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Carige e Berneschi... scopriamo il "tempio"

Un po' di rassegna sulla CARIGE ed il suo Berneschi...

per iniziare un'inchiesta del Corriere della Sera
sulla Carige diretta dal Cavalier Berneschi


27.10.2006 – Corriere della Sera
INDISCRETO
Carige, la lente di Bankitalia e le assicurazioni
La Banca d' Italia segue con la «massima attenzione» l' attività della Carige. E non è un interesse dell' ultimo minuto. I riflettori di Palazzo Koch si sarebbero accesi da qualche tempo sulle vicende genovesi messe in luce dall' inchiesta di «CorrierEconomia». Anche se la Vigilanza non è la sola a tenere sotto stretta sorveglianza la situazione. Dato che i problemi maggiori e gli interrogativi più complessi nascono dal ramo assicurativo del gruppo, i controlli chiamano in campo le competenze dell' Isvap. E la Carige ieri ha diffuso una nota per rispondere a «CorrierEconomia». Da un lato rimarca «l' obiettivo strategico» delle acquisizioni nel settore delle polizze». Dall' altro, riguardo a Carige assicurazioni, la banca sottolinea che l' Isvap ha approvato nel luglio 2004 un piano di rafforzamento delle riserve, attuato in questo esercizio. E aggiunge che la società ha registrato una sensibile contrazione dei sinistri nella Rc auto. L' andamento è « positivo e in significativo miglioramento». Riguardo poi agli acquisti di immobili da parte delle controllate assicurative, Carige afferma che sono stati «effettuati sulla base di adeguate perizie che attestano la congruità dei prezzi pagati con riferimento ai valori di mercato». Gli immobili verranno imputati a investimento delle riserve tecniche delle compagnie sulla base di ulteriori perizie dell' agenzia del territorio».

26.10 2006-  Corriere della Sera
L' INCHIESTA DI «CORRIERECONOMIA»
Carige, la Procura apre un dossier
«Apriremo gli atti relativi alle notizie apparse sul Corriere della Sera a proposito di Banca Carige per accertare se siano stati commessi reati». È quanto ha detto ieri all' agenzia Adnkronos il procuratore capo di Genova, Francesco Lalla. «Riteniamo - ha aggiunto - che quanto riportato sul giornale meriti un approfondimento. Da Isvap non abbiamo ricevuto notizie in proposito, chiederemo comunque informazioni».

23.10.2006 – Corriere della Sera
Carige, immobili in cattiva compagnia Per un palazzo il prezzo sale del 1.500% in 24 ore. Affari con faccendieri che furono al fianco di Florio Fiorini
Assicuratori effettivi e assicuratori improbabili, immobiliaristi veri e presunti, bancarottieri, faccendieri e affaristi con il conto in Svizzera per il «nero». Capitali panamensi, finanziarie estere e fiduciarie di copertura. È sorprendente e un po’ inquietante il mondo che si apre se si cerca di rispondere alla seguente domanda: che ci fa Banca Carige con due compagnie assicurative, Carige Assicurazioni (sede a Milano) e Carige Vita (Genova), che da anni le succhiano soldi e vengono sistematicamente «massacrate» dall' Isvap? Tante cose ci fa. Tra queste, distribuire poltrone e relativi compensi a parenti e amici dei due leader del gruppo: Giovanni Berneschi, presidente della banca e da sempre anche al vertice delle compagnie, e Ferdinando Menconi, il potentissimo e intoccabile capo del comparto assicurativo ma anche consigliere della banca e, nel recente passato, della Fondazione che controlla il gruppo. È una storia di potere e nepotismo, con l’ombra lunga di alcuni personaggi che furono al fianco di Florio Fiorini e della sua Sasea nelle scorribande finanziarie degli anni Ottanta-Novanta. Vediamo.

L’affondo dell’Isvap 
Banca Carige comperò nel ’97 le compagnie assicurative che allora si chiamavano Norditalia- Levante e Basilese Vita. Prima o dopo l’era Carige, il capo non cambia: Ferdinando Menconi, genovese, un solido curriculum assicurativo alle spalle, tra Savoia, Basilese e Comitas. Acquisendo il 100% e mettendoci il marchio, la banca, che è quotata in Borsa, da subito investe il proprio buon nome sulle due assicurazioni (400 agenzie). È naturale pensare a standard di gestione e a meccanismi di governance rigorosissimi. Ma non è così. Nel 2003 l’Isvap e la Banca d’Italia, dopo lunghe ispezioni, mettono pesantemente sotto accusa la gestione delle compagnie e della banca: la sostanza è che le riserve tecniche sono gravemente insufficienti. E per chi vende polizze la voce «riserve tecniche» è fondamentale: sono gli accantonamenti a garanzia degli assicurati. A quel punto la banca concorda un piano di risanamento con l’Isvap che si dovrebbe concludere il prossimo 31 dicembre. E apre il portafoglio, come ha sempre fatto. In totale fino a oggi il «sostentamento» delle assicurazioni è costato almeno 150 milioni, compresa l’iniezione di 15 milioni in Carige Vita un mese fa.

