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Mafie in Liguria, tentativi di corruzione di magistrati... ma anche cosche tra banche e usura

Gino Mamone alla presentazione del suo grande escavatore... non ci guardava proprio benePartiamo proprio dal tentativo di corrompere un giudice messo in atto dai Mamone, ed in particolare da Gino Mamone. Questi, attraverso Domenico Casagrande, dell'Outlet di Savignone, voleva scoprire se vi era la possibilità di corrompere il sostituto procuratore Francesco Pinto, ovvero il pm titolare delle diverse inchieste che riguardano la sua principale società, la Eco.Ge e lui stesso per associazione a delinquere finalizzata alla turbativa di incanto al fine di "controllare" l'assegnazione degli appalti e subappalti di demolizioni e bonifica nelle aree della Acciaierie di Cornigliano, oltre che per corruzione finalizzata all'ottenimento del via libera del Comune di Genova per la realizzazione del progetto (dell'arch. Vittorio Grattarola) nell'area dell'ex Oleificio Gaslini, quella relativa alle false fatturazioni con creazione di fondi neri da utilizzare per corrompere, ma anche per filoni che portano alla Stoppani tra Arenzano e Cogoleto...


Gino Mamone vuole che le indagini ed i procedimenti su di lui e le sue società vengano insabbiati e nel rapporto della DIA di Genova si legge che il Mamone si lamentava "sostenendo che al Nord questo tipo di interventi gli risultano molto più difficili che al sud"... ed allora incarica il Domenico Casagrande che gestisce quel negozio in Valle Scrivia (quella vallata di cui abbiamo già parlato ampliamente perché molto considerata dai signori e soprattutto dalla banda di cravattari come Silvio Criscino) che, scrive la DIA nel suo rapporto, "sta in piedi grazie a capitali forniti dallo stesso Mamone". E se la DIA nel suo rapporto alla DDA di Genova ricostruisce il tentativo di tendere la trappola a Pinto da parte dei Mamone, una conferma arriva da un intercettazione di un indagine condotta dal pm Alberto Lari. Questa conferma data e ora di un incontro avvenuto tra Mamone con il Domenico Casagrande, a Busalla, un pranzo dove si è pianificato il tentativo di corruzione per fermare le indagini.
Il rapporto della DIA del 2 febbraio 2010 è finito in un fascicolo del Procuratore aggiunto, con incarico di Coordinatore della DDA di Genova, Vincenzo Scolatico e, come pare scritto nel destino, anche qui sembra vi sia stato identico iter delle inchieste pesanti nel savonese dove era Procuratore Capo: tutto resta fermo o va avanti piano piano... Fatto abbastanza inquietante vista la portata del rapporto della DIA e quella conferma che arriva dagli atti di un inchiesta di un altro pm, che se da un lato evidenzia che il Mamone ha tentato di corrompere un magistrato (Pinto) e non c'è riuscito, dall'altro c'è un magistrato (Scolastico) che non procede nemmeno ad un interrogatorio ed all'incriminazione per tentata corruzione giudiziaria, nei confronti del Mamone Gino e del Casagrande Domenico. E tra l'altro quei personaggi non sono proprio degli sconosciuti alle attività della Procura di Savona (da cui proviene proprio Scolastico - clicca qui -, così come un altro pm Alberto Landolfi - di cui abbiamo già parlato ampiamente -, per circa 23 anni a Savona ed ora provvisoriamente alla DDA di Genova in attesa di raggiungere, a breve, la meta a cui è stato assegnato: il Kosovo), anche se, bisogna dirlo, che con quella Procura hanno avuto molta fortuna quegli stessi personaggi... Ma andiamo con ordine.

