Dalle dichiarazioni del collaboratore OLIVERIO arrivano conferme tra Liguria, Lombardia, Emilia e Costa Azzurra

scritto da Ufficio di Presidenza il .

Dalle dichiarazioni del collaboratore OLIVERIO arrivano conferme tra Liguria, Lombardia, Emilia e Costa AzzurraIl collaboratore di giustizia Francesco Oliverio sta dando conferma a molti elementi. Nei verbali dei suoi interrogatori fornisce una ulteriore (e speriamo definitiva) chiave di lettura per comprendere tanti fatti che in troppi volevano considerare isolati, occasionali e non, invece, come sono: tasselli di un unico mosaico chiamato 'Ndrangheta. Di più: 'Ndrangheta al nord...


Per prima cosa ci conferma che al Nord la 'ndrangheta è più “tollerante” con gli affiliati che non operano secondo le disposizioni e regole. Afferma: “Di fatto esiste una notevole differenza tra il nord Italia e la Calabria in merito all'autonomia degli affiliati rispetto all'organizzazione. Per regola non è concepibile che un affiliato possa mettere in atto attività illecite come estorsioni, indendi, rapine o traffico di droga senza avere il beneplacito o comunque informare il capo “locale”. In Calabria ciò è tassativo. Se l'affiliato dovesse insistere nella sua condotta, verrebbe eliminato. Al nord c'è più tolleranza”.

E' una strategia logica. Al nord non possono – se non in casi estremi, e ce ne sono purtroppo – far scorrere troppo sangue. Attirerebbero quell'attenzione. Farebbero scattare quell'allarme sociale che porta indagini e squarcia la cappa di negazionismo e minimizzazione che con fatica hanno saputo costruirsi, soprattutto negli ultimi decenni, dopo le “guerre” tra cosche ed organizzazioni degli anni Ottanta/Novanta.

Precisa ancora: “Come già riferito, contrariamente a quanto normalmente si dice, anche la 'ndrangheta ha una struttura piramidale. Ciascun locale extra calabrese ha la massima autonomia a livello di controllo di territorio e può decidere autonomamente in merito ad eventuali azioni criminose (estorsioni, usure, traffico di droga) o iniziative economiche (movimento terra – appalti – lavori pubblici). Discorso diverso invece in caso di delitti particolarmente gravi come omicidi “eccellenti”, cioè di altri 'ndranghetisti o di uomini di istituzioni, o sequestro di persona a scopo di estorsione. In tali casi, salvo situazioni di urgenza, vi è l'obbligo di avvisare ed ottenere l'autorizzazione da parte della “mamma”. Può esservi infatti interesse a non attirare l'attenzione delle Forze dell'Ordine in determinati territori ove proliferano gli interessi di 'ndrangheta e così saranno le cosche di riferimento a porre in essere l'azione delittuosa...”

Conferma, con quanto indica, che la Liguria è di fatto “colonizzata” come da tempo denunciano. Ci sono ben oltre ai 4 locali identificati dall'indagine MAGLIO 3 coordinata dalla DDA guidata (in allora) dal proc. agg. SCOLASTICO. Noi lo dicemmo in tempi non sospetti che vi erano ancora troppi “buchi neri” nella mappatura di quell'inchiesta. Mancava totalmente il savonese. Mancava l'entroterra ligure. Per fare due esempi. Ed il collaboratore cosa dichiara oggi? Ecco: So che in Liguria ci sono almeno 10 o 15 locali. Ricordo di averlo saputo nel periodo dell'omicidio NOVELLA avvenuto a San Vittore Olona a Milano, da Rocco ASCIONE di Rosarno attivo nel locale di Bollate nonché da Pasquale VARCA di Isola Capo Rizzuto capo locale di Erba (CO)”.

OLIVERIO porta conferme sulle cosche del Ponente ligure. Ad esempio sul “locale” di Ventimiglia: “Almeno sino al 2011 il capo locale di Ventimiglia era Antonio PALAMARA, mentre il contabile era MARCIANO' Giuseppe, detto compare Peppino titolare di un Ristorante a Ventimiglia in cui ho mangiato... Ho conosciuto Antonio PALAMARA nel carcere delle Vallette a Torino ove sono stato rinchiuso dal 1999 al gennaio 2004... PALAMARA mi disse che era detenuto per droga... Di PALAMARA mi aveva parlato altresì suo cugino Lorenzo CARBONE, di Leinì (TO) un amico da tempo deceduto. Proprio tramite Lorenzo un paio di volte ho trafficato con PALAMARA....”. Ed ancora con riferimento ad un affiliato del suo locale di Rho, Angelo OLIVERI - che all'OLIVERIO suo capo-locale doveva riferire tutto -, prosegue: Lui aveva parecchi rapporti per i traffici di droga con numerosi suoi paesani della Liguria tra i quali i fratelli PELLEGRINO ed in particolare Maurizio e Roberto ed i loro cugini, i fratelli DE MARTE, uno dei quali sapevo abitare in Lombardia... Più volte ho incontrato sia Maurizio e Roberto PELLEGRINO, sia alcuni fratelli DE MARTE. Uno di loro ricordo che era soprannominato “testa di ciuccio”.... Ricordo tra 2008 ed il 2009 un episodio particolare verificatosi a Gerenzano in casa di OLIVERI Angelo. Era presente anche uno dei fratelli PELLEGRINO. Nell'occasione, su richiesta di Angelo, avevo recuperato due chili di cocaina dai “platioti” di Corsico ed in particolare da tale Ciccio BARBARO, stupefacente che è stato consegnato ai PELLEGRINO. Più volte i PELLEGRINO hanno comprato da noi e più volte Angelo si è servito dai PELLEGRINO in Liguria... OLIVERI ed i PELLEGRINO trafficavano anche in armi... So per certo che i PELLEGRINO così come i DE MARTE fanno parte della 'Ndrangheta. Ci siamo presentati come 'ndranghetisti...”

