Tra censure e sfiancamento... esempi concreti!

scritto da Ufficio di Presidenza il .

Nel silenzio più assoluto i tentativi di censura, le censure, le azioni di sfiancamento e l'intimidazione vanno avanti. Tre casi - di un "innominato", di colletti (anzi "camici") bianchi, di un signore con nome e cognome - ed una breve conclusione...


L'Innominato

Tra qualche settimana noi saremo ad Arezzo per un procedimento molto anomalo. Una querela fatta da un signore perchè si è "riconosciuto" senza essere mai stato nominato. L'anomalia non è solo qui, ve ne è un'altra. Infatti di tale procedimento non è stato notificato ne l'avviso alla persona indagata, a seguito della querela dell'innominato, ne l'avviso di conclusione indagine... direttamente la citazione in giudizio. Una sintesi perfetta se il merito non sta in piedi, anche la procedura si è dimostrata errata. Comunque sia il disturbo lo si crea, in quanto ad Arezzo occorre andare e sollevare tutte le eccezioni. Ma questo è solo un esempio fra tanti, sui tentativi di farci perdere tempo e per far capire se non a noi, ad altri, che non conviene mettersi contro certi "ambienti", tra onorata società e colletti bianchi affini, perchè loro sanno usare, ormai, la legge come arma puntata su chi osa violare la consegna del silenzio.


La maledizione della Asl di Locri

Nell'ottobre 2006, noi e DemocraziaLegalità, pagammo a caro prezzo l'aver pubblicato un documento amministrativo, quale la Relazione della Commissione di Accesso alla Asl di Locri [a relazione integrale - lo speciale sulla Asl - lo speciale sui Laganà-Fortugno].
Dopo un mesetto a Firenze, alla redazione di DemocraziaLegalità, arrivarono i sequestri e la perquisizione all'alba.

Dopo qualche settimana arrivarono i sequestri on line della Relazione (vedi qui) sul sito della Casa della Legalità e su quello di DemocraziaLegalità, che però restava, e resta, disponibile in altri siti. Tra gli altri, Radio24 leggeva quotidianamente il testo della Relazione (ascoltale qui).
A noi non arrivarono le notifiche, nemmeno l'ombra... arrivarono solo dopo il nostro telefonare alla Procura e alla Postale di Reggio, ripetute volte, per averne copia.

Poi venne sequestrato anche il Dossier su quella ASL che avevamo redatto noi, con le visure camerali delle società indicate nella Relazione e la rassegna stampa su quella Asl. Ma anche qui era stato curioso, venne sequestrato e oscurato il dossier in versione .pdf ma mai quello in versione .html. Misteri! [clicca qui per lo speciale sui sequestri]

Siamo andati sino alla DDA di Reggio Calabria, abbiamo esposto i fatti punto per punto, poi non si è saputo più nulla, se non che le indagini sulla sanità e sui protagonisti di quella ASL e della politica calabrese sono andate avanti, e stanno ancora andando avanti! E' stata effettuata l'operazione "Onorata Sanità" per cui ora vi sono i rinvii a giudizio, la signora Maria Grazia Laganà - vedova Fortugno è stata indagata dalla DDA di Reggio Calabria per fatti relativi al suo ruolo di Vice Direttore Sanitario dell'Asl di Locri, altre persone, imprese e società sono state coinvolte nelle azioni dell'Autorità Giudiziaria.

Nel luglio 2008 qualcuno di nuovo si sveglia. Si tratta delle società collegate alla società "MDO - Marketing e Distribuzione ospedalieri Srl". Queste con un atto di 23 pagine, promosse dallo Studio Legale Marini di Roma, avv. Ulisse Corea, avanzano un ricorso urgente (ex art. 700 Cpc) al Tribunale di Roma.

L'atto viene presentato per conto di:
- GAMMA INTERNATIONAL Srl, in persona del suo legale rappresentante dott. Sante Giovanni Alboretti, con sede in Roma;
- BIOCOR Srl, in persona del suo legale rappresentante dott. Davide Ciattoni, con sede in Roma;
- GAMMA INTERNATIONAL CO Srl, in persona del suo legale rappresentante dott. Sante Giovanni Alboretti, con sede in Roma;
- NIHON MEDICAL ITALIA Spa, in persona del suo legale rappresentante dott. Sante Giovanni Albonetti, con sede in Roma;
- NEFROLINE Spa, in persona del suo legale rappresentante dott. Sante Giovanni Albonetti, con sede in Roma;
- FORMEDICAL Co. Srl, in persona del suo legale rappresentante dott. Antonio Gualtieri, con sede in Roma;
- CORMED CARDIOVASCOLARE Srl, in persona del suo legale rappresentante dott. Davide Ciattoni, con sede in Roma;
- BIOCOR DIAGNOSTICA Srl, in persona del suo legale rappresentante dott. Alessandro Pellegrinelli, con sede in Roma;
- GADAMED Srl, in persona del suo legale rappresentante dott.ssa Stefania Gioia, con sede in Formello (RM);
- E.P.S. Spa, in persona del suo legale rappresentante dott. Davide Ciattoni, con sede in Roma;
- il dott. SANTE GIOVANNI ALBONETTI;
- il dott. ANTONIO GUALTIERI;
- la dott.ssa SIMONA ALBONETTI;
- la dott.ssa STEFANIA GIOIA.

Con l'atto in questione i signori dottori chiedevano la cancellazione della pagina del nostro sito, relativa al "MDO - Marketing e Distribuzione ospedalieri Srl", dove non vi era alcun commento - manco mezza riga! - ma esclusivamente, come per le altre società in affari con la ASL di Locri (sciolta per infiltrazioni mafiose non da noi ma dallo Stato!), l'estratto della Relazione prefettizia (che non è secretato, bensì "libero" come il Rapporto sulla Asl di Vibo Valentia che abbiamo pubblicato alcuni giorni fa) e la visura camerale (epurata da qualsiasi dato sensibile - data di nascita, residenza, codice fiscale delle persone) dell'MDO, e dei suoi soci e amministratori. Documenti ed atti pubblici! Per essere precisi vi era riportato:

a) l'estratto dalla Relazione della Commissione d'Accesso, ovvero:

"MODALITA' DI ACQUISTI IN DEROGA PER ASSERITAPRIVATIVA INDUSTRIALE
Gli acquisti in argomento sono stati effettuati dall'A.S., - avvalendosi del richiamato art. 3 lett. a) del regolamento attuativo dell'art. 58, co. 1 della L.R. 43/96 approvato dalla G.R. con delibera n. 1178 del 4.3.97 che prevede la trattativa diretta, tra gli altri, in caso di prodotti coperti da privativa industriale -, in diretta violazione di esse, per mancanza dei presupposti dell'art. 7 del decreto legislativo n. 157/95 ( in materia di servizi) e del decreto legislativo n. 358/92 ( in materia di forniture), ciò in considerazione della mancanza dei requisiti previsti dalla norma che fa espresso riferimento ai diritti di brevetti, alle componenti tecnologiche e alle eccezionalità delle forniture esclusivamente rese da taluni soggetti. A conferma di ciò, si riportano di seguito, alcune fattispecie di maggiore interesse esaminate a campione:
In relazione alla determina del direttore dip. amministrativo n. 304/05 in particolare, si riscontra che aseguito di sollecito, non datato, del dr. Rocco Vasile, direttore della divisione U.O. di chirurgia generale di Siderno, il quale genericamente dichiara che il materiale richiesto è unico e infungibile, l'Azienda acquista presidi chimici dalla M.D.O. s.r.l. di Catanzaro, indicata dal predetto Sanitario quale esclusivista del materiale medesimo, per l'importo di €. 31.126,00+I.V.A. per un quantitativo dichiarato sufficiente per sei mesi.
Analogamente si rileva che, con determina del Direttore Dip. Amministrativo n. 305/05 a seguito di sollecito, non datato, del dr. Rocco Vasile, direttore della divisione U.O.di chirurgia generale di Siderno, l'A.S. procedeva ad acquistare protesi vascolari dalla ditta BIOS s.r.l. di Catanzaro, indicata dal predetto sanitario qualeesclusivista, sulla base di una generica dichiarazione di unicità ed infungibilità, un quantitativo dichiarato sufficiente per sei mesi per l'importo complessivo di €.41.330,00 + I.V.A.
Con determina del direttore amministrativo n. 395/05, si è proceduto all'acquisto di prodotti per urologia dell'O.P. di Siderno, invocando la privativa industriale. In particolare a seguito di note datate 27 aprile 2005, a firma del direttore del direttore della struttura complessa di Urologia del P.O.di Siderno, dr. Antonio Scopelliti, nelle quali vienedichiarata la privativa industriale del prodotto detenuta dai laboratori Chirurgie Texile di Labastide-Rouairox -Francia, il cui esclusivista per la Regione Calabria è la ditta ATTIMED S.a.s. di Reggio Calabria. L'ammontare della fornitura è di €. 108.064,40 I.V.A. compresa. Agli atti, a supporto della richiesta del predetto primario, vi è una generica comunicazione della ditta Chirurgie Texile di Labastide-Rouairox, - industria produttrice- indirizzata alla società ATTIMED S.a.s. nella quale si dichiara che lalinea dei prodotti è coperta da privativa industriale in quanto brevettati.
Con determina del direttore amministrativo n. 396/05, si è proceduto all'acquisto di prodotti per urologia dell'O.P. di Siderno, invocando la privativa industriale. In particolare a seguito di note datate 29 aprile 2005, a firma del direttore del direttore della struttura complessa di Urologia del P.O. di Siderno, dr. Antonio Scopelliti, nelle quali viene dichiarata la privativa industriale del prodotto detenuta dai laboratori Chirurgie Texile di Labastide-Rouairox -Francia, il cui esclusivista per la Regione Calabria è la ditta TI.MEDICAL S.a.s.di Reggio Calabria. L'ammontare della fornitura è di €.127.116,40 I.V.A. compresa. Agli atti, a supporto della richiesta del predetto primario, vi è una generica comunicazione della ditta Chirurgie Texile di Labastide-Rouairox, - industria produttrice- indirizzata alla società TI.MEDICAL S.a.s. nella quale si dichiara che la linea dei prodotti è coperta da privativa industriale in quanto brevettati.
I casi sopra descritti, rappresentano una mera esemplificazione di una superficiale ed invalsa modalità di acquisto di presidi sanitari connotata da generiche dichiarazioni di infungibilità e di privative industriali.
Tale metodologia, che si è potuta verificare su un campione molto più rilevante esaminato, de nota quindi, la reiterata e sistematica violazione delle norme poste a base del buon andamento e della economicità della spesa pubblica."



b) la visura camerale della società MDO (epurata da qualsiasi dato sensibile (data di nascita, residenza, codice fiscale delle persone), ovvero:

M.D.O. MARKETING E DISTRIBUZIONE OSPEDALIERI SOCIETA A RESPONSABILITA LIMITATA
IN FORMA ABBREVIATA "M.D.O. S.R.L."

SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA
Sede legale: ROMA (RM) - VIA PIEMONTE 39  cap 00187
Codice fiscale: 07684390581
Numero REA: RM-624869
Precedente numero di iscrizione: RM091-1986-10091

Data di iscrizione: 19/02/1996
Iscritta nella sezione ORDINARIA  il 19/02/1996
Data atto di costituzione:  04/11/1986
Capitale sociale in  EURO 51.480,00

Oggetto sociale:
- L'ESERCIZIO DELL'ATTIVITA' DI COMMERCIO ALL'INGROSSO ED AL DETTAGLIO, NONCHE' LA RAPPRESENTANZA CON O SENZA DEPOSITO, DI PRODOTTI BIOMEDICI, CHIRURGICI, FARMACEUTICI, ODONTOIATRICI, VETERINARI, DI APPARECCHIATURE E TECNOLOGIE ELETTROMEDICALI E DIAGNOSTICHE, DI DISPOSITIVI MEDICI E PROTESICI;

- L'ASSEMBLAGGIO, LA STERILIZZAZIONE, LA RIPARAZIONE, L'AGGIORNAMENTO, LA MODIFICA E L'AMMODERNAMENTO DI APPARECCHIATURE MEDICHE E DIAGNOSTICHE, DI PRESIDI MEDICO-CHIRURGICI DI OGNI GENERE E TIPO, NONCHE' L'EFFETTUAZIONE DI CONSULENZE TECNICHE, STUDI E RICERCHE ANCHE PER CONTO TERZI;

- L'ATTIVITA' DI TRASPORTO PER CONTO PROPRIO E PER TERZI

STATUTO:
Poteri

ARTICOLO 24
ALL'AMMINISTRATORE UNICO O ALL'ORGANO AMMINISTRATIVO SONO CONFERITI TUTTI I PIU' AMPI POTERI PER L'AMMINISTRAZIONE ORDINARIA E STRAORDINARIA DELLA SOCIETA', ESSENDO DI SUA COMPETENZA TUTTO CIO' CHE PER LEGGE O PER STATUTO NON SIA ESPRESSAMENTE RISERVATO ALL'ASSEMBLEA GENERALE.

L'AMMINISTRATORE UNICO O L'ORGANO AMMINISTRATIVO PUO' QUINDI, CON LE PIU' AMPIE FACOLTA', IN VIA ESEMPLIFICATIVA E NON TASSATIVA, ACQUISTARE, VENDERE, PERMUTARE, CONFERIRE, ANCHE IN SOCIETA'  COSTITUITE O COSTITUENDE, ITALIANE O ESTERE, BENI IMMOBILI O DIRITTI MOBILIARI; CONCEDERE E ASSUMERE PARTECIPAZIONI, INTERESSENZE CONNESSE ALL'OGGETTO SOCIALE; COSTITUIRE, RIDURRE, CANCELLARE, POSTERGARE E SURROGARE IPOTECHE; COSTITUIRE, CEDERE, RINUNZIARE ED ESTINGUERE PEGNI; CONDURRE IMMOBILI; CONTRARRE LOCAZIONI, COMODATI, CONVENZIONI DI SOMMINISTRAZIONE E QUALSIASI ALTRO IMPEGNO SIMILARE, ATTIVO E PASSIVO ANCHE ULTRANOVENNALE; ASSUMERE MUTUI PASSIVI A MEDIO E LUNGO TERMINE; FARE QUALSIASI OPERAZIONE PRESSO IL DEBITO PUBBLICO E LE CASSE DEPOSITI E PRESTITI, LE BANCHE, ISTITUTO DI EMISSIONE ED OGNI ALTRO UFFICIO PUBBLICO E PRIVATO.

L'AMMINISTRATORE UNICO O L'ORGANO AMMINISTRATIVO HA LA LIBERA FACOLTA' DI SVOLGERE LE OPPORTUNE PRATICHE PRESSO TUTTI GLI ISTITUTI DI CREDITO (ORDINARI E SPECIALI) PER RICHIEDERE ED OTTENERE PER CONTO DELLA SOCIETA' AFFIDAMENTI SIA IN SCOPERTO DI CONTO CORRENTE SIA COME CASTELLETTI DI SCONTO SENZA, ALCUNA LIMITAZIONE DI CIFRA, NONCHE' UTILIZZARE DETTI AFFIDAMENTI ANCHE EVENTUALMENTE OLTRE IL FIDO ACCORDATO E QUINDI APPRESTARE LE OPPORTUNE GARANZIE SOTTOSCRIVENDO EFFETTI CAMBIARI DI SMOBILIZZO ED I SUOI SUCCESSIVI RINNOVI TOTALI O PARZIALI, PRESENTARE ALLO SCONTO EFFETTI COMMERCIALI, APPONENDOVI LE RELATIVE GIRATE ED A FARE QUANT'ALTRO E' NECESSARIO OD UTILE E RICHIESTO PER IL PERFEZIONAMENTO FORMALE DI DETTE PRATICHE DI FIDO E FARE QUANT'ALTRO E' RITENUTO NECESSARIO PER IL RAGGIUNGIMENTO DELL'OGGETTO SOCIALE ANCHE SE QUI NON ESPRESSAMENTE ELENCATO.

RAPPRESENTANZA
ARTICOLO 25
LA FIRMA E LA RAPPRESENTANZA DELLA SOCIETA' DI FRONTE AI TERZI ED IN GIUDIZIO SPETTANO ALL'AMMINISTRATORE UNICO OD AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE QUALORA VI SIA IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE.

Poteri congiunti
ALL AMMINISTRATORE UNICO SPETTANO I PIU AMPI POTERI PER L AMMINISTRAZIONE ORDINARIA E STRAORDINARIA DELLA SOCIETA.AD ESSO SPETTANO LA FIRMA SOCIALE E LA RAPPRESENTANZA LEGALE DELLA SOCIETA DI FRONTE AI TERZI ED IN GIUDIZIO.

Quota di nominali: 25.740,00  EURO - Tipo di diritto: PROPRIETA'
GIOIA STEFANIA

Quota di nominali: 25.740,00  EURO - Tipo di diritto: PROPRIETA'

THE GADA GROUP LIMITED
Cittadinanza: GRAN BRETAGNA


Data atto: 26/02/2005

Quota di nominali: 25.740,00  EURO - Tipo di diritto: PROPRIETA'

Cedente GIOIA STEFANIA

Acquirente THE GADA GROUP LIMITED

Cittadinanza: GRAN BRETAGNA

Tipo di diritto: PROPRIETA'

Data atto: 07/11/2003


Quota di nominali: 51.480,00  EURO

Cedente NATALIZIO GABRIELLA

Acquirente GIOIA STEFANIA


Data atto: 23/01/2002

Quota di nominali: 5.148,00  EURO

Cedente ALBONETTI SANTE GIOVANNI

Acquirente NATALIZIO GABRIELLA


Data atto: 23/01/2002

Quota di nominali: 12.870,00  EURO

Cedente GUALTIERI ANTONIO

Acquirente NATALIZIO GABRIELLA


Quota di nominali: 7.722,00  EURO

Cedente GAMMA INTERNATIONAL S.R.L.

Acquirente NATALIZIO GABRIELLA


Data atto: 18/05/2001


Quota di nominali: 49.500.000  valuta: LIRA ITALIANA

Cedente ALBONETTI SANTE GIOVANNI

Acquirente NATALIZIO GABRIELLA


Quota di nominali: 24.750.000  valuta: LIRA ITALIANA

Cedente ALBONETTI SANTE GIOVANNI

Acquirente GUALTIERI ANTONIO


AMMINISTRATORE UNICO
GIOIA STEFANIA
Nata a ROMA  (RM)  il 28/06/1956

Residenza  ROMA (RM)
AMMINISTRATORE UNICO  nominato con atto del 07/11/2003

Durata in carica:  FINO ALLA REVOCA

Societa' o enti che esercitano attivita' di direzione e coordinamento

Dichiarazione di INIZIO CONTROLLO
Data dichiarazione: 27/10/2005

Data protocollo: 20/12/2005

Numero protocollo: RM-2005-270820

Tipo elenco: INIZIO CONTROLLO

Richiesta di iscrizione alla sezione
Controllante  THE GADA GROUP LIMITED
Data costituzione: 08/11/2005

Sede: GRAN BRETAGNA

Data riferimento direzione/coordinamento: 27/10/2005

Tipo dichiarazione: INIZIO CONTROLLO

Tipo direzione/coordinamento: VINCOLI CONTRATTUALI

Sede legale
ROMA (RM)
VIA PIEMONTE 39  cap 00187

UNITA' LOCALE n. 1
FILIALE Data apertura: 23/01/2002
CATANZARO (CZ) - VIA ZANOTTI BIANCO SNC  cap 88100
Numero Repertorio Economico Amministrativo: CZ-166893

Data iscrizione: 18/04/2005
VARIAZIONE DELLA FORMA GIURIDICA. FORMA GIURIDICA PRECEDENTE:

SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA CON UNICO SOCIO

Data iscrizione: 18/04/2005

GIOIA  STEFANIA

CESSAZIONE DALLA QUALIFICA DI: SOCIO UNICO DAL: 03/12/2003

Data iscrizione: 27/10/2004
NATALIZIO  GABRIELLA
 CESSAZIONE DALLA CARICA O QUALIFICA DI: SOCIO UNICO

Data iscrizione: 28/01/2004

GIOIA  STEFANIA
MODIFICA RESIDENZA ANAGRAFICA E/O DOMICILIO FISCALE

DI: GIOIA STEFANIA VALORI PRECEDENTI:

RESIDENZA: ROMA (RM) - ITALIA
ASSUNZIONE QUALIFICA DI: SOCIO UNICO DAL: 03/12/2003

Data iscrizione: 12/11/2003

NATALIZIO  GABRIELLA
CESSAZIONE DALLA CARICA O QUALIFICA DI:

AMMINISTRATORE UNICO DATA NOMINA 23/01/2002

GIOIA  STEFANIA
NOMINA CARICA E/O QUALIFICA/E DI:

E' STATA NOMINATA  ALLA CARICA DI AMMINISTRATORE UNICO DAL 07/11/2003 DURATA:

FINO ALLA REVOCA

Data iscrizione: 20/02/2002

NATALIZIO  GABRIELLA
ASSUNZIONE QUALIFICA DI: SOCIO UNICO DAL: 19/02/2002


Data iscrizione: 13/02/2002


GUALTIERI  ANTONIO
CESSAZIONE DALLA CARICA O QUALIFICA DI: AMMINISTRATORE UNICO

NATALIZIO  GABRIELLA
NOMINA CARICA E/O QUALIFICA/E DI:

E' STATA NOMINATA  ALLA CARICA DI AMMINISTRATORE UNICO DAL 23/01/2002 DURATA:

A TEMPO INDETERMINATO

Data iscrizione: 13/02/2002

TRASFERIMENTO DELLA SEDE LEGALE. INDIRIZZO PRECEDENTE:

ROMA (RM) VIA DI QUARTO ANNUNZIATA,80/B

Denuncia modifica del 05/11/2002
TRASFERIMENTO DI UN'UNITA' LOCALE

DA CATANZARO (CZ) VIA CAIO DUILIO 25/B

Denuncia modifica del 25/02/2002
APERTURA UNITA' LOCALE

CATANZARO (CZ) VIA CAIO DUILIO 25/B



c) le società dei soci e amministratori del "MDO srl" (epurate da qualsiasi dato sensibile - data di nascita, residenza, codice fiscale delle persone), ovvero:

ALBONETTI SANTE GIOVANNI
Gamma International Co srl (cancellata)
Medical Center srl (cancellata)
Alfin srl (cancellata)
Virtuart - Ccd Creative Computer Desing srl (cancellata)
Elamed srl
Nedroline spa
Nihon Medical Italia spa
E.P.S. spa
Formedical co srl
Gamma International srl
Immobilnord srl
Gadamed srl
Medigroup srl

GIOIA STEFANIA
Cuzzeri srl (cancellata)
Gadamed srl

GUALTIERI ANTONIO
Formedical Co srl (cancellata)
Antonio Gualtieri imp.ind.
Formedical Co srl (Roma)
Formedical Co srl (RC)
Alfin spa
Medical Center srl
Gadamed srl

NATALIZIO GABRIELLA
Natalizio Gabriella imp.ind.
Bios Heaktcare srl
Gamma International srl con partecipazioni in Formedica srl - Virtuart ccd - Creative Computer Desing srl - Medical Center srl


Non vi era alcun commento. Non vi era alcun dato non ufficiale in questa pagina, come si può ben constatare da quanto sopra riportato. Non sono nostri i rilievi mossi dalla Commissione di Accesso (che i signori nell'atto definivano secretata quando questa non lo era)! Non sono nostre le responsabilità dei rapporti di affari riportati nella Relazione! Così come le visure camerali sono pubbliche e non contengono dati "sensibili". E' evidente, ma non lo è per tutti.

Il Giudice del Tribunale di Roma ha sottolineato che:

"la pubblicazione di notizie relative ad informazioni coperte da segreto di ufficio non può di per sé integrare il reato di diffamazione; la fattispecie non è diversa da quella in cui la pubblicazione di notizie deriva dalla violazione del segreto istruttorio; il pressochè unanime indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte sul punto - tale da costituire ormai "jus receptum" (cfr. per tutte, da ultimo, Cass. Sez. III, 6877 del 25/5/2000) - è nel senso di collegare la legittimità dell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria alla contestuale ricorrenza dei requisiti della veridicità del fatto, della partinenza e della continenza. Ne deriva che, soltanto laddove il diritto di cronaca sia stato legittimamente esercitato con riferimento ai predetti parametri valutativi, nasce l'esigenza di contemperare, limitandoli, altri interessi fondamentali antagonisti; non si può ritenere l'insussistenza dell'interesse pubblico all'informazione, soltanto perchè in presenza di fatti coperti dal segreto; l'interesse va invece valutato con riferimento all'effettivo rilievo della notizia;
che, nella fattispecie, la pubblicazione avvenuta sul sito internet corrisponde nella sostanza al contenuto della relazione conclusiva redatta dalla Commissione di accesso all'asl n. 9 di Locri, nominata con decreto prefettizio; nella premessa generale della relazione sono indicati gli obiettivi e le finalità degli accertamenti ...; nel secondo capitolo, fin dall'inizio, si afferma con certezza che l'asl è divenuta un particolare centro di interessi della criminalità organizzata, che esercita pressioni tali da compromettere seriamente il buon andamento dell'amministrazione nei settori della spesa e quindi dell'utilizzo delle risorse economiche pubbliche; si procede quindi alla disamina dei settori secondo i tre macro aggregati della spesa del bilancio che impegnano l'attività amminitrativa; la società, collegata ai ricorrenti, è richiamata nel settore dell'attività contrattualistica (con particolare riferimento alle privative industriali); quanto riferito a tale società è testualmente riportato nel sito; gli attori si potrebbero dolere della premessa della pubblicazione, ma nella sostanza nelle stessa ci si limita ad additare, come collusi le società ed i soci segnalati nella relazione; ciò che rileva però è l'attualità dell'interesse alla notizia, a prescindere da una valutazione, in termini di proporzione, sull'elencazione - e quindi l'estensione della vicenda - a tutti i soggetti in rapporto di collegamento societario con la MDO srl, espressamente menzionata; la relazione risale al marzo 2006 e la pubblicazione è iniziata nel successivo mese di ottobre; sono trascrorsi oltre due anni dalla estensione della relazione e non risulta in coinvolgimento della società menzionata in inchieste giudiziarie..."


Se la prima parte delle considerazioni del Giudice evidenziano la regolarità del nostro operato
, il passaggio sul "attualità dell'interesse della notizia" è non solo discutibile ma pericoloso. Infatti molto spesso, documenti riguardanti l'azione dell'autorità giudiziaria o investigativa, come altri documenti relativi alla Pubblica Amministrazione, non sono disponibili nell'immediato e soprattutto non hanno una "scadenza", proprio per il carattere pubblico delle informazioni in esse contenute. Pensiamo soltanto al fatto di cosa significhi questo per gli Atti Parlamentari, le Relazioni ed i Rapporti, le Sentenze o gli Atti giudiziari in generale, deliberazioni e documenti delle Pubbliche Amministrazioni... dovrebbero essere cancellate? E dopo quanto? Chi stabilisce i tempi di utilità di un informazione ufficiale e pubblica? Inoltre le visure camerali esistono anche per le società chiuse, non solo per quelle attive; si dovrebbe procedere alla cancellazione dagli archivi? E se si, chi stabilisce dopo quanti anni?
Quindi eccoci alla conclusione del Giudice che è sorprendente: viene accolta l'istanza di cancellazione di quanto contenuto nelle pagine del sito della Casa della Legalità in riferimento alla società MDO srl.

In data 22 dicembre 2008, il Giudice del Tribunale di Roma ha disposto la rimozione delle pagine (nuovo sito http://www.casadellalegalita.org/index.php?option=com_content&task=view&id=1162&Itemid=27 - vecchio sito http://www.genovaweb.org/legalita/asl_locri/mdo_roma_catanzaro.htm) relative alla società MDO srl. Nei giorni scorsi è stato effettuato l'oscuramento e sequestro di tali pagine.

Noi rispettiamo tale decisione, ma per dovere di informazione abbiamo raccontato tutta la storia ed i fatti così che sia chiara la vicenda e la volontà di nascondere dati reali, veri, accertati e, ci dispiace per lor signori, pubblici!

Come si chiama quanto avvenuto se non "censura"? Noi non abbiamo idea di altro termine!


Altre idee folgoranti

Ma trovare idee folgoranti per tacere informazioni pubbliche (peraltro rintracciabili nello stesso web) risultano essere diventate una gara a chi inventa la migliore. Ecco quindi che se c'è chi, come il "non menzionato" che però si riconosce e quindi si sente diffamato e presenta querela, e c'è chi si lamenta perchè si sono riportate le notizie di fatti reali, veri, accertati e pubblici ma propone istanza al Tribinale Civile, abbiamo anche chi si appella alla privacy perchè c'è il suo nome e cognome.

Per chiudere, ecco quindi, l'ultimo caso. E' quello di Giuseppe Donia, citato in articoli stampa (come ad esempio Rassegna stampa e Narcomafie, da noi pubblicati) e citato in una Interrogazione Parlamentare (che riportiamo di seguito), in riferimento all'omicidio di Graziella Campagna.

Il Donia, che ci aveva già inviato missiva e che già ha preso di mira anche l'associazione Rita Atria, adesso ci ha trasmesso, tramite l'avv. Valentina Frediani di Montecatini Terme, una nota di "Istanza per l'esercizio del diritto di accesso ai dati personali ex art. 7 e 8 d.lgs n. 196/2003 del Sig. Giuseppe Donia detenuti dalla Associazione della Legalità".

Nella stessa missiva il legale del Donia richiede: "la cencellazione o la traformazione dei dati in forma anonima di tutti i dati presenti sul sito web casadellalegalita.it, nessuno escluso, relativi al sig. Donia... In difetto di un preciso riscontro alla presente raccomandata entro 15 giorni dal ricevimento della stessa, il sig. Donia si ritterà libero di rivolgersi alle Autorità Giudiziarie competenti o al Garante della Privecy..."

