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Genova, nuovi sequestri al clan di Piddu Madonia

Piddu Madonia - al 41 bis, con un clan che sta crollandoDopo l'avvio dell'Operazione Pandora della Guardia di Finanza, dopo l'Operazione "Terra di Nessuno" della DIA con i sequestri dei beni (5 milioni di euro) alla famiglia CANFAROTTA, dopo l'avvio dei sequestri al boss del centro storico genovese legato alla 'ndrangheta Salvatore ZAPPONE (il figlio è agli arresti), un nuovo colpo alle mafie è stato inflitto al clan di Piddu MADONIA a Genova.

La DIA di Genova e Caltanissetta ha sequestrato beni per circa 2 milioni di euro riconducibili ad ANTONINO LO IACONO, storico esponente apicale del clan di Caltanissetta, dagli anni '80 attivo nel nord Italia ed in particolare sull'asse Genova-Milano...


Conto correnti bancari e postali, case, terreni, negozi e magazzini nell'entroterra ligure (Campomorone e Santo Stefano D'Aveto) ma anche ad Alessandria a Sant'Agata Fossili e nel Nisseno a Vallelunga Pratameno, sono stati sequestrati sulla base delle normative antimafia in quanto anche se intestati a parenti sono chiaramente riconducibili al boss LO IACONO, già condannato a 20 anni di reclusione per traffico di stupefacenti ed attualmente sotto processo per 416 bis.

Il LO IACONO era una degli operativi di MADONIA nel nord dove oltre al traffico di sostanze stupefacenti si occupava anche delle estorsioni e del reinvestimento immobiliare del denaro sporco. A Genova operava, come segnalammo nel 2006 ai reparti investigativi, con società individuali intestate prima a lui e la moglie e poi al figlio LO IACONO GIOVANNI. Inizialmente ad operare era la società "LAVORAZIONI E RIPRISTINI STRADALI (LA.E.R.S.)" società di fatto del boss ANTONINO LO IACONO e della moglie ANGELA TONIOLO; attiva sino al novembre 1991. L'attività economica nella famiglia è stata portata avanti con l'impresa individuale TONIOLO ANGELA - BAR LATTERIA e con una nuova società di lavori stradali intestata al figlio GIOVANNI LO IACONO, che era anche aggiudicataria di appalti pubblici e che è oggetto di sequestro.

Questa nuova operazione dimostra ancora una volta quanto sia ancora radicata e operativa a Genova, in Liguria, e più in generale nel nord Italia, Cosa Nostra. Non è un caso che proprio in Liguria si stiano concentrando molte delle attenzioni investigative relative alle forniture "mafiose" di calcestruzzo (Metrò di Genova, Museo del Mare, Ferrovial nel savonese) e non è un caso che recenti arresti abbiano colpito la decina "gelese" degli EMMANUELLO legata al clan di MADONIA - in settori come l'estorsione ed il gioco d'azzardo - operante Genova ed in Lombardia, con un forte radicamento nella zona di Certosa, nel quartiere di Rivarolo a Genova. Arresti che hanno visto fermare anche i protagonisti dell'ennesimo attentato che si stava preparando ai danni del sindaco di Gela Rosario Crocetta.

Lo stesso clan, occorre ricordare, aveva già subito pesanti colpi proprio a Genova e nell'alessandrino con la confisca, sempre seguito dalla DIA di Genova, dei beni del boss ROSARIO CACI, altro esponente apicale di Cosa Nostra, che nonostante la condanna e la nota mafiosità venne lasciato dalle Istituzioni locali rioccupare i beni confiscati di Vico delle Mele a Genova, sino a quando con una decisa azione di denuncia pubblica (e nelle sedi opportune) come Casa della Legalità si è riusciti a farli liberare. Degno di nota, ancora, su questo punto, è il pessimo segnale che il Comune di Genova (insieme alla passata gestione della Prefettura con il dott. Gioffrè ed il prefetto Romano) ha continuato a dare, non solo non assegnando i beni confiscati (ancora chiusi, a fronte di una confisca del dicembre 2005) ma addirittura ospita il boss ROSARIO CACI in albergo a spese del Comune ed anche con il concedere alla famiglia CACI la licenza per aprire un attività commerciale, un bar in via Canneto il Lungo, sempre nel centro storico genovese.

La strada dell'aggressione ai patrimoni mafiosi è la strada giusta che può infliggere il colpo deciso ai tentacoli mafiosi. Occorre però che alle azioni dei reparti investigativi e della magistratura vi sia non solo la collaborazione dei cittadini per segnalazioni e denunce, ma anche un comportamento intransigente e integerrimo da parte dei Comuni, delle società pubbliche e delle Istituzioni tutte.

 

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