Reputazione in gioco 
Sembrava un capitolo chiuso, una macchia dimenticata nella reputazione della banca. E invece, a sorpresa, quest’anno Berneschi e Menconi si ritrovano sul tavolo una lettera dell’Isvap che contesta, di nuovo, carenze nelle riserve sinistri, riduzione del margine di solvibilità e minusvalenze non contabilizzate sui bilanci 2004 delle compagnie ma con riflessi nel 2005. Come se a Genova avessero «barato» sul piano di risanamento promesso. L’istituto di vigilanza pretende il licenziamento in tronco dell’attuario nominato dalla banca e di quello espresso dai revisori. È un provvedimento rarissimo ed è la prima volta che colpisce un gruppo quotato in Borsa. L’attuario è il professionista che calcola in prospettiva rischi e premi delle compagnie. Dunque è di nuovo emergenza e a metterci una pezza è sempre la banca. Ma perché continua a giocarsi la faccia? Fin qui il quadro, per così dire, istituzionale. Poi c’è il lato oscuro della vicenda. E, forse, anche la risposta alla precedente domanda.

La posizione del gruppo 
Il Corriere ha preliminarmente chiesto al direttore delle relazioni esterne del Gruppo Carige, Emilio Molinari, se vi sono parenti di amministratori che occupano poltrone nel gruppo o in società partecipate. La risposta è stata: «No, direi di no». Poi gli è stato chiesto se è vero che su alcune operazioni immobiliari il partner è tale Ernesto Cavallini (condannato in primo grado a Genova per il crac della Comitas assicurazioni e a Roma per il dissesto di Firs Assicurazioni e Lloyd Nazionale, tutte ex Sasea di Florio Fiorini). La risposta è stata: «Non esiste alcun accordo, noi facciamo la banca non gli immobiliaristi. Cavallini è potenzialmente un cliente come altri». Walter Malavasi, direttore generale della compagnia danni, ci ha detto: «Parenti di consiglieri o dirigenti nelle società partecipate? Assolutamente no. Cavallini? Credo sia un immobiliarista o un finanziere: nessun tipo di accordo né con lui né con altri. La Balitas? Mai sentita». Abbiamo cercato Cavallini in ufficio, la segretaria ha preso nota ma nessuno ha più richiamato. Non è stato possibile rintracciarlo nella sua residenza ufficiale, un residence in centro a Milano: alla reception ci hanno detto che in realtà «qui ha solo un recapito postale».

Menconi e i suoi cari 
Se ora facciamo sponda con il grafico in pagina, subito notiamo che Stefania Menconi e Alessandro Menconi , rispettivamente figlia e fratello del numero uno Ferdinando, hanno un ruolo da dirigenti. Pare che il fratello si sia un po’ defilato ma la figlia (residenza a Montecarlo dove ha recentemente ceduto una società immobiliare) è in grande ascesa. Da anni è responsabile della gestione commerciale, il marketing fa capo a lei e recentemente, con l’esplicito gradimento di Banca Carige, è entrata nel consiglio di amministrazione della Assi 90, per l’occasione allargato a sei membri. Solo qui, 16 mila euro garantiti alla figlia del capo. Assi 90 è lo snodo attraverso cui passano le partecipazioni in molte agenzie assicurative o network di agenzie.

I congiunti del capo 
Ventiquattromila euro è ciò che prende un altro consigliere di Assi 90: Francesca Amisano, le cui competenze in materia assicurativa non sono note. Ma per lei dovrebbe garantire il suocero: Giovanni Berneschi. Entrambe, Amisano e Menconi, presidiano la Ag che insieme alla Assi 90 rientra nel perimetro di consolidamento della banca. Papà Berneschi, poi, se gli capitasse di osservare questo grafico, troverebbe il figlio Alberto in una società di servizi dove il gruppo è il principale socio: si chiama Atoma e ha il delicatissimo ruolo di coordinare, per conto delle compagnie assicurative del gruppo, il controllo di gestione, le ispezioni amministrative nelle agenzie (dove altri amici e parenti hanno comode poltrone e soddisfacenti retribuzioni) e l’assistenza agli internal audits.

La famiglia del direttore 
Due poli molto importanti della rete agenziale sono Assimilano e Assicentro, classificate nel consolidato della banca tra le «imprese sottoposte a influenza notevole». La prima è territorio (ancora) di Alberto Berneschi; ma anche della moglie (Anna Gallacci) e del figlio (Ettore Visconti, consigliere) del direttore generale di Carige Vita, Manlio Visconti, ex vice di Menconi ai tempi della Savoia Assicurazioni (anni Ottanta) e oggi membro del comitato esecutivo dell'Ania, la Confindustria delle assicurazioni. In Assicentro (Roma) si è piazzato l’altro figlio di Menconi, Stefano, che è presidente con 50 mila euro annui. Se si passa ai nipoti (che ci sono) non si finisce più.

Governance casalinga
C’è un enorme conflitto di interessi potenziale, basti pensare alle dinamiche tra agenzie (che propongono gli affari e su questi incassano le provvigioni) e compagnia (che deve valutare se assumere un determinato rischio). Il fatto che tutti neghino l’esistenza di questa family-governance dimostra quanto sia indifendibile. C’è però un lato positivo: la flessibilità. Immaginiamo infatti che il presidente della banca, Berneschi, debba occuparsi di un problema assicurativo a valle. Può: 1)rivolgersi a Ferdinando Menconi che a sua volta investe del problema la figlia che essendo la coordinatrice della rete di agenzie è in grado di capire se il problema riguarda suo fratello, il figlio del presidente o altri; 2) Può chiamare direttamente il figlio; ma 3) se non è in casa e risponde la nuora va bene lo stesso, sono tutti nei posti chiave.