Ora noi non abbiamo dati personali del signor Giuseppe Donia, se non il suo nome e cognome perchè ricorrente in materiali inerenti l'omicidio commesso da Cosa Nostra di Graziella Campagna, articoli non scritti da noi e che non sono "custoditi" ma piottosto riportati nel sito.

Ciò è tanto vero che ai link indicati nella stessa comunicazione "legale" http://www.casadellalegalita.org/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=1140 e http://www.casadellalegalita.org/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=132
non vi sono altro che il suo nominativo senza alcun dato sensibile del signore. Così come nell'interrogazione parlamentare (pubblica pure questa, se ne faccia una ragione il Donia!) che riportiamo integralmente di seguito.

"Cancellazione"? Non se ne parla! "Trasformazione dei dati in forma anonima"? Non se ne parla! Ecco la nostra risposta precisa!


In conclusione

Possono andare avanti, possono sommergerci di istanze e di procedimenti, possono tentarle tutte... ma noi non cediamo! Ci considerino pure dei "recidivi"... in fondo lo avevamo già detto: "Noi la nostra risposta l'abbiamo già data da tempo: andiamo allo "scontro"... In questo disgraziato e devastato Paese ormai rivendicare, pretendere il rispetto dei Diritti, rivendicare Legalità e Giustizia Sociale è da banditi... bene, saremo i 'banditi' della Legalità! E voi?"

Noi abbiamo sempre condannato ogni strumentalizzazioni, ogni uso distorto in nome della Legalità e della lotta alle mafie, perchè il metodo dello 'spararla grossa', o le generalizzazioni o il negare e tacere certi fatti, o lo slogan facile, metodi che possono anche garantire sicuri ritorni mediatici, ma che certamente producono più danno che altro, ed in primis intaccano la credibilità di un lavoro che deve essere preciso e imparziale, corretto e senza sconti per nessuno!
Noi non generalizziamo mai, ci atteniamo sempre ai fatti e quello che c'è da dire lo diciamo e scriviamo. Non ci inventiamo mai nulla, non intendiamo ne fare i martiri ne quelli che la sparano grossa per far rumore. Che si abituino: questa è informazione, cittadinanza attiva, contrasto fattivo alla cultura dell'omertà, contrasto all'illegalità ed alle mafie (quelle tradizionali e quelle in giacca cravatta o camice bianco). Non ci tapperanno la bocca... posso anche colpirci, farci impazzire a girare per udienze da nord a sud, farci perdere tempo prezioso, ma non abbiamo mai mollato e non molliamo, lo sappiano!



Camera dei Deputati
Allegato B
Seduta n. 825 del 13/12/2000

Interrogazione parlamentare

VENDOLA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel processo in corso presso la Corte di Assise di Messina per l'omicidio di Graziella Campagna sono emersi gravissimi episodi di depistaggio ed altre anomalie poste in essere da Ufficiali e Sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri; la sera del 12 dicembre 1985, nel paese di Villafranca Tirrena (Messina), scompariva Graziella Campagna, di Saponara. Il suo cadavere veniva ritrovato due giorni dopo sui monti Peloritani, al confine fra il comune di Messina e quello di Villafranca Tirrena. Graziella sarebbe scomparsa sulla via Nazionale di Villafranca Tirrena, nei pressi della lavanderia La Regina, ove la stessa prestava servizio;
all'epoca dell'omicidio, la lavanderia La Regina era da tempo quotidianamente frequentata da due palermitani, presentatisi come l'ingegner Toni Cannata ed il geometra Gianni Lombardo, quest'ultimo collaboratore del primo. In realtà si trattava di due pericolosissimi ricercati per associazione mafiosa, traffico internazionale di droga ed altro: Gerlando Alberti jr. (nipote omonimo di Gerlando Alberti sr., detto «'u paccarè») e Giovanni Sutera. I due si nascondevano nella zona di Villafranca da circa tre anni ed avevano instaurato buoni rapporti con i titolari della lavanderia, i coniugi Franco Romano e Franca Federico, e con le collaboratrici, Agata Cannistrà e Graziella Campagna. Inoltre, nello stesso paese erano assidui frequentatori del salone da barba di Giuseppe Federico, fratello di Franca, e del negozio di alimentari di Francesco Catrimi;
Alberti si era trasferito nella zona di Messina dal 1982-83, dopo essere sfuggito agli attentati in suo danno eseguiti dal gruppo mafioso corleonese e dagli alleati di quella frangia di Cosa Nostra. Arrivato in riva allo Stretto, aveva dimorato fino al 1984 ad Acqualadroni, utilizzando le abitazioni messe a sua disposizione da tale Palamara Rosaria, e dal 1984 in poi nella zona di Villafranca Tirrena;

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la presenza in Villafranca dei due latitanti palermitani e la loro identificazione venivano accertate la sera dell'8 dicembre 1985, quattro giorni prima dell'omicidio, quando fuggivano da un posto di blocco lasciando i documenti falsi. Dalla relazione di servizio redatta dai due Carabinieri, tuttavia, risulta un dato preoccupante. Il Cannata (alias Alberti), infatti, prima di fuggire aveva riferito ai militari, al fine di tranquillizzarli, che egli era ottimo amico del maresciallo Giardina, Comandante della Stazione dei Carabinieri di Villafranca, al quale, quindi, sollecitava i militari di rivolgersi per avere referenze tranquillizzanti. Sennonché, dopo l'omicidio in questione, fu proprio il maresciallo Giardina a coordinare le indagini sull'omicidio Campagna, inizialmente volte a dimostrare un'insostenibile causale passionale e poi direzionate, dopo molte titubanze, nei confronti di Alberti e Sutera. La relazione di servizio, invece, nella quale si segnalava l'amicizia fra il maresciallo Giardina ed il latitante, fu trasmessa alla Procura della Repubblica soltanto un mese e due giorni dopo il ritrovamento del cadavere;
in effetti, perfino lo stesso maresciallo Giardina dovette ammettere taluni contatti con l'ingegner Cannata (alias Alberti). Già al G.I. riferì di aver in più occasioni incontrato il sedicente Cannata dal barbiere Federico e nel negozio di Catrimi (guarda caso erano entrambi avventori degli stessi esercizi commerciali) e che in tali occasioni il latitante palermitano gli era stato presentato come «ingegnere Cannata» e gli era stato descritto come un «gentiluomo», fra gli altri dall'allora sindaco Vincenzo La Rosa, uomo legato a doppio filo a don Santo Sfameni ed imparentato con i proprietari della lavanderia presso cui lavorava Graziella;
Gerlando Alberti jr., dietro la falsa identità dell'insospettabile ingegner Toni Cannata, dal maggio del 1985, insieme all'amico Sutera, spacciato come proprio parente, aveva preso in affitto una villetta nel vicino paese di Rometta Marea, in Via Vini n. 103, di proprietà, inizialmente, di tale Siragusa Salvatore. In realtà, il contratto di affitto era stato stipulato a nome di Mancuso Rosa Emilia, moglie dell'Alberti, il 15 maggio 1985;
a quasi un mese di distanza dall'omicidio di Graziella, si scopriva che qualche giorno prima dell'8 dicembre 1985 l'ingegner Cannata aveva lasciato della biancheria alla lavanderia ove lavorava la giovane. Sbadatamente, in uno degli indumenti consegnati, lasciava un porta-documenti contenente un'agendina con degli appunti personali. Avvedutosi di ciò mentre si trovava nel negozio del barbiere Federico, mostrando evidenti segni di nervosismo, mandava il suo amico a ritirare il tutto. Sutera, però, tornava a mani vuote, cosicché l'ingegner Cannata si recava di persona alla ricerca dei preziosi documenti. Veniva ritrovata soltanto la custodia del porta-documenti, al cui interno c'era solo un'immaginetta sacra con l'effigie del Papa. A questo punto, il latitante andava su tutte le furie, gettando nel cestino gli oggetti rinvenuti. Dal timore che questi appunti fossero stati ritrovati, all'interno della lavanderia, da Graziella Campagna e che la ragazza ne potesse parlare con il fratello Piero, carabiniere, sarebbe nata la necessità dell'uccisione della diciassettenne. Graziella, dopo essere stata prelevata e condotta a Forte Campone, sarebbe stata interrogata in ordine al ritrovamento degli appunti smarriti dall'ingeger Cannata e solo dopo ciò uccisa;
nonostante nella zona tutti conoscessero l'ubicazione della casa dell'ingegner Cannata, i carabinieri di Villafranca, guidati dal maresciallo Giardina, la individuavano soltanto con cinque giorni di ritardo, il 13 dicembre 1985. Proprio la mattina successiva all'omicidio, guarda caso, e proprio quella mattina venivano rilevate all'ingresso dall'abitazione le tracce di fango lasciate nella notte, segno della fuga repentina. Inspiegabilmente, però, la villetta non venne perquisita fino all'8 gennaio 1986. Il maresciallo Giardina giustificò questo ritardo affermando di aver predisposto dei controlli mirati a sorprendere l'eventuale ritorno sul posto dei fuggitivi o

