La Casa della Legalità - Onlus è un'associazione nazionale di volontariato, indipendente ed opera senza finanziamenti pubblici o sponsor

seguici e interagisci suFACEBOOK TWITTER  YOUTUBE

CASA DELLA LEGALITA' E DELLA CULTURA - Onlus
Osservatorio sulla criminalità e le mafie | Osservatorio sui reati ambientali | Osservatorio su trasparenza e correttezza della P.A.

Oltre all'inchiesta di Panorama, qualche altra (per ora) breve annotazione su LIBERA


"Panorama" è arrivato alla 3° puntata dell’inchiesta sull’Antimafia e LIBERA
 dal titolo «Se l'Antimafia si trasforma in trust economico» (vedi qui)
 [qui invece la 1° puntata con l’intervista al pm della DDA di Napoli Catello Maresca «L'Antimafia a volte sembra mafia» e qui la 2° puntata con l’intervista a Raffaele Cantone «Cantone: "C'è chi usa l'antimafia, smascheriamolo"»].

E’ il momento, ora, di fare alcuni ulteriori esempi oltre quelli citati. Esempi concreti che servono più di ogni disquisizione, anche perché non si è qui per fare letteratura, nel chiarire il contesto di cui si sta trattando...

 

Partiamo da Reggio Calabria. Quando sul tavolo del Ministro dell'Interno vi era la Relazione della Commissione d'Accesso sul Comune di Reggio Calabria, il referente provinciale di LIBERA, Nasone Mimmo, sottoscriveva il "Manifesto contro la diffamazione della città". Un'iniziativa che, in quel preciso momento, assumeva il sapore di un appello contro lo scioglimento e commissariamento del Comune di Reggio Calabria. Un aggregarsi a quella mentalità pericolosa secondo cui è “offendere la città” il procedere contro le Pubbliche Amministrazioni piegate da illegalità dilaganti con segni tangibili e concreti di infiltrazione e condizionamento mafioso, e, nel caso di Reggio Calabria, di infiltrazione e condizionamento ‘ndranghetista. Don Luigi Ciotti smentì quell'adesione al manifesto (che però non venne ritirata!) e confermava al contempo la piena fiducia ed apprezzamento per il lavoro di Nasone che quel manifesto aveva firmato e che veniva utilizzato – ovviamente – per cercare di scongiurare l'adozione del provvedimento antimafia sul Comune. Fortunatamente l'allora Ministro Cancellieri andò avanti e promosse il Decreto che disponeva lo Scioglimento (e quindi il Commissariamento) del Comune di Reggio Calabria.

