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Inchiesta sul Porto di Genova... è solo l'inizio!

Già ascoltato dai magistrati Giuseppe Pericu, l'ex consulente di Teardo, Ligato e Necci che Burlando volle quale Sindaco di Genova e che Polo e Ulivo vogliono alla Corte Costituzionale....

Ora sarà ascoltato  Claudio Burlando. Persone  informate sui  fatti e come non potrebbero le telefonate intercettate lasciano trasparire molto del loro ruolo. Intanto ecco due degli ultimi articoli de Il Secolo XIX

09.02.2008
«Si dispone il sequestro di tutti gli atti relativi a lavori, concessioni e appalti affidati alle ditte Serteco srl ed Ecoge e a ditte collegate. Si dispone il sequestro di ogni atto relativo all’affidamento del servizio Guardiafuochi» alla cooperativa Santa Barbara. Sono tre punti, passati inosservati, del decreto di perquisizione firmato dalla Procura di Genova. Tre punti che, però, potrebbero portare a un terremoto nel mondo imprenditoriale (e anche politico) genovese. Sia chiaro, qui non ci sarebbero ancora indagati, ma Serteco, tanto per fare un esempio, è una società che ha vinto alcuni tra i maggiori appalti per cantieri nel porto di Genova. Di più: amministratore unico è Gianfranco Molisani, figura legata al centrosinistra genovese e, per sua stessa ammissione al Secolo XIX, membro di una cordata interessata all’acquisto del gigantesco patrimonio immobiliare sanitario della Regione: un tesoro messo in vendita a 160 milioni di euro. Un’operazione che ha già suscitato contestazioni da parte degli immobiliaristi genovesi che hanno parlato di «svendita dei tesori della sanità».

Serteco. L’acquisizione di atti per concessioni e appalti alla Serteco apre uno squarcio sulla direzione che ha preso l’inchiesta della Procura. Serteco, infatti, è una società leader nel mercato edilizio genovese. Insieme ad altre imprese cittadine ha il 49 per cento dell’Ati Ponte Parodi, l’associazione temporanea di imprese che sta realizzando il progetto del maxi-terminal con annesso centro commerciale che sorgerà al posto del silos granario.

L’anima del progetto è sempre Gianfranco Molisani, ex dipendente di Coopsette. Oggi Molisani è amministratore unico di Serteco. Lui - attraverso Serteco o altre società ad essa legate come Promontorio o Coop Service - ha guidato tante operazioni immobiliari nella zona del porto: da San Benigno (realizzato dalla Promontorio) alla riqualificazione dei primi edifici della Darsena (la facoltà di Economia, poi il Metellino e altri). E - particolare di grande rilievo per l’inchiesta - Molisani riqualificherà anche l’Hennebique, dove andranno residenze e la facoltà di Lingue. Ebbene, nel decreto dei pm si ordina anche il sequestro di «tutti gli atti relativi a lavori o concessioni inerenti all’edificio Hennebique».

COOP SANTA BARBARA.  Ma non basta. I pm hanno puntato l’attenzione sul servizio Guardiafuochi, affidato appunto alla Santa Barbara. Il suo nome ricorre, più volte, nelle dichiarazioni dell’armatore Ignazio Messina, che sarebbe stato vittima di concussione da parte di Giovanni Novi e Sergio Maria Carbone. Messina sostiene di essere stato “ricattato” perché accettasse la spartizione del Multipurpose senza condizioni. «Ci fu detto - sono state le sue parole - non solo che dovevamo accettare il riparto, ma che avremmo dovuto ritirare i nostri ricorsi contro la Santa Barbara, altrimenti avrebbero trovato un modo per estrometterci». Ma perché la coop, che svolge peraltro un servizio prezioso per la sicurezza del porto, ha tanti amici? «In ogni contenzioso - ricordano gli investrigatori - è stata difesa proprio dall’avvocato Sergio Maria Carbone». E ora i pm cercano di capire se a monte dell’aut-aut ci furono anche pressioni politiche. Dagli atti depositati presso la Corte d’appello di Genova risulta infatti che la Santa Barbara finanziò la campagna elettorale del senatore - allora diessino - Graziano Mazzarello alle politiche del 2006. Tutto, va precisato, fu fatto a norma di legge, come certificano i documenti protocollati a palazzo di giustizia. Nel corso del suo mandato Mazzarello ha presentato una proposta di legge per il riordino delle autorità portuali, soffermandosi sulla necessità di garantire il monopolio al servizio di Guardiafuochi. «È vero - ammette Mazzarello - sono stato legalmente finanziato dalla Santa Barbara. E se ho sostenuto la loro esclusiva, l’ho fatto solo per garantire la sicurezza, perché in ambienti di lavoro così delicati non può prevalere la legge della concorrenza. Lo stesso principio ho adottato per ormeggiatori e piloti».