Le holding 
Qua e là compaiono holding estere coperte da finanziarie panamensi (è il caso di Bda), gruppi di cui non si conosce l’origine (Okofin in Assicentro) e fiduciarie (in Eurosicuras). Di Balitas, che ha un ruolo centrale (ma il direttore generale non ne ha mai sentito parlare), si sa solo che è di Lugano ed è domiciliata presso l’avvocato Rocco Olgiati, ex presidente del Casinò. Nascondono le partecipazioni di alcuni big del gruppo? Tutt’altro capitolo è quello immobiliare. Proponiamo sinteticamente le tre operazioni più recenti che sono anche tra le più rilevanti mai fatte dalle compagnie.

Dafne e la sede 
Il 31 gennaio 2005 Carige Assicurazioni acquista per 16,2 milioni il 100% della Dafne Immobiliare che è proprietaria della sede della compagnia stessa, in viale Certosa 222 a Milano. A vendere sono Edilver (44% ceduto per 6,2 milioni) e Cordusio Fiduciaria (56% per 10 milioni) che protegge un fiduciante. Tutto normale tranne che per due «dettagli». 1) Lo stesso giorno (31 gennaio 2005) Edilver- Cordusio avevano a loro volta comprato la Dafne dalla Compagnia Immobiliare Lasa (Merrill Lynch) per 5,9 milioni complessivi, quasi un terzo di quanto pagato immediatamente dopo da Carige; 2) Edilver fa capo, tramite l’irlandese Kingley Limited, al finanziere Ernesto Cavallini, condannato in primo grado per il crac della genovese Comitas Assicurazioni di cui era presidente all’epoca della gestione di Florio Fiorini. Anche Menconi fu tra gli amministratori di Comitas, sebbene in epoca ancora precedente e con Fiorini socio di minoranza e consigliere.

Portorotondo boom 
Il 23 dicembre 2005 Carige Vita compera per 8,9 milioni il 100% di Portorotondo Gardens, proprietaria di un complesso immobiliare a Padova. A vendere è la Edil Partecipazioni, società neocostituita e anch’essa riferibile a Ernesto Cavallini. Tutto normale tranne due «dettagli». 1) Lo stesso giorno davanti allo stesso notaio la stessa società era stata comprata da Cavallini per 650 mila euro, Carige l'ha pagata 15 volte di più; 2) L’incaricato di Carige aveva in mano una procura per comperare fino all’importo di 30 milioni. Tre mesi prima (settembre 2005) Cavallini, secondo attendibili fonti interne della banca, ottenne 24 milioni di apertura di credito in contro corrente dando in garanzia le quote di Portorotondo.

I H Roma e la maxiprocura 
È l'operazione più recente: il 20 luglio scorso Carige Vita compra per 28 milioni la società I H Roma, proprietaria, tra l’altro, dell’Hotel Pisana Palace nella Capitale. Due annotazioni. 1) Anche questa volta il delegato Carige si presenta con una procura specifica ma incomprensibilmente ampia: il limite di spesa è di ben 70 milioni; 2) I H Roma è riconducibile anch’essa a un gruppo di società che fa capo in parte a Cavallini e in parte a fiduciarie e finanziarie off-shore. Il gestore di quest’ultima nebulosa è un commercialista di Verona. Si chiama Antonio Franchi, è quello che ha venduto la villa in Sardegna a Gianpiero Fiorani incassando 1,7 milioni di «nero», secondo l’ex banchiere, su un conto della Banca del Gottardo.


Mario Gerevini - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 


 

Una rassegna dalla rete

24.10.2006 - da L'Espresso Local  

"Nepotismo e speculazioni". Ciclone di accuse su Carige
Conclusa l´opera di risanamento e l´ispezione Isvap un dossier contro i vertici del gruppo