Saliamo in Emilia-Romagna. Qui, quando la Casa della Legalità insieme al giornalista Antonio Amorosi promossero il volume “Tra la via Emilia e il clan”, con la storia documentata del radicamento ormai consumato da lungo tempo delle mafie (‘Ndrangheta, Camorra e Cosa Nostra) in quella regione, e dei rapporti dei clan sia con Pubbliche Amministrazioni, politici ed imprese, dalle grandi spa ai colossi delle cooperative rosse.
Girando l'Emilia-Romagna, insieme ad Antonio Amorosi ed Elio Veltri non si è registrata soltanto l'assenza costante della classe dirigente politica dagli incontri, ma anche l'assenza totale di LIBERA, mai intervenuta in alcuna delle molteplici occasione. Delle mafie in Emilia-Romagna non si doveva parlare. Quella terra, con la sua classe dirigente, era stata presentata e doveva continuare ad essere presentata come “isola felice”, proprio come la Milano dove si negava sino all'ossessione la presenza ed operatività mafiosa. Non minore isolamento subiva, ad esempio, anche l’allora Presidente della Camera di Commercio di Reggio Emilia, Enrico Bini, “reo” di aver osato sollevare la questione della presenza ed attività delle mafie, con le loro imprese mafiose che condizionavano l’economia. Bini da un lato subiva, per il suo lavoro di monitoraggio e segnalazione, attacchi ed isolamento da quella classe dirigente, ma trovò, fortunatamente, sponda nel Prefetto di Reggio Emilia che avviò un’azione mai vista in quel territorio con l’adozione di quelle misure interdittive antimafia (che a Modena si iniziavano ad adottare) contro cui la politica, per garantirsi consensi elettorali, contestava in vari modi, più o meno plateali. Erano gli anni in cui il silenzio iniziava ad essere rotto da giovani di quel territorio, da qui ragazzi determinati che non intendevano cedere alla paura ed al cultura dilagante dell’omertà, come quelli di Corto Circuito e del Gruppo Pio La Torre.
Era il 2010. Era prima che venisse aperta l'inchiesta conosciuta come “AEMILIA”...
Soltanto dopo l'esplodere pubblicamente - con arresti e sequestri - dell'inchiesta giudiziaria, nel 2015, si è rotto in modo dirompente quel muto del silenzio (ovvero di omertà) e del negazionismo più sfrenato.
Lo si è rotto, però, solo in parte, visto che di denunce ferme e risolute contro la politica viziata da contiguità e connivenze - quando non addirittura complice - da parte di LIBERA non se ne sono viste. Così come LIBERA ha mantenuto il silenzio sui colossi delle cooperative rosse che alle imprese mafiose da anni affidavano subappalti e forniture, mentre in parallelo sostenevano il progetto di LIBERA di “LIBERA TERRA”. Qualche piccolo richiamo, ma senza troppo rumore e senza soprattutto lanciare un messaggio chiaro. Era (è) così difficile dire che soldi delle cooperative che avevano affidato (e continuavano ad affidare) commesse ad imprese di mafia, LIBERA ed i progetti di “LIBERA TERRA” non li accettano e quindi li restituivano al mittente? (Identico discorso poi si potrebbe fare per le varie Fondazioni bancarie, come ad esempio MONTE PASCHI DI SIENA che veniva addirittura portato da LIBERA come esempio di legalità nel sistema bancario italiano!).

Passiamo alla Liguria. Se ad esempio il caso di Savona è già stato evidenziato nella terza puntata dell'inchiesta di Panorama, non fa male ricordare anche che una componente di LIBERA, la CISL, era addirittura scesa in piazza, con tanto di cortei sotto le proprie bandiere, promossi contro leinterdizioni antimafia (confermate prima Tar e poi, successivamente, anche dal Consiglio di Stato), disposte dal Prefetto di Savona, a carico dei FOTIA. Fatti che nonostante segnalazioni e molteplici richieste di chiarimento e soluzione da parte di molteplici soggetti (oltre che sollecitati dalla Casa della Legalità) vedevano la ferma volontà di non affrontare il problema.
Potremmo parlare di Genova, ma sarebbe troppo lunga, e quindi sintetizziamo, sul capoluogo, con il semplice richiamo all'assoluto e inquietante silenzio relativo ai rapporti della politica e delle Pubbliche Amministrazioni (anche quell'Amministrazione comunale di cui Nando Dalla Chiesa era consulente e sostenitore) con i noti MAMONE, ma anche con il noto (già dalla prima inchiesta “MAGLIO” di primi anni duemila) FURFARO Antonio, oltre che, ancora due esempi eclatanti, con le concessioni, ad esempio, ai FIUMANO' (commercio) ed al GULLACE Ferdinando (appalto, nonostante anche un’interdittiva del Gip di Reggio Calabria).