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di qualche loro complice. Il servizio di appostamento disposto dai Carabinieri nei pressi dell'abitazione di via Vini n. 103, tuttavia, non rilevava alcunché, nemmeno che il 14 dicembre 1985 numerosi soggetti a bordo di due autovetture targate CT A112, con fare sospetto, erano inutilmente andati a trovare l'Alberti;
risulta all'interrogante che fino al 7 gennaio 1986 non vi fu traccia alcuna, negli atti di indagine, dell'ingegner Cannata e del fido aiutante Gianni;
a dire il vero, già l'avvio delle indagini era stato caratterizzato da alcune stranezze. Era, infatti, avvenuto che a giungere per primi a Forte Campone e ad eseguire il riconoscimento del cadavere ed i primi adempimenti del caso fossero stati i poliziotti della Squadra Mobile. Sennonché, contrariamente alla prassi istituzionale costante in casi del genere, la conduzione delle indagini era stata delegata, dalla magistratura, in prima battuta ai Carabinieri;
soltanto il 19 febbraio 1986 Alberti e Sutera venivano denunciati, in stato di latitanza, dal Nucleo Operativo dei Carabinieri di Messina. Però, ciò avveniva solo per furto e falso per la fuga dal posto di blocco del giorno 8 dicembre 1985 e non per l'omicidio Campagna, su cui si ometteva ogni accenno. La circostanza più grave è che la Squadra Mobile di Messina aveva già denunciato Alberti e Sutera quali responsabili dell'omicidio Campagna, con rapporto giudiziario dell'11 gennaio 1986;
solo con rapporto giudiziario del 3 settembre 1986 la Legione Carabinieri di Messina, Compagnia di Messina Centro, dopo aver tentato di sostenere il movente passionale, denunciava Alberti e Sutera quali autori dell'omicidio Campagna;
Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera, con provvedimento emesso il 12 dicembre 1988 dal G.I. del Tribunale di Messina, venivano rinviati a giudizio innanzi alla Corte di Assise di Messina. Tuttavia, la Corte, presieduta dal dottor Cucchiara, con provvedimento del 10 marzo 1989, dichiarava, su conforme richiesta del P.M., alla quale si associavano anche i difensori delle parti civili e degli imputati, la nullità degli atti dell'istruzione formale, «ivi compresa l'ordinanza di rinvio a giudizio», e disponeva la restituzione degli atti al P.M.;
nel frattempo, il 4 febbraio 1989, il carabiniere Piero Campagna, proseguendo le indagini personali sull'omicidio della sorella, registrava una conversazione avuta nella lavanderia Orchidea di Rometta Marea (Messina) con la proprietaria di tale negozio, Bertino Angela, e con Agata Cannistrà, da cui emergono involontarie confessioni significative ed allarmanti. Infatti, Agata Cannistrà riferiva che, ai tempi della latitanza di Alberti sotto le mentite spoglie di ingegner Cannata, il proprio marito, il barbiere Giuseppe Federico, aveva partecipato ad una cena in un ristorante, nella quale ospite di lusso era proprio il latitante palermitano e fra i presenti era il maresciallo Carmelo Giardina e aggiungeva che il modo di fare di Alberti le era risultato estremamente sospetto. Sempre nel corso della stessa conversazione registrata, la proprietaria della lavanderia Orchidea, cognata del boss Santo Sfameni, confidava che Nino Sfameni, figlio di Santo, aveva fatto in qualche occasione da autista all'ingegner Cannata. La stessa aggiungeva che aveva saputo che, al tempo della latitanza, fra le dimore a disposizione di Alberti e Sutera, vi fosse anche una villetta sita in Villafranca Tirrena, Via Baronia, adiacente alla caserma dei Carabinieri diretta dal maresciallo Giardina, circostanze sconosciute agli atti dell'inchiesta, perché mai verbalizzate;
ripartito il procedimento, il P.M. richiedeva il proscioglimento dei due imputati, disposto con la sentenza emessa il 28 marzo 1990 dal G.I. dottor Marcello Mondello;
per lunghi anni, dopo la sentenza di proscioglimento emessa dal dottor Mondello, sul feroce assassinio di Graziella Campagna calava l'oblio;
il 24 settembre 1996, oltre 6 anni dopo il proscioglimento dei due imputati,

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sulla scorta delle dichiarazioni rese da 9 collaboratori di giustizia (Ferrara Carmelo, Surace Salvatore, Mancuso Giorgio, Rizzo Rosario, Di Napoli Pietro, Sparacio Luigi, Giorgianni Salvatore, Cariolo Antonio, Arnone Marcello), i quali avevano indicato Alberti e Sutera quali esecutori materiali del delitto, specificando il contesto mafioso in cui era stato deciso l'assassinio di Graziella, la Procura di Messina richiedeva la revoca della sentenza di proscioglimento e la riapertura delle indagini preliminari. Il Gip accoglieva la richiesta con provvedimento emesso il 5 dicembre 1996, concedendo 6 mesi per il completamento delle indagini;
venivano espletati nuovi accertamenti dal R.O.S. dei Carabinieri di Messina, che culminavano nella redazione dell'informativa «Erode» del 5 giugno 1997, nella quale venivano raccolti numerosi riscontri trovati alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Con l'informativa di reato, venivano denunciati Alberti e Sutera quali responsabili dell'uccisione della Campagna, Franca Federico, Franco Romano, Giuseppe Federico ed Agata Cannistrà per favoreggiamento, Santo Sfameni per associazione mafiosa;
così come risulta all'interrogante, il 23 dicembre 1997 il P.M. Marino formulava richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 6 imputati: Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera per il reato di omicidio, Franca Federico, Franco Romano, Giuseppe Federico e Agata Cannistrà per favoreggiamento, richiesta accolta dal Gip Salamone, che disponeva il rinvio a giudizio di tutti gli imputati innanzi alla Corte di Assise, Prima Sezione, per l'udienza del 10 dicembre 1998;
iniziato il dibattimento, anche grazie alle rivelazioni di numerosi collaboratori di giustizia, emergeva uno spaccato inquietante fatto di commistioni fra pezzi dello Stato e mafiosi in carriera. Per la prima volta si riusciva a far venir fuori che il «patriarca» di Villafranca Tirrena, Santo Sfameni, è un importante uomo di Cosa Nostra, «burattinaio» manovratore di giudici e processi, che dall'alto della sua influenza massonica riusciva a far sedere insieme magistrati, avvocati e latitanti;
con l'esame testimoniale di Piero Campagna, il 22 dicembre 1999, venivano fuori le circostanze più sconcertanti. Riferiva, infatti, il Campagna che, pochi giorni dopo l'omicidio, era stato raggiunto a casa da poliziotti della Squadra Mobile, insieme ai quali era salito in automobile per riferire loro tutti i sospetti che aveva sull'assassinio della sorella. L'auto della Polizia veniva bloccata da una pattuglia dei carabinieri. Ne nasceva una colluttazione fra poliziotti e carabinieri. Finiva che gli agenti della Mobile, stizziti per l'accaduto e per le incredibili accuse di imprecisate ingerenze investigative, andavano via. Il Campagna veniva convocato in caserma dal maresciallo Giardina, dal quale veniva redarguito per avere fornito notizie alla Polizia e invitato a recarsi al Comando Provinciale dei Carabinieri, nell'ufficio dell'allora maggiore Antonio Fortunato, Comandante del Reparto Operativo, che aveva manifestato il suo disappunto per l'accaduto. Ricevuto dal Fortunato, Campagna veniva nuovamente investito da una reprimenda per avere collaborato con i poliziotti e gli veniva intimato di fornire ogni dettaglio utile per le indagini esclusivamente allo stesso maggiore Fortunato o al maresciallo Giardina;
nella stanza del Fortunato, da questi veniva presentata a Piero Campagna un'altra persona, indicata dal Fortunato come proprio collega, a nome Giuseppe Donia, il quale assistette all'incontro e partecipò alla discussione, anche intervenendo per tranquillizzare il fratello della vittima sullo scrupolo che sarebbe stato impiegato nelle indagini. Si tratta della stessa persona che Campagna, nuovamente recatosi al Comando Provinciale, qualche giorno dopo incontrò nel cortile della caserma e che gli confidò di essersi personalmente occupato della perizia balistica espletata sui proiettili utilizzati per uccidere Graziella;
Piero Campagna a distanza di qualche anno incontrò il Donia a Falcone (Messina),

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il paese nel quale dal 1989 Gerlando Alberti e la sua famiglia vivevano. In tale occasione apprese dai carabinieri di Falcone che il Donia non era in realtà un ufficiale dei carabinieri, ma che si spacciava falsamente come tale, e che, soprattutto, era un soggetto strettamente legato a Gerlando Alberti jr;
risultando agli atti del processo una sola perizia balistica, firmata dal professor Ortese, e, viceversa, non risultando, secondo l'interrogante, da nessuna parte l'intervento del finto «colonnello» Donia, il P.M. di udienza, dottoressa Raffa, avviò un'indagine sui fatti raccontati dal Campagna, anche sulla scorta della deposizione del maresciallo del R.O.S. dei Carabinieri Salvatore Puglisi, che, sentito nella stessa udienza nella quale era stato escusso Piero Campagna, aveva confermato che negli anni '80 il Donia, qualificandosi falsamente come ufficiale dei Carabinieri, frequentava il Comando Provinciale di Messina;
nel corso delle indagini sul Donia, questi, interrogato il 1o aprile 2000, ammetteva che la sera del rinvenimento del cadavere di Graziella Campagna, il 14 dicembre 1985, era stato «contattato telefonicamente dal capitano Acampora. Costui mi sollecitava a recarmi presso la stazione dei carabinieri di Villafranca portando con me un fucile da caccia con un munizionamento da caccia grossa. Poiché io opponevo qualche resistenza mi passò al telefono (il maggiore) Fortunato, che mi fece ulteriori e definitive pressioni. Giunto in caserma vi trovai Fortunato, Acampora e Giardina. Mi fu richiesto di comparare informalmente alcuni reperti balistici con la mia arma e le mie munizioni e fornii le mie conclusioni»;
pur ammettendo inusuali rapporti di frequentazione con il Donia, il maggiore Fortunato ed il capitano Acampora negavano di avere mai dato quell'incarico peritale al Donia;
in realtà, Giuseppe Donia, formalmente privato cittadino, è un soggetto del tutto fuori dal normale ed i suoi rapporti con gli ambienti militari e giudiziari sono talmente irrituali da allarmare. Così scriveva di sé il 24 febbraio 1994 in un'istanza al Procuratore della Repubblica di Patti, susseguente ad un sequestro di armi e munizioni eseguito in casa sua il 7 gennaio 1994 dai carabinieri della compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto: «A titolo di informazione (il sottoscritto) aggiunge di essere stato chiamato quale perito balistico, con facoltà di servirsi a discrezione delle infrastrutture civili e militari della Repubblica, dai Giudicati di Istruzione presso le Procure della Repubblica di Modena, Bologna, Parma, Reggio Emilia, consulente, a titolo assolutamente gratuito, del Reparto Operativo dell'ex Gruppo CC. di Messina, dal quale veniva a volte convocato, in occasione di fatti di sangue, per fornire indicazioni sui reperti balistici sequestrati ed ancora di essere stato nominato dai Prefetti di Bologna e Modena, Istruttore e Direttore di Tiro, e di avere questa qualifica anche presso il poligono di Milazzo». E così in una lettera inviata nello stesso frangente al colonnello Antonio Ragusa, Comandante Provinciale CC. di Messina: «Premesso che la mia passione del tiro accademico è ben datata, risale infatti ad una assidua frequentazione e collaborazione con l'allora capitano CC. Alberto Romoli, Comandante del centro Perfezionamento Tiro presso l'8o Btg. CC. di Roma, nei primi anni '70, proseguita nel tempo anche con la partecipazione tecnica all'addestramento di alcuni poi noti Sottufficiali dell'Arma, a particolari sedute diurne e notturne; chi Le scrive è stato istruttore di Tiro e Direttore di Tiro con nomina dei Prefetti di Bologna e Modena, Perito del Giudicato d'Istruzione presso le Procure di Modena, Bologna, Parma, Reggio Emilia, nonché consulente balistico, a titolo assolutamente gratuito, del Reparto Operativo dell'ex Gruppo CC. di Messina, al quale ha fornito indicazioni in occasioni di fatti di sangue, sui reperti balistici sequestrati»;
che il falso colonnello Donia effettivamente si presentasse, e venisse presentato in giro, come ufficiale dei Carabinieri in pensione è un fatto talmente certo da essere attestato da una nota del Nucleo