Il caso Assicurazioni fa di nuovo tremare la banca

La delibera che completa il risanamento delle assicurazioni Carige è firmata 13 ottobre 2006. Ma il tempo per esultare di fronte ai conti tornati nuovamente in utile, dopo dieci anni di voragini, è davvero poco, una decina di giorni appena. Perché su Carige si abbatte come un ciclone un dossier del "Corriere Economia", l´inserto economico del Corriere della Sera, che proprio ieri ha dedicato il suo servizio d´apertura alla banca dei liguri con accuse pesantissime quali nepotismo, intrecci azionari che rimandano a personaggi inquisiti, speculazioni finanziarie e immobiliari. Al centro sempre loro, le assicurazioni targate Carige. Le stesse sulle quali hanno indagato per anni le procure di Milano (un fascicolo ancora aperto) e di Genova (caso archiviato) e su cui per due volte si è abbattuta la scure dell´Isvap, l´istituto di controllo delle società assicurative. Nel quartier generale della banca il timore, fin dalle prime ore del mattino, è che il titolo possa subire un tracollo. Ma alla fine di una giornata difficile in Borsa, Carige lascia sul terreno l´1,04 per cento, con oltre tre milioni di pezzi scambiati. Il prossimo passo è il mercato dei blocchi, dove qualche azionista potrebbe decidere di uscire, realizzando una forte plusvalenza, e a questo punto altri potrebbero seguirlo. Se ne riparlerà comunque oggi. Per il momento, resta al centro della vicenda l´attacco alla banca. Attacco che arriva a pochi mesi di distanza da un altro dettagliato dossier pubblicato dal Sole 24 Ore sulle recenti scalate bancarie, che avrebbero avuto in Carige la sponda ligure. «Il caso della Carige, la banca di famiglia» titola in apertura l´inserto, dedicando due intere pagine e un articolatissimo dossier a una banca che veleggia pur sempre attorno alla quindicesima posizione nazionale. In città, subito scattano le interpretazioni: resa dei conti genovese, orchestrata da qualche nemico del presidente Giovanni Berneschi; tentativo milanese di indebolire la banca, rendendola più facilmente aggredibile dall´esterno. Dietrologie? Chissà. Resta il fatto che su Carige, da tempo, è in atto una battaglia che ha per obiettivo il controllo della banca stessa. Da una parte, Berneschi in testa, chi ne difende l´autonomia e la distanza dalle grandi aggregazioni; dall´altra chi la vedrebbe nell´orbita di qualche colosso nazionale.
Berneschi mastica amaro, mostrando comunque subito le unghie. Ma sul campo resta un dossier senza precedenti sulle vicende di Carige, puntualissimo nel ricostruire la fitta rete societaria in cui compaiono sistematicamente i parenti di Berneschi (il figlio Alberto, la nuora Francesca Amisano), di Ferdinando Menconi, a capo del comparto assicurativo Carige (la figlia Claudia, il fratello Alessandro), e di Manlio Visconti, direttore generale di Carige Vita Nuova (il figlio Ettore). Una ragnatela che discende da banca Carige e si allarga alle due società assicurative (Carige Assicurazioni e Carige Vita) e alle loro controllate (Atoma, Assi 90, Assimilano, Ag, Assicentro Recina Servizi). Ma non è tutto. Il servizio si occupa anche dei rapporti della banca guidata da Berneschi con immobiliaristi come Ernesto Cavallini e imprenditori-politici come Vito Bonsignore, passando per le poltrone più nobili dispensate sempre dalla banca. E qui il rimando è a partite già note, a cominciare dal ruolo di azionista di Carige nelle società infrastrutturali di Bonsignore (di cui Berneschi è presidente), passando per le operazioni immobiliari con Cavallini. Un unico filo, quello ipotizzato, che legherebbe addirittura le mosse di Carige a una serie di iniziative finanziarie-immobiliari che rimandano a personaggi finiti poi nel mirino della magistratura. I nomi? L´ex leader della Comitas Florio Fiorini, e l´ex presidente della Popolare Italiana Giampiero Fiorani.

 

16.02.2006 da Dagospia
CARIGE CROCEVIA DELLE SCALATE BANCARIE
CARIGE CROCEVIA DELLE SCALATE BANCARIE, SCHIERATA SIA DALLA PARTE DI FIORANI CHE DI CONSORTE - SUL PIATTO 500 MILIONI DI EURO: ANNUSAVA" UNA PLUSVALENZA, OPPURE ERA UN PASSO QUASI OBBLIGATO PER I RAPPORTI COSTRUITI CON ANTONIO FAZIO?...

Circa mille miliardi di vecchie lire. Dietro le quinte, in maniera defilata, Banca Carige ha puntato una fiche importante sulle due partite bancarie estive: AntonVeneta e Bnl. Secondo la ricostruzione del «Sole-24 Ore», tra azioni acquistate e finanziamenti concessi in vari momenti ai protagonisti delle due scalate Carige ha messo sul piatto qualcosa come 500 milioni di euro. E non c’è dubbio: la banca guidata dal presidente Giovanni Berneschi e dal vice Alessandro Scajola (fratello del ministro) si è schierata sia dalla parte della Bpi (tanto che ha votato a favore della lista Fiorani nell’assemblea di AntonVeneta) sia da quella di Unipol (tanto che con Consorte ha sottoscritto un’opzione di vendita “put”). Fin qui i fatti.

Sullo sfondo una domanda: perché Carige è scesa in campo in entrambe le partite bancarie? Perché "annusava" una plusvalenza che poi ha effettivamente realizzato, oppure perché era un passo quasi obbligato per i rapporti costruiti con l’ex Governatore Antonio Fazio?

Tra politici e Opus Dei. Da Banca Caríge dicono che si è trattato di due normali investimenti. «Siamo un’istituzione finanziaria, è naturale che approfittiamo delle opportunità del mercato», ha spiegato un portavoce. E, in effetti, Carige uscirà da entrambe le partite con buone plusvalenze, non appena potrà aderire alle Offerte di Abn Amro e Bnp Paribas su AntonVeneta e Bnl. Ma le molteplici testimonianze raccolte dal «Sole-24 Ore» a Genova danno anche una lettura diversa: il motivo - dicono in tanti - è legato al "filo rosso" che unisce Carige alla Banca d’Italia della gestione Fazio. Gli investimenti, in parole povere, sono stati fatti soprattutto perché graditi all’ex Governatore.

Il rapporto con Palazzo Koch sembra si sia stretto a partire dal 2003. E ha contribuito - dicono in tanti – l’intermediazione di un interlocutore di primo piano come il senatore Luigi Grillo, grande amico di Fazio e da molti anni vicino a Carige. Molto vicino. Tanto che il genero del senatore è stato prontamente assunto come impiegato proprio a Banca Carige in concomitanza con il matrimonio con la figlia.

Però Grillo, contattato dal «Sole-24 Ore», ha rigettato questa lettura dei fatti: «Carige ha rilevato le quote dì AntonVeneta e Bnl perché pensava di avviare in questo modo un’ulteriore fase di espansione, magari rilevando sportelli proprio in Veneto e nel Lazio. Nessun rapporto con la Banca d’Italia».