Anche sullo sconfinamento in Francia ed il ruolo chiave giocato da Mentone e sulla figura di TAGLIAMENTO (Camorra) il collaboratore porta conferme: “Ho conosciuto MARCIANO' Giuseppe in un ristorante di Ventimiglia che ho avuto l'impressione che fosse suo. Era credo il 2006-2007... In quel periodo ero latitante e stavo organizzando un traffico di droga tra la Spagna e l'Italia. Per questo mi recavo spesso a Mentone ed a tal fine dormivo nell'abitazione di una persona originaria della piana Gioia Tauro di cui non ricordo il nome. L'abitazione era sulle alture di Sanremo, lui era molto alto ricordo che viveva con la madre. Era un “contrasto onorato”. Per quel traffico ero finanziato dai PAPALIA di Buccinasco. A Mentone ho incontrato tale Giovanni TAGLIAMENTO il quale mi disse che una parte dello stupefacente l'avrebbe sistemata lui personalmente in Francia e presso alcuni paesani della Liguria. Per questo motivo ho deciso di prendere direttamente contatti con loro tramite la persona che mi ospitava sono stato messo in contatto con due dei fratelli PELLEGRINO i quali mi hanno accompagnato nel ristorante di cui sopra de Peppino MARCIANO'... Nel ristorante oltre a compare Peppino vi era un giovane di nome Vincenzo, non so se suo figlio o suo nipote. Successivamente ho saputo da Pasquale VARCA e Rocco ASCIONE che Vincenzo era “capo società”... Ultimamente, nel 2010 e 2011, ho saputo da Angelo OLIBERI che i fratelli PELLEGRINO avevano avuto dei contrasti con PALAMARA e MARCIANO'... Angelo mi anche detto che era intenzione dei fratelli PELLEGRINO staccarsi dal “locale” di Ventimiglia per attivarne uno autonomo in Bordighera”.

Non solo viene conferma, quindi sui traffici e sui protagonisti emersi dalla indagini della DIA, della Procura di Sanremo e dall'inchiesta "LA SVOLTA" (e precedenti "ROCCAFORTE" e "MAGLIO"), ma vi è riscontro anche sul “conflitto” che era emerso dalle intercettazioni della “LA SVOLTA” tra i MARCIANO'-PALAMARA ed i PELLEGRINO, visto che questi ultimi, secondo gli uomini del “locale” di Ventimiglia avevano fatto troppo rumore e attivato così le attenzioni dell'Antimafia, ma viene conferma anche degli accorgimenti da parte degli uomini della 'ndrangheta per cercare di eludere le indagini. Infatti il collaboratore afferma: è ovvio che per il timore delle indagini si evita di fare delle riunioni formali... il più delle volte si fanno circolare delle “ambasciate” tramite persone vicine agli affiliati...ed ancora, in merito al desidero dei PELLEGRINO di “distaccarsi” dal “locale” di Ventimiglia per crearne uno Bordighera, il collaboratore precisa che per questo era necessario il “permesso” del “locale” con anche “il parere del capo locale, del contabile e del capo società...” quindi racconta che “A quel punto il capo “locale” avrebbe dovuto informare il “capo crimine” della Liguria – detto anche “testa di ponte” - che fino al 2010 era tale Mimmo GANGEMI di Genova. Quest'ultimo avrebbe dovuto poi informare il “crimine” di San Luca che di regola si sarebbe riservato la decisione per tre giorni e tre notti, tempo necessario per acquisire informazioni presso la cosca di riferimento e fare le opportune verifiche presso il “locale” interessato al distacco.”

Oltre a fornire altri dettagli ed effettuare riconoscimenti dei vari soggetti, OLIVERIO racconta anche, allargando il campo delle proprie rivelazioni, che: “se avevo necessità di camion mi rivolgevo a vari padroncini della Lombardia e di Reggio Emilia tutti appartenenti al clan degli ARENA. Ricordo quattro fratelli COSENTINO nonché Antonio e Giuseppe TIPALDI di Parma e Reggio Emilia ed un altro Antonio TIPALDI della Lombardia, tutti cugini di Carmine ALVARO...
Altro canale di conoscenza delle cose liguri era come più volte ho accennato, mio cugino OLIVERI Angelo. Lui è di Scandale ma è cresciuto a Seminara. Si era trasferito da tanti anni in Piemonte. Quando ero a Torino per un certo periodo è stato detenuto anche lui in quel carcere...”