ECOGE.  Nel decreto di perquisizione compare  anche la Ecoge, specializzata in bonifiche ambientali, compresa la prima parte dei lavori effettuati alla Stoppani. Una società controllata dalla famiglia Mamone, di origini calabresi, più volte entrata in indagini per reati e infrazioni ambientali (ma nessuna condanna è mai arrivata). Ecoge  ha curato la bonifica dell’area ex-Erg, dove ora sorge l’Ipercoop, e dell’area acciaierie di Cornigliano. La famiglia è impegnata inoltre sul fronte immobiliare con la Valpolcevera Tre, le cui quote dei Mamone sono state acquisite anni fa dalla società pubblica Sviluppo Genova spa, di cui sono soci Comune, Provincia, Regione, Carige e Autorità Portuale, ed è socia della Ponte X con uno dei principali immobiliaristi genovesi, quel Mario Giacomazzi che incontriamo ancora una volta tra i componenti dell’associazione “Maestrale” di Claudio Burlando.
Matteo Indice – Ferruccio Sansa


10.02.2008

Il Multipurpose è soltanto l'inizio. La Procura di Genova adesso sta indagando su tutte le grandi concessioni di aree demaniali in porto. E sugli appalti.
Proprio come succede in mare, quando, tirando su una cima, te ne trovi fra le mani altre che a questa sono rimaste legate. Così, partendo dal Terminal della discordia, i magistrati adesso si devono occupare di tutte le grandi operazioni della storia recente del porto.
E nei discorsi dei pm Walter Cotugno, Mario Morisani ed Enrico Zucca in questi giorni ricorre sempre più spesso una parola: «Darsena». I magistrati, però, in realtà fanno riferimento a due diversi progetti distanti poche centinaia di metri: da una parte Ponte Parodi, dall'altra la Darsena della Fiera del Mare.
Il primo prevede un investimento dei privati di circa 200 milioni di euro ed è, però, bloccato da tempo. Il secondo è stato ormai ultimato, ma con un costo lievitato da 20 a 34 milioni di euro (con un aumento del 70 per cento).
Insomma, due progetti di cui la maggioranza dei genovesi conosce a malapena l'esistenza, ma che sono destinati a cambiare il volto della città sul mare. Due concessioni di cui quasi nessuno conosce le vicissitudini, ma che nel mondo imprenditoriale hanno suscitato grandi appetiti.
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Il Multipurpose è soltanto l'inizio. La Procura di Genova adesso sta indagando sulle grandi concessioni di aree demaniali. E sugli appalti. Proprio come succede in porto, quando, tirando su una cima, te ne trovi fra le mani altre che a questa sono rimaste legate.
Così nei discorsi dei pm Walter Cotugno, Mario Morisani ed Enrico Zucca in questi giorni ricorre sempre più spesso una parola: «Darsena». I magistrati, però, in realtà fanno riferimento a due diversi progetti: Ponte Parodi e la Darsena della Fiera del Mare. Il primo prevede un investimento dei privati di circa 200 milioni di euro ed è, però, bloccato da tempo. Il secondo è stato ormai ultimato, ma con un costo lievitato da 20 a 34 milioni di euro. Insomma, due progetti di cui la maggioranza dei genovesi conosce a malapena l'esistenza, ma che cambieranno il volto della città sul mare. Due concessioni di cui quasi nessuno conosce le vicissitudini, ma che nel mondo imprenditoriale hanno suscitato grandi appetiti.
Ma anche prima dell'arrivo della Procura qualcosa già accomunava i due progetti: le polemiche e la tortuosità del cammino dalla carta al cantiere. Così gli uomini della Stazione Navale della Guardia di Finanza che da giorni hanno "conquistato" Palazzo San Giorgio - sequestrando oltre cinquanta hard disk di computer e decine di scatoloni di materiale - hanno portato con sé anche il materiale relativo alle Darsene: progetti, delibere, appalti e verbali del Comitato portuale.