In realtà c’è un altro fattore che conferma - secondo alcuni - la tesi della regia di Bankitalia dietro l’intervento di Carige: particolarmente apprezzata dall’ex Governatore sarebbe stata la presenza nella banca di persone legate all’Opus Dei. Un esponente vicino all’associazione fondata nel 1928 da Josè-Maria Escrivà de Balaguer è Vincenzo Lorenzelli, presidente della fondazione Carige nonché numero uno dell’ospedale pediatrico Gaslini.
Ma andiamo con ordine. Punto di partenza per inquadrare il ruolo di Carige è proprio la cronaca della rovente estate di AntonVeneta e Bnl.

Le partite bancarie. L’intervento di Carige vicino a Gianpiero Fiorani nella scalata ad AntonVeneta - sebbene non di primo piano - è documentato ampiamente. Nella relazione Consob che ha accertato il concerto tra Bpl, Fingruppo, i fratelli Lonati e l’immobiliarista Danilo Coppola, si legge infatti «che in data 19 aprile, Centrosim ha incrociato sul mercato n. 2.500.000 azioni AntonVeneta per conto di Enrico Consoli che vendeva a Banca Carige che acquistava». Proprio Consoli compariva nell’elenco dei 18 correntisti che hanno ricevuto finanziamenti dall’ex Popolare di Lodi tra il dicembre 2004 e il gennaio 2005.


Non solo. In data 30 aprile, in occasione dell’assemblea AntonVeneta, la banca genovese, che si è presentata con l’1,86% del capitale dell’istituto padovano, ha votato a favore della lista dei consiglieri presentati dalla Banca Popolare di Lodi. E il suo voto, come quinto azionista della lista Fiorani, è stato decisivo per raggiungere il quorum necessario per la nomina dei candidati della Bpi. Nella squadra di Gianpiero Fiorani compariva anche la Argo Finanziaria spa che fa capo a Marcellino Gavio. E proprio quest’ultimo, proprietario di un pacchetto di poco superiore all’1% della banca padovana è uno degli imprenditori più vicini a Cange.

Altrettanto attivo - ma sempre in veste di "corollario" - il ruolo di Banca Carige nella partita Bnl, di cui l’istituto genovese ha rilevato l’1,99%. Proprio questa quota, il 18 luglio scorso, è stata portata in Zote, al patto di, sindacato promosso dalla Unipol che in quella data disponeva già del 14,92% di Bnl. Il 18 luglio, inoltre, Carige ha sottoscritto un contratto put con Unipol: il contratto dava la facoltà alla banca genovese di vendere le azioni all’assicurazione bolognese. Anche questo contratto (insieme a tutti gli altri "put" siglati quel giorno) è stato messo sotto il "faro" della Consob.

I legami (e I finanziamenti) con gli immobiliaristi. Gli intrecci con le scalate estive non si limitano alle banche. Carige ha avuto (e in certi casi ha ancora) un rapporto finanziario con gli ormai celebri immobiliaristi. Con Stefano Ricucci, per esempio. Nell’estate del 2004, quando veniva allo scoperto il "contropatto" di Bnl guidato da Francesco Gaetano Caltagirone, l’immobiliarista romano ha trovato un appoggio in Banca Carige, che gli erogò un finanziamento da 150 milioni di euro. In cambio di quali garanzie? Azioni Bnl.

Con Stefano Ricucci il legame è andato oltre alla finanza: nel settembre 2005 è proprio Carige, insieme ad altre banche, a fondare Confimmobiliare, presieduta da Ricucci, che fa parte del sistema di Confcommercio. Ed è sempre la banca ligure a sponsorizzare lo sbarco a Genova dell’associazione con un partner d’eccezione: la fondazione, Sorella Natura, che vede tra I soci la Popolare Italiana e nel cda Raffaele Bozzano (consigliere della Fondazione Carige). «Da sei mesi - precisano però da Carige - la banca genovese non ha più alcun rapporto con Ricucci». Che -riferiscono i bene informati - non è mai stato ben visto in Carige.
È invece ancora attuale il legame con Vito Bonsignore, ex deputato di Forza Italia e membro, a suo tempo, dello stesso "contropatto" di Bnl. Monsignore è addirittura diventato socio di Carige qualche anno fa con una quota superiore al 2% (poi diminuita): per questo il figlio Luca è nel consiglio di amministrazione della banca.

Non solo: Bonsignore con Carige partecipa anche all’operazione Ili (Infrastrutture Lavori Italia. spa), che nel 2003 ha generato non poche polemiche con tanto di interrogazioni parlamentari. E proprio in quell’occasione, chi si è elevato a difensore dell’operazione? Il senatore Luigi Grillo, che minacciò anche querele ai suoi colleghi parlamentari che avevano promosso l’interrogazione.

Quel filo rosso con Bankitalia. In realtà il legame con Bankitalia non è di vecchia data. Fino a tre o quattro anni fa Giovanni Berneschi, numero uno dell’istituto, era un perfetto sconosciuto in Bankitalia. Tanto che lo stesso Governatore ha confidato ai suoi fedelissimi in più di un’occasione di non conoscere i vertici dell’istituto genovese. La svolta nei rapporti con Fazio – secondo la ricostruzione di molteplici fonti contattate dal «Sole-24 Ore» - è l’ispezione di Palazzo Koch in Carige, che risale alla fine del 2002 e che terminò con sanzioni pecuniarie nei confronti dei vertici per carenze nell’organizzazione, nei controlli interni e nell’erogazione del credito.