Ed ancora: “più volte OLIVERI si è vantato con me di conoscere alcuni paesani della zona di Ventimiglia dediti al traffico di cocaina ed attivi anche in materia di armi. In particolare mi diceva che in caso di necessità qualora fossimo momentaneamente rimasti privi di droga avremmo potuto rivolgerci a loro per rifornirci. D'altra parte, aggiunse, in caso di necessità anche loro avrebbero potuto chiederci aiuto. Mi faceva in particolare i nomi dei fratelli PELLEGRINO, dei fratelli DE MARTE e di tale GIOVINAZZO Marcello, tutti soggetti particolarmente potenti... Nel 2007/2008 non ricordo esattamente la data OLIVERI mi chiese di procurargli due chili di cocaina poiché presso la sua abitazione c'erano dei paesani di Ventimiglia che avevano necessità. Non avendo stupefacente in magazzino ho chiamato EGITTO Agatino e l'ho mandato a Corsico da “Ciccio” Francesco BARBARO paesano di Platì cugino e socio di Mico TRIMBOLI a sua volta genero di Mico Domenico PAPALIA, nipote di Rocco e Antonio PAPALIA...”

In un altro interrogatorio il collaboratore da conferma su un altro fronte, quello del riciclaggio promosso dall'uomo a Genova dei DE STEFANO (il Romolo GIRARDELLI) attraverso il BELSITO Francesco della LEGA NORD, ed anche dell'ex tesoriere BALOCCHI. L'OLIVERIO dichiara: Nel 2009-2010 ho saputo da Giulio MARTINO che appartenenti al clan DE STEFANO di Reggio Calabria avevano interessi economici in Liguria ove riciclavano di denaro provenienti da narcotraffico, usure, estorsioni, tramite un professionista legato all'ambiente politico ligure e lombardo. Nel 2011 ho avuto la conferma di ciò anche da un altro 'ndranghetista appartenente al clan DE STEFANO presentatomi di Lino PANAIA un compaesano di Scandale (KR) residente nel milanese... Parlando con il compare di Reggio venni a sapere che i DE STEFANO operavano tranquillamente in Liguria riciclando soldi e facendo investimenti. Nel discorso, quale contatto, il compare aveva accennato all'ex tesoriere della Lega BELSITO, nonché al precedente tesoriere dello stesso partito da tempo deceduto il quale oltre a favori nel riciclaggio gli custodiva anche le armi...

Poi torna a parlare di traffici di armi: “Come avevo accennato nel verbale del 22/7/2013, tramite mio cugino Angelo OLIVERI, con i PELLEGRINO ed i DE MARTE abbiamo trafficato anche in armi almeno in paio di occasioni. Più che altro ci siamo scambiati delle armi. Come già riferito, qualche giorno dopo la cessione dei due chili di cui ho parlato, ero andato a trovare Angelo a casa sua. Lui mi ha mostrato, mettendole sul tavolo della cucina, tre pistole, una semiautomatica cal. 9X21 di cui non ricordo la marca, un revolver cal. 38 o 357 a canna corte forse due pollici ed una semiautomatica più piccola della precedente. Lui me le aveva mostrate perché sapeva che mi interessavano le armi e le compravo abitualmente solo che mi chiese € 1550 l'una e gli risposi che erano troppo care. OLIVERI mi disse che le pistole gliele avevano fornite i PELLEGRINO. Non mi disse esattamente chi, forse Maurizio o Roberto che lui nominava sempre. Qualche tempo prima Angelo mi aveva chiesto se potevo procuragli una pistola con urgenza per i PELLEGRINO. Io avevo a portata di mano una Glock cal. 9 e gliel'ho consegnata unitamente a una confezione di 50 colpi. La pistola me l'aveva fornita Marcello CRIVARO di Como. Qualche giorno dopo consegnai ad Angelo, sempre per i PELLEGRINO, anche una cal.9 corta con 50 colpi... Come detto trafficavo normalmente in armi, molte volte io personalmente e altre volte le avevano i miei ragazzi, per lo più “contrasti onorati” o comunque soggetti incensurati. Avevamo un paio di canali con la Svizzera, uno gestito da alcuni africoti residenti al confine ed un altro gestito dalla nostra 'ndrina di San Giovanni in Fiore (CS). Trattavamo qualsiasi tipo di arma, dagli AK47 detti kalashnicov alle pistole. Le pistole arrivavano con la matricola ribattuta con un caricatore pieno e 50 colpi. Si trattava di pistole nuova. Avevamo anche la possibilità di reperire armi usate attraverso altri canali...