Il Domenico Casagrande, ovvero l'uomo che per Mamone doveva cercare di corrompere il pm genovese, era già stato protagonista in alcuni procedimenti a Savona. In uno di questi fu condannato ad 8 mesi per corruzione di testimoni per il procedimento in cui era coinvolto, nel 2001, per una bancarotta di una pellicceria savonese la "Conte Furs" di via Paleocapa. Per cercare di avere false testimonianze in aula offrì senza troppi problemi soldi a chi doveva deporre. Lo stesso Domenico Casagrande nel procedimento principale è stato condannato a 4 anni e 6 mesi. E questo procedimento è stato al quanto complesso e lungo. Infatti scatto l'accusa anche per l'allora agente dei Carabinieri Carlo Germani relativa a furto aggravato, falso per soppressione e favoreggiamento. Infatti veniva contestato, tra il resto, il particolare di aver distrutto la relazione del curatore fallimentare, dopo averla rubata presso la segreteria del pm Franco Greco, al fine di agevolare il Domenico Casagrande e chi dietro di lui. Il Germani, nel gennaio del 2009, difeso dall'avvocato Giuseppe Maria Gallo (lo stesso di Profiti, finito nelle inchieste - condannato a 6 mesi in primo grado per corruzione - del pm Pinto, con i Mamone e gli uomini del centrosinistra genovese a partire dal braccio destro del sindaco Marta Vincenzi), è stato assolto perché "il fatto non sussiste"... Ma andiamo con ordine: per lui era stata richiesta l'adozione di misure cautelari ma il Gip lo negò ed il Gup Caterina Fiumanò nel 2001 lo prosciolse, ma il provvedimento fu annullato dalla Corte di Appello di Genova a seguito dell'impugnazione da parte del pm... ma con 11 anni per arrivare a sentenza.
Ma parlando di fallimenti "perfetti" nel savonese che vedono le famiglie vicine e legate ai Mamone coinvolti a Savona vi è molto di più. Fatti di cui abbiamo abbondantemente parlato nei dialoghi con la collaboratrice di giustizia che poi, in aula a Savona, dopo mesi e mesi di rinvii su rinvii ed una situazione insostenibile che la portò ad uscire dal programma di protezione, non confermò.
Chi erano questi signori graziati dai ritardi della magistratura savonese e dalle intimidazioni - andate a buon fine - della testimone chiave, come denunciato in aula dal pm? Vediamo.
Si trattava di una bancarotta per distrazione per alcuni milioni di euro, associazione a delinquere, riciclaggio e trasferimenti di beni e valori all'estero (via Costa Rica sino a Montecarlo). Le attività coinvolte erano tre negozi di vendita di scarpe: la "NG calzature" ed il "Supermarket della calzatura" di Albenga e la "Stile Moda" di Genova. Due i patteggiamenti accolti dal Gip, quello dell'ex moglie di Vincenzo Mamone e quello di Sante Taffelli, rispettivamente le ufficiali amministratrici della NG Calzature e della Stile Moda. Gli altri protagonisti erano: Vincenzo Mamone, considerato l'amministratore di fatto della NG Calzature e Franca Gallo - di Alessio -, Gianni Delfino convivente della Gallo e Antonio Zurzolo... e poi: Domenico Gullace, Giuseppe Maffei, Emilio Frotto, Silvio Fiorillo, Giulia Fazzari e la commercialista De Luca e, ciliegina sulla torta, Cermelo Gullace.
Ma per approfondire questo rileggetevi alcuni degli articoli precedenti: "Esperienze di Famiglia", "Contraddizioni di Stato", "Le intimidazioni mafiose condizionano i testimoni" e già che ci siete: "Non cambi mai, non cambi mai", lo "speciale Pandora" e quello sui "Gullace e Fazzari".
Qui possiamo ancora ricordare semplicemente che per questo ambiente è normale cercare di "corrompere" e "comprare" chi gli rompe le scatole, e per farlo rendiamo noto che uno dei soggetti vicini a lor signori salì dalla Calabria per incontrarci e cercare di "comprarci" spedendoci poi un po' di soldi... ma non gli andò molto bene visto che la nostra risposta è stata quella di rigettare le avance, tirare dritti e, naturalmente, verbalizzare il tutto con chi di dovere. Ma, ora, passiamo all'altro capitolo delle news dal fronte ligure, in attesa delle prossime novità.