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Operativo dei Carabinieri di Modena inviata l'8 aprile 1981 ai Carabinieri di Roccavaldina (Messina), nella quale si comunicava anche che Donia vantava di avere fatto amicizia anche con il maresciallo Numa, comandante della stazione competente sul territorio di sua nuova (a quel tempo) residenza, Scala Torregrotta. Altrettanto certi sono i rapporti di amicizia fra Giuseppe Donia e Gerlando Alberti, l'imputato dell'omicidio di Graziella Campagna: le relazioni di servizio dei carabinieri di Falcone del 29 ottobre 1991 e del 29 maggio 1992 sono inequivoche sugli incontri fra i due e fra Donia, la moglie di Alberti ed il guardiaspalle, tale Geraci Antonino, dello stesso mafioso palermitano;
a dire il vero, però, ciò che appare più destabilizzante, all'interrogante, è il tenore dei rapporti intrecciati dal Donia prima dell'omicidio di Graziella Campagna con alcuni rappresentanti istituzionali che dell'omicidio ebbero ad occuparsi nell'esercizio delle loro funzioni, nel modo non troppo accurato che già sopra si è visto. Il Donia, infatti, pur non essendo colonnello, appare tale e, pur non essendo perito balistico, svolge in segreto delicate perizie. Solo che questa sua passione per le armi è condivisa con soggetti di tutto spessore. Il 13 dicembre 1982, ad esempio, Donia segnalava formalmente alla Stazione dei Carabinieri di Fondachello Valdina (Messina), diretta dal maresciallo Numa, di avere ceduto a titolo gratuito una pistola Beretta semiautomatica cal. 7,65 al dottor Rocco Sisci, nato ad Amendolara (Cosenza) il 6 ottobre 1936, in quel momento (ed anche nel dicembre 1985) Sostituto Procuratore della Repubblica a Messina. Il 1o luglio 1983 il Donia segnalava alla stessa Stazione dei Carabinieri di avere ricevuto in regalo dal capitano Acampora Fernando, proprio colui che dirigerà, quale comandante del Nucleo Operativo della Compagnia Messina Centro, le indagini sull'assassinio, tante armi da sembrare un arsenale;
in definitiva si hanno: due imputati di omicidio, Gerlando Alberti e Giovanni Sutera, latitanti in Villafranca Tirrena protetti da Santo Sfameni; quattro imputati di favoreggiamento, in intimi rapporti con quegli stessi latitanti e legati da rapporti di parentela con l'allora sindaco La Rosa, buon amico ed accompagnatore del latitante Alberti ed in stretto collegamento con il boss Sfameni; un intoccabile «puparo», Sfameni; un pugno di Ufficiali e Sottufficiali dei Carabinieri (Fortunato, Acampora, Giardina ed altri) che hanno devastato le indagini, con comportamenti fuori da ogni codice, peraltro condividendo con l'Alberti talune amicizie non propriamente commendevoli; un falso colonnello (Donia) che compie perizie non verbalizzate, che collabora, fuori ruolo, alle indagini, che è amico del principale imputato, che regala armi a magistrati e criminali e ne riceve da parte di ufficiali dei carabinieri, che viene accusato (unitamente a molti sottufficiali dei carabinieri) da collaboratori di giustizia e mai perseguito -:
se siano mai stati avviati accertamenti dai Ministri interrogati sui gravi fatti raccontati e quali siano le relative risultanze;
se siano state rilevate responsabilità in capo ai rappresentanti dei Carabinieri menzionati e quali siano ed a carico di chi i procedimenti disciplinari avviati su tali vicende, con specifico all'allora maggiore Antonio Fortunato, al capitano Fernando Acampora, al maresciallo Carmelo Giardina, al colonnello Antonio Ragusa;
quali accertamenti siano stati fatti sul Donia Giuseppe e sui suoi rapporti di collaborazione con i Carabinieri;
se non ritengano, in ogni caso, che le suddette vicende meritino l'avvio di immediati provvedimenti, come richiede il sangue innocente di una martire della mafia: Graziella Campagna.
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VENDOLA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Premesso che:
nel processo in corso presso la Corte di Assise di Messina per l'omicidio di Graziella
Pag. 35178 Campagna sono emersi gravissimi episodi di depistaggio ed altre anomalie poste in essere da magistrati;
la sera del 12 dicembre 1985, nel paese di Villafranca Tirrena (Messina), scompariva Graziella Campagna. Il suo cadavere veniva ritrovato due giorni dopo sui monti Peloritani, al confine fra il comune di Messina e quello di Villafranca Tirrena. Graziella sarebbe scomparsa sulla via Nazionale di Villafranca Tirrena, nei pressi della lavanderia La Regina, ove la stessa prestava servizio;
all'epoca dell'omicidio, la lavanderia La Regina era da tempo quotidianamente frequentata da due palermitani, presentatisi come l'ingegner Toni Cannata ed il geometra Gianni Lombardo, quest'ultimo collaboratore del primo. In realtà si trattava di due pericolosissimi ricercati per associazione mafiosa, traffico internazionale di droga ed altro: Gerlando Alberti jr. (nipote omonimo di Gerlando Alberti sr., detto «'u paccarè») e Giovanni Sutera. I due si nascondevano nella zona di Villafranca da circa tre anni ed avevano instaurato buoni rapporti con i titolari della lavanderia, i coniugi Franco Romano e Franca Federico, e con le collaboratrici, Agata Cannistrà e Graziella Campagna. Inoltre, nello stesso paese erano assidui frequentatori del salone da barba di Giuseppe Federico, fratello di Franca, e del negozio di alimentari di Francesco Catrimi;
Alberti si era trasferito nella zona di Messina dal 1982-1983, dopo essere sfuggito agli attentati in suo danno eseguiti dal gruppo mafioso corleonese e dagli alleati di quella frangia di Cosa Nostra. Arrivato in riva allo Stretto, aveva dimorato fino al 1984 ad Acqualadroni, utilizzando le abitazioni messe a sua disposizione da tale Palamara Rosaria, e dal 1984 in poi nella zona di Villafranca Tirrena;
nel messinese, Alberti, così come numerosi altri esponenti di Cosa Nostra palermitana (di entrambi gli schieramenti, Corleonesi e Palermo Centro), godeva della protezione di don Santo Sfameni, imprenditore di Villafranca Tirrena. In realtà, Sfameni, oltre ad occuparsi di edilizia, è un grosso esponente massonico collegato sia ad importantissimi personaggi istituzionali che ai più potenti esponenti mafiosi siciliani. Giudici come Marcello Mondello, Domenico Cucchiara, Giuseppe Recupero, Beppe Recupero, Giovanni Serraino ed altri, professori universitari come Salvatore Navarra (fratello del famigerato Michele, padrino di Corleone negli anni '50) e Matteo Vitetta, secondo le rivelazioni di innumerevoli collaboranti (e secondo le parziali ammissioni di alcuni degli stessi interessati), sarebbero stati vicini al patriarca di Villafranca Tirrena. Alcuni di questi rappresentanti istituzionali, addirittura, in compagnia dei più temuti pregiudicati mafiosi messinesi e di altre provincie, avrebbero partecipato a scampagnate mangerecce in una masseria di don Santo sita a Saponara Marittima. Proprio il luogo nel quale sarebbero stati decisi, fra gli altri, l'attentato ai danni del professore universitario Pernice, avvenuto il 6 settembre 1990 ed elaborate le strategie dei gruppi criminali;
Gerlando Alberti jr., dietro la falsa identità dell'insospettabile ingegner Toni Cannata, dal maggio del 1985, insieme all'amico Sutera, spacciato come proprio parente, aveva preso in affitto una villetta nel vicino paese di Rometta Marea, in via Vini n. 103, di proprietà, inizialmente, di tale Siragusa Salvatore. In realtà, il contratto di affitto era stato stipulato a nome di Mancuso Rosa Emilia, moglie dell'Alberti;
a quasi un mese di distanza dall'omicidio di Graziella, si scopriva che qualche giorno prima dell'8 dicembre 1985 l'ingegner Cannata aveva lasciato della biancheria alla lavanderia ove lavorava la giovane. Sbadatamente, in uno degli indumenti consegnati, lasciava un porta-documenti contenente un'agendina con degli appunti personali. Avvedutosi di ciò mentre si trovava nel negozio del barbiere Federico, mostrando evidenti segni di nervosismo, mandava il suo amico a ritirare il tutto. Sutera, però, tornava a mani vuote, cosicché l'ingegner Cannata si recava di persona alla