Il caso che invece qui vogliamo indicare riguarda il Levante della regione. E' Sarzana. In questa realtà – così come altrove – vi sono tanti ragazzi di buona volontà che mettono energie in LIBERA. Ma in questa realtà vi è tanto che non torna e tanti pessimi segnali. Il primo: LIBERA ha promosso un ottimo opuscolo (“Una storia semplice. Pare che Sarzana sia 'ndranghetista”) in cui sono richiamati molteplici delle inchieste giudiziarie che hanno riguardato quel territorio, ma in cui manca un “pezzo”. Manca letteralmente e totalmente il contesto di relazioni e rapporti di quei nuclei familiari della 'ndrangheta radicata a Sarzana - i ROMEO e SIVIGLIA - con la politica e la Pubblica Amministrazione. Manca quindi quel contesto di contiguità e connivenze che vanno poi a costituire il “capitale sociale” della 'ndrangheta, perché attraverso quei rapporti, con quelle relazioni, promosse dai diversi esponenti di una famiglia di 'ndrangheta, si consolida il riconoscimento e l'accreditamento sociale di quel nucleo familiare. A Sarzana un esponente della famiglia ROMEO, come si è già documentato, era stato candidato ed eletto nella maggioranza dell'ex Sindaco (ora Senatore) Massimo Caleo (di cui era assessore l'attuale Sindaco, Cavarra). Per quel candidato dei ROMEO al Comune di Sarzana si mobilitarono i più alti livelli del PD spezzino (e già dei DS). Andrò infatti in scena con una cena elettorale a cui parteciparono, insieme, per sostenere il giovane ROMEO, il Caleo Massimo (Sindaco uscente e ricandidato Sindaco), Guccinelli Enzo (assessore regionale e ricandidato alla Regione sempre con Burlando) e Forceri Lorenzo (già Senatore e Presidente dell'Autorità Portuale di La Spezia). Ecco, su questo, ad esempio, silenzio assoluto da parte di LIBERA che, invece, parallelamente, con l'Amministrazione comunale guidata dal Caleo, costituiva la “Consulta della Legalità”.
Quando il Caleo volò a Roma, alla guida del Comune di Sarzana è giunto il suo “delfino” Alessio Cavarra, che, eletto Sindaco, chiamò in Giunta anche il Segretario provinciale del PD, Juri Michelucci, come Assessore alla legalità. Il Sindaco Alessio Cavarra, con l'Assessore ai Lavori Pubblici, Massimo Baudone, e la Giunta, si sono contraddistinti (ancora nell'anno 2015) per il negazionismo più assurdo e inquietante sulla presenza della 'ndrangheta a Sarzana.
E qui, come già ricordammo, oltre al “paravento” offerto dalla Fondazione Antonino Caponnetto (povera memoria di Nonno Nino!), l'Amministrazione Comunale ha potuto contare su quello offerto da LIBERA e dalla sua rete di satelliti locali. Infatti il silenzio fu totale. Nessuna replica al negazionismo Sindaco ed all'Assessore da parte di LIBERA e satelliti, così come nessun commento nemmeno alla “bazzecola” degli esponenti della famiglia ROMEO che hanno fatto irruzione ad una conferenza stampa della Casa della Legalità.
In contemporanea però andava avanti il lavoro a braccetto di LIBERA e satelliti con quell’Amministrazione Comunale negazionista, per la gestione di un bene confiscato. Ed è proprio qui che viene fuori un nuovo elemento critico, accennato anche nella terza puntata dell'inchiesta di Panorama... A far domanda per la gestione del bene confiscato (che il Comune guidato da Cavarra con l'amministrazione targata PD) sono l'associazione locale con ACMOS e la FONDAZIONE BENVENUTI IN ITALIA di Davide Mattiello (già braccio destro di Don Ciotti il LIBERA nazionale, già alla guida di LIBERA PIEMONTE accanto a Laura Romeo moglie di Giancarlo Caselli, già promotore di ACMOS e poi – dal 2013 – Parlamentare del PD in Commissione Antimafia). Se risulta già significativo che una FONDAZIONE di un Parlamentare faccia domanda per la gestione di un bene confiscato (che poi viene puntualmente assegnato alla cordata di soggetti in questione), quel che risulta assolutamente non opportuno è che quella stessa FONDAZIONE BENVENUTI IN ITALIA che chiede (e poi otterrà) – insieme alle altre realtà satelliti di LIBERA – l'assegnazione del bene confiscato al Comune di Sarzana (amministrato dal PD), abbia promosso nel 2014 un appello al voto ed alla mobilitazione a favore dei candidati del PD in Piemonte, e che qui si riproduce di seguito, con anche il modulo allegato alla richiesta di assegnazione del bene confiscato:

