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Minacce a Lombardo e Gratteri, “pizzicato” il telefonista

Si tratta di Francesco Gennaro Triolo, soggetto in contatto con personaggi vicini a cosche di 'ndrangheta. Gli inquirenti si stanno muovendo per comprendere se dietro ci sia la mano dei clan. Il fratello dell'uomo assolto per fatti analoghi. [il video]

REGGIO CALABRIA In meno di due mesi ha alzato dieci volte la cornetta di un telefono pubblico per chiamare il comando provinciale della guardia di finanza, quello dei carabinieri e incluso la madre di uno dei magistrati della Dda reggina per lanciare i suoi messaggi di morte all'indirizzo del pm Giuseppe Lombardo e del procuratore aggiunto, Nicola Gratteri. Telefonate frequenti, fatte quasi sempre da cabine telefoniche della stessa zona, che – alla fine – lo hanno tradito...

Foto TRIOLO F.sco Gennaro Dopo poco più di un mese di indagini serrate, condotte «alla vecchia maniera», ci tiene a specificare il comandante della Gdf reggina, Alessandro Barbera, i militari hanno stretto il cerchio attorno a Francesco Gennaro Triolo (foto, sopra), soggetto in contatto con personaggi vicini a cosche di 'ndrangheta, ma soprattutto fratello di quel Giuseppe Triolo, qualche anno fa finito a processo (alla fine sarà assolto) per aver annunciato che sarebbero arrivate nuove bombe all'indirizzo del procuratore capo Salvatore Di Landro e del pg Francesco Neri. Un modus operandi comune quello dei due fratelli, ma soprattutto una coincidenza che inquieta e su cui adesso il procuratore capo di Catanzaro Vincenzo Lombardo e il pm Paolo Petrolo vogliono vederci chiaro. Per questo, gli inquirenti hanno ordinato ai militari di mettere a soqquadro abitazioni e uffici non solo dell'indagato – che «per ora» risponderà a piede libero delle minacce nei confronti dei magistrati – ma anche del fratello e di altri tre soggetti, appartenenti alla suo più ristretto entourage. «Abbiamo disposto le perquisizioni per capire perché questo soggetto avesse fatto queste telefonate ed eventualmente anche per conto di chi. I militari sono andati alla ricerca di elementi che ci consentano di andare oltre il dato acquisito». Un dato frutto di indagini pazienti e meticolose, iniziate subito dopo quella prima telefonata ricevuta dai militari della Finanza il 9 novembre scorso, con cui Triolo annunciava «è pronta la festa per il giudice Lombardo al Parco Caserta». Un messaggio che aveva allarmato non poco non solo il pm – da tempo destinatario delle minacce più disparate – ma anche gli investigatori, che nel giro di pochissimo sono stati in grado di individuare la cabina telefonica da cui era partita la chiamata. «Abbiamo di fatto coperto il posto con i nostri uomini che si sono messi sulle tracce dell'uomo. Su di lui avevamo alcuni indizi, tratti dalle riprese di una videocamera di un esercizio commerciale, che era riuscita parzialmente a riprenderlo, anche se non in modo chiaro». A permettere ai militari di individuarlo è stata anche la particolare andatura dell'uomo, studiata dagli uomini della Gdf che «hanno percorso in lungo e in largo viale Calabria nella speranza di individuarlo – aggiunge il comandante del nucleo di polizia tributaria, Domenico Napolitano –. Una sera, una pattuglia è riuscita a beccarlo e a pedinarlo fino a casa». Nelle settimane successive l'uomo è stato monitorato, seguito, ripreso dai militari che hanno appuntato abitudini, frequentazioni, incontri. «In questi casi bisogna avere pazienza per concedersi la possibilità di raccogliere gli elementi necessari per arrivare a un risultato processuale», spiega il procuratore Lombardo, memore dell'esito infelice del procedimento a carico del fratello di Triolo, in passato individuato come autore delle minacce telefoniche all'indirizzo di Di Landro e Neri, ma assolto in sede processuale. Ma proprio la presenza di due inquietanti telefonisti nella stessa famiglia è un dato che oggi impone analisi e approfondimento. Al vaglio dei magistrati c'è l'ipotesi che anche all'epoca fosse stato Francesco Antonio e non Giuseppe il misterioso telefonista, come pure che i due fratelli siano stati "ispirati" da qualcuno. «Non intendiamo né sottovalutare né sopravvalutare il dato acquisito – chiarisce il procuratore Lombardo – ma non si sa bene di fronte a cosa ci troviamo, questo è il problema. Per adesso il dato è questo, ma attendiamo l'esito delle perquisizioni». Di certo, rimane inquietante il messaggio che emerge dalla vicenda «a Reggio – commenta amaramente il procuratore capo di Catanzaro – si respira aria di 'ndrangheta anche quando si parla di argomenti effimeri. Noi magistrati facciamo un'attività che da fastidio a molti, non solo agli affiliati in senso stretto, ma anche a quelli che respirano aria di 'ndrangheta, che si fanno assorbire dai modi di essere della 'ndrangheta, che parteggiano per la 'ndrangheta». Un modo sottile per dire che nonostante Triolo non sia propriamente un affiliato, per le 'ndrine ha una sorta di fascinazione. Adesso toccherà capire se semplicemente questo ha portato a un'iniziativa personale, o se quelle inquietanti e precise minacce, in cui veniva riportato anche l'orario preciso di rientro a casa dei magistrati, siano state ispirate da qualcuno.

Alessia Candito
[Corriere della Calabria]

 

L'Ufficio di Presidenza della Casa della Legalità esprime non soltanto soddisfazione per il lavoro svolto con incisività dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Catanzaro, ma anche pieno ringraziamento per essere riusciti ad individuare l'autore delle minacce al Pm Lombardo ed al Proc. Agg. Gratteri della DDA di Reggio Calabria, facendo compiere all'indagine un importante passo avanti. Auspichiamo che si riesca ad identificare pienamente la "rete" che si è mossa contro i magistrati antimafia di Reggio Calabria e di cui "telefonista" è risultato essere il TRIOLO. Come era già emerso, in quelle minacce si era evidenziata una piena conoscenza delle attività lavorative dei magistrati, facendo chiaramente trasparire che chi minacciava aveva a disposizione informazioni quasi in "diretta" su movimenti e le attività del Pm di Reggio. Questa ragnatela, con ramificazioni anche all'interno dei palazzi delle Istituzioni, è quella che deve essere individuata e colpita senza alcun tentennamento. Così come, non dimentichiamo, occorre mantenere massima l'attenzione e la tutela per quei magistrati in prima linea, vittime di minacce continue, come anche il Pm Bruni della DDA di Catanzaro.
Come Casa della Legalità abbiamo l'abitudine di non perderci nelle parole di "solidarietà" ma di continuare il nostro lavoro per poter portare un contributo concreto al contrasto delle organizzazioni mafiose e soprattutto della rete di protezione e complicità da queste costruita non solo nel mondo dei "professionisti", dell'economia e della politica, ma anche ancora nei settori Istituzionali dello Stato.

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