E adesso stanno cercando di ricostruire passo per passo il cammino che ha portato alla nascita dei due progetti. A cominciare da Ponte Parodi.
«Si dispone il sequestro di tutti gli atti relativi a lavori, concessioni e appalti affidati alla ditta Serteco srl», è scritto nel decreto consegnato nei giorni scorsi dalla Finanza a Palazzo San Giorgio. Èâ??una tra le tante (venti) voci di cui è stato disposto il sequestro, ma rivela il piano di azione dei pm e apre un nuovo fronte di indagine. Del resto proprio ieri il procuratore aggiunto Mario Morisani lo ha detto a chiare lettere: «Stiamo indagando su Ponte Parodi».
Serteco, infatti, è una società leader nel mercato edilizio genovese. Insieme ad altre imprese cittadine ha il 49 per cento dell'Ati Ponte Parodi, l'associazione temporanea di imprese che sta realizzando il progetto del maxi-terminal con annesso centro commerciale che sorgerà al posto del silos granario. Serteco, ma soprattutto il suo amministratore unico. Gianfranco Molisani (che non risulta indagato), un passato nelle Coop e una simpatia mai negata per il mondo politico di centrosinistra, non è tipo che ami apparire. Èâ??un imprenditore che preferisce il basso profilo, ma negli ultimi anni ha vinto alcuni dei più importanti appalti in ambito portuale e, quindi, demaniale: da San Benigno (realizzato dalla società Promontorio di cui Molisani è vicepresidente del cda), alla riqualificazione dei primi edifici della Darsena (la facoltà di Economia, poi il Metellino e altri). Non basta: Molisani riqualificherà anche l'Hennebique, dove andranno nuove residenze e la facoltà di Lingue. Ebbene, nel decreto dei pm si ordina anche il sequestro di «tutti gli atti relativi a lavori o concessioni inerenti all'edificio Hennebique».
E ancora: Gianfranco Molisani risulta membro di una cordata interessata all'acquisto del gigantesco patrimonio immobiliare sanitario della Regione: un tesoro messo in vendita a 160 milioni di euro (l'aggiudicazione della gara sarà decisa nelle prossime settimane).
Ponte Parodi, quindi. Ma anche la Darsena, già ultimata, della Fiera del Mare. Come dire un altro importante progetto della recente storia urbanistica finito in polemiche e carte bollate. L'idea era stata appoggiata da tutti: costruire una marina nella zona Fiera che potesse servire il Salone Nautico, ma soprattutto, oltre agli approdi, facesse nascere intorno a sé un tessuto di imprese legate alla nautica.
Ma tra il disegno segnato sulla carta degli architetti alla realizzazione dei moli sono successe molte cose. Il percorso non sempre è stato chiaro e lineare, a cominciare dal costo previsto per l'opera: era stato previsto un investimento di circa 20 milioni di euro, ma la spesa è lievitata fino a 34. Come dire un aumento di 14.376.609 euro, cioè circa del settanta per cento. Il motivo? L'utilizzo imprevisto di particolari massi artificiali in sostituzione di quelli previsti (tetrapodi) nel progetto definitivo a base di gara. Un intervento imposto dalla Regione per tutelare le caratteristiche cromatiche del tratto di scogliera esistente a ovest del torrente Bisagno.
I tecnici allora chiarirono: «È impossibile ricorrere a massi naturali di quel tipo, occorre utilizzare massi artificiali modello Antifer, simili per caratteristiche geometriche». Termini tecnici. In pratica significa un sberla da dieci milioni di euro. Poi ci sono state la rimodellazione della scarpata e la modifica della Darsena per aumentare la superficie dello specchio d'acqua.