Durante gli interrogatori procede anche ai riconoscimenti dei soggetti che vengono indicati come ad esempio:“Riconosco nella foto n.1 una persona di cui non ricordo il nome, che ho visto nel 2005-2006, nel ristorante di Ventimiglia in occasione del mio viaggio a Mentone per l'acquisto di cocaina ci cui ho parlato... Non vorrei sbagliare ma dovrebbe trattarsi del fratello maggiore dei PELLEGRINO”. E nella foto è raffigurato PELLEGRINO Michele. Allo stesso modo riconosce gli altri, a partire da Giovanni PELLEGRINO, presentatogli come “compare Giovanni”, e quindi riconosce anche i Maurizio e Roberto PELLEGRINO, il MARCIANO' Vincenzo cl. '77, suo padre Giuseppe, conosciuto come “zio Peppino” e pure il Vincenzo cl. '48, e via così... il PALAMARA, i DE MARTE e via discorrendo...

Sul traffico di droga e la “partita” di Mentone fornisce una dettagliata ricostruzione: “Come già accennato, nel periodo in cui ero latitante, tra il 2005 ed il 2007, sono venuto in Liguria poiché dovevo andare a Mentone per trattare con dei soggetti di origine calabrese o comunque legati a clan calabresi e residenti in Sudamerica un grosso carico di cocaina proveniente dall'America Latina via Spagna. A tal fine, un calabrese, originario della piana che all'epoca aveva un'agenzia di modelle a Milano nei pressi di c.so Buenos Ayres, tale Ferdinando, mi ha portato a Sanremo da un suo conoscente calabrese che ci ha ospitato nel suo appartamento sulle colline di Sanremo... Da Sanremo mi sono spostato a Mentone dove ho incontrato i narcotrafficanti. Con loro ho trattato un grosso quantitativo di cocaina, si parlava di più di 500 kg. Ero finanziato dai PAPALIA di Buccinasco che erano destinatari dello stupefacente. Io all'epoca ero latitante e non avevo la disponibilità economica sufficiente e per questo ne avevo parlato con i PAPALIA che si erano dimostrati interessati. In particolare avevo parlato con tale Rocco TRIMBOLI di Volpiano. Era presente Ciccio BARBARO del '76 ed un altro paio di giovani tra i quali un nipote dei PAPALIA. L'affare me lo aveva proposto un mio affiliato tale Domenico MORRONE nato a Bianchi (CS) che abitava tra il Piemonte e la Lombardia se non sbaglio nelle vicinanze di Castelletto Ticino (NO). L'appartamento era di Franco GENTILE del clan degli ARENA. MORRONE aveva appreso dell'affare da alcuni francesi, con uno dei quali ero stato detenuto nella stessa sezione del carcere Le Vallette di Torino. Dissi a MORRONE di temporeggiare per parlare con i PAPALIA. Ottenuto la loro disponibilità a finanziare l'operazione, chiesi ai francesi di venire a Milano anche per conoscerli e testare il terreno. Il francese mi rispose che loro erano in Spagna e che dovevano “guardarsi dalla legge italiana” e che pertanto avremmo potuto incontrarci a metà strada Mentone. Per questo motivo sono andato a Sanremo. Il giorno seguente al mio arrivo, Ferdinando mi ha accompagnato a Mentone ove, come concordato con il francese con il quale avevo parlato, ci siamo incontrati in una gelateria nei pressi del casinò. Con lui c'era un tale Roberto, un italiano di circa 50 anni che parlava qualche parola in calabrese e altri due o tre soggetto. Subito dopo è arrivato anche un napoletano, legato al clan MAZZARELLA, Giovanni TAGLIAMENTO, che avevo già conosciuto nel carcere Le Vallette di Torino. La sua presenza mi rassicurò poiché era una persona conosciuta... Loro mi dissero che al momento avevano a disposizione circa 200 Kg che si trovavano in Spagna e che avrebbero recapitato a Milano ad un prezzo, per noi, di circa € 28.000-29.000 al Kg. Mi sono appartato con Giovanni il quale mi disse che erano persone a posto e che avrebbe potuto entrare nell'affare ma non aveva la disponibilità economica per coprire l'importo. Aggiunse che era contento del nostro intervento e che se ero d'accordo si sarebbe interessato a commerciare parte della droga, circa 50-100 Kg tramite alcuni paesani calabresi del Ponente Ligure. Avevo ancora qualche diffidenza nei confronti dei francesi anche perché mi dissero che avevano lavorato con persone vicine ai PAPALIA e in particolare Pasqualino MORANDO e Ciccio BARBARO, persone con le quali lavoravo anche io abitualmente e che mai mi avevamo parlato di loro. Per questo motivo gli chiesi di venire a Milano a consegnare lo stupefacente ed a tal fine dissi loro che avrei procurato a Roberto documenti falsi fornendo alloggio e mezzi di locomozione. Loro accettano.
La sera... siamo rientrati a Sanremo. Il “compare” di Sanremo ha portato me e Ferdinando in giro per locali ed a tutti mi presentava come “amico nostro”. Ciò mi ha fatto capire che era persona vicina alla 'ndrangheta anche se lui non si era presentato come appartenente. Avendo appreso da TAGLIAMENTO che era sua intenzione trattare lo stupefacente con i suoi paesani liguri, per questioni di correttezza di 'ndrangheta, dato che lo stupefacente sarebbe stato comunque nella mia disponibilità, ho ritenuto opportuno presentarmi e parlare personalmente con gli esponenti del “locale” di Ventimiglia. A tal fine chiesi al mio compare di Sanremo di farmi incontrare gli esponenti del locale di Ventimiglia. PALAMARA... l'avrei avvisato personalmente o comunque tramite ambasciate. Così, come già detto, il giorno successivo ho avuto una serie di incontri... Nei pressi dell'abitazione del compare ho incontrato i fratelli Maurizio e Roberto PELLEGRINO. Loro non si sono presentati formalmente come 'ndranghetisti. D'altra parte non c'è n'è stato bisogno poiché in primo luogo io sapevo che quel giorno che avrei dovuto incontrare esponenti del locale e soprattutto perché mio cugino OLIVERI Angelo mi aveva parlato più volte dei paesani della Liguria ed in particolare proprio dei fratelli PELLEGRINO. Pertanto già li conoscevo di nome. Inoltre nel parlare gli domandai a quale “famiglia” appartenessero e loro mi risposero che facevano parte dei SANTAITI-GIOFFRE' di Seminara...
Chiesi al compare se era sufficiente parlare con i PELLEGRINO e se era tutto a posto avvisandolo che in ogni caso avrei mandato un'ambarsciata a compare 'Ntoni ossia Antonio PALAMARA. Lui mi rispose “non ti preoccupare che nel pomeriggio ti faccio parlare pure con u zio Peppino”. In qual momento non mi disse altro ma per me era sufficiente poiché, come me lo aveva indicato, avevo capito che si trattava di un esponente di vertice del “locale”.
Come dirò in seguito nello spiegare la struttura e le cariche della 'ndrangheta con il termine zio si fa riferimento ad una figura di vertice e di riferimento del “locale” che generalmente può assumere la carica di capo-locale o contabile... Nel pomeriggio effettivamente ho incontrato questa persona per strada sulle alture di Sanremo, a circa 5 minuti di auto dall'abitazione del compare. Lui si è presentato come Peppino MARCIANO'. Nell'occasione era accompagnato da un giovane che mi ha presentato come suo figlio Vincenzo. Lui mi disse “dicete compare dite che vi ascolto”. Gli ho raccontato dell'affare di Mentone così come avevo fatto con i PELLEGRINO in mattinata. Lui rispose “Compare di queste cose parlatene con compare Antonio. Ci parlo pure io ma voi mandateci l'ambasciata. Di “quel discorso” se ne occupa lui. Io mi occupo di altre situazioni. Quello che decide lui è ben fatto”. Ha capito che si riferiva a PALAMARA Antonio. A quel punto io gli dissi: “Compà questi vicini a voi che ho visto stamattina mi hanno invitato a cena, ci siete anche voi?”. Lui rispose “Compà lasciate stare che sti giovani ogni tanto mi fanno arrabbiare. Io non sono stasera.”.