Soldi tanti soldi con mutui senza garanzie...Alcuni mesi fa eravamo tornati a sollevate la questione degli Istituti di credito . Le banche, queste strutture tanto amate dalle cosche mafiose per le loro attività di riciclaggio, occultamento di soldi sporchi e speculazioni. Vi eravamo tornati perché non è possibile che le Banche chiedano garanzie "impossibili" ai lavoratori, ad esempio, e poi prestino soldi senza verifiche a nullatenenti prestanome delle cosche, se non addirittura ad esponenti apicali delle diverse famiglie mafiose. I casi che avevamo indicato erano quelli contenuti in carte ufficiali, come ad esempio il funzionario della Carige che faceva da punto di riferimento per la rete del clan dei Piromalli, o quegli episodi che coinvolgevano esponenti delle cosche dei Barbaro-Papalia e degli Arena-Nicoscia, che dalle altre regioni del nord scendevano a Genova, presso Unicredit e Carige, per avere mutui vantaggiosi. Poi abbiamo segnalato di alcune attività che avevano prestiti su prestiti, pur senza alcun ampliamento aziendale e che spesso di recavano a Milano per conquistarsi le garanzie dei prestiti. Adesso qualcosa si muove sul piano giudiziario e forse qualcuno nelle Banche ha iniziato a comprendere che quell'obbligo alla segnalazione delle operazioni sospette non è male se viene rispettato. La Bnl, ad esempio, ha iniziato a segnalare i mutui gonfiati che aveva elargito. Si tratta, in questo filone di inchiesta del Gico della Guardia di Finanza, di prestiti acquisti per circa 100 milioni di euro presso 10 banche da esponenti della criminalità calabrese, grazie ai soliti "professionisti". Anche qui il gioco era semplice, viste le complicità di cui godeva il gruppo criminale: mutui gonfiati sulla base di perizie di comodo, buste paga false e prestanome... tutto ottenuto grazie al supporto di "professionisti" come anche, quasi certamente, di funzionari delle stesse banche. Ed è un filone che si congiunge con quello relativo al giro di usura, sfruttamento della prostituzione e contrabbando del boss dei "gelesi" di Cosa Nostra, Rosario Caci, con la sua signora e calabresi amici di cui abbiamo recentemente parlato (25 maggio 2010 - 28 maggio 2010). Infatti nel nuovo filone di inchiesta tra gli indagati vi sono Nicodemo e Christian La Rosa (padre e figlio), il primo residente a San Quirico in Valpolcevera ed il secondo a Savignone (sempre in quella splendida vallata di cui abbiamo parlato all'inizio). Con loro è indagata anche la compagna di Christian La Rosa, la romena Florentia Georgescu. E fitta è anche la rete delle società sottoposte alle perquisizioni, tra queste: "Prestige Immobiliare srl", il bar "Nuova Corallo" gestito da "La Rosa Gestioni srl, la "Building Rent & Contruction srl", oltre alle sedi della ditta individuale di Nicodemo La Rosa, in via Rosata e via Geirato a Molassana. Tra i professionisti coinvolti che si sono visti abitazioni e studi perquisiti vi sono: Carlo Ciccione, commercialista (Albenga e Cisano sul Neva) e Maurizio Montanari (in via Piaggio nel quartiere di Castelletto a Genova). A Savignone, oltre all'abitazione del Christian La Rosa, sono state individuate e perquisite anche auto di lusso tra cui due Ferrari d'epoca, una Mercedes ed una Bmw. Sequestrati anche documenti contenuti in cassette di sicurezza ed anche assegni in bianco, custoditi in una cassaforte, firmati da commercialisti genovesi con cifre che variano tra i 10mila e 30mila euro, senza data e senza intestatario... che presumibilmente rappresenterebbero le "garanzie" ai "prestiti" forniti dai calabresi a tassi di usura.
E tra gli indagati vi sono anche molteplici agenti immobiliari ed altri "colletti bianchi" coinvolti nel giro delle compravendite (una cinquantina quelle sotto inchiesta).

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