Alla fine Coopsette (capofila), Cidonio ed Icam, le società coinvolte nella realizzazione dell'opera, presentarono il conto delle variazioni.
Ma non sono soltanto le spese ad aver attirato l'attenzione dei pubblici ministeri. No, c'è anche il cammino che ha portato all'approvazione del progetto. Ci sono i veri e propri scontri tra Beppe Pericu e Claudio Burlando, da una parte, e i revisori dei conti dell'Autorità dall'altra. E ci sono i voti contestatissimi nel Comitato portuale dove i favorevoli furono meno degli astenuti. L'Autorità, però, decise di tirare dritto, di considerare l'approvazione come avvenuta, salvo poi essere stoppato dal governo che ricordò una norma della legge di Riforma portuale: «Le deliberazioni sono assunte a maggioranza dei presenti». Tutto da rifare, quindi, e la sofferta approvazione alla fine arrivò.
Resta emblematica, tuttavia, la lite scoppiata il 9 ottobre 2006 fra Claudio Burlando e i revisori che contestano il rialzo dei costi. «Non ho capito - dice il governatore di fronte al Comitato portuale - cosa dovevamo fare. Dovevamo lasciare l'opera incompiuta? Perchéè questo che non mi è chiaro nel vostro parere. C'è un'opera che è partita, dopodiché c'è un'osservazione regionale sull'impatto ambientale ma secondo voi c'è anche dell'altro, nel senso che, contrariamente a quello che dice l'Autorità portuale, alcuni problemi di costo non dipendono dalla situazione regionale e questo era chiaro già dall'inizio. Ho capito bene?». «Non abbiamo contestato la realizzazione dell'opera, anche perché non è nostro compito - risponde il revisore Paolo Lenzi -. Il nostro aiuto consiste soltanto in un consiglio che credo sia di buona amministrazione: quando si prevede di fare qualcosa, si devono indicare preventivamente i mezzi di copertura. In questo caso si sapeva che l'opera non sarebbe costata 28 milioni, ma bensì 42, e non erano stati presi gli impegni di questo importo». «Lei lo sapeva, allora?», si irrita Burlando. «Certo: questa cosa degli Anfiter si sapeva da molto prima della delibera di aprile», replica Lenzi. Prima di aggiungere: «A ottobre 2005 si sarebbe dovuta fare una variazione di bilancio dicendo: l'opera che si pensava costasse 28 milioni ne costerà 42». «Ma l'opera era già avanzata», è la contestazione del sindaco Pericu. Ancora Lenzi: «Non ha importanza. Se non c'è una copertura finanziaria, non è che si può continuare...». «L'opera - interviene nuovamente il sindaco - inizia con un suo preventivo e una sua copertura finanziaria. Nel corso dello svolgimento dell'opera, così come ci dicono i tecnici, emerge l'esigenza di una maggiore spesa esattamente un anno dopo l'inizio dei lavori. Ora, rispetto a quanto emerge, noi assumiamo una deliberazione qualche mese dopo e quindi siamo perfettamente in linea».
Ma i dubbi dei revisori restano anche dopo l'intervento di Pericu, come dimostra l'intervento di Albertina Vettraino: «Lei (rivolta a Pericu, ndr) mi deve consentire di ripetermi per l'ennesima volta. Il Comitato sta facendo esattamente quello che noi abbiamo detto. State approvando oggi una nota di variazione per un lavoro che è finito, e quindi è dimostrato dai fatti che l'ordine è stato dato ancora prima di avere la copertura finanziaria. Mi pare evidente».
Francesco Ferrari
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Ferruccio Sansa
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Tags: 'ndrangheta, mamone, eco-ge, D.I.A., claudio burlando, coopsette, inchiesta, porto, Pericu, porto di genova, Ser.te.co., molisani, multipurpose, coop santa barbara

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