Ed ancora: “Preciso che un locale di 'ndrangheta controlla dai grossi quantitativi alle singole bustine ed il piccolo spaccio attualmente nelle mani dei marocchini”

Il collaboratore aggiunge poi un passaggio sui furti: “ASCONE e VARCA erano a conoscenza delle vicende della Liguria poiché dal porto di Genova imbarcavano mezzi d'opera, ed in particolare camion e scavatori di provenienza furtiva o falsamente denunciati come rubati, per i paesi del nord Africa”.
Ed anche qui, quindi, è un'altra conferma a quanto si sa da tempo e indichiamo da tempo. Basti ricordare che la pratica dei furti di mezzi d'opera e scavatori/pale nei cantieri di ditte non legate alla cosca è stata una pratica consolidata di cui sono stati protagonisti i GULLACE-RASO-ALBANESE, con i FAZZARI, SENATORE e compari vari, nel savonese... e così ancora tra Liguria e Piemonte.
 

Il 30 luglio 2013, prima di chiudere l'interrogatorio, il collaboratore OLIVERIO vuole fare una precisazione. E' pesante ed inquietante... Prima di leggerla testualmente, sintetizziamola: se un magistrato porta a casa con il suo lavoro sentenze di condanna o confische, con la 'ndrangheta rischia perché questa metterà in azione il proprio “corpo riservato”. Anche qui, per chi conosce la 'ndrangheta, non c'è alcuna novità. Anzi è solo l'ennesima conferma!
Testualmente OLIVERIO mette infatti a verbale: “... vorrei precisare che lei Dr. Arena è a rischio. La 'ndrangheta quando vi saranno delle sentenze o delle confische di beni gliela farà pagare. Non aspettate che succeda perché poi sarà troppo tardi. Non necessariamente agiscono con criminali ma il più delle volte tramite persone insospettabili che vengono definite “CORPO RISERVATO” e di cui parlerò in seguito. Da non sottovalutare poi i collegamenti con SERVIZI SEGRETI e la MASSONERIA. Di tali collegamenti ho avuto notizie da mio cugino MARRAZZO Sabatino attivo nel “locale” di Belvedere Spinello con la carica di “Santa” appartenente ad una Loggia Massonica a Vibo Valenzia... Non ho notizie concrete nei suoi confronti. Parlo per esperienza. Ho fatto quel mestiere per 30 anni so come ragionano”.

