Home

«Serve un rettore forte e onesto»

scritto da Il Secolo XIX il .

Ha fatto emergere i problemi dell'Università con una serie di iniziative coraggiose. La valutazione del suo operato negli ultimi quattro anni ha un comune denominatore: l'onestà, intellettuale e pratica...
Ora Gaetano Bignardi, rettore dell'Università di Genova, sta per lasciare, mentre la battaglia per la sua successione si è già scatenata, non senza polemiche. Il Secolo XIX ha pubblicato negli ultimi giorni le prime puntate di un'inchiesta sui problemi dell'Università di Genova. Il rettore Bignardi ha accettato di rispondere alle nostre domande.

Rettore, un periodo difficile con una serie di grandi complicazioni emerse quasi a sorpresa
«Ho fatto emergere le criticità dell'Università, è vero. Per essere sincero, a un certo punto sono emerse da sole. Ma certo non ho avuto nessuna intenzione di nasconderle».

Le difficoltà e le ripercussioni interne...
«Il discorso che alcuni mi fanno all'interno dell'Università è che io dovrei rispondere, rettificando, a quel che ha scritto il Secolo XIX. Non sono d'accordo, perché quello che avete scritto è documentato ed è vero e io non posso rettificare le cose vere. Mi dispiace, semmai, che tutto questo getti un'ombra complessiva sul nostro Ateneo: bisognerebbe anche dire che questa situazione non è generale, ci sono settori in ordine, che danno lustro nella didattica, nella formazione e nella ricerca. Inoltre le criticità che riscontriamo a Genova si riscontrano anche in altre università italiane».

Si è parlato di un codice etico che vieti, ad esempio, ai familiari di chi occupa posizioni di responsabilità di ottenere collaborazioni e consulenze
«Ci sono diverse Università che si sono date un codice etico. Ma l'etica, a mio parere, non necessita di codifiche. Mi fanno sorridere i codici etici, perché poi tutto viaggia come prima. Basterebbe prenderne uno: sono tutti belli, tutti perfetti. Basterebbe prenderne uno qualsiasi, discutere una settimana e anche Genova avrebbe il suo codice. Non è, questo, un problema. Occorre piuttosto che il nuovo rettore sia forte, soprattutto in questo momento, nel senso di essere tranquillo e non sfiorato da polemiche: l'etica bisogna averla dentro».

Il suo non è stato un rettorato tranquillo
«Non ha avuto nessuna tranquillità. Neppure quando, infilando la strada giusta, avrei avuto bisogno dell'aiuto di tutti».

Non è arrivato...
«E di questo mi lamento profondamente. Chi era in Senato accademico e in Consiglio di amministrazione può testimoniarlo: non tutto è stato tranquillo. Questo mi è dispiaciuto. Se ho fallito, è stato nel fare la squadra. Avrei voluto una squadra. Sapevo che la situazione era difficile, anche non la sapevo così difficile. Mi sarebbe servita una squadra di tutto l'Ateneo».

Lei non si è ricandidato
«Se io ho rinunciato alla corsa non è solo perché c'è l'articolo della legge Finanziaria che mi ha tolto un anno. Il giudizio delle urne l'avrei voluto. Certo, esisterebbero possibilità di eludere la legge, altri rettori in altre città l'hanno fatto. Strade percorribili, ma avrebbero indebolito il rettorato, soprattutto se ci fossero state contestazioni e ricorsi. Sarebbe stato criticabile; l'elusione della legge, anche se la legge è sbagliata, è comunque un atteggiamento scorretto».

Avrebbe comunque avuto molte chance...
«Certo, con mezzi diversi si può andare avanti. Con un ricorso al Tar, chiedendo la sospensiva. Oppure avrei potuto dimettermi un po' prima e poi ripresentarmi. Ma in tutti e due i casi il rettore sarebbe stato un rettore debole e l'Ateneo è in un momento di difficoltà non può permettersi un rettore debole. Né a me sarebbe piaciuto esserlo».

Quando ha capito che la situazione era davvero complicata?
«Tra la fine di marzo e l'inizio di aprile dell'anno scorso, quando sono arrivate le prime ingiunzioni di pagamento per cose che non sapevo».

Ma non le sapeva perché non erano state codificate, contrattualizzate in nessun modo?
«No. Effettivamente no».

A partire dalla situazione dell'Albergo dei poveri
«Anche l'Albergo dei poveri... Mi ero informato, avevo fatto più di un sopralluogo nel 2005, tutto sembrava andare avanti senza problemi, un lato del tetto era rifatto e gli operai lavoravano. Poi nel 2007 sono venuti fuori i primi imprevisti. A febbraio sono emerse le prime criticità, che poi sono diventate minacce vere e proprie perché nell'aprile 2007 sono cominciate ad arrivare le lettere degli avvocati. Lì la situazione è venuta fuori pienamente. Dico pienamente e lo spero, anche per scaramanzia. Ma diciamo che a grandi linee tutto dovrebbe essere sistemato. E sono molto soddisfatto della reazione su tutto il patrimonio edilizio dell'Ateneo (è stata in parte pubblicata dal Secolo XIX, ndr), risultato di un grande lavoro fatto nel 2007 da più persone».

Chi dovrà succederle ha un compito duro davanti a sé
«Chi mi succederà ha due strade: peggiorare le cose o migliorarle. A mio parere, migliorarle vuol dire proseguire sulla strada tracciata. Spendere il meno possibile per l'edilizia e realizzare le cose che ci sono da fare. È difficile, ma è ancora possibile venirne fuori. Evitando, ad esempio di pagare affitti quando ci sono alternative possibili. Bisogna ritirare fuori i soldi per la ricerca. Con gran fatica abbiamo riattivato la ricerca di Ateneo, con fondi che sono insufficienti. Però qualcosa si riesce a realizzare, bisogna invertire la tendenza».

Marco Menduni

Stampa