modulo egalite benvenutiinitalia.png

votiRose

Ora, portati questi ulteriori, esempi, che il problema ci sia e sia serio dovrebbe apparire evidente al di là di ogni possibile dubbio. Ci vuole solo un briciolo di laicità nel vedere la questione.

Dovrebbe essere stimolo ad aprire gli occhi soprattutto per quanti sono in LIBERA, che credono nello spirito originario di LIBERA e che queste cose non le accettano.

Dovrebbe essere, una volta ancora, un invito ad un confronto serio, senza reticenze, nell'interesse di fare un passo avanti, eliminando le criticità pesanti che esistono inconfutabilmente. Perché, cerchiamo di chiarirlo, non è chi indica la questione, promuovendo una critica limpida su fatti concreti, che fa il gioco delle mafie (come qualcuno cerca di far pensare), o che vuole il “male di LIBERA”, bensì è proprio il perseverare nell’acquiescenza di questa degenerazione, che nega e non affronta e non risolve le criticità evidenti, che fa il male di LIBERA.

Personalmente e come Casa della Legalità si ha un'idea di antimafia ben diversa, rispetto a quella promossa da LIBERA così come si è evoluta negli anni.

E' un'idea che dice che l'antimafia non è “l'educazione civica” nelle scuole o sul territorio (attività importante, anzi fondamentale in un paese civile... ma è altra cosa, non è “antimafia”).
E' un'idea che dice che l'antimafia si fa senza contributi pubblici e senza grandi sponsor ma con il volontariato e raccogliendo donazioni e sottoscrizioni libere che non condizionano.
E’ un idea che dice che il riutilizzo dei beni confiscati non può attendere anni. I beni confiscati che non vanno alle Autorità dello Stato, va promosso con il volontariato (cioè senza contributi pubblici) e sulla base di progetti di utilità sociale effettiva e con verifiche periodiche, pena annullamento della concessione. Che dice che quei beni non riutilizzati dalle strutture dello Stato e su cui non ci sono progetti concreti di riutilizzo per fini sociali (e non per business!), si devono vendere - con tutte le verifiche preventive e successive - perché altrimenti diventano un costo per lo Stato... In altre parole: i beni che non si possono utilizzare (perché non vengono richiesti) devono essere venditi per permettere “entrate” allo Stato da destinare ai Reparti Investigativi.
E' un idea che dice che l'antimafia è azione di monitoraggio del territorio, dell'economia, delle pubbliche amministrazioni (quindi anche concessioni, licenze, appalti), con anche denuncia pubblica e denuncia alle autorità competenti, perché il limitarsi, invece, nel promuovere una lotta alla “mafia ectoplasma”, senza nomi e senza volti, non da fastidio a nessuno e non incrina in alcun modo il “potere” mafioso.
E' un'idea di antimafia che significa essere integerrimi e che quindi pone al bando i “due pesi e due misure” ed ogni forma di strabismo, perché la contiguità, così come la collusione e complicità, con i mafiosi va indicata e denunciata sempre e comunque, chiunque riguardi, qualsiasi sia la collocazione di partito o lo schieramento coinvolto.
E' un'idea di antimafia che significa anche essere disposti a pagare un prezzo, vuoi che sia quello di beccarsi querele - con le conseguenze del caso -, vuoi che sia quello dell'isolamento o dell'arrivo di intimidazioni e minacce... perché quando si combatte seriamente la mafia, nelle sue cointeressenze con il potere politico-economico (e massonico), si deve mettere in conto che qualche fastidio prima o poi ti arriva. Pensare di fare antimafia all’acqua di rose per non avere problemi, non facendo nomi, non rischiando di inimicarsi il Potere, non è fare antimafia ma dedicarsi ad un attività inefficace per sistemarsi la coscienza, magari anche perché va di moda, ma si fanno solo danni.
E’ un’idea di antimafia che significa essere ed anche apparire rigorosamente indipendenti, sia da qualsivoglia soggetto politico, sia da qualsivoglia interesse economico.
E’ un’idea di antimafia che significa rifiutare di farsi usare dal politico di turno, dalla Pubblica Amministrazione o dall’impresa/cooperativa che vogliono garantirsi una sorta di “bollino” antimafia. Ed allora prima di accettare un invito ad un convegno si fanno le verifiche e se vi sono ombre in chi quell’invito lo promuove, si declina con fermezza. Nel dubbio si declina. Prima di accettare una sponsorizzazione o un contributo pubblico si verifica se quell’impresa o quell’Amministrazione Pubblica ha delle ombre e se le ha si rifiuta o rimanda al mittente il “dono”. Nel dubbio lo si rimanda indietro. Prima di accettare un bene confiscato da un Amministrazione Pubblica si verifica se questa ha o meno ombre e se ha ombre si rifiuta l’offerta di assegnazione. Nel dubbio si rifiuta.
E’ un’antimafia che promuove proposte concrete, fuori da ogni logica clientelare, anche se scomode, senza mai porsi il timore di scontrarsi con il Potere politico e con la determinazione di indicare le resistenze (che anche in questo caso hanno protagonisti con nomi e cognomi) che quelle proposte incontrano.
E’ un’antimafia che ha il coraggio di indicare con franchezza anche quelle inquietanti criticità nell’ambito della magistratura e delle forze dell’ordine perché è nell’interesse dei magistrati con la schiena dritta, così come degli agenti integerrimi dei reparti investigativi e delle forze dell’ordine, ripulire i rispettivi ambiti da chi, per molteplici e variegate ragioni che qui è inutile elencare, si mostrano più servitori di “altri Poteri” che dello Stato.

