalido praticamente infermo... così che lo Stato lo paga regolarmente! Tutto questo mentre minacciava anche gli operai del Comune che osavano entrare nella "sua" casa per ristrutturarla, tanto che intervenne il nuovo Prefetto di Genova, Anna Maria Cancellieri - che a differenza del predecessore non negò il problema -, disponendo la scorta per gli operai.


I segnali devastanti soprattutto dati del Comune sono stati (e sono) devastanti, non solo perché i beni confiscati restavano (e restano chiusi, con giochetti elettoral-partitici di bassissimo profilo), e non solo per quanto appena ricordato, ma perché, tra le altre cose, ad esempio l'amministratore del caseggiato del civico 4 di vico delle Mele, dove vi è il bene confiscato che CACI si era ripreso, si scopre essere un vigile urbano, Fabio Fabbri, con la società "Studio Fabbri e Magri sas" (che si occupa anche di amministrare altri condomini delle vie "rosse" della città vecchia). E se il Fabbri nell'ambito della Polizia Municipale operava (ed ha continuato) ad operare con competenze d'ufficio proprio su quel centro storico, non era solo. Infatti vi è un altro agente della Polizia Municipale del Comune di Genova, Ermanno Ottonello, che abita proprio al civico 4 di vico delle Mele e che l'amministrazione comunale aveva giusto dislocato al "Punto di Ascolto" (per raccogliere segnalazioni e denunce, sic!) sulla zona di Vico delle Mele e della Maddalena.


Lì, quindi, il territorio è stato lasciato in mano a lor signori, tanto che persino i sequestri dei beni dei CANFAROTTA e quelli del calabrese ZAPPONE, hanno permesso una rapida "riorganizzazione" degli affari, visti i buchi della pubblica amministrazione che non ha voluto e saputo capitalizzatare i risultati raggiunti dai reparti investigativi, DIA in testa.
Lo sfruttamento della prostituzione continua, magari meno nei bassi e più ai piani alti, così come lo spaccio di droga, spesso mimetizzato nella "movida" ed in finti "circoli"... così come certo LONGO continua a gestire reti di immobili, tra cui uno che è finito nelle influenze della storica famiglia ALESSI della 'ndrangheta, con il sempre presente boss Vincenzo FIUMANO' (che intanto incassa l'assegno di sostegno dal Comune di Genova).


La signora (sempre ai domiciliari?) LO CASTRO Paola continua a gestire lo smistamento verso le prostitute dalla piazzetta tra Vico delle Mele e Piazza delle Vigne, proprio accanto al baretto che garantisce (adesso con licenza di occupazione suolo rilasciata dal Comune) comode sedie alle "sentinelle" che devono proteggere gli affari sporchi e, alla necessità, aggredire chi osserva troppo o richiamare chi parla troppo.

Persino un perito del Tribunale che doveva effettuare una perizia per alcuni locali sequestrati alla LO CASTRO ha dichiarato che non è riuscito nemmeno ad entrare in quei beni per effettuare le misurazioni... il Giudice Tuttobene deve aver comunque pensato che la perizia andava bene lo stesso, e chissà chi mai partecipa ad un asta per un immobile in una zona come quella dove nemmeno il Perito del Tribunale (così dichiara lui) non è potuto entrare? Mah

Intanto a gennaio la DDA di Genova, con un bravo magistrato, il Dott. Panichi, ed il Gico della Guardia di Finanza, hanno messo a segno un duro colpo a Rosario CACI e consorte Concetta.
Si è infatti scoperto che oltre al "bar" i signori CACI avevano aperto una casa da appuntamenti nella centralissima via XX settembre, al civ. 2, in un palazzo di professionisti, all'interno accanto dello studio legale Auditore. Lì, oltre a far prostituire diverse donne, anche per politici e vip vari (così da garantirsi meglio anche protezioni e amicizie necessarie ai propri affari), secondo l'indagine, vi sarebbe stata anche la copertura di un giro di usura gestito proprio da Rosario CACI.


E' una sporca "decina"... da spazzare via, e noi continueremo a puntare su di loro tutte le attenzioni necessarie, perché, uno dopo l'altro, possono essere presi, messi al fresco e spogliati di tutti i beni, oltre che sentirsi addosso tutto il disprezzo sociale necessario a fargli capire che sono dei signori nessuno!

Forse è per questo nostro modo di essere e fare che diamo tanto, troppo, fastidio agli ambienti politici e amministrativi che hanno invece accettato la convivenza, quando non addirittura la contiguità e complicità, con i mafiosi? Forse, ci odino pure ai tentativi di isolarci e colpirci con intimidazioni o delegittimazioni, noi rispondiamo andando avanti!


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