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ricerca dei preziosi documenti. Veniva ritrovata soltanto la custodia del porta-documenti, al cui interno c'era solo un'immaginetta sacra con l'effigie del Papa. A questo punto, il latitante andava su tutte le furie, gettando nel cestino gli oggetti rinvenuti. Dal timore che questi appunti fossero stati ritrovati, all'interno della lavanderia, da Graziella Campagna e che la ragazza ne potesse parlare con il fratello Piero, carabiniere, sarebbe nata la necessità dell'uccisione della diciassettenne. Graziella, dopo essere stata prelevata e condotta a Forte Campone, sarebbe stata interrogata in ordine al ritrovamento degli appunti smarriti dall'ingegner Cannata e solo dopo ciò uccisa;
la sera della scomparsa di Graziella, inspiegabilmente la proprietaria della lavanderia aveva consegnato alla ragazza 70.000 lire, pur non essendo giorno di paga. Quella somma, peraltro, non rappresentava neanche lo stipendio, dell'importo di 150.000 lire, che veniva pagato in nero a fine mese. Più esattamente, innanzi al G.I. il 6 giugno 1989, la donna spiegava di aver messo i soldi, come detto consegnati senza alcuna ragione, direttamente nella borsa di Graziella, tanto da elencare al giudice gli oggetti ivi contenuti;
altra anomalia era capitata nel pomeriggio del 12 dicembre, ovvero meno di due ore prima del sequestro di Graziella. La proprietaria della lavanderia, Franca Federico, e Agata Cannistrà, verso le ore 18, si erano recate in auto in compagnia di un conoscente a prendere un caffè al bar dell'Hotel Viola, sito sempre in Villafranca, e ciò nonostante accanto alla lavanderia si trovasse un bar, dove le stesse donne avevano l'abitudine di prendere il caffè, peraltro solo di mattina e mai nel pomeriggio. L'Hotel Viola, sito nel comune di Villafranca Tirrena, è di proprietà di tale Romualdo Viola. Ciò non sembrerebbe essere di scarso rilievo, ai fini della ricostruzione del sequestro e dell'assassinio di Graziella Campagna. Ha riferito, infatti, il collaboratore di giustizia Santi Timpani che, subito dopo la fuga dal posto di blocco, Alberti ed il suo amico si erano recati dal loro protettore, Santo Sfameni, il quale li aveva indirizzati proprio presso Romualdo Viola, dal quale i due latitanti palermitani avrebbero trovato rifugio. Il collegamento fra Viola e Sfameni in vicende illecite è ulteriormente riferito dal Timpani nel medesimo verbale d'interrogatorio, laddove spiega i passaggi di un processo addomesticato a favore dello stesso Timpani. Si tratta del processo per l'omicidio Sgrò, celebrato nel 1992 innanzi al Tribunale per i minorenni di Messina. In quell'occasione il Timpani, nei confronti del quale sussistevano abbondanti prove di colpevolezza, fu scagionato dalla falsa testimonianza proprio di Romualdo Viola, il quale gli fornì un falso alibi insuperabile. Secondo quanto narrato dal Timpani, la testimonianza del Viola era stata procurata da Santo Sfameni e da Luigi Sparacio, ed era stata ammessa dopo gli accordi raggiunti in tal senso fra il padre di Timpani, Santo Sfameni, il dottor Recupero ed il dottor Domenico Lazzaro. Il Lazzaro presiedeva il collegio che avrebbe giudicato, e poi assolto, il Timpani (che in appello sarà condannato a seguito della sua confessione) ed è ancora il Presidente del Tribunale per i minorenni;
risulta all'interrogante che fino al 7 gennaio 1986 non vi fu traccia alcuna, negli atti di indagine, dell'ingegner Cannata e del fido aiutante Gianni;
a dire il vero, già l'avvio delle indagini era stato caratterizzato da alcune stranezze. Era, infatti, avvenuto che a giungere per primi a Forte Campone e ad eseguire il riconoscimento del cadavere ed i primi adempimenti del caso fossero stati i poliziotti della Squadra mobile. Sennonché, contrariamente alla prassi istituzionale costante in casi del genere, la conduzione delle indagini era stata delegata, dalla magistratura, in prima battuta ai Carabinieri;
Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera, con provvedimento emesso il 1o marzo 1988 dal G.I. del tribunale di Messina, venivano rinviati a giudizio innanzi alla Corte di assise di Messina. Tuttavia, la Corte, presieduta dal dottor Cucchiara, con provvedimento

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del 10 marzo 1989, dichiarava, su conforme richiesta del P.M., alla quale si associavano anche i difensori delle parti civili e degli imputati, la nullità degli atti dell'istruzione formale, «ivi compresa l'ordinanza di rinvio a giudizio», e disponeva la restituzione degli atti al P.M.;
ripartito il procedimento, veniva acquisita la deposizione della madre della vittima, Curreri Santa, che riferiva al G.I. una circostanza fondamentale: la sera del 9 dicembre 1985, tre giorni prima della scomparsa, Graziella aveva detto alla madre, senza preoccupazioni: «mamma, sai, l'ingegnere Cannata non è quello, è un'altra persona. Ho trovato un foglio di carta e mentre lo tenevo in mano Agata me lo ha strappato». Nonostante tale ultima risultanza, il P.M. richiedeva il proscioglimento dei due imputati, sostenendo l'inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla madre di Graziella e privilegiando, invece, la credibilità di Franca Federico e Agata Cannistrà, seppure denunciate per favoreggiamento dalla Squadra mobile, per le loro menzogne. Arrivava, così, il proscioglimento di Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera, disposto con la sentenza emessa il 28 marzo 1990 dal G.I. dottor Marcello Mondello, vistata per l'approvazione e la mancata impugnazione dal sostituto procuratore generale dottor Rocco Sisci il 18 aprile 1990. Solo molti anni dopo il dottor Mondello ammetterà innanzi ai PP.MM. di Catania di aver anticipato l'esito favorevole del processo, prima dell'emissione del provvedimento, al boss Santo Sfameni, che gliene aveva chiesto conto. Proprio lo Sfameni aveva protetto, dall'alto dei suoi agganci istituzionali, la latitanza dei due mafiosi palermitani nella zona messinese. È solo l'ultima conferma a ciò che già molti collaboratori di giustizia avevano rivelato, parlando di processo aggiustato. Da ultimo, sulla vicenda si soffermerà il collaboratore di giustizia Santi Timpani, che riferirà al P.M. che, per assicurarsi il buon esito del procedimento a carico di Alberti e Sutera, Sfameni aveva pagato ai magistrati che se ne occupavano la somma di 500 milioni di lire;
per lunghi anni, dopo la sentenza di proscioglimento emessa dal dottor Mondello, sul feroce assassinio di Graziella Campagna calava l'oblio;
il 24 settembre 1996, oltre 6 anni dopo il proscioglimento dei due imputati, sulla scorta delle dichiarazioni rese da 9 collaboratori di giustizia (Ferrara Carmelo, Surace Salvatore, Mancuso Giorgio, Rizzo Rosario, Di Napoli Pietro, Sparacio Luigi, Giorgianni Salvatore, Cariolo Antonio, Arnone Marcello), i quali avevano indicato Alberti e Sutera quali esecutori materiali del delitto, specificando il contesto mafioso in cui era stato deciso l'assassinio di Graziella, la Procura di Messina richiedeva la revoca della sentenza di proscioglimento e la riapertura delle indagini preliminari. Il Gip accoglieva la richiesta con provvedimento emesso il 5 dicembre 1996, concedendo 6 mesi per il completamento delle indagini;
il processo, in verità, avrebbe potuto ricominciare con due anni di anticipo. Infatti, il 14 marzo 1994, il pentito messinese Salvatore Giorgianni aveva riferito al P.M. di Reggio Calabria Francesco Mollace (nell'ambito delle indagini sul ferimento del professor Pernice, nelle quali erano coinvolti Santo Sfameni ed il dottor Giuseppe Recupero) sia le responsabilità di Alberti nell'omicidio Campagna sia l'intervento di Sfameni per addomesticare l'esito dell'originario processo definitosi con il proscioglimento degli imputati. Inspiegabilmente, però, secondo l'interrogante, il dottor Mollace ometteva alcuna iniziativa, non iscrivendo le notitiae criminis sul registro della Procura di Reggio Calabria ed omettendo perfino di trasmettere gli atti alla Procura di Messina;
venivano espletati nuovi accertamenti dal R.O.S. dei Carabinieri di Messina, che culminavano nella redazione dell'informativa «Erode» del 5 giugno 1997, nella quale venivano raccolti i numerosi riscontri trovati alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Con l'informativa di reato, venivano denunciati Alberti e Sutera quali responsabili dell'uccisione della Campagna,