Sempre in riferimento ai rapporti con gli 'ndranghetisti del ponente ligure, il collaboratore aggiunge dettagli ed arriva a portare conferma sulla pratica dei documenti falsi e di una rete di agenti delle Forze dell'Ordine compiacenti:
è usanza di 'ndrangheta che quando arriva un latitante, in gergo definito il “cavaliere errante”, tutti gli appartenenti del locale si presentino e si mettono a sua disposizione per qualsiasi necessità. Ciò avviene anche per mostrare la forza del locale ed il numero degli affiliati. Per questo motivo quella sera era un continuo viavai di persone, alcune si fermavano a cena con noi ed altre si allontanavano dopo essersi presentate. Dai discorsi fatti, ho appreso che si trattava per la maggior parte di soggetti della zona di Bordighera ove trattavano di movimento terra, gestione di locali e videopoker. Ricordo che Vincenzo MARCIANO' sedeva alla destra del capotavola Ciccio BARILARO. Preciso che il latitante, “a circolo formato”, ossia nelle riunioni formali in cui deve essere presa una decisione importante o anche officiato il rito del “battesimo” è l'unico che può essere armato. Data l'importanza e la delicatezza della situazione, alle cene in cui sono presenti dei latitanti, non possono partecipare persone che non siano di sicura e provata affidabilità e dunque affiliati e, al limite, qualche “contrasto onorato” già testato. In altre parole necessariamente dei sodali. Sono rimasto soddisfatto dell'accoglienza, tutti sono stati cortesi e disponibili. Il giorno successivo sono tornato a Milano dove in quel periodo “mi nascondevo”. Vorrei a questo punto precisare come si è conclusa la vicenda dello stupefacente. Come già detto nei giorni scorsi mi sono occupato di procurare i documenti falsi per Roberto al fine di consentirgli l'ingresso in Italia. Ricordo di aver mandato due miei sodali a Mentone a recuperare le sue fotografie. Se non sbaglio erano Andrea TORNICCHIO e Tommaso MISIANO poi ucciso nel 2008 in un agguato a Rocca di Neto (KR). Dopo qualche giorno sono andato io personalmente a Mentone a portare i documenti a Roberto. Il nominativo sul documento era di tale Gennaro di cui non adesso non ricordo il cognome. Era un ex dipendente o comunque un soggetto che aveva prestato domanda di assunzione alla CAVATRANS di Cava dei Tirreni. Si tratta di una società di trasporti di cui eravamo soci occulti che aveva una filiale a Trezzano sul Naviglio. In ogni caso avevamo fotocopiati i suoi documenti poiché incensurato. All'epoca avevamo la possibilità di accedere alle banche dati delle forze di Polizia tramite Carabinieri o agenti compiacenti... Noi avevamo bisogno delle fotocopie dei documenti di incensurati proprio per disporre di nominativi puliti da utilizzare per falsificare documenti di identità. Il nominativo di Gennaro era lo stesso che avevo utilizzato per i miei documenti di “copertura” nel periodo in cui sono stato latitante. Ricordo che in quel periodo sono stato fermato per ben due volte in occasione di controlli delle Forze dell'ordine avevo esibito quei documenti. Una volta sull'autostrada A4 all'altezza di Cormano alla Polizia Stradale. Ero con tale TALARICO Carmine che ha fornito il suo vero nominativo. Viaggiavamo a bordo di una BMW con il posteriore tagliato. Un'altra volta nella zona di Alessandria o di Novara, non ricordo, dai Carabinieri. Nell'occasione ero con Marcello CRIVARO e viaggiavamo a bordo di una Mercedes 180 intestata ad una persona di Legge. Stavamo andando a commettere l'omicidio di tale CARVELLO appartenente a una cosca rivale vicina a Guerino IONA. Proprio a causa del controllo subito, abbiamo desistito. Successivamente, a seguito di una riappacificazione tra le cosche, l'omicidio non è stato più commesso. Dopo qualche giorno Roberto è venuto a Milano come da accordi. Mi disse che i documenti erano buoni in quanto era stato fermato dalle Forze dell'Ordine e non aveva destato sospetti...”
Ecco quindi che ancora una volta si ha conferma del fatto che la Liguria è terra “sicura” per il passaggio ed il sostegno ai latitanti. Ma non basta. Si conferma quando si è più volte indicato in merito alla capacità della 'ndrangheta di produrre documenti falsi. Solo pochi giorni fa abbiamo ricordato dei documenti falsi prodotti dagli AVIGNONE, con l'utilizzo di moduli in bianco delle Carte d'Identità del Comune di Roma, già negli anni Settanta, per coprire il boss Giuseppe AVIGNONE, fuggito dopo la strage di Razzà, insieme a D'AGOSTINO Domenico, a Roma, accompagnati-scortati da GULLACE Carmelo e RASO Francesco (vedi qui)...
 