Ad essere particolarmente critico nei confronti della banca fu l’allora responsabile della sede genovese di Banca d’Italia, Antonio Lenza. Secondo i testimoni di allora, Lenza fu ancora più duro della già critica relazione ispettiva. Dopo poco, però, Lenza è stato trasferito da Genova a Milano. E - forse è un caso - piano piano i rapporti tra Carige e Bankitalia sono migliorati. Al punto che oggi a Genova vedono proprio in Via Nazionale una delle possibili ragioni per cui Carige si è schierata con Fiorani e Consorte.

 



Una rassegna precisa

dall'Osservatorio Ligure sull'Informazione
sulla Carige diretta dal Cavalier Berneschi

Dalla newsletter e dal sito di OLI
[L'Osservatorio Ligure sull'Informazione è nato per contrastare l'omologazione del sistema informativo, la riduzione progressiva delle voci di dissenso, il conformismo degli operatori di giornali, radio e tv. L'osservatorio segnala gli episodi di distorsione e occultamento delle notizie, di mancanza di contraddittorio e di trasparenza, di uso privato degli organi di informazione, di omertà e servilismo nei confronti di gruppi o esponenti del mondo politico o economico]


Newsletter n. 117, 1° novembre 2006

Carige/1
CHI HA PARLATO LA PAGHERA'
A una settimana dall'articolo del Corriere della Sera sulla Carige, un lungo editoriale ("Silenzi e bisbigli sul caso Carige") su Repubblica-Lavoro (30 ottobre 2006) si interroga sul perché di fronte alle notizie bomba fornite dal Corriere, e l'inchiesta in merito aperta dalla Procura, a Genova quelli che contano facciano finta di niente. La dirigenza politica è piuttosto impegnata a discutere di come dividersi il potere, le cariche, le candidature. Quanto alla classe dirigente (?) e la società civile (?) tacciono perché un po' si nascondono dietro ai politici e un po' non vogliono svegliare il can che dorme. Silenzio imbarazzato - prosegue l'editoriale - anche da parte dei vertici istituzionali come Pericu e Burlando. Insomma, dicono al Lavoro, un silenzio così finisce per danneggiare tutti, perfino la Carige. Parole sante. Peccato che al Lavoro, come al Secolo e al Giornale abbiano fatto così poco per romper e quel silenzio, facendo a gara nell'offrire spazio al presidente di Carige. Il quale ha di recente fornito una sintesi del Carige-pensiero nella riunione plenaria avvenuta di prima mattina con dirigenti della banca e sindacati e di cui fedelmente riferisce il Lavoro (28 ottobre) che nell'ambiente vanta da tempo notizie di prima mano. "Abbiamo scoperto - ha detto nell'occasione Berneschi - chi è stato a passare tutte quelle informazioni che hanno dato il via al dossier del Corriere e sappiamo che non è uno di noi, un interno". Perché, ha aggiunto, il "dolore più grande" per lui sarebbe stato quello di un "tradimento" interno, da parte di un giocatore della sua squadra. "Qualcuno - ha detto ancora - ha voluto colpire il sottoscritto, qualcuno che abbiamo già individuato e contro il quale faremo valere le nostre ragioni". Non una parola sulle pesanti contestazioni rivolte ai vertici della banca, le accuse di nepotismo e il resto. Solo la promessa di farla pagare cara al delatore. Il resto della giornata è stata spesa "a far veicolare in azienda il messaggio del presidente". Ordini, altro che bisbigli.
(m.c.)

Carige/2
SOLO LA VOCE DI SANSA NEL SILENZIO DEI BIG
Per dire lo stato di prostrazione, morale e poi politica, in cui versa la città, basta il silenzio imbarazzato, anzi timoroso (al Sud sarebbe automaticamente omertoso) che ha fatto seguito all'inchiesta del Corriere della Sera sulle manovre poco trasparenti dei vertici Carige. La massimo istituzione economico-finanziaria di Genova, cassaforte dei risparmi dei genovesi, accusata da un'inchiesta del Corriere di essere in affari con uno spregiudicato (e pregiudicato) faccendiere internazionale, di fiancheggiare i "furbetti del quartierino" in accordo col governatore Fazio e il fido Grillo, di nepotismo e di discutibili vocazioni immobiliari, non sembra una notizia tanto normale, come farebbe pensare la mancanza di qualsiasi reazione da destra e da sinistra. Né il sindaco, né il presidente della Regione e della Provincia hanno voluto azzardare un commento, una parola.
Prudenza, attendismo o assuefazione a un costume per cui il denaro ha mano libera e non tollera censure moraliste? Il fatto che la procura abbia aperto un fascicolo è una conferma ulteriore che tocca ai giudici surrogare l'assenza della politica.
La sola voce venuta a rompere il mutismo della scena pubblica è stata quella di Adriano Sansa, sindaco eletto nel '93 dai cittadini e cinque anni dopo non confermato dai partiti, per la sua "eccessiva" autonomia rispetto ai poteri forti. Oggi è presidente del tribunale dei minori, fuori da ogni mischia, ma in un'intervista a Franco Manzitti (Repubblica-Lavoro, 25 ottobre) non tace la sua preoccupata amarezza. Lo scandalo Carige? "Genova deve fare sentire la sua voce, questa è una grande occasione per capire se in città ci sono veri amministratori di banche, enti e istituzioni pubbliche, o padroni che decidono per tutti…" Condivide le riflessioni profonde di don Balletto sull'assenza di cultura nella politica locale, ma va oltre: "Se non si vuole finire male occorre anzittutto un'idea di città e un patto morale che impegni a garantire ovunque la vivibilità, invertire la sciatteria, l'abbandono." Invece "nella sinistra sembra imporsi un'area immobiliarista che impone in dominio del mattone e sradica perfino la storia". 
La sua schiettezza, non meno dura dei suoi giudizi sul balletto dei tre candidati sindaci per il fronte ulivista, all'insegna del facciamoci del male, toglie ogni possibile dubbio, qualora ne fossero rimasti, sul perché il giudice-sindaco non era in sintonia con vertici politici e economici, quelli che decidono per tutti noi. 
(c.a.)