Un'idea di antimafia (e di vita) che si basa sul principio (lo stesso per cui solleviamo certe questioni sulle pesanti criticità di LIBERA) per cui:o ci diciamo la verità oppure è inutile perdere tempo e dirsi impegnati. Senza guardare la realtà per quello che è, diviene impossibile incidere per cambiarla.

Detto questo, vi è un punto che per noi è irrinunciabile: ognuno sceglie cosa fare nel proprio cammino personale o collettivo... Noi abbiamo le nostre convinzioni ed i nostri metodi. Altri hanno i loro. Chiarirsi non fa mai male, a nostro avviso... e proprio per questo crediamo che sarebbe opportuno - anziché arroccarsi in minacce di querele o nel presentare querele - , umilmente, sedersi tutti ad un tavolo e confrontarsi seriamente. Se invece LIBERA, ancora una volta, preferirà rifiutarsi al confronto, trincerarsi dietro minacce di querele o presentazioni di querele, perseguire nel tentativo di soffocare ed annientare gli “altri”, perché hanno un’idea diversa del “fare antimafia” e perché “osano” indicare i problemi reati (concreti e documentati), allora sarà l’ennesima occasione persa, e la responsabilità sarà chiara a tutti.

 

Stampa Email

presto attivo il

Frammenti sulla Liguria

Frammenti su altre Regioni

Dossier & Speciali

I siti per le segnalazioni

Osservatorio Antimafia
www.osservatorioantimafia.org

Osservatorio Ambiente e Salute
www.osservatorioambientesalute.org

Osservatorio sulla
Pubblica Amministrazione
www.osservatoriopa.org

 

e presto online

sito in fase di allestimento