Ma le dichiarazioni del collaboratore OLIVERIO vanno oltre. Forniscono conferma sui rapporti con la MASSONERIA che più volte abbiamo indicato. Basti pensare al ruolo delle Logge massoniche che già si evidenziava dirompente ai tempi di TEARDO Alberto che acquistava i voti da Peppino MARCIANO' e faceva lavorare il cugino del Carmelo GULLACE, Francesco FILIPPONE nella costruzione delle case popolari tra imperiese e savonese. Ed ancora il legame alla MASSONERIA che ha caratterizzato l'attività di Antonio FAMELI, legato ai PIROMALLI e, soprattutto, ai GULLACE-RASO-ALBANESE, ed in primis a Carmelo GULLACE. O, ancora, al fatto che i MAMONE (legati ai RASO-GULLACE-ALBANESE ed ai MAMMOLITI), a Genova, non avevano solo il Vincenzo MAMONE iscritto alla MASSONERIA, ma si sono anche costituiti una loro LOGGIA massonica a Fegino.
Non possiamo dimenticare, inoltre, che il legame alla MASSONERIA ed a soggetti dei SERVIZI che era già emerso (in particolare per il ruolo dei DE STEFANO) nell'indagine “SISTEMI CRIMINALI” scaturita dalle attività della DIA, e stato confermato più di recente dall'indagine sul legame saldo tra 'ndrangheta e Massoneria consolidato dall'opera della famiglia MANCUSO di Vibo Valentia. E, per rimanere all'asse Calabria-Liguria, anche l'indagine “SAGGEZZA” ha evidenziato il ruolo della “Corona” - struttura di vertice composta dai rappresentanti delle cosche della Piana di Gioia Tauro – nel rapporto con la MASSONERIA... e, nell'ambito della “Corona” ruolo non secondario era svolto dal RASO Giuseppe, detto “Avvocaticchio”, fratellastro del GULLACE Carmelo, nonché affiancato, in terra di Calabria, a Canolo, dal fratello del GULLACE, il Francesco detto “Ciccio”.

 

Ma vi è di più in quel che dice OLIVIERO nelle sue dichiarazioni all'Antimafia. Parla di agenti delle Forze dell'Ordine compiacenti. Una realtà drammatica e vergognosa che non è ancora stata estirpata...

 

Ed in Liguria sono molteplici i casi di soggetti appartenenti alle Forze dell'Ordine che hanno avuto contiguità con soggetti di famiglie di 'ndrangheta e che comunque hanno avuto atteggiamenti discutibili. Nessuno di questi (a parte il caso degli agenti che vedremo essere stati legati al PERNA) hanno avuto imputazioni. Solo trasferimenti per alcuni di questi (come Rocca e Stefandardo) a seguito di quanto emerso. Nessuno di questi - è utile precisarlo - è citato nei verbali del collaboratore che abbiamo letto. Vediamone questi casi.

Nella Questura di Imperia, al tempo del Questore Luigi Mauriello, non solo si negava la presenza mafiosa, ma non si procedeva a togliere le armi ai PELLEGRINO ma semplicemente a far sì che queste fossero in "custodia" alle mogli di questi che, piccolo particolare, sono di famiglia 'ndranghetista.

Abbiamo avuto il caso di un agente della RadioMobile di Genova dell'Arma dei Carabinieri, Vittorio Rocca, che cantava – nel 2010 - ad una festa di calabresi sul palco in compagnia del capo-locale di Genova Mimmo GANGEMI e degli altri 'ndranghetisti CONDIDORIO, BRUZZANITI e GORIZIA, tutti del “locale” di Genova.
ROCCA canta sul palco con PRATICO', CONDIDORIO, BRUZZANITI, GORIZIA e GANGEMI

Abbiamo il caso di Roberto Tesio, funzionario della Questura di Savona, che emerge dall'inchiesta “DUMPER” aver avuto contatti diretti ed indiretti, per fornirgli informazioni, con Pietro FOTIA, della famiglia FOTIA indicata dagli inquirenti come “affiliata” e legata alla cosca MORABITO-PALAMARA-BRUZZANITI.

Abbiamo quelli di Salvatore Palermo (Polizia di Frontiera) e Enzo Gammicchia (Polizia penitenziaria a Imperia) che emergono dall'inchiesta “LA SVOLTA” per i contatti con gli esponenti del “locale” di Ventimiglia.