26.10.06
Carige - La provincia difende gli affari di famiglia

Cos'è una provincia? E' un posto dove accadono le stesse cose delle altre parti ma chi ci abita non se ne accorge. Prendete il caso di Genova in questi giorni. Il 23 ottobre 2006 compaiono sul Corriere Economia, supplemento del Corriere della Sera, due pagine di servizi con titolo in prima.

Titoli: Trasparenza zero. Misteri genovesi. Il numero uno della banca Giovanni Berneschi, il capo del settore assicurativo Ferdinando Menconi e le poltrone distribuite ai parenti. Di seguito: Assicuratori effettivi e assicuratori improbabili, immobiliaristi veri e presunti, bancarottieri, faccendieri e affaristi con il conto in Svizzera per il "nero". Capitali panamensi, finanziarie estere e fiduciarie di copertura. È sorprendente e un po' inquietante il mondo che si apre se si cerca di rispondere alla seguente domanda: che ci fa Banca Carige con due compagnie assicurative, Carige Assicurazioni (sede a Milano) e Carige Vita (Genova), che da anni l e succhiano soldi e vengono sistematicamente "massacrate" dall' Isvap? Tante cose ci fa. Tra queste, distribuire poltrone e relativi compensi a parenti e amici dei due leader del gruppo: Giovanni Berneschi, presidente della banca e da sempre anche al vertice delle compagnie, e Ferdinando Menconi, il potentissimo e intoccabile capo del comparto assicurativo ma anche consigliere della banca e, nel recente passato, della Fondazione che controlla il gruppo. È una storia di potere e nepotismo, con l'ombra lunga di alcuni personaggi che furono al fianco di Florio Fiorini e della sua Sasea nelle scorribande finanziarie degli anni Ottanta-Novanta.
Interessa sapere chi è sto Fiorini? Lui stesso, in una intervista pubblicata su Repubblica il 23 marzo 2004 si definiva un "bucaniere" della finanza internazionale, un fantasioso "lavandaio". Uno che per queste attività di lavanderia si è fatto quattro anni di prigione in Svizzera per poi finire assegnato, ai servizi sociali per le condanne in Italia. Uno che c'entra con Parmalat, Tanzi e molte altre cosette, sufficienti perché il Corriere parli di "cattive compagnie".
Gli articoli del Corriere hanno a Genova l'effetto di una bomba. Prima reazione: stupore e scandalo. Argomenti: oscure potenze vogliono scippare Genova e la Liguria della "sua" banca. Il 24 e il 25 ottobre Il Secolo XIX e Repubblica offrono a Berneschi tutto lo spazio richiesto per la controffensiva. E' un complotto contro di noi, sostiene Carige. Intanto partono le interpellanze parlamentari e si muove la Procura locale.
I politici? Claudio Scaiola, fratello del vice di Berneschi - la provincia di Imperia retta dai berlusconiani gode di un rapporto privilegiato con Carige - si è schierato a difesa. Così anche Monteleone della Margherita. Gli altri tacciono o fanno dichiarazioni caute, cerchiobottiste. Del genere: ma chi mai poteva immaginarsi un porcaio simile.
Eppure solo otto mesi fa, il 16 febbraio 2006, Il Sole-24 ore aveva pubblicato i risultati di una l'inchiesta - "Carige crocevia delle scalate bancarie. La regia di Fazio e il ruolo di Grillo. I legami con gli immobiliaristi" - snobbata dai giornali e dai politici locali.
Ora sapete perché quelli di Genova sono considerati dei provinciali. Perché oltre a tenere gli occhi chiusi, si turano anche le orecchie.
(Manlio Calegari)

18.10.06

Carige/1 - A Genova il mattone la fa da padrone

Per la sua immagine ha scelto la bitta. Quella protuberanza di ghisa, tozza, con la testa un po' piegata di lato, che sui moli serve a trattenere cime e catene delle barche all'ormeggio. Lei, la Carige, è la bitta dei genovesi, dei liguri specialmente di quelli di Imperia per via di Scaiola. Ma gli affari sono affari e, in proposito, il suo presidente Berneschi ha sempre detto chiaramente come la pensa. Non era un caso se Il Sole 24 Ore del 16 febbraio 2005 gli aveva dedicato una intera pagina titolando "Carige crocevia delle scalate bancarie. La regia di Fazio e il ruolo di Grillo. I legami con gli immobiliaristi"; che poi erano Ricucci, Fiorani, mica persone da niente! E la bitta? La bitta c'entra: è il simbolo della costanza e della determinazione con cui la Carige e il suo presidente perseguono, da anni, il solo piano per il quale sono disposti a reinvestire i quattrini pompati ai loro clienti.