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Franca Federico, Franco Romano, Giuseppe Federico ed Agata Cannistrà per favoreggiamento, Santo Sfameni per associazione mafiosa;
nel maggio 1997 iniziava a collaborare con la giustizia il palermitano La Piana Vincenzo, cognato di Gerlando Alberto jr. per averne sposato la sorella Maria;
La Piana aveva mantenuto stretti contatti con il cognato fino a poco prima di iniziare a collaborare con la giustizia. Tanto che assistette a ripetute discussioni avvenute fra Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera con riferimento all'omicidio di Graziella Campagna, che gli stessi ammettevano di avere materialmente eseguito. Quando, poi, nel 1996, si erano riaperte le indagini, il La Piana aveva fatto da tramite fra il cognato ed il Sutera per riferire a quest'ultimo una versione dei fatti, eventualmente da riferire agli investigatori, appositamente inventata al fine di non vanificare i risultati che l'Alberti aveva ottenuto grazie ad un non meglio precisato P.M. compiacente;
nonostante la mole immensa di risultanze investigative sul ruolo avuto da Sfameni Santo nella protezione (almeno) della lunghissima latitanza di Alberti e Sutera e nel raccordo fra alti rappresentanti delle istituzioni (tra i quali proprio il giudice che aveva prosciolto gli imputati dell'uccisione della povera Graziella) e pericolosissimi mafiosi, il P.M. dottor Marino disponeva lo stralcio della posizione di Sfameni dal procedimento principale, con la motivazione che i reati di cui era indiziato (fra gli altri, associazione mafiosa) lo Sfameni fossero «non connessi con l'omicidio di Graziella Campagna». La conseguenza di tale decisione, a parere dell'interrogante, fu quella di ostacolare, almeno parzialmente, nel corso del dibattimento, l'approfondimento sul contesto mafioso, sugli agganci fra Sfameni, Alberti e rappresentanti delle istituzioni e sulla causale dell'omicidio;
così come risulta all'interrogante, il 23 dicembre 1997 il P.M. Marino formulava richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 6 imputati: Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera per il reato di omicidio, Franca Federico, Franco Romano, Giuseppe Federico e Agata Cannistrà per favoreggiamento, richiesta accolta dal Gip Salamone, che disponeva il rinvio a giudizio degli imputati innanzi alla Corte di assise, prima sezione, per l'udienza del 10 dicembre 1998;
prima dell'inizio del dibattimento ed ormai in procinto di lasciare la procura ed essere trasferito al tribunale di sorveglianza di Messina, il P.M. dottor Marino, a parere dell'interrogante, pose l'ultimo ostacolo all'accertamento della verità: nel compilare la lista testimoniale omise i poliziotti della Squadra mobile che avevano svolte le indagini più accurate; di contro chiedeva la testimonianza proprio di quei carabinieri che avevano contribuito all'insabbiamento, maresciallo Giardina in testa;
iniziato il dibattimento, anche grazie alle rivelazioni di numerosi collaboratori di giustizia, emergeva uno spaccato inquietante fatto di commistioni fra pezzi dello Stato e mafiosi in carriera. Per la prima volta si riusciva a far venir fuori che il «patriarca» di Villafranca Tirrena, Santo Sfameni è un importante uomo d'onore di Cosa Nostra, «burattinaio» manovratore di giudici e processi, che dall'alto della sua influenza massonica riusciva a far sedere insieme magistrati, avvocati e latitanti;
con l'esame testimoniale di Piero Campagna, il 22 dicembre 1999, venivano fuori le circostanze più sconcertanti. Riferiva il Campagna che, pochi giorni dopo l'omicidio era stato raggiunto a casa da poliziotti della Squadra mobile, con i quali era salito in automobile per riferire loro tutti i sospetti che aveva sull'assassinio della sorella. L'auto della Polizia veniva bloccata da una pattuglia dei carabinieri. Ne nasceva una colluttazione fra poliziotti e carabinieri. Finiva che gli agenti della Mobile, stizziti per l'accaduto e per le incredibili accuse di imprecisate ingerenze investigative, andavano via. Il Campagna veniva convocato in caserma dal maresciallo

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Giardina, dal quale veniva redarguito per avere fornito notizie alla Polizia e invitato a recarsi al Comando provinciale dei Carabinieri, nell'ufficio dell'allora maggiore Antonio Fortunato, comandante del reparto operativo, che aveva manifestato il suo disappunto per l'accaduto. Ricevuto dal Fortunato, Campagna veniva nuovamente investito da una reprimenda per avere collaborato con i poliziotti e gli veniva intimato di fornire ogni dettaglio utile per le indagini esclusivamente allo stesso maggiore Fortunato o al maresciallo Giardina;
nella stanza del Fortunato, da questi veniva presentata a Piero Campagna un'altra persona, indicata dal Fortunato come proprio collega, a nome Giuseppe Donia, il quale assistette all'incontro e partecipò alla discussione, anche intervenendo per tranquillizzare il fratello della vittima sullo scrupolo che sarebbe stato impiegato nelle indagini. Si tratta della stessa persona che Campagna, nuovamente recatosi al Comando provinciale, qualche giorno dopo incontrò nel cortile della caserma e che gli confidò di essersi personalmente occupato della perizia balistica espletata sui proiettili utilizzati per uccidere Graziella;
Piero Campagna a distanza di qualche anno incontrò il Donia a Falcone, il paese nel quale dal 1989 Gerlando Alberti e la sua famiglia vivevano. In tale occasione apprese dai carabinieri di Falcone che il Donia non era in realtà un ufficiale dei carabinieri, ma che si spacciava falsamente come tale, e che, soprattutto, era un soggetto strettamente legato a Gerlando Alberti jr.;
sul punto veniva sentito dal P.M., fra gli altri, anche il maresciallo Giardina, il quale aggiungeva un'altra circostanza inquietante, peraltro già riferita innanzi alla Corte d'assise di Messina il 3 dicembre 1999: la sera del rinvenimento del cadavere, alla caserma di Villafranca Tirrena era presente anche il magistrato dottor Giovanni Lembo, che coordinò informalmente i primi adempimenti istruttori. Incomprensibilmente, però, perché a quel tempo il Lembo, come accertato dall'interrogante, faceva il pretore a Patti e quindi non aveva alcuna competenza ed alcuna ragione per trovarsi coinvolto nelle indagini, che in realtà venivano formalmente assegnate al dottor Serraino. Nel corso del suo esame dibattimentale il maresciallo Puglisi riferiva che durante l'interrogatorio dei quattro imputati di favoreggiamento, nell'ottobre 1998, il dottor Lembo (che non aveva alcun ruolo nel procedimento) era intervenuto nella stanza del P.M. dottor Marino, senza che questi ne facesse menzione a verbale;
a dire il vero, però, ciò che appare più destabilizzante, all'interrogante, è il tenore dei rapporti intrecciati dal Donia prima dell'omicidio Campagna con alcuni rappresentanti istituzionali che dell'omicidio ebbero ad occuparsi nell'esercizio delle loro funzioni, nel modo non troppo accurato che già sopra si è visto. Il Donia, infatti, pur non essendo colonnello, appare tale e, pur non essendo perito balistico, svolge in segreto delicate perizie. Solo che questa sua passione per le armi è condivisa con soggetti di tutto spessore. Il 13 dicembre 1982, ad esempio, Donia segnalava formalmente alla stazione dei Carabinieri di Fondachello Valdina (Messina), diretta dal maresciallo Numa, di avere ceduto a titolo gratuito una pistola Beretta semiautomatica calibro 7,65 al dottor Rocco Sisci, nato ad Amendolara (Cosenza) il 6 ottobre 1936, in quel momento (ed anche nel dicembre 1985) sostituto procuratore della Repubblica a Messina. Sì, lo stesso dottor Sisci che, si è visto, diventato sostituto procuratore generale, nel 1990 mise il suo sigillo alla sentenza di proscioglimento di Alberti e Sutera, emessa dal dottor Mondello. Lo stesso dottor Sisci che oggi dirige la Procura della Repubblica di Barcellona P.G.. Il 1o luglio 1983 Donia segnalava formalmente alla stessa stazione dei Carabinieri di avere ricevuto in regalo dal capitano Acampora Fernando, proprio colui che dirigerà, quale comandante del nucleo operativo della compagnia Messina centro, le indagini sull'assassinio, tante armi da sembrare un arsenale;

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Giuseppe Donia a Scala Torregrotta, per tutto il corso degli anni '80 non aveva evitato contatti malsani con soggetti noti alle cronache giudiziarie. Fra gli altri, aveva stretto rapporti con il giovane Santi Timpani, compagno di scuola, in passato, del figlio di Donia. Lo stesso Santi Timpani, pluriomicida, che, divenuto collaboratore di giustizia, il 16 dicembre 1994 dichiarerà al P.M. dottor Lembo (lo stesso che Giardina segnalò presente alla stazione di Villafranca la sera del 14 dicembre 1985), nel frattempo divenuto sostituto procuratore nazionale antimafia, di avere illecitamente ottenuto da Giuseppe Donia delle pistole, e di essersi allenato al tiro insieme al Donia numerose volte, in una campagna di proprietà dello stesso. Tale verbale, come accertato dall'interrogante, non ebbe seguito giudiziario, come altri verbali resi dal Timpani, ad esempio, quelli contenenti accuse a carico di sottufficiali dei Carabinieri della zona tirrenica messinese, fra i quali il maresciallo Numa;
in definitiva si hanno: due imputati di omicidio, Gerlando Alberti e Giovanni Sutera, latitanti in Villafranca Tirrena protetti da Santo Sfameni; quattro imputati di favoreggiamento, in intimi rapporti con gli stessi latitanti e legati da rapporti di parentela con l'allora sindaco La Rosa, buon amico ed accompagnatore del latitante Alberti, in stretto collegamento con il boss Sfameni; un intoccabile «puparo», Sfameni, amico di giudici, manovratore di processi aggiustati; qualche magistrato (Mondello, decisivo per il proscioglimento degli imputati) legato da relazioni pericolose con il «puparo», qualcun altro (Sisci e Lembo) legato da relazioni ancor più pericolose con strani ed inquietanti personaggi; un falso colonnello (Donia) che compie perizie non verbalizzate, che collabora, fuori ruolo, alle indagini, che è amico del principale imputato, che regala armi a magistrati e criminali e ne riceve da parte di ufficiali dei carabinieri, che viene accusato (unitamente a molti sottufficiali dei carabinieri) da collaboratori di giustizia e mai perseguito (dal dottor Lembo) -:
se siano mai stati avviati accertamenti dai Ministri interrogati sui gravi fatti raccontati e quali siano le relative risultanze;
se siano state rilevate responsabilità in capo ai magistrati menzionati e quali siano ed a carico di chi i procedimenti disciplinari avviati su tali vicende, con specifico riferimento al dottor Francesco Mollace, al dottor Carmelo Marino, al dottor Giovanni Lembo, al dottor Domenico Lazzaro ed al dottor Rocco Sisci;
quali accertamenti siano stati fatti sul Donia e sui suoi rapporti di collaborazione con uffici giudiziari;
se non ritengano, in ogni caso, che le suddette vicende meritino l'avvio di immediati provvedimenti, come richiede il sangue innocente di una martire della mafia: Graziella Campagna.
(4-33069)

fonte:http://es.camera.it/_dati/leg13/lavori/stenografici/sed825/bt13.htm

 

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