Abbiamo Saverio Aricò, responsabile del Commissariato della Polizia di Stato di Alassio, che ospitava il “padrino di cresima” Giuseppe “Pino” STRANGI, ex segretario generale del Comune di Gioia Tauro sciolto per mafia che è stato indicato dagli inquirenti per il suo comportamento omertoso sull'amministrazione comunale piegata ai PIROMALLI e che si è poi riscontrato – dall'indagine “LA SVOLTA” - essere, una volta in servizio al Comune di Alessio, in contatto ed con i MARCIANO' di Ventimiglia.

Troviamo Pierluigi Stendardo, che da responsabile RadioMobile dei Carabinieri di Savona, aveva rapporti con il boss Antonio FAMELI, come emerge dall'indagine “CARIOCA”. La segretaria del FAMELI, ad esempio, chiamava Stendardo per comunicargli una targa di un auto per verificare se fosse di quelli "della Casa della Legalità" che ce l'avevano tanto con il povero FAMELI.

E poi ancora abbiamo i rapporti dei MAMONE... dall'indagine “PANDORA” emerge un agente della Polizia Stradale non meglio identificato in contatto con Gino MAMONE, abbiamo un agente dei (o comunque legato ai) Servizi Segreti (tal “Eraldo”) che – stando a quanto riferitoci – li teneva informati e che era presente anche al matrimonio di Vincenzo MAMONE. Abbiamo poi un agente della Polizia di Stato, in servizio a Cornigliano, tal “Gianni” che era presente anche, nel 1993, al battesimo della figlia di Vincenzo MAMONE, dove il “padrino” era il Carmelo GULLACE alla presenza, oltre a tutti i MAMONE e la RASO, del boss Franco RAMPINO (con il fratello Antonio a capo, in allora, della 'ndrangheta in Liguria), Giulia FAZZARI (figlia del boss Francesco FAZZARI e moglie del GULLACE), Silvio CRISCINO, indicato agli Atti da testimonianze come il “banchiere” dei GULLACE e MAMONE.

agente Gianni PdS 1993 casa MAMONE, festa con GULLACE, RAMPINO, FAZZARI

Poi abbiamo il caso di due agenti che erano in servizio alla Stazione di Borghetto S.Spirito dei Carabinieri trasferiti alcuni anni fa ad altra provincia ed il maresciallo Luca Bianchi che ci è stato testimoniato si rifiutava di ritirare denunce contro il GULLACE Carmelo da una vittima di questi e non dava evidente seguito a denunce, precedenti e successivi a quel caso, contro esponenti del gruppo dei FAZZARI-GULLACE quali Filippo FAZZARI (per minacce e detenzione illegali di armi) e Roberto ORLANDO (per furto ed altro). Maresciallo Bianchi che dopo l'aggressione del FAMELI e cumpari ai nostri danni, nel 2010, una volta giunto sul posto si recò subito a salutare il FAMELI e quindi ci raggiunse per riprenderci, affermando rivolto al Presidente della Casa della Legalità: “Lei non si aspettava questa cosa qui, assolutamente?”, “Venite qui davanti, distribuite questi volantini, poi non si aspetta che qualcuno esce...”. Ed ancora: “Signor Abbondanza, allora mi dice che lei non se lo aspettava che sarebbe successo così?... Lei è chiaro che può fare quello che vuole, ma è chiaro che se gli va davanti casa, la reazione...” e “Tra l'altro aspettatevi una querela anche da parte loro...”.
BIANCHI Luca 

O, ancora, Gianfranco Latino, agente di Polizia di Firenze (trasferito a Genova) finito nell'indagine della DDA di Firenze, con al centro le attività criminali del clan TERRACIANO ed lo storico boss di Cosa Nostra a Genova Giovanni “Gianni” CALVO.

Poi se vogliamo andare più indietro nel tempo abbiamo un poliziotto di Firenze, Corrado Dodaro, arrestato, nel 1990, insieme ad uno degli ominicchi di Cosa Nostra a Genova, Maurizio PERNA... o l'ex carabiniere Giovanni Ferrari arrestato con il PERNA, anni dopo, a seguito della fuga in Costa Rica.

Per ora ci fermiamo qui... dovrebbe bastare a dare l'idea. Tralasciamo altri casi, come, ad esempio, di Comandi dove si nega la presenza delle mafie o di chi sostiene che il "pizzo" sia da vedere come "obolo"... o, ancora, di chi non-vedo-non-sento-non-parlo anche davanti ad evidenze clamorose di illeciti su cui vengono chiamati ad intervenire... o, peggio, scambia le vittime come carnefici ed i carnefici come vittime... E per ora lasciamo anche da parte i casi delle "fughe di notizie", tanto salviche per le cosche ed i loro affari, che, però, dobbiamo dirlo, vede più che agenti delle Forze dell'Ordine, soggetti ben più in alto come "responsabili"...

P.S.
vedi l'articolo di Repubblica "Le minacce al pm della 'ndrangheta segreta"
vedi l'articolo de Il Secolo XIX "'Ndrangheta, soldi e armi gestiti dai cassieri della Lega"
vedi l'articolo de Il Secolo XIX "La 'Ndrangheta usava gli archivi di Arma e Polizia"
 

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