Sentite un po' cosa aveva detto a Repubblica il 9 settembre 2004, quando ancora la città sognava col waterfront di Piano: "Io comincerei a vendere l'aeroporto. Se l'architetto prevede di spostarlo perché non cominciare a vendere l'area? Il principio è che se devo cambiare qualcosa, vendo quello che ho, realizzo e riparto".
Passa un anno, cambiano i colori che governano la Regione, ma lui, Berneschi non ha cambiato idea. Su Repubblica 30 settembre 2005: "Il turismo si rilancia così, offrendo a un popolo nordista che si vuole trasferire al sole e al mare... nuove residenze e... una nuova rete commerciale". Ma l'Affresco di Piano - gli chiede l'intervistatore - non potrebbe produrre qualche altra occasione? Ma sì, certo risponde Berneschi. Ad esempio si potrebbe cominciare a "mettere sul mercato le aree dell'aeroporto". Ecco la bitta, la costanza! E precisa: "Qui a casa nostra come si farà a non vendere l'area Piaggio e le banchine del porto... E poi si venderanno anche le spiagge... tutto ciò che era in concessione... (e che) potrà costituire una risorsa finanziaria. Chi non comprerebbe il posto barca invece di pagare la sua (del posto barca, nda) tassa annuale?".
Geniale vero?
(Manlio Calegari)


18.10.06

Carige/2 - Da cosa nasce cosa. E dal terzo valico?

La filosofia Berneschi trova ampi consensi a Genova. Anche la nuova giunta regionale, nella persona di Burlando a novembre 2005, a Palazzo Ducale, incorona il presidente Carige con un premio; speciale perché lui non rientra in nessuna delle categorie previste (letteratura, solidarietà, spettacolo ecc.) ma in un certo senso le comprende tutte: è un esperto di soldi.

E ora, autunno 2006, l'uomo della bitta torna a parlare. Il sindaco? Berneschi fa qualche nome e poi precisa: ce ne vuole uno "con gli attributi e con il coraggio di fare l'unica cosa necessaria, il Terzo Valico... Al Paese e alla città serve il Terzo Valico, punto... Camera di Commercio, Confindustria, alcuni imprenditori ci stanno già lavorando. Ovviamente ho aderito con entusiasmo. Presto andremo anche dal presidente della Regione, Claudio Burlando, per invitarlo a seguire questa strada: chiediamo all'esecutivo il Terzo Valico e basta.
Domanda dell'intervistatore: "Perché il Terzo Valico sarebbe un toccasana?"
E lui, l'uomo della bitta: "perché spostando dall'autostrada alla ferrovia gran parte della movimentazione, si facilitano entrata e uscita in città, si decongestiona l'accesso al porto, si valorizzano certe aree".
Sì, aree. "Se l'università va agli Erzelli dovrà vendere gli immobili attuali. Roba di pregio, dove si possono realizzare interventi appetibili, ma vendibili a forestieri, perché qui non c'è un tessuto in grado di assorbire pezzi da un milione l'uno. Stesso discorso per Quarto, che la Regione dovrà cedere per i costi della sanità. Poi c'è un'altra iniziativa immobiliare a Boccadasse e, insomma, da cosa nasce cosa".
Capito il Terzo Valico della Carige? Immobiliari, case, porticcioli...
(Manlio Calegari)

 


 

anche noi ne avevamo scritto...un po di tempo fa

da Esperienze di "famiglia" - dai Mamone
dialogo con Tiziana (Asia), ex moglie di Vincenzo Mamone

a cura di Christian Abbondanza

[...]"E’ molto attiva la famiglia Mamone nell’imprendoria?”

“Tramite i fondi dei Gullace, soprattutto. Poi avevano molti rapporti con fidi e crediti da diverse banche: Carige, il loro contatto era il Dott. Berneschi, la BNL di via Roma con De Scalzo e Olivieri direttamente seguiti da Luigi Mamone, dove vi era un buco di 2-3 miliardi ripianato d’un colpo. Poi la Cariplo, dove mi avevano fatto aprire un conto e dopo qualche settimana vi erano già diverse centinaia di milioni, mi sono ritrovata un fido che non avevo mai richiesto o firmato. Alla richiesta di spiegazioni il funzionario mi replicò di stare tranquilla perché aveva fatto tutto Luigi Mamone che era anche il garante.

Poi erano a contatto con la Banca aperta a Montecarlo dalla famiglia di Licio Gelli, con cui Vincenzo Mamone aveva avuto rapporti. Mi presentarono il nipote di Gelli che seguiva gli affari del piduista. La Goldbroker, in Via Fiume 4 a Genova, era usata come luogo di incontro. In occasione di questi incontri mi è stato anche presentato un Generale francese, amico del Gambetta Massimo, che aveva lavorato nella famosa Area51 ed anch’egli legato alla P2.

Poi vi era Criscino Silvio di Genova Coronata, cognato di Mamone in quanto marito di Angela Mamone. Questi gestiva fondi della famiglia e dei Gullace. E ‘ stato anche coinvolto in un’inchiesta di usura, a seguito della denuncia dell’Impresa Cresta.”[...]


per leggere integralmente il dialogo on-line da dicembre 2005 (ed in parte ripreso da il Secolo XIX il giorno 8 dicembre 2005, prima che Asia Ostertag fosse riconosciuta Collaboratore di Giustizia) - clicca qui

 

 

 

 

Tags: 'ndrangheta, speculazione, mamone, burlando, Carige, Berneschi, terzo valico, scalate, fiorani, fazio, grillo, menconi, cemento, erzelli, alessandro scajola

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